domenica, Settembre 1, 2024
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Ponte sullo Stretto troppo basso? “Le navi da crociera non ci passeranno”

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Ponte Stretto di Messina navi crociera
Fonte X @Anna302478978

Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina continua a suscitare dubbi tecnici e logistici, oltre a perplessità di vario genere. Per esempio: le navi da crociera saranno in grado di transitare sotto il Ponte? Secondo il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, se la struttura che ancora non esiste sarà realizzata così come prevedono attualmente i progetti le grandi navi non potranno passare.

Ce ne sono alcune alte più di 68 metri: per come è progettato adesso, non ci passano” dice in un’intervista a Repubblica. Merlo chiarisce che la sua non è una posizione pregiudizialmente contraria all’opera, “ma se si fa, è necessario tenere conto di tutte le variabili” aggiunge. Secondo lui il Ponte essendo a campata unica ha una struttura curvilinea, che creerebbe un problema di manovrabilità. Infatti i 65 metri di massima altezza, l’opera li raggiungerebbe solo nella parte più alta. Perché verso le due sponde il cosiddetto “franco navigabile” si riduce.

Guai in vista per il nuovo Ponte

Esprime perplessità, sempre a la Repubblica, anche il professor Domenico Gattuso, docente universitario, che fa parte degli esperti del ‘Comitato dei quaranta’. Ossia il gruppo di professori, esperti, ambientalisti e tecnici che sulla maxi opera ha messo insieme oltre 500 pagine di osservazioni critiche. “Il Ponte – sostiene Gattuso – dovrebbe essere alto 65 metri, ma da progetto pare si faccia riferimento al piano viario. Sotto c’è da considerare la struttura dell’impalcato, che dovrebbe essere di circa una decina di metri, dunque il ‘franco navigabile si abbassa a 55 metri“.

E di studi di scenario aggiornati sul moto ondoso dello Stretto non ne risultano. “Tra l’11 e il 17% delle portacontainer attualmente circolanti non potrebbe passare sotto il Ponte“, secondo i comitati. Le compagnie di navigazione commerciale potrebbero optare per altri scali “portando al fallimento e alla chiusura di Gioia Tauro” e lo stesso sarebbero obbligate a fare le navi da crociera, spesso ancor più alte.

La smentita della società

Da parte sua l’amministratore delegato della società per la costruzione del Ponte, Pietro Ciucci, ha rilasciato una dichiarazione all’Ansa. “Il ‘franco navigabile‘ del Ponte sullo Stretto di Messina è di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri solo in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario. Questi parametri sono in linea con i ponti esistenti sulle grandi vie di navigazione internazionali, in coerenza con le procedure stabilite dalle norme Imo (International Maritime Organization, ndr.)”.

Ricordo inoltre che sul tema della sicurezza della navigazione sia per la fase di costruzione che di esercizio del ponte, con particolare riferimento anche al franco navigabile, è stato istituito dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti uno specifico tavolo tecnico coordinato dall’Ammiraglio Nunzio Martello“. Ciucci ha quindi spiegato che “la commissione ha già effettuato un esame approfondito del traffico degli ultimi anni nello Stretto, suddiviso per le diverse imbarcazioni, dal quale non emergono criticità legate al Ponte“.

E, “come noto, la quasi totalità delle navi portacontainer solca il Mediterraneo dopo avere attraversato il Canale di Suez. E quindi, dopo essere transitate al di sotto dell’Al Salam Bridge, il cui ‘franco navigabile’ è inferiore ai 72 metri che saranno disponibili sullo Stretto di Messina. Analogo discorso per il franco navigabile vale anche per i ponti sul Bosforo diretti al Mar Nero“, ha concluso l’a.d della Stretto di Messina.

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Certificazione Unica 2024, perché è importante e dove scaricarla online

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Certificazione 2024 regole come scaricarla online
Foto X @idealista_it

Si avvicinano i giorni di scadenza per la dichiarazione dei redditi e occorre predisporre tutti i documenti, a partire dalla Certificazione Unica. Lavoratori dipendenti e pensionati hanno già ricevuto (entro il 18 marzo) scorso la Certificazione Unica 2024 da parte dei sostituti d’imposta. La consegna del modello CU è obbligatoria, in parallelo all’invio telematico dei dati all’Agenzia delle Entrate.

Ed è di fatto uno dei primi passi che porta all’avvio della stagione della dichiarazione dei redditi. Al suo interno sono infatti indicati i redditi percepiti nel corso del periodo d’imposta così come le ritenute Irpef operate. A partire dal mese di maggio sarà possibile modificare e inviare il modello 730 precompilato. Cosa fare se non si è in possesso della Certificazione Unica 2024? Il documento può essere scaricato online sul sito dell’Agenzia delle Entrate, vediamo come.

Certificazione, come scaricarla online

È necessario essere in possesso di credenziali SPID, CIE o CNS per scaricare la Certificazione Unica 2024 sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Questa è una delle informazioni preliminari da conoscere per capire come procedere. I contribuenti in possesso delle chiavi d’accesso al portale del fisco potranno consultare, scaricare e stampare il modello CU 2024 tramite il Cassetto Fiscale. Si tratta, come è noto, della sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate all’interno della quale sono contenute anche le dichiarazioni fiscali del contribuente.

