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Energia, dal 30 giugno il mercato libero: le regole

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Foto Ansa

Per l’energia scatta dal 1 luglio 2024 il nuovo regime del mercato libero. Coloro che non hanno scelto un nuovo operatore passeranno al servizio a di tutele graduali: un meccanismo temporaneo che andrà a scadenza nel 2027. Chi è già transitato al mercato libero e preferisce tornare indietro può rientrare nel mercato tutelato entro il 30 giugno e passare poi alle tutele graduali. Ciò che deve fare è inoltrare la richiesta all’esercente del servizio di maggiore tutela nel Comune in cui si trova la fornitura.

Attenzione speciale ai clienti vulnerabili. Ovvero le persone con più di 75 anni, i percettori di bonus sociale per svantaggio economico e gravi condizioni di salute. Ma anche gli utenti di isole minori non interconnesse o di strutture abitative d’emergenza e i beneficiari della legge 104 per le disabilità. Per tutte queste categorie non cambierà nulla: potranno restare nel mercato tutelato dell’energia, cambiando eventualmente anche dopo la scadenza del primo luglio.

Il mercato dell’energia

Per ciò che riguarda invece i clienti non vulnerabili già transitati nel mercato libero dell’energia elettrica, essi possono rientrare nella maggior tutela. In questo modo, a partire dal 1° luglio, transiteranno nel servizio a tutele graduali, il meccanismo temporaneo che andrà a scadenza nel 2027 e che è stato concepito per accompagnare la progressiva liberalizzazione del mercato elettrico.

Ma come si fa a esercitare questa facoltà? Ed è possibile attivare il rientro fino all’ultimo giorno utile? Come si effettua il rientro? Innanzitutto, è bene controllare nella propria bolletta in che tipo di mercato l’utente si trova perché il passaggio è possibile dal mercato libero e riguarda i non vulnerabili.

Clienti vulnerabili e non

In prospettiva, poi, anche per i vulnerabili ci sarà il passaggio a un nuovo meccanismo, il servizio di vulnerabilità e anche qui, come per il Servizio a tutele graduali, ci sarà un’asta per definire chi gestirà il nuovo regime dell’energia. “Verosimilmente si terrà nel primo trimestre del 2025. Ed è una tempistica che consentirà all’assetto delle tutele graduali di sedimentare di modo che gli operatori possano fare le valutazioni necessarie a monte dell’eventuale partecipazione” ha dichiarato Stefano Besseghini, presidente Arera (L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente).

Per i non vulnerabili, invece, si deve inoltrare la richiesta all’esercente del servizio di maggiore tutela nel Comune in cui si trova la fornitura di energia. Per chi non conoscesse il nome dell’esercente, l’Autorità ha predisposto un motore apposito, raggiungibile anche dall’home page del sito dell’Autorità, cioè www.arera.it.

Attenzione ai raggiri

Occorre inserire il Comune di riferimento nell’apposito motore. Ad esempio se l’utente si trova nel Comune di Roma, dovrà consultare il sito del servizio elettrico Roma di Acea. Andranno presentate alcune informazioni – da quelle anagrafiche (nome, cognome, data di nascita, luogo di nascita, codice fiscale, estremi del documento di riconoscimento) ai dati catastali dell’immobile (tipo unità catastale; foglio, particella e subalterno). In caso di immobili di edilizia popolare (Ater) è necessario fornire anche la data e il numero di protocollo indicati nella determina dirigenziale.

Arera, inoltre, raccomanda di fare attenzione ai raggiri sul mercato dell’energia. Se si riceve una chiamata da un operatore telefonico occorre ricordare che l’interlocutore è obbligato a identificarsi chiaramente, dichiarando per conto di chi sta chiamando, lo scopo della telefonata e anche a comunicare, se lo si richiede, in che modo ha avuto il numero telefonico. È inoltre necessario tenere presente che nessuna Autorità chiama per proporre dei contratti commerciali.

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Draghi, la ricetta per l’Europa: “Più produttività, meno costi per l’energia”

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Draghi ricetta Europa
Mario Draghi con Felipe VI re di Spagna

Perlopiù dimenticato da molti italiani, l’ex premier Mario Draghi potrebbe presto assurgere a un ruolo preminente nei nuovi organismi europei che saranno rinnovati entro l’estate. A cominciare dalla Commissione e dal Consiglio europeo. E l’ex presidente della Bce di fatto sembra prepararsi, indicando quelle che sono le sue priorità per la Ue.  

