mercoledì, Gennaio 15, 2025
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Raffaele Fitto vicepresidente della Commissione europea

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Fitto Commissione Ue
Foto X @ultimora_pol

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato la sua nuova squadra: ci sarà anche Raffele Fitto. Il team della Commissione dovrà passare al vaglio del Parlamento di Strasburgo. Sono 6 le vicepresidenze esecutive proposte.

I sei ruoli apicali spetteranno alla spagnola Teresa Ribera, alla finlandese Henna Virkkunen, al francese Stéphane Séjourné, alla estone Kaja Kallas, alla romena Roxana Minzatu e all’italiano Raffaele Fitto. Quest’ultimo, attuale ministro per il PNRR in Italia, diverrà vicepresidente esecutivo con delega alla Coesione e alle Riforme, ha spiegato la presidente della Commissione in conferenza stampa. Un incarico non prestigioso ma comunque significativo, considerato che il Governo di destra italiano è politicamente all’opposizione di Ursula von der Leyen.

Il ruolo di Fitto in Europa

Raffaele Fitto sarà responsabile per la politica di coesione, lo sviluppo regionale e le città. Porterà la sua grande esperienza per modernizzare e rafforzare gli investimenti per la coesione e le politiche di crescita” ha aggiunto von der Leyen. “L’Italia è un Paese molto importante e ciò si deve riflettere anche nella scelta. Il Parlamento Ue ha 14 vicepresidenti, due sono di Ecr (i Conservatori di cui fanno parte Fratelli d’Italia, ndr.). Ne ho tratto le conseguenze per la composizione della Commissione“, ha aggiunto von der Leyen.

Secondo fonti del Governo di Roma citate dall’Ansa, “la Coesione vale nel complesso circa 378 miliardi (di cui circa 43 per l’Italia) per il ciclo 2021-2027. Senza contare il futuro ciclo di programmazione che la prossima Commissione sarà chiamata a definire insieme con gli Stati membri. Per uno Stato come l’Italia, e specialmente per il Mezzogiorno, si tratta di un interesse nazionale primario“.

Raffaele Fitto gestirà anche i fondi destinati ai PNRR nazionali dei Paesi dell’Unione, ma non da solo, bensì insieme al veterano della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, nuovo commissario all’Economia. Questa l’indicazione contenuta nella lettera di missione inviata da Ursula von der Leyen al commissario italiano designato vicepresidente esecutivo.

Realizzare le riforme e gli investimenti concordati stabiliti nei PNRR dei Paesi Ue entro la scadenza del 2026 sarà una sfida significativa e richiederà sforzi costanti da parte di tutti i Paesi e della Commissione. Vorrei che tu guidassi questo lavoro, insieme al commissario per l’Economia e la produttività, e ti concentrassi sull’implementazione completa e di successo di NextGenerationEU“, scrive von der Leyen.

La reazione dell’uomo di Giorgia Meloni

Sono onorato dell’incarico ricevuto da Ursula von der Leyen, e la ringrazio per la stima e la fiducia che mi ha voluto dimostrare con questa scelta“. Così Raffaele Fitto in una nota. “Questa decisione rappresenta un grande riconoscimento per l’Italia, Paese fondatore da sempre in prima fila nel processo d’integrazione europea. Intendo esercitare il ruolo affidatomi, una volta concluso l’iter di approvazione della nuova Commissione, con il massimo impegno e nel pieno rispetto dei Trattati e del loro spirito, nella consapevolezza che i prossimi cinque anni saranno fondamentali per il futuro dell’Ue e dei suoi cittadini“.

Ribera guiderà il Green Deal Ue

La spagnola Teresa Ribera sarà la vicepresidente esecutiva della prossima Commissione europea responsabile per la transizione giusta, pulita e competitiva. Mentre il francese Stéphane Séjourné sarà vicepresidente esecutivo per la Politica industriale, ha annunciato Ursula von der Leyen a Strasburgo. A ottenere una vicepresidenza esecutiva a sorpresa sono anche la finlandese Henna Virkkunen, che guiderà la digitalizzazione Ue, e la romena Roxana Minzatu, responsabile per i talenti e le competenze.

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Draghi, allarme rosso: “La Ue è in crisi, cambi subito e radicalmente”

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Mario Draghi rapporto Ue
Foto Ansa/Matteo Corner

Se vuole aumentare la propria produttività, e quindi, nel lungo periodo, preservare il proprio modello sociale, l’Ue deve “cambiare radicalmente”, dice Mario Draghi. L’ex premier ha illustrato nei giorni scorsi il suo rapporto sulla competitività in Europa e il messaggio non poteva essere più chiaro.