Effettuato l’accesso al Cassetto Fiscale, sarà necessario accedere alla sezione Consultazioni, contenente le principali informazioni fiscali del contribuente, dai dati anagrafici alle dichiarazioni e ai versamenti che si sono effettuati. Sarà cliccando sulla voce Dichiarazioni Fiscali, dedicata alle informazioni relative alle dichiarazioni dei redditi presentate, alle CU trasmesse dai sostituti d’imposta e ai redditi percepiti, che il contribuente potrà quindi scaricare la Certificazione Unica 2024.

Nella schermata visualizzata bisognerà cliccare la specifica voce contenuta nel menù a tendina. Sarà quindi possibile consultare le CU relative non solo al periodo d’imposta 2023, e quindi necessarie ai fini della dichiarazione dei redditi 2024, ma anche quelle di anni passati. Il tutto a patto che il proprio sostituto d’imposta, ossia il datore di lavoro o l’ente pensionistico, abbia regolarmente trasmesso i dati all’Agenzia delle Entrate. Sulla possibilità di scaricare la Certificazione 2024 peseranno infatti eventuali ritardi od omissione nell’invio del modello.

CU 2024 nel 730 precompilato

Come già evidenziato in premessa, avere a disposizione la Certificazione Unica è fondamentale al fine di poter gestire l’adempimento relativo alla dichiarazione dei redditi. Ed è per questo che l’Agenzia delle Entrate consente di scaricare l’attestazione, fermo restando l’obbligo di consegna da parte del sostituto d’imposta. L’invio telematico della CU è centrale anche per il Fisco: i dati reddituali contenuti al suo interno sono utilizzati per la predisposizione del modello 730 precompilato.

Dal 30 aprile 2024 lavoratori dipendenti e pensionati potranno accedere alla dichiarazione dei redditi online, visualizzando le informazioni ivi contenute anche ai fini di eventuali modifiche e\o integrazioni. La base di partenza consisterà proprio nel controllo delle informazioni relative ai redditi percepiti estrapolate dalle certificazioni uniche, per evitare di commettere errori che potrebbero pesare sulla determinazione dell’IRPEF a debito o a credito tenuto conto anche delle detrazioni fiscali spettanti.

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Ita-Lufthansa, un matrimonio difficile ma ancora possibile

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Lufthansa Ita aerei
Foto Ansa/Epa Christopher Neundorf

La decisione della Commissione europea sull’operazione di fusione tra Lufthansa e Ita slitta dal 6 al 13 giugno. A dimostrazione che il ‘matrimonio’ fra le due compagnie aeree, tedesca e italiana (quest’ultima erede di Alitalia) è tutt’altro che semplice e solo questione di formalità finali da adempiere.  

Le complesse trattative con Bruxelles vanno comunque avanti. Lufthansa e Ita Airways sarebbero disposte a cedere 11 coppie di slot al giorno all’aeroporto di Milano Linate che corrispondono a 22 voli. Il tutto nell’ambito del pacchetto di “rimedi” che l’Antitrust europea ha chiesto per dare il via libera alle ‘nozze’ in alta quota.

Ita, Lufthansa e easyJet

Le due società sarebbero inoltre in trattative avanzate con easyJet, individuata come remedy taker. Cioè il soggetto che dovrà subentrare laddove, secondo l’Ue, i due promessi sposi diventerebbero monopolisti. È quanto risulta al Corriere della Sera, notizia che il quotidiano milanese ha appreso da fonti comunitarie a conoscenza delle discussioni e che sottolineano come spetti ai soggetti coinvolti consegnare il pacchetto definitivo. Ita, Ministero dell’economia e finanze (Mef), Lufthansa e Commissione europea non commentano.

No comment “sulle speculazioni” anche da easyJet dove una portavoce conferma che “ci siamo impegnati nel processo che la Commissione normalmente conduce“. Gli uffici guidati dalla Commissaria europea alla Concorrenza, Margrethe Vestager, hanno chiesto alcune integrazioni al secondo pacchetto di rimedi che Ita e Lufthansa hanno inviato l’11 aprile. Per questo la data ultima del parere Ue sulla proposta di nozze è stata spostata dal 6 al 13 giugno 2024.

Lo scetticismo di Bruxelles

La Commissione europea ha informato Lufthansa e il Mef che il loro progetto di acquisizione del controllo congiunto di Ita potrebbe restringere la concorrenza su alcune rotte nel mercato dei servizi di trasporto aereo passeggeri. In entrata e in uscita dall’Italia. La Commissione afferma che i passeggeri potrebbero dover affrontare un aumento dei prezzi o una diminuzione della qualità dei servizi in conseguenza della transazione.

Lufthansa e il Mef hanno la possibilità di presentare alla Commissione Europea “rimedi” alle preoccupazioni per la concorrenza. In particolare l’operazione che dovrebbe portare all’acquisizione graduale del controllo di Ita da parte di Lufthansa preoccupa la Commissione europea per la concorrenza nello scalo di Milano Linate. Ovvero il city airport del capoluogo lombardo, nonché su alcune rotte che collegano l’Italia con l’Europa Centrale, il Nordamerica e il Giappone.