In occasione del conferimento, il 14 giugno, del Premio Carlo V dal re di Spagna Felipe VI, Draghi non si è sottratto dal commentare l’attuale situazione in Europa, indirizzando ai 27 qualche invito. Soprattutto in materie di produttività e crescita. L’Unione europea per far fronte a tutti i cambiamenti, dovrà “crescere più velocemente e meglio” ha dichiarato l’ex premier. “E il modo principale per ottenere una crescita più rapida è aumentare la nostra produttività” ha detto l’ex premier. Il “processo di costruzione europea è durato secoli” ma “oggi dobbiamo affrontare sfide fondamentali sul nostro futuro“.

Draghi e il gap tecnologico

Il gap di produttività con gli Stati Uniti a cui l’ex presidente della Bce ha fatto riferimento è legato soprattutto alla tecnologia. Tuttavia “il divario potrebbe aumentare ulteriormente con il rapido sviluppo e la diffusione dell’intelligenza artificiale. Circa il 70% dei modelli fondamentali di intelligenza artificiale viene sviluppato negli Stati Uniti e solo 3 aziende statunitensi rappresentano il 65% del mercato globale del cloud computing. Per iniziare a colmare questo divario è necessaria una serie di azioni politiche. Prima di tutto, dobbiamo ridurre il prezzo dell’energia” ha spiegato Draghi.

L’Europa ha bisogno di adottare risposte urgenti sul mercato del lavoro, sulla difesa comune, sulla concorrenza sleale dall’estero e sul quadro geopolitico. Mentre il ritmo dell’innovazione tecnologica e del cambiamento climaticostanno accelerando e siamo sempre più esposti al peggioramento delle relazioni internazionali. Queste decisioni saranno anche rilevanti dal punto di vista politico e finanziario. E potrebbero anche richiedere un livello di cooperazione mai visto prima tra gli Stati membri e l’Unione Europea“.

Il progetto per la nuova Europa

Draghi ha anticipato diversi aspetti chiave della sua relazione alla presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, che gli ha conferito un mandato per analizzare il tema della competitività in Europa. “Delineerà una politica industriale che punti agli obiettivi chiave per i nostri cittadini europei” ha spiegato. Il rapporto, ha proseguito Draghi, suggerirà politiche “che punteranno innanzitutto aumentare la produttività, preservando la competitività delle nostre industrie nel mondo e la concorrenza in Europa. E anche a continuare la decarbonizzazione delle nostre economie in un modo che porti a minori prezzi dell’energia e maggiore sicurezza energetica.

Secondo Draghi occorre inoltre puntare a “riorientare la nostra economia in un mondo meno stabile. In particolare sviluppando capacità nel settore della difesa e una politica commerciale che possa rispondere alle nostre necessità geopolitiche. Tutto questo per ridurre “le dipendenze verso paesi su cui non possiamo fare più affidamento. E come ho detto – ha proseguito Draghi – mantenere alti livelli di protezione sociale e di redistribuzione in Europa è una questione non negoziabile“.

Oggi – ha concluso Draghi – questi passi appaiono impegnativi. Ma sono fiducioso che abbiamo la determinazione, il senso di responsabilità e la solidarietà per compierli. Per difendere la nostra occupazione, il nostro clima, i nostri valori, la nostra inclusione e equità sociale e la nostra indipendenza. Già a febbraio Draghi aveva suonato un campanello d’allarme sulla necessità di cambiamenti nella Ue. Adesso, argomenta, è davvero il tempo delle scelte.

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Naspi insegnanti 2024: come funziona

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Naspi insegnanti
Insegnante @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Concluso il periodo scolastico, subentra la possibilità della Naspi per alcune categorie di insegnanti. A tal proposito, è utile capire chi e quando può richiederla.

Quando si parla di Naspi rivolta agli insegnanti, si fa riferimento al personale precario o a chi abbia perso il lavoro in modo involontario. L’Inps, riconosciuta la situazione, attribuisce un’indennità pari alla metà dei contribuiti che l’insegnante ha versato nel corso dell’ultimo quadriennio. Tuttavia, è bene precisare che esistono dei requisiti precisi. Infatti, in termini di contribuiti, ad esempio, l’insegnante deve aver versato almeno 13 settimane di contribuiti negli ultimi quattro anni.

A quali insegnanti spetta la disoccupazione

Con il termine dell’anno scolastico, giugno, molti degli insegnanti che hanno un contratto a termine giungeranno alla scadenza naturale di quest’ultimo. In questo caso, sarà possibile richiedere la Naspi. Essendo una situazione che coinvolge principalmente la pubblica amministrazione, è importante fare una doverosa precisazione. La Naspi, infatti, spetta solo agli insegnanti che hanno sottoscritto un contratto a tempo determinato, mentre non possono accedere alla disoccupazione gli insegnanti con contratto indeterminato, anche dopo essere stati licenziati.