Per Draghi “siamo già in modalità crisi. Non riconoscerlo significa ignorare la realtà“. Si tratta dunque di un vero e proprio allarme. L’ex presidente della Bce ha redatto un rapporto in 2 documenti: uno riassuntivo di circa 60 pagine e l’altro approfondito, di oltre 300 pagine. “Questo rapporto – dice Draghi – arriva in un momento difficile per il nostro continente. Dobbiamo abbandonare l’illusione che solo rimandando si possa preservare il consenso. In realtà procrastinare ha solo prodotto una crescita più lenta. E di certo non ha prodotto alcun consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza agire, dovremo sacrificare il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà“.

L’Europa deve produrre di più

Mario Draghi afferma che “se l’Europa non potrà diventare più produttiva saremo costretti a scegliere. Non saremo in grado di diventare, allo stesso tempo, leader nelle nuove tecnologie, un faro della responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni. Questa è una sfida esistenziale“.

I valori fondamentali dell’Europa – aggiunge – sono prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile. L’Ue esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non sarà più in grado di fornirli ai suoi cittadini, o se dovrà barattare l’uno con l’altro, avrà perso la sua ragion d’essere. L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. E l’unico modo per diventare più produttiva è che l’Europa cambi radicalmente“.

Draghi e la lenta agonia della Ue

L’Unione europea deve agire per riformarsi, se non vuole spegnersi in una “lenta agonia“. “Non è così – risponde a chi gli chiede se il messaggio sia del tipo ‘fate questo o morirete’ – è piuttosto: fatelo, o sarà una lenta agonia“. Per Draghi, “dobbiamo assumere una nuova posizione nei confronti della cooperazione: rimuovendo gli ostacoli, armonizzando regole e leggi e coordinando le politiche. Ci sono diversi ambiti in cui possiamo procedere. Ma quello che non possiamo fare è non andare avanti affatto“.

La nostra fiducia che riusciremo ad andare avanti – aggiunge – dovrebbe essere forte. Mai in passato la dimensione dei nostri Paesi è apparsa così piccola e inadeguata rispetto alla portata delle sfide. Da molto tempo l’autoconservazione non era un problema simile, che riguarda tutti. Le ragioni per una risposta unitaria non sono mai state così convincenti. Nella nostra unità troveremo la forza per riformare“, conclude.

Draghi sottolinea infine che l’Unione europea dovrebbe prevedere forme di “finanziamento congiunto” per i “beni collettivi europei fondamentali“, magari emettendo “safe asset” europei (titoli obbligazionari a basso rischio). Dato che i soli capitali privati non potranno coprire il cospicuo fabbisogno di investimenti che il Vecchio Continente avrà nei prossimi anni.

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La Bce taglia i tassi e Tajani la contesta, dura risposta di Lagarde

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Lagarde e Tajani scontro sulla Bce e sulle sue scelte
Foto Ansa/Epa

La Banca centrale europea (Bce) “è un’istituzione indipendente. E’ scritto molto chiaramente nei trattati che non siamo soggetti a pressioni politiche di alcun tipo. Che si tratti di apprezzamenti o di critiche, cerchiamo di stare assolutamente lontani da simili espressioni”.

Così la presidente della Bce Christine Lagarde rispondendo, in conferenza stampa a Budapest, a una domanda sulle critiche rivoltele da esponenti di primo piano del Governo italiano. In particolare sulla “mancanza di coraggio” che il vicepremier Antonio Tajani ha stigmatizzato. “Lavoriamo davvero sulla base del mandato, che è la stabilità dei prezzi, e sulla base delle prospettive dell’inflazione” aggiunge.

Bce, la posizione di Tajani

Immediata la replica del ministro degli Esteri: “La Presidente della Bce ha detto che l’organismo è autonomo e indipendente e non è soggetto a critiche? La Banca Centrale è assolutamente indipendente, ma che non possa essere soggetta a critiche no. Nessuno è esente dalle critiche, è un incoraggiamento il mio. Non ho offeso nessuno, ma dire che ci vuole più coraggio è un incoraggiamento, non è un’offesa. Continuo a rivendicare il mio diritto a fare osservazioni critiche sulle scelte della Banca Centrale, non voglio influenzarle, ma ho il diritto di commentarle come parlamentare, come ministro e come cittadino. Quindi non vedo perché si criticano tutti e la Banca Centrale è esente da critiche“.

C’è chi critica il Padre Eterno – ha detto ancora Tajani – non possiamo criticare una scelta della Banca Centrale, credo che sia legittimo farlo, io ho sempre ribadito che c’è l’indipendenza, dico anzi che deve essere riformata la Banca Centrale europea. La Bce non può essere soltanto la guardiana della inflazione, ma deve trasformarsi in una vera Banca Centrale. In grado, cioè, di governare la moneta per sostenere l’economia reale, perché l’economia reale è quella che crea occupazione, soprattutto in Europa”.