Procedura in corso da mesi

L’indagine approfondita di Bruxelles è cominciata il 23 gennaio scorso. L’obiettivo, come detto, è di valutare se l’acquisizione di una partecipazione in Ita da parte di Lufthansa possa limitare la concorrenza nella fornitura di servizi di trasporto aereo passeggeri dentro e fuori dall’Italia. Attualmente l’indagine è giunta alla seconda fase. La Commissione ha tempo fino al 13 giugno per decidere.

La comunicazione degli addebiti è un passo formale nell’ambito di un’indagine, in cui la Commissione informa per iscritto le società interessate degli addebiti sollevati nei loro confronti. L’invio della comunicazione non pregiudica l’esito dell’indagine. Lufthansa e Mef hanno avuto l’opportunità di rispondere alla comunicazione degli addebiti della Commissione, di consultare il fascicolo e di richiedere un’audizione orale, nonché di proporre rimedi. A giugno si conoscerà l’esito di questo lungo processo.

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Amianto in Italia, in un anno 7mila decessi e 10mila nuovi malati

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amianto asbesto malattie morte
Foto X @PiemonteInforma

Si celebra il 28 aprile è la giornata delle vittime dell’amianto. Negli ultimi 10 anni in Italia sono deceduti per malattie asbesto-correlate circa 60.000 persone. Nell’anno 2023 l’Osservatorio nazionale sull’amianto ha censito circa 2.000 casi di mesotelioma. Si tratta di un tumore raro che colpisce persone esposte a particolari condizioni ambientali o lavorative. La quasi totalità dei casi di mesotelioma si riferisce alle membrane che rivestono i polmoni: il mesotelioma pleurico.

Ebbene, in Italia per quanto riguarda questo tipo di cancro, l’indice di mortalità è stato di circa il 93% nel corso degli anno compresi fra il 2018 e il 2023. Lo scorso anno sono state circa 4.000 le nuove diagnosi di tumore al polmone per esposizione ad amianto. Con un indice di sopravvivenza a 5 anni stimato del 12%, per un calcolo di circa 3.500 decessi. Si deve poi tener conto che l’amianto provoca asbestosi con ripercussioni cardiache – segnala l’Osservatorio in una nota – con un impatto che si calcola nella misura di 500 decessi. A questi si devono aggiungere le altre neoplasie, tra cui il cancro della laringe, della faringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon, delle ovaie, e il colangiocarcinoma del fegato. L’impatto complessivo è stato ne 2023 di oltre 7.000 decessi e 10.000 nuovi malati.

Amianto: luoghi e persone esposte

Tra gli oltre 30.000 casi che si esaminano nel settimo Rapporto del Registro Nazionale dei Mesoteliomi (2022) il 70% delle modalità di esposizione è direttamente collegato alle condizioni lavorative. L’edilizia, la metalmeccanica e i cantieri navali emergono come settori a rischio. Tuttavia le tracce di amianto si trovano anche in settori inaspettati: impianti di raffinazione e perfino gli zuccherifici.

Ancora in questo 2024 sono presenti 40 milioni di tonnellate di amianto all’interno di 1 milione di siti e micrositi in Italia. Di essi 50.000 sono siti industriali, 42 di interesse nazionale. La situazione che l’Osservatorio segnala è ancora più drammatica, in quanto il pericoloso elemento cancerogeno è presente anche negli edifici di 2.500 scuole (stima 2023), all’interno delle quali sono esposti più di 352.000 alunni e 50.000 fra personale docente e non docente.

Acquedotti? In cemento-amianto

Ma non basta. Perché fra i luoghi a rischio ci sono anche 1.500 biblioteche ed edifici culturali. Compresi almeno 500 ospedali. Tutte costruzioni di grosse dimensioni che hanno componenti in amianto nelle strutture e/o negli impianti tecnici. In particolare termici, elettrici e termoidraulici. Gli stessi acquedotti pubblici, compresi gli allacci a essi – in tutto almeno 500.000 chilometri di tubature lunga tutta la nostra penisola – sono in cemento-amianto. L’impatto è rilevante anche per effetto dell’erosione, dell’attività di manutenzione, dei terremoti e sciami sismici che causano la contaminazione dell’acqua potabile (l’amianto è cancerogeno anche se ingerito).

Si ammalano operai e militari

Tutto ciò si somma al fatto che, per usi antropici nelle famiglie e nelle aziende, l’acqua evapora e contamina i luoghi di vita e di lavoro. Anche con inalazione aggiuntiva all’ingestione. Ogni anno ci sono 10mila nuove diagnosi, in prevalenza uomini, per motivi del loro impegno professionale e/o operai negli stabilimenti o nei siti militari. E in particolare nelle regioni a maggior rischio che, con una media annua di casi diagnosticati compresa tra 1.500 e 1.800, sono: la Lombardia, il Piemonte, la Liguria e il Lazio. Rappresentano insieme oltre il 56% dei casi segnalati in Italia.

