martedì, Settembre 3, 2024
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Il Pil dell’Italia non cresce abbastanza. La zavorra del debito pubblico al 144%

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Il nostro Paese produce meno ricchezza di quanto previsto. Foto Ansa

L’economia italiana e il suo Pil sono in frenata e il livello della produzione di ricchezza in Italia cala più del previsto. Nel secondo trimestre del 2023 il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente.

Questo sebbene sia cresciuto dello 0,4% nei confronti del secondo trimestre del 2022. Lo rende noto l’Istat che ha rivisto al ribasso la stima diffusa in via preliminare il 31 luglio scorso di una riduzione congiunturale dello 0,3% e di una crescita tendenziale dello 0,6%.

Il Pil in Italia e negli altri paesi

Alla luce dei nuovi dati l’Istat ha rivisto al ribasso anche la variazione acquisita per l’intero anno che passa dal +0,8% stimato a fine luglio al +0,7% diffuso dall’Istat venerdì 1 settembre. La flessione del Pil deriva soprattutto dalla domanda interna che ha sottratto all’economia italiana 0,7 punti percentuali.

Nel secondo trimestre dell’anno l’economia italiana ha registrato una performance inferiore a quella della media europea e dei principali partner. A fronte del -0,4% registrato dall’economia italiana, il Pil – ricorda l’Istat – è cresciuto in termini congiunturali dello 0,6% negli Stati Uniti, dello 0,5% in Francia ed è rimasto stabile in Germania. In termini tendenziali, rispetto al +0,4% italiano, si registra una crescita del 2,6% negli Stati Uniti e dello 0,9% in Francia, mentre si registra una diminuzione dello 0,1% in Germania. Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area euro è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% nel confronto con il secondo trimestre del 2022.

Il problema della domanda interna

La flessione del Pil in Italia nel secondo trimestre dell’anno deriva secondo l’Istat in primo luogo dall’andamento della domanda interna (incluse le scorte), mentre quella estera ha fornito un contributo nullo. La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,7 punti percentuali alla variazione del Pil.

È nullo il contributo dei consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali private, -0,4 quello degli investimenti fissi lordi e -0,3 quello della spesa delle amministrazioni pubbliche. Le scorte hanno contribuito positivamente (per 0,3 punti percentuali). È risultato nullo il contributo della domanda estera netta. Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in diminuzione, con un calo dello 0,3% dei consumi finali nazionali e dell’1,8% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono anch’esse diminuite, entrambe in misura pari allo 0,4%. Si registrano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti rispettivamente dell’1,3%, dell’1,4% e dello 0,1%.

Il Pil e il peso del debito

Alle previsioni malgrado tutto non negative che la Commissione europea aveva finora prodotto circa l’economia dell’Italia si deve però aggiungere l’ultimo dato disponibile sul debito pubblico nostrano. Ossia il secondo più alto in Europa – pari al 144% del Prodotto interno lordo (Pil), cioè della ricchezza che il nostro Paese ogni hanno produce – dopo quello della Grecia. A marzo il debito è salito di +17,8 miliardi rispetto al mese precedente, sfiorando i 2.790 miliardi di euro. Lo ha comunicato Bankitalia precisando che il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche, pari a 31,3 miliardi, continua a crescere. Non si arresta, nel frattempo, la risalita dei tassi d’interesse sui mutui. Significa che per coloro che intendono acquistare una casa accedendo a un prestito bancario dilazionato nel tempo i costi aumentano.

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Patto anti-inflazione, si punta a coinvolgere il settore industriale

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Sale l'indice dei prezzi in Italia. Foto Ansa/Matteo Corner

Con l’estate che volge al termine si torna a parlare di inflazione. E mentre le associazioni dei consumatori fanno i conti sulle stangate d’autunno che attendono famiglie e imprese, l’Italia cerca un’intesa collettiva. O, per meglio dire, un vero e proprio patto anti-inflazione. Si apre infatti qualche spiraglio sulla possibilità che anche il settore industriale aderisca al patto.

Alcune sigle dell’industria riuniranno nei prossimi giorni i propri consigli direttivi per approfondire la possibilità di partecipare all’accordo anti-inflazione. Un’intesa alla quale hanno già aderito la grande distribuzione organizzata e il commercio. Al momento non sono ancora previsti incontri al ministero delle Imprese e un dialogo potrebbe esserci prima della scadenza del 10 settembre per definire le linee guida dell’accordo che partirà dal primo ottobre e durerà un trimestre.