“Siamo un continente manifatturiero, siamo un continente industriale, abbiamo bisogno di una moneta che sostenga l’economia reale, cioè l’industria e l’agricoltura, questo è quello che penso, sono libero di pensare. Rivendico il mio diritto di criticare e di essere una persona libera, perché nessuno mi può impedire di dare giudizi sulla Banca Centrale europea“, ha sottolineato Tajani.

Cosa è successo

La Bce ieri ha tagliato i tassi di 25 punti. È stato su questa decisione che Antonio Tajani ha dichiarato: “Io sono abbastanza ottimista sulla situazione economica, una partita importante la si gioca a Francoforte. Io mi aspettavo una scelta più coraggiosa da parte della Banca centrale. Lo 0,25 è troppo poco, dobbiamo puntare sulla crescita, ormai l’inflazione è in calo, secondo me la Banca Centrale deve poter fare da più“.

La Banca centrale – ha proseguito – non può essere solo guardiana dell’inflazione, deve governare la moneta per sostenere la crescita e quindi sostenere l’economia reale. Quindi da un punto di vista monetario si può e si deve fare di più per aiutare la crescita in questo momento, perché meno costa il denaro e più è facile per le imprese, ovviamente, accedere al credito e avviare i progetti“.

Ovvio la Bce fa ciò che ritiene opportuno. Ma non dobbiamo neanche cedere a capricci rigoristi che danneggiano l’economia di tutti, anche quella della Germania. La Germania ha bisogno di più industria, se sta vivendo un momento di stagnazione non è che risolvi il problema con tassi così alti. Anche per l’industria tedesca, quindi credo che la Banca Centrale debba avere più coraggio“, ha concluso Tajani.

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Piccole e medie imprese, in Italia sono 200mila: valgono 1.400 miliardi

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Imprese pmi studio ricerca Cernobbio
Foto X @Secondowelfare

In Italia le piccole e medie imprese sono oltre 200mila, e di queste quasi 55mila sono imprese esportatrici. Producono un giro di affari superiore ai 1.400 miliardi, con circa un terzo del proprio fatturato che deriva dalle attività svolte all’estero. Si tratta di quasi la metà dell’export nazionale, ovvero il 45%. Per fare un confronto: le pmi tedesche esportano il 20% della produzione nazionale, così come quelle francesi. Quelle spagnole si attestano al 32% della produzione totale.

Una piccola o media impresa su tre sta investendo in innovazione 4.0 e formazione. Questo è un elemento che accresce del 15% l’export capability d’impresa. E per migliorare questo dato servono, in particolare, una trasformazione tecnologica e un approccio multi-filiera. A dirlo è una ricerca dal titolo Obiettivo Sparkling: Pmi e filiere italiane a prova di futuro di Sace-Teha presentata al Forum Ambrosetti di Cernobbio.

Imprese e competitività

Obiettivo Sparkling nasce dall’acronimo di Smart, Proactive, Agile, Revolutionary, Kinetic, Leader, Innovative, New, Green. Ossia le direttrici su cui manager e imprenditori devono investire per poter rafforzare la competitività delle proprie aziende e farle crescere in modo sostenibile in Italia e nel mondo secondo Sace. Dallo studio emerge che la propensione all’esportazione è direttamente legata alla dimensione di impresa. Soltanto il 18% delle piccole imprese esporta più della metà del proprio fatturato, a fronte di quasi il 33% per le medie e quasi il 40% per le grandi.

Secondo noi ci sono ancora margini importanti per le imprese italiane, soprattutto quelle piccole, per esportare più di quanto fanno oggi” ha dichiarato Alessandro Terzulli, chief economist di Sace. “E per le piccole imprese che ancora non guardano all’estero ci sono margini per cominciare a esportare. Per farlo è fondamentale la trasformazione tecnologica, perché se guardiamo alla ricerca solo un’impresa su 5 ha investito sia su innovazione di prodotto 4.0 che su formazione negli ultimi tre anni“.

28 filiere di produzione

Le filiere che la ricerca presentata a Cernobbio prende in esame sono 28. Di queste, 8 possono definirsi “a rilevanza sistemica“, ovvero a elevata rilevanza economica e relazionale per le piccole e medie imprese. Si tratta di filiere i cui dati fondamentali sono calcolati sulla base di indicatori come il numero di addetti, il fatturato. Ma anche sulla base dell’età e dell’intensità di capitale. C’è poi un altro aspetto: il contributo all’attivazione del settore e del sistema economico.

Macchine industriali, edilizia, agro-alimentare, abbigliamento, mezzi di trasporto su gomma, energia, sanità, farmaceutica e cure. Sono queste le 8 filiere sistemiche che da sole rappresentano un valore aggiunto sulla produzione pari a 300 miliardi. Innovare i prodotti puntando sull’approccio 4.0 e investire nel capitale umano aiuta le imprese non solo a esportare in maniera consolidata ma anche a far diventare esportatrici quelle che non lo sono.