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Venezia, prima città al mondo dove si paga per entrare

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Venezia ticket ingresso
Foto Ansa/Andrea Merola

Giovedì 25 aprile Venezia è diventata la prima città al mondo a far scattare l’annunciato  sistema di pagamento per i turisti. Per poter entrare in laguna e visitare la “città più inverosimile”, secondo la definizione dello scrittore Thomas Mann, bisogna acquistare un ticket di 5 euro. L’obiettivo di questa misura è di ridurre il più possibile l’affollamento sui canali. 

Eppure a vari veneziani la novità del pedaggio per turisti e non residenti – solo per alcuni giorni all’anno, 29 in tutto, e con molte eccezioni nelle quali si può rientrare – non piace affatto. La tariffa ha suscitato le proteste, spiega Reuters, di chi sostiene di “non voler vivere in un parco a tema“. Arrivando in città col treno, subito fuori dalla stazione ferroviaria si trovano cartelli che avvisano i visitatori del necessario pagamento di 5 euro. Gli steward forniscono spiegazioni e invitano a saldare il conto o a verificare se si appartiene a categorie esentabili da ticket, prima di imboccare le calli, i ponti e i campi di Venezia.

Venezia divisa sul ticket

Simone Venturini, consigliere comunale responsabile per il turismo e la coesione sociale, afferma che il progetto aiuterebbe la città a trovare “un nuovo equilibrio” tra residenti e turisti. “Siamo contrari a questa misura perché non farà nulla per fermare l’overtourism“, ribatte Cristina Romieri, residente a Venezia. “Si tratta di un regolamento così complesso e con così tante eccezioni che sarà anche difficile applicarlo“.

Giovanni Andrea Martini, esponente del gruppo di opposizione in Comune che si è unito alle proteste dei residenti, parla, sempre alla Reuters, di “un giorno triste perché Venezia sta diventando un museo, un parco a tema“. Con striscioni con la scritta “No al biglietto per il Veneto“, e al grido “Qui viviamo e qui restiamo“, alcune centinaia di persone hanno marciato pacificamente il 25 aprile per esprimere la loro opposizione alla nuova misura. Il 25 aprile, festa nazionale della Liberazione dal nazifascismo, è stato il primo dei 29 giorni quest’anno nei quali sarà necessario acquistare il biglietto per accedere alla città lagunare dalle 8.30 alle 16.30.

Come funziona il sistema

La prenotazione si effettua online ma c’è anche uno stand a disposizione per chi non dispone di smartphone. Malgrado non ci siano tornelli alle porte di Venezia, gli ispettori effettueranno controlli a campione e commineranno multe dai 50 ai 300 euro a chiunque non si registri. “Considero Venezia la città più bella del mondo e quindi privare una persona con un budget basso della possibilità di venire qui per un’ora o due per godersi questa città è sicuramente un peccato per questi turisti” è il commento di Gabriella Pappada, giunta in laguna da Lecce.

Le esenzioni dal biglietto

Si calcola che siano state circa 20 milioni le persone che hanno visitato Venezia l’anno scorso. La metà ha pernottato in hotel o case vacanza. Oggi a Venezia vivono come residenti appena 49mila cittadini. Tornando al biglietto d’ingresso in città, le persone con prenotazione alberghiera e i visitatori di età inferiore a 14 anni non devono pagare la quota di 5 euro ma devono comunque registrarsi preventivamente.

Sono esenti i residenti, gli studenti e i lavoratori. Venezia è scampata per un pelo all’inserimento nella lista del “Patrimonio mondiale in pericolo” dell’Unesco lo scorso anno. Si tratta di un ecosistema urbano delicatissimo, costantemente sull’orlo di essere sopraffatto dal turismo di massa. Che non significa soltanto apporto di ricchezza, bensì anche produzione di rifiuti e di sporcizia, logoramento della preziosa e fragile viabilità cittadina. L’introduzione del ticket d’ingresso non è l’unica misura volta a proteggere Venezia. Dal 2021 è vietato il transito fin sul Canal Grande di fronte a San Marco delle navi da crociera che devono attraccare e ‘scaricare’ i turisti a Chioggia o a Porto Marghera.

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Fondo Vittime Amianto: a chi spetta e come ottenerlo

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Pericolo amianto
Zona rischia a causa di contaminazione da amianto @Crediti EnvatoElements - DirittoLavoro

Tra le cause colpevoli di vittime sul lavoro, un posto lo occupa sicuramente l’amianto. E se già dal 1965 esiste una tutela assicurativa per chi si ammala sul lavoro, a causa di questa sostanza, è bene sapere che esiste un fondo pensato appositamente per vittime di amianto.

Ancora oggi, sono migliaia le vittime dell’amianto in Italia, molte delle quali hanno contratto le gravi patologie che derivano dall’esposizione a questa fibra proprio sul posto di lavoro. A fronte di questa drammatica situazione, è bene specificare che nel nostro Paese esiste un indennizzo riconosciuto a coloro che sono vittime dell’amianto in seguito a malattia professionale asbesto correlata: il Fondo Vittime Amianto (FVA).

