mercoledì, Settembre 11, 2024
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Ammortizzatori sociali lavoratori call center

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Collaboratori autonomi e rispetto nuova normativa

Ammortizzatori sociali lavoratori call center:

Il Ministero del Lavoro con decreto n. 22763 del 2015 ha riconosciuto l’estensione degli ammortizzatori sociali ai lavoratori dei call center e nello specifico un’indennità pari al trattamento massimo di integrazione salariale straordinaria. Tale indennità viene pertanto riconosciuta ai lavoratori operanti nelle aziende del settore dei call center – come si è detto – che non rientrano nel campo di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale. Inoltre tale indennità è destinata ai lavoratori di aziende con più di 50 unità, nel semestre precedente alla presentazione della domanda, con unità produttive in diverse Regioni o Province Autonome e che abbiano attuato entro il 31.12.2013 le misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto ancora in forza alla data di pubblicazione del suddetto decreto.

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Licenziamento intimato oralmente

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Giustificato motivo soggettivo: il facsimile della lettera di licenziamento

Licenziamento intimato oralmente:

Al licenziamento intimato oralmente non è applicabile il termine di decadenza di cui all’art. 6 della l. n. 604 del 1966, come modificato dall’art. 32 della l. n. 183 del 2010, sicché il lavoratore può far valere in ogni tempo l’inefficacia del licenziamento, senza previa impugnativa stragiudiziale dello stesso. È quanto deciso dalla Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 22825 del 2015 (Presidente: P. Venuti; Relatore: A. Doronzo).

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Licenziamento illegittimo per uso personale di internet

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Licenziamento per abuso a fini personali internet aziendale

Licenziamento illegittimo per uso personale di internet:

È illegittimo il licenziamento irrogato come sanzione disciplinare per uso personale di internet e posta elettronica quali strumenti messi a disposizione dall’azienda per svolgere l’attività lavorativa, se tale attività non ha sottratto al lavoro una quantità di tempo rilevante. È quanto deciso dalla Cassazione con la Sentenza n. 22353 del 2015.

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Informativa ai lavoratori sui controlli a distanza

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Cassa integrazione nella nuova legge di bilancio 2018

Informativa ai lavoratori sui controlli a distanza:

La nuova formulazione dell’art. 4 Statuto dei Lavoratori impone al datore di lavoro l’obbligo dell’informativa ai lavoratori sui controlli a distanza ed in particolare sull’utilizzo – anche a fini disciplinari – del materiale raccolto.

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Valgono come prova le immagini su DVD

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Investigatori incaricati dalle aziende, le prescrizioni del Garante

Valgono come prova le immagini su DVD:

Sempre in tema di controlli a distanza la Sentenza n. 3122 del 2015 della Cassazione ha stabilito che valgono come prova le immagini su DVD comprovanti attività illecita dei lavoratori.

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Controlli a distanza su computer e email

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Operativo da oggi il DURC on line

Controlli a distanza su computer e email:

La riforma dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori ha modificato la normativa sui controlli a distanza su computer e email dei lavoratori e pertanto si pensa alla introduzione di un codice di condotta per i dipendenti dedicato proprio all’utilizzo della rete e delle email.

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Risarcimento del danno per malattia professionale

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Esenzione reperibilità per i lavoratori del settore privato

Risarcimento del danno per malattia professionale:

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 22615 del 2015 è intervenuta in tema di risarcimento del danno per malattia professionale stabilendo che in tema di danno alla salute del lavoratore, gli oneri probatori relativi al generico obbligo di applicare le misure di sicurezza sono a carico del datore di lavoro e non del lavoratore

È questo l’argomento trattato da un articolo pubblicato oggi (13.11.2015) dal Sole 24 Ore (Firma: Luigi Caiazza; Titolo: “Malattia, prova a carico dell’impresa”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

In occasione di una malattia professionale determinata da un’inosservanza al generico obbligo di applicare le misure di sicurezza, la prova liberatoria incombe sul datore di lavoro e non sul dipendente. È quanto stabilito dalla Corte di cassazione con la sentenza 22615/2015.

Il principio espresso dai giudici si contrappone a quello previsto quando la disposizione che si ritiene violata è espressamente e specificamente definita dalla legge, circostanza che determina una diversa individuazione dell’onere della prova.

I giudici di primo e secondo grado hanno addebitato a un datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per venire a conoscenza di una possibile o eventuale malattia professionale di una dipendente. Secondo il datore di lavoro, invece, spettava alla lavoratrice, che aveva dichiarato di aver subito un danno, dimostrare l’omissione a carico della controparte e di averle dato notizia della malattia.

Da considerare che la corte territoriale ha individuato la responsabilità del datore di lavoro nel tardivo ricorso all’automazione di alcune fasi di lavorazione che avrebbero comportato, se tempestivamente adottate, una minore gravosità delle mansioni e avrebbero, quindi, rimosso la causa della malattia professionale.

La Cassazione ha rilevato che in tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell’articolo 2087 del codice civile, la parte che subisce l’inadempimento non deve dimostrare la colpa della controparte, dato che ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile è il datore di lavoro che deve provare la non imputabilità a suo carico.

Più precisamente, in tema di danno alla salute del lavoratore, gli oneri probatori spettanti al datore di lavoro e al lavoratore sono diversamente modulati a seconda che le misure di sicurezza omesse siano espressamente e specificamente definite della legge (od altra fonte ugualmente vincolante), in relazione a una valutazione preventiva di rischi specifici, oppure debbano essere ricavate dallo stesso articolo 2087 del codice civile che impone l’osservanza del generico obbligo di sicurezza.

Nel primo caso, riferibile alle misure di sicurezza “nominate”, la prova liberatoria incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti provati dal lavoratore, ossia nel riscontro dell’insussistenza dell’inadempimento e del nesso eziologico tra quest’ultimo e il danno.

Nel secondo caso, relativo a misure di sicurezza “innominate”, la prova liberatoria a carico del datore di lavoro è invece generalmente correlata alla quantificazione della misura della diligenza ritenuta esigibile, nella predisposizione delle misure di sicurezza indicate, imponendosi di norma al datore di lavoro l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che, seppure non risultino disciplinati dalla legge, siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche dagli standard di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre analoghe fonti.

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Approfondimento su licenziamenti collettivi

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Licenziamento collettivo niente reintegra se ci sono vizi di comunicazione

Approfondimento su licenziamenti collettivi:

Nell’articolo già pubblicato e relativo alla sentenza UE 11 novembre 2015 si è parlato di licenziamenti collettivi ed ecco un approfondimento sul medesimo argomento sempre in considerazione degli effetti che tale sentenza potrebbe avere sull’ordinamento italiano.

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Contributi non versati dal datore di lavoro

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Lavoro dipendente, pubblicato il DL per la riduzione della pressione fiscale

Contributi non versati dal datore di lavoro:

Con la sentenza n. 22379 del 2015 la Corte di Cassazione (Sesta Sezione Civile) è intervenuta in tema di contributi non versati dal datore di lavoro in caso di assegnazione a mansioni inferiori rispetto a quelle poi riconosciute.  

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Sentenza UE su licenziamenti collettivi

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Pubblico impiego

Sentenza UE su licenziamenti collettivi:

Con la sentenza UE 11 novembre 2015 su licenziamenti collettivi, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fornito una interpretazione particolarmente interessante sull’argomento che potrebbe avere effetti anche in Italia.

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