Nell’ambito delle piccole e medie imprese Sace e Teha hanno individuato le due principali leve strategiche per aumentare la propensione all’export. Da un lato la trasformazione tecnologica, anche in chiave sostenibile, e dall’altro l’approccio multi-filiera. Non a caso l’evoluzione verso la filiera viene posto al centro dello studio. Un passaggio centrale per la competitività internazionale delle pmi, grazie all’interconnessione dei processi produttivi e alle economie di scala. All’interno del rapporto si individuano infine le 3 filiere prioritarie del futuro: edilizia intelligente, agro-alimentare, energie rinnovabili e alternative.

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Unicredit raddoppia la quota in Commerzbank e mette in difficoltà il Governo tedesco

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Unicredit Commerzbank acquisto
Andrea Orcel, Ceo di Unicredit. Foto X @business

Il gruppo bancario italiano Unicredit ha comprato una quota del 4,5% in Commerzbank, portando la sua partecipazione nella seconda banca tedesca al 9%. Un’operazione spiazzante per il Governo di Berlino: lo Stato detiene una quota attorno al 10% in Commerzbank e adesso si ritrova clamorosamente insidiato da vicino dal gruppo italiano.

Unicredit ha sborsato 702 milioni di euro, spiega l’Agenzia finanziaria tedesca, e l’offerta italiana è stata “significativamente superiore a tutte le altre“. La partecipazione di Commerzbank in mano a Unicredit vale ora complessivamente 1,6 miliardi di euro. Secondo quanto scrive l’agenzia di stampa Bloomberg, la mossa di Andrea Orcel, amministratore delegato del gruppo italiano, ha preso alla sprovvista Berlino e sta mettendo in difficoltà il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

A quanto sembra il governo tedesco non aveva sentore del blitz della banca italiana: si aspettava una vendita frazionata tra diversi investitori. Gli italiani hanno invece offerto un premio sui valori di Borsa, in operazioni che generalmente si chiudono a sconto rispetto ai prezzi di mercato. Ha quindi sbaragliato tutti. A questo punto, scrive il quotidiano inglese Financial Times, Commerzbank non esclude una potenziale integrazione con Unicredit. Secondo quanto appreso dal quotidiano britannico, Commerzbank non avrebbe avuto in anticipo informazioni da Unicredit circa l’acquisizione della quota. Lo ha saputo al mattino dell’11 settembre tramite le comunicazioni regolamentari.

Ma la banca tedesca, viene riferito, valuterà i piani di Unicredit con mente aperta, avendo presente il dovere legale del board di agire nel miglior interesse degli azionisti. Oltre ad Unicredit e allo stato tedesco, nel capitale della banca tedesca ci sono anche la Banca centrale norvegese con il 3% e i francesi di Amundi con una piccola quota dello 0,6%. Interpellato su un possibile interesse per il concorrente, l’altro colosso tedesco Deutsche Bank, si è limitato ad un “no comment”.

La rivolta dei sindacati

Come riporta online il Fatto Quotidiano, gli analisti finanziari giudicano positivamente la mossa di Unicredit ma i sindacati della banca alzano le barricate. E chiedono al Governo Scholz di impedire l’acquisto di Commerzbank da parte di Unicredit. “Il ministro federale delle Finanze, Christian Lindner, deve prendere un impegno chiaro con la Germania come sede di business e opporsi all’imminente acquisizione di Commerzbank da parte di Unicredit” ha affermato Frank Werneke, presidente del secondo maggior sindacato tedesco dopo Ig Metall.

Stefan Wittmann, il rappresentante dei lavoratori che siede nel consiglio di amministrazione di Commerzbank è ancora più drastico: “Non abbiamo bisogno che gli italiani entrino e facciano fallire le banche tedesche tradizionali. Non abbiamo bisogno di un altro disastro come quello che abbiamo visto alla Hypovereinsbank (banca tedesca con cui Unicredit si è fusa nel 2005, ndr)”.

La risposta di Unicredit

Dal canto suo Unicredit fa sapere che ora “esplorerà insieme a Commerzbank possibili opportunità di creazione di valore per gli stakeholder di entrambe le banche“. E che “l’acquisizione della partecipazione in Commerzbank è coerente con la strategia di Unicredit e i parametri entro i quali effettua qualsivoglia investimento”. UniCredit presenterà alle autorità competenti, se e quando necessario, le istanze autorizzative per poter eventualmente superare la soglia di partecipazione del 9.9% in Commerzbank, si legge intanto in una nota. La strada verso l’acquisizione sembra aperta.