Fondo Vittime Amianto: cos’è

Ad avere diritto al FVA sono tutte le vittime dell’amianto, cosi come stabilito dall’art.1 commi 241/246 L. 244/2007 che lo ha costituito. Con il Decreto Ministeriale 29 gennaio 2020 è stato stabilito che la prestazione sia pari al 20% della rendita INAIL. Inoltre, l’art.1 comma 116 L.190/2014 specifica che l’indennizzo debba essere esteso anche a coloro che sono vittime di mesotelioma (il cancro ai polmoni causato dall’amianto) per esposizione familiare e ambientale. In questo caso il FVA è costituito da una tantum di 10.000 euro e ad averne diritto sono coloro che sono rimasti vittime a partire dal 2015.

Secondo quanto stabilito, inizialmente ad avere diritto al FVA erano solo i titolari di rendita INAIL, ovvero chi aveva ottenuto l’indennizzo INAIL a seguito del riconoscimento di patologie derivate dall’amianto. Tuttavia, in questo contesto, è bene sottolineare che l’INAIL ha ricompreso alcune malattie asbesto correlate di origine professionale. Tali malattie si trovano in 3 liste. Nella lista I sono contemplate le malattie asbesto la cui origine lavorativa è di “elevata probabilità“, le liste II e III comprendono altre malattie che si possono ricollegare all’esposizione ad amianto a condizione che l’INAIL ne riconosca l’eziologia professionale per esposizione a minerali di asbesto. Come chiarisce l’Osservatorio Nazionale Amianto in un articolo dedicato, il Fondo Vittime Amianto è gestito da un Comitato Amministratore composto da rappresentanti di tutte le istituzioni e figure coinvolte nella ‘problematica amianto’.

Cosa è cambiato negli anni

Dopo la Legge del 30 dicembre 2020, n. 178 punto 356 e ss, a decorrere dal 1 gennaio 2021, l’INAIL ha introdotto alcune novità per i risarcimenti. Infatti, attraverso il FVA 2021, l’INAIL eroga una prestazione aggiuntiva pari al 15% della rendita in godimento che si aggiunge alla rendita mensile. Inoltre, il fondo è cumulabile anche ad altri benefici sulla base delle norme generali e speciali dell’ordinamento. In aggiunta, per tutti gli eventi accertati di malati di mesotelioma, contratto per esposizione familiare o durante la lavorazione dell’amianto (esposizione ambientale), è previsto un risarcimento di 10.000 euro corrisposto, in un’unica soluzione, all’interessato o agli eredi in caso di decesso. L’istanza deve essere presentata, pena decadimento, entro tre anni dalla data dell’accertamento della malattia.

Ancora, i lavoratori occupati nella produzione di rotaie ferroviari, che hanno prestato la loro attività senza essere dotati degli equipaggiamenti di protezione adeguati all’esposizione alle polveri di amianto, potranno beneficiare di una maggiorazione contributiva di 1,50 euro per il periodo di esposizione all’amianto, così come stabilito dal comma 360 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2021. Con la recente Legge di Bilancio 2023, infine, si apportano nuove modifiche al fondo, rendendolo pari al 17% della rendita e aumentando anche a 15.000 euro il riconoscimento per chi si è ammalato a causa di esposizione ambientale o familiare.

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Stellantis taglia e Tavares guadagna 1000 volte più di un operaio. L’esempio di Olivetti è dimenticato

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Carlos Tavares ad Stellantis
Carlos Tavares (al centro (fra Alberto Cirio, governatore del Piemonte (a sinistra) e Stefano Lo Russo, sindaco di Torino (a destra). Foto Ansa/Alessandro Di Marco

Il portoghese Carlos Tavares non fa eccezione. Anzi è diventato l’emblema, proprio in questi giorni, di un fenomeno eticamente molto discutibile, per quanto legalmente lecito ed economicamente legittimo. In Italia, da mezzo secolo almeno, gli stipendi dei manager d’azienda crescono a dismisura se paragonati a quelli di operai e dipendenti delle fabbriche, e così è per l’amministratore delegato di Stellantis (ex Fiat).

Lo scorso 16 aprile gli azionisti del gruppo automobilistico che fa capo alla famiglia Agnelli hanno approvato il nuovo maxi stipendio dei manager bonus inclusi. Quello di Tavares è balzato a 36 milioni all’anno, 3 milioni di euro al mese, oltre mille volte più dello stipendio di uno dei suoi operai. Nello stesso giorno Stellantis ha comunicato lo stop completo per 2 settimane della produzione a Mirafiori per oltre 2.000 lavoratori delle linee della Fiat 500 elettrica e delle Maserati.