Per i precari, si accede alla disoccupazione dopo licenziamento, dopo la scadenza del contratto, quando il docente si dimette per giusta causa ed infine quando l’insegnante si dimette nel periodo tutelato di maternità e paternità. Per quanto concerne l’anno 2024 il requisito fondamentale è aver raggiunto almeno 13 settimane di contributi, nel quadriennio precedente alla richiesta di disoccupazione. La Naspi può essere percepita, inoltre, anche dagli insegnanti che hanno effettuato una supplenza breve. In questo ultimo caso il docente deve aver maturato i requisiti richiesti nell’arco dei quattro anni precedenti.

Naspi insegnanti: importi e durata

Importante sapere che la condizione per percepire la Naspi è l’essere totalmente disoccupati. Dunque, se alla scadenza del contratto l’insegnante ha comunque altri contratti in corso non potrà percepire l’indennità. Gli importi per i beneficiari, inoltre, possono essere variabili. In sostanza, se la retribuzione media è pari a 1.425,21 euro, si ha diritto al 75% di questo importo. Nel caso in cui sia superiore, spetta il 75% di 1.425,21 euro a cui si deve aggiungere il 25% della differenza della media ottenuta e 1.425,21 euro. Tuttavia, l’indennità non potrà superare i 1.550,42 euro.

Per quanto riguarda la richiesta per la Naspi, che gli insegnati possono effettuare in autonomia, non deve essere presentata oltre i 68 giorni dal termine del rapporto di lavoro. Se le tempistiche vengono superate si perde il diritto all’indennità. La domanda può essere presentata il giorno dopo la scadenza del contratto, ma il sussidio arriverà a partire dall’ottavo giorno di disoccupazione. Se l’istanza è inoltrata al trascorrere dell’ottavo giorno, l’indennità spetterà dal giorno successivo rispetto a quando è stata trasmessa l’istanza.

Infine, per quanto riguarda la durata, la Naspi per gli insegnanti si basa sui contribuiti versati (pari a metà delle settimane versate negli ultimi quattro anni). Tuttavia, non può superare le 24 mensilità. In sostanza, per gli insegnanti precari della scuola pubblica la disoccupazione copre fino a settembre, ovvero fino al periodo dell’eventuale prossimo incarico.

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Riscatto TFS/TFR dipendenti pubblici: aggiornamenti INPS

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Riscatto Tfs o Tfr
Sede INPS @Foto Crediti Ansa - DirittoLavoro

L’INPS fornisce alcuni importanti chiarimenti inerenti al riscatto TFS/TFR per dipendenti pubblici. In vigore, infatti, una nuova procedura per l’invio delle domande da parte degli iscritti e degli enti datori di lavoro.

Il riscatto del TFS/TFR permette ai dipendenti pubblici di dare valore a periodi di lavoro non coperti da contributi utili per la pensione. Tale riscatto permette di aumentare l’importo della liquidazione finale o della pensione, compensando eventuali vuoti contributivi.

Riscatto TFS/TFR: cosa è cambiato

Volendo fornire un servizio più efficace e adatto ad ogni esigenza degli interessati, l’INPS fornisce nuovi dettagli sui servizi disponibili. Tra questi si trova la domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex Inadel – Istituto nazionale di assistenza ai dipendenti di enti locali). Altri servizi sono l’eventuale richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto TFS/TFR o la domanda di esonero dal versamento delle rate residue di riscatto (ancora solo per gli iscritti all’ex Inadel). In aggiunta è possibile anche effettuare la registrazione dell’avvenuto pagamento di anticipata estinzione (in questo caso, sia per gli iscritti all’ex Enpas – Ente nazionale previdenza e assistenza ai dipendenti statali – che per gli iscritti all’ex Inadel).

Ancora per il singolo cittadino è possibile effettuare la rinuncia al riscatto TFS/TFR (sia ex Enpas che ex Inadel), Ed infine, il servizio permette anche di consultare le domande inviate (anche in questo caso, sia per gli iscritti ex Enpas che per gli iscritti ex Inadel). Per quanto riguarda l’azienda datore di lavoro, le funzionalità attualmente disponibili sono pressapoco simili a quelle relative al singolo cittadino. Esse riguardano, innanzitutto, la richiesta di riscatto ai fini TFS/TFR (esclusivamente per le amministrazioni statali-iscritti ex Enpas). A questa si aggiunge anche la domanda di anticipata estinzione delle rate rimanenti di riscatto ai fini TFS/TFR (soltanto per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas).