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Manovra 2024, tutte le anticipazioni

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Giorgetti manovra di bilancio Italia
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Foto Ansa/Dorin Mihai

Dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri martedì 17 settembre il Piano strutturale di bilancio: l’anticamera della Manovra 2024-2025. Quest’anno l’esecutivo ha in mente una legge di bilancio per complessivi 25 miliardi. Il Mef lavora alla definizione finale del Pianto strutturale di bilancio (Psb) previsto dalle nuove regole del Patto di Stabilità, con le tabelle sulla base delle quali s’imposterà la finanziaria che ha come priorità la riconferma del taglio delle tasse per 14 milioni di lavoratori con reddito entro i 35mila euro. E, se possibile, un intervento anche a favore del ceto medio.

Tra le priorità del Governo in manovra c’è la conferma del taglio del cuneo fiscale per 14 milioni di lavoratori e dell’accorpamento delle prime due aliquote Irpef. Coperture permettendo, l’esecutivo Meloni punta ad alleggerire il carico fiscale per il cosiddetto ceto medio, che non ha goduto né del taglio del costo del lavoro, né della semplificazione Irpef. Un totale di 8 milioni di contribuenti.

Le novità della manovra

Allo studio c’è dunque l’ipotesi di ridurre l’aliquota intermedia dal 35 al 33% e il rialzo da 50mila a 60mila euro del limite del reddito per il secondo scaglione. Il tutto è però condizionato dal reperimento delle risorse. Il costo dell’operazione ‘ceto medio’ è di circa 4 miliardi.

Al centro delle questioni politiche aperte fra l’Italia e l’Unione europea c’è la natura dell’assegno unico per i figli. La misura si confermerà ma allo stesso tempo il Governo lavora a dei correttivi per rimediare ad una distorsione nella normativa originaria. Ovvero che l’assegno concorre infatti all’Isee e dunque aumenta il reddito delle famiglie numerose penalizzando l’accesso ad altri strumenti di sostegno al reddito. Per rimediare anche a questa stortura c’è un tavolo ad hoc sull’Isee.

Il bonus mamme

La manovra punta inoltre a riconfermare il bonus per le mamme lavoratrici. E se possibile ad estenderlo anche alle lavoratrici autonome, cioè con Partita Iva, fino ad oggi escluse dall’agevolazione (che invece è a vantaggio delle dipendenti a tempo indeterminato).

Se così fosse, le lavoratrici non dipendenti, circa 2 milioni di donne in Italia, si aggiungerebbero alle lavoratrici madri con tre o più figli che potranno godere di un esonero del 100% della quota dei contributi per l’invalidità, vecchiaia e superstiti a carico del lavoratore fino al 18esimo anno di età dell’ultimo figlio. Parliamo di circa 3mila euro annui, quasi 250 euro al mese. E solo per il 2024, varrebbe anche per chi ha due figli (se almeno uno dei due ha età inferiore ai 10 anni).

La manovra e le pensioni

Il Governo valuta poi il margine di manovra per le modifiche a Quota 103. Allo studio ci sarebbe un prolungamento delle finestre di uscita a 6-7 mesi dagli attuali 3 per i lavoratori che optano per l’anticipo con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età anagrafica.

Tra le risorse, il gettito fiscale migliore delle attese (+19 miliardi), ma anche i risparmi pari a 3,5 dovuti all’abolizione dell’Ace (Aiuto alla crescita economica). E poi i tempi supplementari dell’autoliquidazione delle partite Iva di agosto e il concordato preventivo biennale da opzionare entro il 31 ottobre, diano un po’ di ossigeno per la quadratura della manovra. Si studia anche un ritocco delle deduzioni/detrazioni.

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Blue Economy, per l’Italia vale almeno 70 miliardi

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Blue Economy in Italia vale 70 miliardi
Foto X @antosavarese

Con oltre 7.500 km di costa, l’Italia ha il potenziale per essere un leader globale nella Blue Economy, sottolinea Teleborsa. La cosiddetta Blue Economy, cioè l’economia che ruota attorno agli ambienti marini, contribuisce con circa 70 miliardi di euro all’economia nazionale italiana e impiega oltre 400mila persone, secondo i dati dell’ultimo rapporto Ue.

Questo settore valorizza le risorse marine e costiere in modo sostenibile, offrendo materie prime, energia, cibo e turismo, e contribuendo alla conservazione della biodiversità e alla prevenzione dei rischi naturali. Ecomondo 2024, hub di riferimento in Europa per la green e circular economy, organizzato da Italian Exhibition Group (IEG) e in programma alla Fiera di Rimini dal 5 all’8 novembre, offrirà una piattaforma unica. L’obiettivo è quello di esplorare questi temi e le soluzioni innovative nella gestione delle risorse marine, con particolare attenzione alle energie rinnovabili marine e alla biotecnologia blu.