Tavares, milionario sempre più ricco

Dagli azionisti è arrivato il via libera alla distribuzione di un dividendo di 4,7 miliardi di euro sulle azioni ordinarie, ma anche, appunto, al compenso di Tavares. Il quale nel 2023 ha guadagnato 13,5 milioni di euro, oltre a un bonus di 10 milioni legato agli obiettivi del gruppo. Complessivamente, quindi, la remunerazione del manager è stata di 23,5 milioni di euro a fronte dei 14,9 milioni del 2022, con un incremento che supera il 55%. Nel 2022 il compenso di Tavares suscitò le ire del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron che bollò come “scioccante ed eccessivo” l’ammontare “astronomico” della sua retribuzione. Bisogna tenere presente che Stellantis è un gruppo italo-francese, i cui principali azionisti sono: Exor, la holding della famiglia Agnelli, con il 14,2% delle quote azionarie; Peugeot con il 7,1%; il Governo francese, tramite Bpi, con il 6,1%.

La rabbia dei sindacati

Inutile dire i sindacati italiani sono sul piede di guerra per la concomitanza con la nuova cassa integrazione a Mirafiori. “Lo stipendio annuale di Carlos Tavares vale il salario di mille lavoratori di Mirafiori” ha dichiarato Samuele Lodi, segretario nazionale della Fiom-Cgil e responsabile del settore mobilità. “Si usino profitti e stipendi per produrre più auto in Italia” ha osservato Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil Piemonte. “Siamo in un’economia di mercato e gli azionisti possono decidere di aumentare i lauti compensi dell’ad di Stellantis, ma come sindacato ribadiamo che la priorità oggi sono gli investimenti negli stabilimenti non i compensi. Anche così si pratica la responsabilità sociale verso i lavoratori e il Paese” ha detto il segretario generale della Fim, Ferdinando Uliano.

Le ragioni di Tavares

Dal canto suo Tavares si difende. Durante una tavola rotonda il 19 aprile, sottolinea Quattroruote, ha dichiarato di essersi opposto alle numerose richieste di vendere Alfa Romeo e chiudere Lancia. “Quello che abbiamo fatto è stato riconvertire il business di Alfa Romeo. Il marchio è redditizio, è posizionato nel segmento premium. L’attività è in crescita” ha detto l’ad di Stellantis.

C’è un problema di etica pubblica

Basta per farsi aumentare lo stipendio a 3 milioni di euro al mese? Sono scelte libere degli azionisti, senza dubbio. Tuttavia c’è una questione di etica pubblica molto seria che a Stellantis non sembrano neppure voler comprendere. Ben esemplificata, nel settembre 2022, dalle dichiarazioni di papa Francesco ai rappresentanti di Confindustria giunti in Vaticano. “Se la forbice tra gli stipendi più alti e quelli più bassi diventa troppo larga, si ammala la comunità aziendale, e presto si ammala la società” disse Francesco.

Adriano Olivetti citato dal Papa

Nel richiamare il principio di equità il Pontefice citò l’esempio di Adriano Olivetti, che “aveva stabilito un limite alla distanza tra gli stipendi più alti e quelli più bassi, perché sapeva che quando i salari e gli stipendi sono troppo diversi si perde nella comunità aziendale il senso di appartenenza a un destino comune, non si crea empatia e solidarietà tra tutti. E così, di fronte a una crisi, la comunità di lavoro non risponde come potrebbe rispondere, con gravi conseguenze per tutti“. Per Adriano Olivettinessun dirigente, neanche il più alto in grado, deve guadagnare più di 10 volte l’ammontare del salario più basso“. Tavares guadagna 1000 volte il salario più basso ma di lui nessuno si ricorderà nel futuro, all’infuori della famiglia Agnelli per ragioni aziendali. Adriano Olivetti è nella storia come uno dei più geniali imprenditori italiani di sempre, ancora oggi di esempio.

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Ponti di Primavera, aerei e treni più cari dello scorso anno

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passeggeri viaggi turismo ponti primavera
Foto Ansa/Telenews

I ponti di Primavera comportano costi salati per gli italiani che si sposteranno in treno, aereo, autostrada, nave e traghetto. E costeranno circa il 10,5% in più rispetto allo scorso anno a causa dei forti aumenti di prezzi e tariffe in tutto il comparto turistico e dei trasporti. Ci sarà un aggravio di spesa di complessivi 780 milioni di euro sul 2023. Lo afferma Assoutenti, che il 21 aprile ha fornito le stime sulle spese che attendono le famiglie in vista delle festività del 25 aprile e 1 maggio.

Lo scorso anno circa 17,1 milioni di italiani si sono concessi una vacanza in occasione dei ponti di Primavera generando un business da complessivi 7,4 miliardi di euro, spiega Assoutenti. Numeri positivi che si replicheranno nel 2024, con milioni di cittadini che si apprestano a trascorrere qualche notte fuori casa tra il 25 aprile e l’1 maggio. A pesare sui ponti saranno tuttavia i rincari che stanno interessando tutto il comparto turistico, e che toccano ogni aspetto delle vacanze. Ovvero i pacchetti vacanza, ad esempio. I quali hanno registrato nell’ultimo mese un aumento del +8,2% su base annua. Tuttavia sensibili rincari riguardano anche gli alberghi che hanno ritoccato le tariffe del +6,9% e gli alloggi in altre strutture (b&b, case vacanza, ecc.) che segnano un +8,4% su anno.