Nuove funzioni e nuove necessità

Tra le funzionalità possibili per l’azienda, anche la domanda di esonero dal versamento delle rate rimanenti di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas). Alle aziende datrici di lavoro, inoltre, è permesso effettuare una nuova richiesta per il riscatto TFS/TFR o rettificarne una anteriore già inviata (anche in questo casa, soltanto per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas). Ed in fine, anche il datore di lavoro può consultare le domande spedite (sempre solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas).

Come si può notare, le funzionalità presenti, sia per quanto riguarda il singolo cittadino che per quanto riguarda l’ente datore di lavoro, coprono la varietà di diverse situazioni che si possono presentare. In questo modo è più facile andare incontro ad ogni necessità. Per usufruire della nuova procedura online è sufficiente accedere al sito web INPS, utilizzando le consuete credenziali. Infine, il messaggio n. 2243 sopra citato specifica che la modalità di lavorazione della pratica di riscatto resta invariata. Ad eccezion fatta per le domande provenienti dalle Amministrazioni statali, per cui non è più possibile, come scrive l’INPS: “Modificare i dati specifici della domanda ed occorrerà invece procedere con la nuova funzionalità ‘Accogli con riserva‘ per richiedere all’Amministrazione la modifica dei dati anteriormente immessi“.

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IMU, col ravvedimento operoso sanzioni ridotte per chi paga in ritardo

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IMU ravvedimento operoso le regole
Foto X @ItaliaOggi

La scadenza per il versamento dell’acconto IMU 2024 sugli immobili (prima casa esclusa) era fissata al 17 giugno scorso. Cosa può fare chi non ha provveduto al pagamento? Per i contribuenti che non hanno rispettato il termine c’è la possibilità di regolarizzazione grazie all’istituto del cosiddetto “ravvedimento operoso”.

Per i versamenti in ritardo si deve corrispondere l’imposta dovuta, oltre alle sanzioni ridotte e agli interessi. Maggiore è il numero di giorni di ritardo e più alta è la percentuale della sanzioni da applicare. Chi non ha provveduto al pagamento entro la scadenza dell’acconto IMU del 17 giugno 2024 potrà provvedere a effettuare il versamento in ritardo.

Grazie all’istituto del ravvedimento operoso è possibile provvedere ai versamenti delle imposte pagando sanzioni ridotte rispetto alla sanzione ordinaria, che è prevista nella misura del 30% dell’imposta dovuta. In linea generale dovranno essere versati: l’imposta dovuta; le sanzioni ridotte; gli interessi. Prima si effettua il pagamento e maggiore sarà la riduzione della sanzione. La somma da corrispondere a titolo di interesse deve essere calcolata per ciascun giorno di ritardo nel pagamento.

IMU pagata con ritardo fino a 12 mesi

Nel caso di pagamento dell’IMU entro un anno dalla data di scadenza, sono 4 i diversi tipi di ravvedimento che possono essere applicati: super breve; breve; medio; lungo. Si fa riferimento al ravvedimento super breve nel caso di pagamento effettuato entro 14 giorni dalla scadenza prevista. In questo caso si applica una sanzione dello 0,1 per cento, pari a 1/10 della sanzione ordinaria.

Il ravvedimento breve è invece previsto nel caso di pagamento entro 30 giorni dal termine ordinario, più precisamente quando il versamento avviene tra il 15° e il 30° giorno. In questo caso si dovrà applicare la sanzione dell’1,5% dell’imposta originaria da pagare. Il ravvedimento medio interessa le regolarizzazioni tra il 31° e il 90° giorno di ritardo.

In questo caso per la regolarizzazione si dovrà corrispondere la sanzione dell’1,67% cento dell’importo da pagare. Il ravvedimento lungo, con pagamento oltre il 90° giorno e fino ad un anno di ritardo, prevede il versamento di una sanzione del 3,75% dell’importo da pagare. In ognuno di questi casi dovranno essere corrisposti anche gli interessi giornalieri, calcolati sulla base del tasso di riferimento annuale.

Ravvedimento dopo oltre un anno

Se un contribuente effettua il pagamento dell’IMU con oltre un anno di ritardo dalla scadenza ha comunque ancora la possibilità di regolarizzare la sua posizione. In questi casi i cittadini possono utilizzare il cosiddetto ravvedimento operoso lunghissimo. Tale ravvedimento è detto anche biennale in quanto permette la regolarizzazione entro due anni dal termine originario.

In questo caso la sanzione da pagare equivale a un settimo della sanzione ridotta, ovvero al 4,29%. Devono inoltre essere corrisposti anche gli interessi. Infine, superati due anni dalla scadenza, resta come ultima possibilità il ravvedimento operoso ultrabiennale. In questo caso la sanzione da corrispondere è ridotta al 5% dell’imposta originariamente dovuta.