Liguria e Sicilia, culle della Blue Economy

Questi settori emergenti offrono una grande opportunità di crescita per le imprese italiane. “La Blue Economy – ha dichiarato Alessandra Astolfi, direttore divisione Green & Technology di IEG – è vitale per il nostro futuro sostenibile, gli investimenti in tecnologie a basse emissioni e la gestione sostenibile delle risorse marine sono cruciali per mantenere e ampliare il suo impatto positivo“.

Ad oggi Liguria e la Sicilia si distinguono in Italia per la Blue Economy. La Liguria, grazie alla cantieristica navale e alla rete portuale, registra un fatturato annuale di 5 miliardi di euro. La Sicilia, sostenuta dal turismo e dal trasporto marittimo, segue con 4,5 miliardi di euro (fonte Rapporto UE sulla Blue Economy 2023 Rapporto ISTAT).

Le altre regioni d’Italia

Oltre a Liguria e Sicilia, anche regioni come Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Puglia e Veneto rappresentano poli significativi nella Blue Economy italiana. Ciascuna con un fatturato che si avvicina o supera i 3 miliardi di euro distinguendosi per la solida infrastruttura portuale e il turismo marittimo. Altre regioni contribuiscono in modo rilevante, ma con fatturati inferiori: Sardegna (2,9 miliardi di euro), Friuli-Venezia Giulia (2,7 miliardi), Calabria (2,4 miliardi), Lombardia (2,2 miliardi), e Piemonte (2 miliardi di euro).

Globalmente, la Blue Economy vale circa 1.300 miliardi di euro e si prevede che possa raddoppiare entro il 2030. In Europa, genera circa 665 miliardi di euro di fatturato, rappresentando il 5% del PIL dell’Ue, e crea quasi 5 milioni di posti di lavoro. L’Italia, insieme a Spagna e Grecia, è tra i principali paesi per posti di lavoro nel turismo costiero e ha una forte presenza nella pesca e acquacoltura.

Cosa comprende la Blue Economy

La Blue Economy o Economia del Mare comprende settori tradizionali come pesca, acquacoltura, trasporto marittimo e turismo costiero, e settori emergenti come energie rinnovabili marine, come l’energia eolica offshore e biotecnologia blu, robotica e intelligenza artificiale. I settori abilitanti includono porti, reti di comunicazione, formazione e istruzione, governance e pianificazione marittima. Il turismo costiero e marittimo, in particolare, si conferma un settore di grande rilievo per l’occupazione, seguito dalla pesca e dall’acquacoltura, dove la gestione sostenibile delle risorse è cruciale.

Ecomondo 2024 – spiega Astolfi approfondirà temi chiave come la riduzione delle emissioni, la gestione sostenibile delle risorse marine e la promozione dell’economia circolare. Il settore marittimo italiano non solo supporta economicamente il Paese ma si impegna attivamente nella protezione ambientale e nella formazione di una nuova generazione di professionisti consapevoli“. Durante Ecomondo 2024 ci saranno diversi gli incontri e i convegni dedicati al settore Water Cycle and Blue Economy.

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Sangiuliano, perché Corte dei Conti e pm vogliono vederci chiaro

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Gennaro Sangiuliano lettera dimissioni
Foto Ansa

Il caso Sangiuliano-Boccia non è liquidabile come “una vicenda privata” che “una forte attenzione mediatica” ha trasformato “in una cosa pubblica”, come ha detto la premier Meloni al Forum Ambrosetti di Cernobbio il 7 settembre. Si profilano già ampi risvolti giudiziari all’orizzonte. Sia per la magistratura contabile che per quella penale.  

Le affermazioni via social media e via interviste (a La Stampa e in Tv a La7) della presunta amante di Gennaro Sangiuliano, Maria Rosaria Boccia, nonché l’intervista-fiume al Tg1 del 4 settembre dello stesso ministro della Cultura (dimessosi poi il 6 settembre) forniscono elementi per possibili indagini. Per non parlare dell’esposto in procura, a Roma, che ha fatto il deputato di Avs Angelo Bonelli.

Al centro dell’interesse pubblico sulla vicenda ci sono mesi di viaggi sulle auto blu, trasferte, concerti, pranzi e cene di Boccia con il ministro. Ma anche l’accesso a informazioni riservate da parte della stessa e la sua partecipazione a riunioni e incontri istituzionali, regolarmente ammessa come se già fosse Consigliera per i grandi eventi (la sua nomina non è mai avvenuta).

Sangiuliano e la Corte dei conti

La Corte dei Conti assicura che la vicenda “non è rimasta inosservata” e si prepara ad avviare un’istruttoria – probabilmente per danno erariale – forse già all’inizio della prossima settimana. I magistrati contabili vogliono vederci chiaro sulle spese che il ministero della Cultura ha effettuato in occasione delle trasferte di Boccia con Sangiuliano. L’imprenditrice ha parlato di diverse trasferte fatte con il ministro sull’auto blu, anche su lungo raggio. Ma nessuno può escludere che le indagini possano riguardare anche le ospitate del ministro, in compagnia di Boccia, ad eventi finanziati con contributi statali.