Aerei, voli carissimi

Proibitivo spostarsi in aereo per i ponti. I voli nazionali aumentano del +19,1% rispetto al 2023, quelli europei del +16,5%. Balzano del +7,3% i voli internazionali. Non andrà meglio a chi sceglie il treno: i biglietti rincarano del +8%, mentre autobus e pullman salgono del +4%. Chi si sposterà in auto dovrà fare i conti con gli ultimi rialzi dei carburanti. I prezzi alla pompa di benzina e gasolio continuano a salire senza sosta, al punto che la benzina verde è aumentata del +8,3% da inizio anno, con un pieno che costa circa 7,5 euro in più rispetto al 2023, denuncia Assoutenti.

Ma a rincarare sono anche tutti i servizi accessori: dai ristoranti che costano il 3,8% in più rispetto allo scorso anno, ai parchi divertimento (+4%), passando per musei e monumenti (+3,7%)” afferma il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso. “I ponti di Primavera costeranno così agli italiani circa il 10,5% in più rispetto allo scorso anno, determinando a parità di consumi una stangata da circa 780 milioni di euro su chi si metterà in viaggio nei prossimi giorni“.

Un italiano su 3 in viaggio per i ponti

Un’indagine Coldiretti/Ixè sui ponti di Primavera rivela che un italiano su tre (34%) farà ponte in occasione del 25 aprile. E lo farà sfidando le previsioni meteo negative con il ritorno del freddo dopo un’estate anticipata. La festa della Liberazione quest’anno offrirà una collocazione molto favorevole da sfruttare per gite o anche brevi vacanze.

La stragrande maggioranza dei nostri connazionali sceglierà località all’interno del nostro Paese, sottolinea la Coldiretti. Luoghi, cioè, che consentono di ottimizzare il tempo limitato a disposizione: dal mare alle città d’arte fino alla campagna e alla montagna. L’alloggio preferito è l’abitazione di proprietà o di parenti e amici. Seguono alberghi e bed and breakfast. Gettonatissimi gli agriturismi dove secondo Campagna Amica Terranostra in alcune strutture si registra già il tutto esaurito grazie al desiderio degli italiani di stare all’aria aperta alla ricerca del buon cibo.

 

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Salone del Mobile a Milano, 300mila visitatori per l’edizione 2024

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Salone mobile Milano 2024 fino al 21 aprile
Foto Ansa/Daniel Dal Zennaro

L’edizione 2024 del Salone del Mobile di Milano (fino al 21 aprile) giunge al culmine. E punta i riflettori su prodotti che sono un chiaro esempio di responsabilità ambientale e rigenerazione creativa. La fiera è anche una fucina di ambasciatori della manifattura artigianale che da sempre è imprescindibile nel settore. Non soltanto per quanto riguarda il Made in Italy, e che si fonde con una indispensabile innovazione tecnologica.

Parlare di sostenibilità, oggi, è scontato e allo stesso tempo indispensabile, e per ampliare il tema è quindi necessaria una visione che abbracci non solo tematiche ambientali, ma anche aspetti sociali, di equità e dignità del lavoro. Molti designer hanno da tempo abbracciato anche questi concetti e – fortunatamente – le nuove generazioni li apprendono sui banchi di scuola insieme ai principi fondamentali della professione.

Salone del Mobile 2024

Questo trend sta cominciando a essere sempre più diffuso, ed è molto evidente percorrendo gli enormi corridoi del Salone del Mobile di Milano, dove i designer osano sempre di più. Si cerca di presentare i propri prodotti non solo come semplici elementi di arredo, ma come ‘ambasciatori’ di esperienze, sensazioni e valori che, però – è necessario ammetterlo – sono spessissimo ambientali ma raramente sociali.

D’altronde l’obiettivo del 62° Salone del Mobile di Milano è produrre valore durevole per chi espone, creare esperienze di qualità e generare ‘cortocircuiti’ culturali per tutti (in sinergia anche ovviamente con la rassegna del Fuorisalone). Creare una esposizione che sia prima di tutto esperienziale è quindi indispensabile per raggiungere questo scopo, e per farlo sono stati necessari fino a 20 giorni di allestimento per ciascuno degli stand presenti in Fiera.

Duemila espositori da 180 paesi

Quello che è chiaro a tutti visitando l’esposizione è che questa fiera è una delle più importanti al mondo sia per dimensione che per persone e brand coinvolti, ed i numeri parlano chiaro. Al Salone del Mobile ci sono 1.950 espositori da 35 paesi su una superficie di 174.457 metri quadrati che attendono buyer ed addetti ai lavori provenienti da 180 paesi. Sommati a tutti gli altri visitatori comporranno il numero impressionante di 300mila visitatori attesi per questa edizione.

Numeri importanti per rappresentare un’industria di rilievo primario nell’economia mondiale dal valore di 552,7 miliardi di euro, con una aspettativa di crescita del 5% annuo, a cui l’Italia partecipa con un totale di 17 miliardi di euro (di cui circa 11 miliardi provenienti dall’export). Se il core business del Salone è ovviamente il mobile, parte dell’esposizione si alterna a ritmo biennale su tematiche più verticali.