Come già chiarito, anche in questo caso il contribuente dovrà versare gli interessi giornalieri, da calcolare sulla base del tasso di riferimento annuale. In conclusione, all’aumentare del numero di giorni di ritardo rispetto al termine originario aumenta anche percentuale della sanzione da corrispondere e la somma dovuta a titolo di interessi.

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Lavori estivi per studenti e giovani: cosa possono fare?

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Lavori estivi per studenti
Bagnino @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Terminata la scuola, non sono pochi i giovani che scelgono lavori adatti agli studenti. Infatti, nella stagione estiva, sono diverse le attività che possono essere svolte anche dai ragazzi.

Se per molti giovani la fine della scuola è sinonimo di libertà e svago, per altrettanti è un periodo in cui poter investire il tempo in lavori estivi, adatti agli studenti, con i quali racimolare dei soldi che possono servire a coprire un hobby, un desiderio, uno svago o ‘semplicemente’ che iniziano a responsabilizzarli. Bene sapere dunque, che entro specifiche condizioni, anche gli studenti possono lavorare fuori dagli orari scolastici.

I lavori permessi agli studenti (anche minorenni)

Innanzitutto è importante ricordare che la legge che regola il lavoro minorile individua i minorenni che hanno completato l’obbligo scolastico e che hanno compiuto almeno 15 anni. Quest’ultimi possono lavorare, tenendo conto del divieto di lavoro notturno e di lavoro straordinario e di alcuni divieti specifici che riguardano le mansioni, i procedimenti e le esposizioni a sostanze nocive o dannose. Fatta questa doverosa premessa, si può dire che tra i lavoro stagionali adatti agli studenti ci può essere il volantinaggio. In questo caso si fa riferimento alla distribuzione di materiale cartaceo pubblicitario, commissionato da aziende, negozi o agenzie. La retribuzione, in questo caso, è ad ore o a quantità di volantini distribuiti.

Tra i lavori per giovani studenti anche quello di pet sitter, ovvero l’accudimento di animali domestici. Si tratta di una mansione che può essere svolta per un certo periodo di tempo con una paga, solitamente, oraria. Uno dei lavori più ‘famosi’ tra i giovani è, poi, quello di bagnino. Tuttavia, è bene sapere che per svolgere questo lavoro è necessario possedere una qualifica apposita e aver compiuto almeno 16 anni. Si tratta di un lavoro che implica una certa responsabilità e una formazione specifica al primo soccorso. Per svolgere questa mansione si stabilizza un contratto che può prevedere uno stipendio vero e proprio.

Investire nel turismo

Altri esempi di lavori per studenti possono essere quelli presso strutture ricettive. Ed in questo caso si spazia dall’animatore turistico, al cameriere o aiuto-cuoco, ad hostess o steward presso fiere ed eventi, o ai baristi che affiancano personale più specializzato. I guadagni, in questo caso, variano di molto e dipendono dalle ore lavorate e dal tipo di contratto, in alcuni casi comprendono anche vitto e alloggio. Adatto ai giovani anche il lavoro che si qualifica nell’affiancamento allo studio di uno o più materie scolastiche (le ripetizioni). Qui la paga è oraria e può variare dai 7 ai 15 euro.

Valido tutto l’anno, al di fuori delle ore scolastiche e di studio, anche il lavoro di baby-sitter potrebbe essere adatto ai giovani predisposti a trascorrere del tempo con i bambini. Anche in questo caso la paga è, in genere, oraria e si aggira intorno agli 8 euro. Ed infine, tra i lavori estivi dedicati anche agli studenti si può trovare anche quello della guida turistica. Il turismo, infatti, è un settore molto interessante dove diversi giovani possono trovare impiego in diverse attività anche aderendo a servizi online dedicati e pensati nella propria zona di residenza. In questo ultimo ambito il guadagno varia, a seconda dell’impiego, tuttavia è senz’altro richiesta buona conoscenza in campo linguistico e ovviamente storico e culturale.

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2024 e festività soppresse: come sono retribuite?

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Festività e retribuzione
Busta paga @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Nel 2024 sono subentrate ex festività che meritano di essere regolate in busta paga. Scopriamo insieme quali sono e come verranno retribuite.