Sangiuliano, dal canto suo, è tornato a ribadire – anche nella sua lettera di dimissioni alla premier Giorgia Meloni – di non aver mai utilizzato neanche un euro del ministero in favore della donna con cui, come ha rivelato lui stesso, aveva una relazione. “Sono lieto di apprendere che la Corte dei conti stia valutando la possibilità di aprire un fascicolo sulla vicenda che mi riguarda” le sue parole prima del passo indietro a Palazzo Chigi. “In tal modo avrò la possibilità di chiarire tutto. E dimostrare che non sono stati spesi fondi pubblici per viaggi e trasferimenti della signora Maria Rosaria Boccia“.

Esposti alla procura di Roma

Alle indagini dei magistrati contabili a breve si affiancheranno anche quelle della Procura di Roma. Sul tavolo dei magistrati di piazzale Clodio sono in arrivo l’esposto del deputato di Avs Angelo Bonelli e quello del diretto interessato, Gennaro Sangiuliano. Il parlamentare dell’opposizione ipotizza i reati di indebita destinazione di denaro pubblico e rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio.

Il riferimento è sempre alle parole di Boccia che ha affermato di aver partecipato alle fasi organizzative del G7 della Cultura di Pompei, in programma in settembre. I pm di piazzale Clodio procederanno formalmente all’apertura di un fascicolo ma in caso di estremi di reato l’indagine, però, poi passerebbe al Tribunale dei Ministri – anche se Sangiuliano si è dimesso – perché all’epoca dei fatti ricopriva ancora l’incarico.

Ai magistrati si rivolgerà anche lo stesso ministro, come ribadito nella lettera di dimissioni a Giorgia Meloni. Il suo esposto, come ha anticipato il legale Silverio Sica, ipotizzerà il reato di violazione della riservatezza, facendo riferimento alla pubblicazione sui social media da parte di Boccia di filmati, mail e audio privati.

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Auto, senza più incentivi il mercato crolla: comparto elettrico a -40%

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Auto elettriche vendite in calo in Italia
Foto Ansa/Epa Rungroj Yongrit

Il mercato italiano delle auto viaggia ormai sulle montagne russe. A periodi di stasi seguono crescite improvvise e repentine cadute nelle vendite, a seconda della disponibilità o meno di incentivi all’acquisto. I salari sono fermi, l’inflazione sta aumentando e il potere d’acquisto delle famiglie si riduce. Indebitarsi per comprare un’auto a rate è più difficile che in passato. Anche per questo il mercato dell’usato resta più vivace di quelle dei veicoli di nuova produzione.

È anche per questa concatenazione di eventi che nel mese di agosto appena trascorso il comparto auto ha pagato l’effetto della fine degli incentivi. Una iniezione di sostegno finanziario senza la quale tutto diventa più complicato. Dopo la crescita del +15% di giugno e del +4,7% di luglio, nel mese di agosto in Italia concessionari e privati hanno immatricolato ‘appena’ 69.121 auto. Vale a dire il 13,4% in meno dello stesso mese dell’anno scorso. Da inizio anno, invece, le auto vendute sono state 1.080.447, in crescita del +3,8% sull’analogo periodo del 2023. I dati sono del ministero dei Trasporti.

Auto elettriche? Un disastro

Come riporta Milano Finanza, la fine degli incentivi ha generato le più ampie ripercussioni  nel settore delle auto elettriche. Nel corso del mese di agosto le vendite di questo genere di veicoli sono crollate. Si tratta, come è noto, di veicoli di gamma medio-alta, molto costosi. Senza incentivi è un genere di auto che ancora non attira più di tanto in Italia. Anche perché molti si pongono il problema dei costi da sostenere nel momento in cui dovesse diventare indispensabile cambiare le batterie del veicolo acquistato, ad esempio. E si parla di un minimo di 6mila euro.

Dunque, tornando ai dati, il mese scorso ha visto immatricolate in Italia 2.410 vetture full electric, in calo del -40,6% rispetto ad agosto 2023, con una quota di mercato pari al 3,5% (dal 5,1% di agosto 2023), come comunica Motus E. Nei primi 8 mesi del 2024 le auto elettriche in Italia sono state 41.254, in aumento soltanto dell’1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con una market share del 3,8%, in linea con il periodo gennaio-agosto 2023 (quando si era attestata al 3,9%). Al 30 agosto il parco circolante elettrico italiano risulta composto da 256.493 auto elettriche.