Il Mobile fra EuroCucina e Bagno

Gli spazi che l’anno scorso erano infatti dedicati ad Euroluce quest’anno sono dedicati ad EuroCucina, con 105 espositori, di cui il 30% esteri, su 23.807 metri quadrati, dove va in scena l’ambiente che più di tutti è coinvolto nella transizione digitale e dove l’innovazione tecnologica diventa protagonista nella vita di tutti i giorni.

All’interno delle smart kitchen, ambienti interconnessi dove gli elettrodomestici lavorano in sinergia per semplificare la vita degli utenti e ridurre i consumi. Se in questo caso gli espositori sono più specializzati, gli allestimenti imponenti ed avveniristici rappresentano un’industria che solo nel segmento degli elettrodomestici vale quasi 320 miliardi di euro, di cui quasi 9 rappresentati dai produttori italiani. La 10ª edizione del Salone Internazionale del Bagno infine ospita 185 espositori, di cui 27% esteri, su oltre 17.000 metri quadrati, e racconta di nuovi materiali e linguaggi estetici e progettuali, natura, sostenibilità e tanta voglia di benessere.

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Case Green, via libera dalla Ue ma l’Italia vota contro

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Case green Europa
Il ministro Giorgetti. Foto Ansa/Riccardo Antimiani

Un anno dopo il primo voto del Parlamento europeo, la direttiva sulle case green è ufficialmente approvata. Il lungo percorso del provvedimento Epbd (Energy performance of buildings directive) si è concluso il 12 aprile all’Ecofin con il no dell’Italia che ha espresso voto contrario insieme all’Ungheria. In tutto sono stati 20 i voti a favore. Ne bastavano 15 su 27 per il via libera definitivo. Ed è davvero l’ultimo passaggio per la norma quadro che definirà le regole per la riqualificazione energetica degli immobili di tutta Europa da qui al 2050.

Il penultimo passaggio c’è stato il 10 aprile con il via libera dagli Stati membri. Gli ambasciatori dei singoli paesi presso l’Unione europea avevano confermato alla riunione del Coreper (il Comitato permanente dei rappresentanti dei paesi membri) l’accordo raggiunto con il Parlamento europeo a dicembre. Intesa che l’Eurocamera ha votato nel corso dell’Assemblea plenaria dello scorso marzo e che riguarda le nuove norme per rendere case ed edifici dell’Unione a emissioni zero entro il 2050.

Case green, cosa accadrà

Nessuna obiezione è stata sollevata, e dunque la direttiva è finita sul tavolo del Consiglio Ue Ecofin – cioè il vertice dei ministri dell’Economia e finanze – per la conferma definitiva. Sempre senza discussione. Ora non resta che attendere l’approdo sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. L’assetto che a dicembre gli Stati membri hanno raggiunto nel corso dei negoziati tra le istituzioni comunitarie ha insomma retto fino alla fine.

E ciò nonostante le consistenti opposizioni di paesi fondatori come l’Italia, scottata dall’esperienza del superbonus edilizio al 110% che ha aperto una voragine da 200 miliardi nei conti dello Stato. Cambia così completamente la rotta del passaggio più rilevante della direttiva: l’articolo 9. Se fino a qualche settimana fa l’ipotesi era stata di indicare dei requisiti stringenti per i singoli edifici (con la classe energetica D obbligatoria dal 2033), non lasciando spazio alle singole nazioni, questo passaggio ora è diverso. Nel nome di una maggiore flessibilità.

Cosa dovranno fare gli Stati membri

I paesi membri dovranno definire dei piani per la riduzione dei consumi del loro patrimonio edilizio residenziale. Il 2020 è considerato l’anno zero e il 2050 l’anno nel quale, a completamento del percorso, bisognerà avere un patrimonio edilizio a zero emissioni. In mezzo, gli Stati dovranno assicurare un miglioramento progressivo della situazione delle case, ragionando però sulle medie di consumo. Non più sulla classe di efficienza dei singoli edifici.

Gli obiettivi intermedi di riduzione dei consumi per le case di tutta Europa saranno del 16% al 2030 e del 20-22% al 2035. Saranno i paesi membri a fissare, con i loro piani, le modalità per raggiungere questi obiettivi. La direttiva sulle case green pone, soprattutto, un vincolo. Ovvero che la maggior parte delle ristrutturazioni dovranno riguardare il 43% meno performante del patrimonio edilizio. In questo modo, gli obiettivi non si potranno raggiungere solo grazie agli immobili nuovi: in Italia sarà data priorità ai lavori su cinque milioni di edifici.

Via le caldaie a metano

L’altro grande tema riguarda l’abbandono dei combustibili fossili, a partire dalle caldaie a gas metano, nelle abitazioni. La data entro la quale arrivare al bando completo è stata spostata in avanti, al 2040. Il termine precedente era il 2035. Non solo. Se gli incentivi fiscali per questi apparecchi non ci saranno più a partire dal 2025, la Ue ha stabilito che sarà possibile dare incentivi ai sistemi di riscaldamento ibridi, come quelli che combinano caldaie e pompe di calore.

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