Ogni anno, nel nostro Paese, esistono festività confermate. Ma può succedere che alcune siano soppresse, in questo caso è bene capire in che modo vengano effettivamente retribuite. Infatti, essendo state in calendario in precedenza, la legge stabilisce che siano retribuite al lavoratore in termini di giorni di permesso o di retribuzione. Quando si parla di ex festività si fa riferimento a date in cui un lavoratore dipendente, in passato, poteva astenersi dal lavoro. Oggi questi giorni sono normali giornate lavorative. Rispetto al 2024, le festività soppresse sono principalmente tre. Ovvero: San Giuseppe, 19 marzo, Ascensione del Signore, 9 maggio e Corpus Domini, 30 maggio. Non più considerata come festivo anche il 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale.

Ex festività: retribuzione, permessi e tipologie di contratto

Al 2024, le date sopracitate non rientrano più nel calendario delle festività. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto ad altre forme di remunerazione che sostituiscono, difatti, l’astensione dal lavoro. Bene sapere che, in ogni caso, è necessario fare riferimento al CCNL specifico applicato, ovvero al Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro stipulato tra il dipendente e l’azienda presso la quale lavora. In tal caso, la retribuzione può essere conteggiata in ore oppure in giornate. Nel caso in cui si tratti di conteggio orario, si parla di 32 ore per le ex festività che sono indicate in busta paga. Visionando quest’ultima, si può verificare la reale sussistenza del pagamento citato. In certi casi la somma è indicata in una sezione apposita in busta paga, in altri casi è indicata tra i permessi.

Facendo riferimento alla retribuzione a giornate, invece, l’ex festività quest’anno 2024 conta di quattro giorni, compreso il 4 novembre. Tali giornate si possono tramutare in ferie, anche con fruizione consecutiva, se il lavoratore dipendente ne fa richiesta specifica. I pagamenti, è bene specificare, tengono conto del lavoro svolto durante l’anno e del momento in cui ricadano le date. Di conseguenza, il dipendente ha diritto al pagamento ‘extra’ se le ex festività ricadono in giorni feriali. Quando l’ex festività coincide con la domenica, il lavoratore accede al pagamento previsto per la domenica. Se invece ricade di sabato, è importante capire se il dato contratto considera questo giorno come feriale o festivo.

Esistono casi in cui le ex festività rientrano trai permessi retribuiti. In questo ultimo caso la procedura è uguale ad ogni altro tipo di permesso. Per il 2024 si parla di 32 ore da poter utilizzare o da cui ricavare una retribuzione monetaria. Infatti, se tali ore non sono utilizzate dal dipendente, considerando che rientrano tra i permessi retribuiti, il datore di lavoro è tenuto a pagare un’indennità sostitutiva. Analogamente a quanto detto in precedenza, anche in questo caso, per verificare se le ex festività assumono il ruolo di permessi è necessario visionare il proprio contratto e conseguentemente la busta paga mensile. Infine, vale la pena sottolineare che anche nel caso del contratto part-time le festività equivalgono a 32 ore (per il 2024), ma sono proporzionate alle effettive ore di lavoro.

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Dipendenti pubblici statali: aumenti in busta paga e smart working

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Busta paga dipendenti statali
Busta paga @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Novità per i dipendenti pubblici statali che potrebbero ritrovarsi un aumento in busta paga, oltre ad agevolazioni per lo smart working. Questo quanto si apprende dal nuovo atto firmato dal Ministro della Pubblica Amministrazione.

Lo scorso 29 maggio 2024, il Ministro della Pubblica Amministrazione ha firmato l’atto che avvia il negoziato per il rinnovo del contratto dei dipendenti statali per il periodo 2022-2024. Documento atteso da tempo, grazie al quale possono prendere avvio anche le trattative dei contratti in scadenza 2024 che coinvolgono i dipendenti impiegati nelle agenzie fiscali, alla Corte dei Conti, a Cnel, all’avvocatura generale, nei vari Ministeri e presso altri enti pubblici non economici.

Novità per i dipendenti pubblici statali

Con il nuovo atto si introducono diverse novità, alcune delle quali particolarmente rilevanti. Si parte dallo smart working che, una volta giunto a regime, potrà essere pari al 5,78% delle ore lavorative. Inoltre, si prevede di dare più spazio al merito come criterio di base per l’assegnazione dei premi. Previste, poi, regole meno stringenti per il salario accessorio. Nello specifico, il testo che riporta le innovazioni in merito ai contratti per i dipendenti statali costituisce un elemento base e serve a delineare le linee guida anche per altri settori della pubblica amministrazione.