Stellantis perde molto

Il calo marcato delle immatricolazioni di auto, e soprattutto di auto elettriche, non solo non risparmia Stellantis, che già in Francia ha segnato un -31,7%, ma il gruppo di Carlos Tavares fa decisamente peggio del mercato. In Italia ad agosto sono state 17.132 le auto vendute: -32,4% dello stesso mese del 2023. La quota di mercato scende di molto, dal 31,8% al 24,8%. Nei primi 8 mesi di quest’anno l’ex Gruppo Fiat ha immatricolato invece 335.883 vetture, in calo del 2,1% sull’analogo periodo dell’anno scorso, con la quota in calo al 31% contro il 32,9%.

Malgrado che la Fiat Panda resti anche ad agosto il modello di auto più venduto in Italia con 3.315 unità, il marchio Fiat ha subito il sorpasso da Toyota già a luglio. In agosto, riporta ancora Milano Finanza, Fiat-Stellantis è addirittura scesa dal podio delle vendite. Il marchio italiano ha venduto 4.756 auto, mentre Toyota ne ha vendute 6.227; Volkswagen ne ha piazzate sul mercato 5.148. E persino Dacia del gruppo Renaul ha venduto qualcosa in più del marchio Fiat: 4.941 automobili.

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Concession balneari, proroga fino al 2027

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Spiagge concessioni balneari decreto
Foto X @SkyTG24

La Commissione europea preme sul fronte della libera concorrenza e il Governo Meloni sta valutando l’ipotesi di una proroga delle concessioni balneari. In pratica a Palazzo Chigi si prepara un testo di decreto in base al quale gli stabilimenti resteranno ‘congelati’ in Italia fino a settembre 2027. Così le concessioni che nel nostro Paese si tramandano quasi in automatico, non dovrebbero andare a gara ancora per un po’ di tempo.

Il rinvio della messa a gara delle concessioni balneari però è un’idea che non piace affatto alle associazioni dei consumatori. “Secondo la bozza del decreto che andrà in Consiglio dei Ministri le concessioni balneari saranno prorogate minimo fino al settembre 2027” spiega Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori. “Vi sarà un indennizzo per l’uscente a carico del concessionario subentrante e le concessioni avranno una durata tra i 5 e i 20 anni. Una bozza indecente. Oltre a contenere una proroga illegale, in contrasto con le sentenze del Consiglio di Stato, la Commissione europea e l’Antitrust, si penalizzano le famiglie pur di accontentare i balneari“.

La lobby dei balneari

Si costringe, infatti, il nuovo concessionario – spiega ancora Dona – a pagare quello vecchio pur di farlo sloggiare. Come se fosse un negoziante che ha diritto all’avviamento. Con l’effetto che chi subentra si rivarrà ovviamente sui consumatori finali, facendo pagare a un prezzo ancor più salato ombrelloni e sdraio, visto che nelle gare nessuno introduce un vincolo alle tariffe. In agosto gli stabilimenti balneari e le piscine sono già rincarati del 13,3% rispetto alla scorsa estate. Ci domandiamo dove andremo a finire nei prossimi anni. Infine le concessioni non dovrebbero avere una durata superiore a 10 anni, più che sufficienti per recuperare gli investimenti iniziali“.

Stando a Adnkronos il decreto si intitola Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive. Sul decreto è intervenuta anche l’associazione dei consumatori Codacons con una dichiarazione. “La proroga delle concessioni balneari al 2027, con possibilità di allungamento al marzo del 2028, rappresenta una presa per i fondelli. E non risolve in alcun modo il nodo balneari“, afferma sarcasticamente Codacons in un comunicato, commentando la bozza del decreto.

Tutto rinviato alle calende greche

Con la decisione di prorogare le concessioni balneari – afferma il presidente Carlo Rienzi – “il Governo rimanda alle calende greche la soluzione al problema, dimostrando di non saper affrontare adeguatamente la questione. Una proroga che, se confermata, violerebbe non solo le disposizioni dell’Ue, ma anche le recenti decisioni del Consiglio di Stato, prolungando una insostenibile situazione di illegittimità che non fa onore al nostro Paese. Con la conseguenza che, fino al 2027 e in presenza di una condizione di illegalità sul fronte delle concessioni balneari, chiunque potrà occupare le spiagge senza chiedere alcun permesso ai gestori dei lidi“.

Da parte loro venerdì 9 agosto i concessionari degli stabilimenti balneari italiani hanno scioperato contro le incertezze del Governo riguardo alle concessioni demaniali. Gli ombrelloni sono rimasti chiusi per due ore, dalle 7:30 alle 9:30. La protesta, che ha visto adesioni variabili, era mirata a sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi che le nuove normative potrebbero comportare per il settore. Di fatto un risultato l’ha avuto: il decreto che rinvia di anni la risoluzione del problema. Intanto gli italiani non possono godere di spiagge libere se non in minima parte. Ma questo problema non sembra minimamente impensierire la maggioranza di Centrodestra che sostiene il Governo Meloni.

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