Il rinnovo del contratto per i dipendenti pubblici statali prevede, come sottolinea il titolo di questo stesso articolo, un aumento nella busta paga per il comparto dello Stato. Per questa voce sono stati stanziati, complessivamente, 555 milioni di risorse dei totali 5,5 miliardi previsti per tutto il comparto statale. In media è previsto, dunque, un aumento pari a 160 euro al mese. Per quando riguarda le novità per lo smart working, invece, è bene chiarire che sono amplificate le regole per poterne usufruire. I primi beneficiari, in tal senso, sono genitori con figli minori di 14 anni e lavoratori fragili. Ovviamente, tale attività potrà essere svolta solo se il lavoro è compatibile con l’attività da remoto. Tuttavia, in questo campo è importante precisare che lo smart working non potrà essere oggetto di contrattazione collettiva, poiché è necessario tutelare l’autonomia di ogni singola amministrazione.

Meritocrazia e formazione

Altro importante nodo positivo, come accennato in precedenza, è il maggior valore dato alla meritocrazia. Nello specifico, per i Ministeri e per le Agenzia Fiscali, dai prossimi contratti, sarà eliminata l’anzianità di servizio fra i criteri adottati per assegnare aumenti o premi. In questo caso si è nell’ambito delle progressioni orizzontali, così come sono definite in gergo. In concreto, tuttavia, si parla di scatti di stipendio atti a promuovere alcuni dipendenti e che, nella consuetudine, sono affiancati a quelli tabellari uguali per tutti.

Particolare novità introdotta dal nuovo documento è anche relativa all’importanza data alla formazione. Infatti, per i dipendenti pubblici statali la formazione diventa una delle basi per determinare le progressioni economiche o per assegnare premi. Infine, vale la pena evidenziare che in sede di contrattazione si valuta la possibilità di introdurre un ammontare minimo di ore di formazione che non sia inferiore a 24 ore. Esso dovrà essere garantito come diritto-dovere a ciascuno dei dipendenti da parte dell’amministrazione per la quale presta lavoro. La formazione costituirà, inoltre, orario lavorativo.

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Caro ombrelloni, indagine Codacons: fino a 700 euro per una giornata al mare

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Ombrelloni mare Italia spiagge
Foto Ansa/Giorgio Benvenuti

Per l’affitto di ombrelloni e lettini al mare si spendono quest’anno in Italia fino a 700 euro al giorno. Dal Nord al Sud della penisola si registrano ritocchi dei listini dal +3% al +5% per i servizi balneari. A sostenerlo è il Codacons, che ha realizzato una indagine sui lidi più costosi d’Italia. Ma c’è di più. L’associazione dei consumatori ha inviato una diffida alle Capitanerie di Porto affinché le spiagge oggetto di concessioni balneari illegittime siano restituite al libero usi di tutti i cittadini. 

In linea generale per affittare un ombrellone e due lettini durante il weekend in uno stabilimento standard, sottolinea l’associazione dei consumatori, “la spesa media si attesta tra i 32 e i 35 euro al giorno. Con forti differenze sul territorio: a Sabaudia servono fino a 45 euro, che arrivano a 90 euro a Gallipoli e toccano i 120 euro in alcune località della Sardegna“.

Ombrelloni di lusso

Se però ci si sposta nelle spiagge di ‘lusso’, rileva il Codacons, “la spesa supera i 500 euro al giorno e può arrivare a sfiorare i 700 euro. È il caso ad esempio del Cinque Vele Beach Club di Marina di Pescoluse (Lecce), dove un gazebo con due sedute in prima fila ubicato nell’area ‘Exclusive’ arriva a costare ad agosto (se prenotato oggi con opzione rimborsabile) ben 696 euro al giorno“.

“Servono 600 euro al giorno per una tenda araba presso il ‘Twiga’ di Forte dei Marmi (con sofa, 2 letti king size, 2 lettini standard, 1 sedia regista e 1 tavolino). Per una giornata al mare nella spiaggia del prestigioso Hotel Excelsior del Lido di Venezia, la spesa per una capanna in prima fila è di 515 euro (con 2 sdraio, 2 lettini, lenzuolo, cuscino, asciugamano, tavolo, armadio, specchio, attaccapanni)“.

Poco meno, rileva il Codacons, “al beach club dell’Augustus Hotel di Forte dei Marmi, 500 euro per una tenda in prima fila. Stessa spesa al Nikki Beach Costa Smeralda. Per l’Iconic Beach bed servono 270 euro, ma occorre aggiungere una consumazione minima da 230 euro per vino o champagne, per un totale appunto di 500 euro al giorno“.

Il nodo delle concessioni balneari

E proprio in tema di spiagge, caro ombrelloni e stabilimenti balneari il Codacons, a seguito della decisione del Consiglio di Stato sulle proroghe delle concessioni, sottolinea l’associazione dei consumatori, “ha avviato una nuova iniziativa legale“. Ovvero “l’associazione ha presentato una diffida alle Capitanerie di porto di tutta Italia. E ha chiesto di ‘sanzionare l’utilizzo di concessioni balneari oggetto di proroga illegittima, garantendo in tal modo il pieno utilizzo delle spiagge italiane ai cittadini“.

Il Codacons alla luce della sentenza del Consiglio di Stato ritiene che “le proroghe delle concessioni balneari agli stabilimenti debbano essere considerate invalide. Pertanto le spiagge italiane, in assenza di valide concessioni, poiché appartengono al patrimonio dello Stato, possono essere oggetto d’uso da parte di tutti i cittadini, liberamente. Allo stato attuale è legittimo ritenere che i cittadini possano usufruire delle spiagge come ‘libere’, portando ombrelloni e lettini anche lì dove sorgono gli stabilimenti. E, d’altra parte, i gestori di tali stabilimenti, ove titolari di concessioni scadute, nulla possono eccepire dinanzi al comportamento descritto“.

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Imu, le città dove l’imposta è più cara

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Imu imposta municipale unica
Foto X @gspazianitesta

Lunedì 17 giugno scadono i termini per il versamento dell’acconto Imu, l’imposta municipale unica su seconde case, fabbricati e terreni. Secondo un’analisi della Uil il tributo quest’anno costerà in media 1.022 euro ma con differenze sensibili tra le varie zone d’Italia. Dai dati di Confedilizia si rimarca invece come il gettito annuale dell’Imu sia attualmente di circa 22 miliardi di euro. Nei grandi centri l’imposta quest’anno sarà superiore ai 2mila euro. Roma, Siena e Padova guidano la classifica dei capoluoghi più cari, ultima Catanzaro.

Il 17 giugno (cadendo il 16 di domenica), si versa dunque la metà dell’importo dovuto: circa 11 miliardi di euro. Nel 2024, considerando anche la seconda rata da pagare il 16 dicembre, il peso dell’Imu raggiungerà – dal 2012, anno della sua istituzione con la manovra Monti – la cifra di quasi 300 miliardi di euro in 13 anni. Il calcolo è dell’associazione dei proprietari, che evidenzia come l’imposta sia “dovuta persino per gli immobili inagibili e inabitabili. Sia pure con base imponibile ridotta alla metà“. Inoltre “eliminare – simbolicamente – questa forma di tassazione particolarmente odiosa costerebbe poco più di 50 milioni di euro“.

L’Imu come una patrimoniale

Tra il 2011 e il 2022 gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono più che raddoppiati, passando da 278.121 a 610.085 (+119%). Si tratta di immobili, appartenenti per il 90% a persone fisiche, che raggiungono condizioni di fatiscenza per il semplice trascorrere del tempo. Ma anche per effetto di atti concreti dei proprietari finalizzati a evitare almeno il pagamento dell’Imu, afferma ancora Confedilizia.

Toglierla nei piccoli borghi

L’Imu, come tutte le patrimoniali, è un’imposta progressivamente espropriativa dei beni che colpisce” dichiara il presidente Giorgio Spaziani Testa. “Il fatto che questi beni siano gli immobili, vale a dire la tradizionale forma di investimento degli italiani, rende particolarmente pesante l’impatto del tributo, anche sul piano sociale. Chiediamo al Governo di avviare una graduale riduzione di questa imposta nemica del risparmio e della crescita. Si potrebbe cominciare eliminandola sulle case in affitto con i contratti a canone concordato, per estendere l’offerta abitativa, e sugli immobili dei piccoli centri, per agevolare la rinascita di borghi e aree interne. Si scelgano delle priorità, ma occorre iniziare“.

Chi paga questa imposta

L’Imu (Imposta municipale propria) è una delle principali imposte sulla casa. A pagare sono i proprietari di immobili, ossia fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli. L’obbligo di versamento ricade, inoltre, sul titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie. Sul genitore assegnatario della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice, sul concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e sul locatario per gli immobili concessi in locazione finanziaria dal momento della consegna e per tutta la durata del contratto.

Come si calcola l’Imu

Resta confermato, anche per il 2024, l’esonero per le abitazioni principali non di lusso, così come le agevolazioni e riduzioni tra cui quella prevista in caso di comodato d’uso gratuito. L’Imu è dovuta in due rate, acconto e saldo. Il calcolo si basa sulle aliquote dell’anno precedente, ma è possibile utilizzare l’aliquota dell’anno in corso se risulta più vantaggiosa, pagando l’intero importo in un’unica soluzione entro lunedì 17 giugno. Il saldo, invece, è da pagare entro il 16 dicembre. Il versamento può essere effettuato tramite il Modello F24 (standard o semplificato), la piattaforma PagoPA, o tramite bollettino postale approvato.

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