Inflazione, il protocollo di agosto

Lo scorso 4 agosto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha sottoscritto un protocollo di intesa con i rappresentanti delle associazioni della distribuzione moderna e del commercio tradizionale. In base a questo protocollo, dal primo ottobre scatterà il trimestre anti-inflazione sul carrello della spesa. Entro il 10 settembre il Governo definirà un patto anti-inflazione con le associazioni che hanno sottoscritto l’accordo.

Il protocollo riguarda anche beni primari non alimentari come i prodotti per l’infanzia. Si delineano dunque le modalità del “trimestre anti-inflazione” – che durerà dal 1 ottobre al 31 dicembre – e che si baserà su prezzi calmierati per una selezione di articoli rientranti nel ‘carrello della spesa’. Tutto questo avverrà attraverso diverse modalità, ad esempio l’applicazione di prezzi fissi, oppure attività promozionali sui prodotti individuati. O ancora mediante iniziative sulla gamma di prodotti a marchio come carrelli a prezzo scontato o unico.

Chi ha siglato l’accordo

A siglare l’intesa contro l’inflazione sono stati dal un lato il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso; dall’altro i rappresentanti di Federdistribuzione, Associazione Nazionale Cooperative dei Consumatori COOP, Associazione Nazionale Cooperative fra i Dettaglianti. Ma anche Confcommercio – Imprese per l’Italia, Federazione Italiana Esercenti settore Alimentare – Fiesa Confesercenti, Federfarma – Federazione nazionale unitaria dei titolari di farmacia italiana, A.S.SO.FARM. Federazione Aziende e Servizi Socio Farmaceutici.

Ci sono inoltre, nell’elenco, Federazione Farmacisti e Disabilità Onlus, Movimento Nazionale Liberi Farmacisti (MNLF) – Confederazione Unitaria delle Libere Parafarmacie Italiane (CULPI), Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane, Unione Nazionale Farmacisti Titolari di Sola Parafarmacia (UNaFTISP). Ora il Governo Meloni punta a estendere l’intesa contro l’inflazione all’industria.

La reazione delle Borse

Se l’inflazione la si combatte a tavolino, in questa fine agosto sul fronte delle Borse europee e mondiali le cose vanno in maniera altalenante. L’ultima settimana di agosto è infatti cominciata all’insegna del buon rialzo di Tokyo. E questo, dopo gli attesi interventi dei presidenti di Federal Reserve e Banca centrale europea al simposio di Jackson Hole nella giornata di venerdì 25 agosto.

A Milano è in buon progresso il Ftse Mib, in linea con il resto del Vecchio Continente. La Borsa di Londra, invece, resterà chiusa. Terminano gli scambi in positivo le Borse cinesi dopo le ultime politiche di supporto di Pechino per stimolare il settore immobiliare e i mercati dei capitali presentate nel fine settimana. Domenica 27 agosto il ministero delle Finanze cinese ha annunciato il dimezzamento dell’imposta di bollo sulle transazioni in titoli. Un’imposta che adesso si assesta allo 0,05%, nel tentativo di stimolare il trading e aumentare la fiducia. Si tratta del primo taglio dell’imposta di bollo in Cina dal 2008.

 

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Reddito di cittadinanza: chiarimenti dell’INPS sulla disciplina transitoria

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L'INPS chiarisce il regime transitorio del Reddito di cittadinanza - Diritto del lavoro Foto crediti: Pinterest

Il 12 luglio 2023 l’INPS ha diffuso il Messaggio n. 2632, il quale fornisce dettagli sulla regolamentazione temporanea riguardante il Reddito di cittadinanza valida fino al 31 dicembre 2023.

INPS chiarimento regime transitorio Reddito di cittadinanza
L’INPS chiarisce il regime transitorio del Reddito di cittadinanza – Diritto del lavoro
Foto crediti: Pinterest

Il Reddito di Cittadinanza (RdC) è stato uno dei principali pilastri delle politiche di sostegno al reddito in Italia sin dalla sua introduzione nel 2019 con il Governo Conte. Questo programma, che mira a combattere la povertà e a fornire un sostegno finanziario a coloro che si trovano in situazioni di fragilità economica, tuttavia ha dovuto subire una serie di modifiche significative. Dapprima con la Legge di bilancio n. 197 del 29/12/2022 e successivamente con il Decreto-legge n. 48/2023, c.d. “Lavoro”.

Nuove misure in sostituzione al Reddito di cittadinanza previste dal Decreto-legge n. 48/2023 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 3 luglio 2023

In particolare, il testo del Decreto-legge n. 48/2023 per la riforma del Reddito di cittadinanza ha introdotto due nuove misure che andranno a sostituire tale istituto: l’Assegno di inclusione, operativo a partire dal 1° gennaio 2024, e il Supporto per la formazione e il lavoro, operativo dal 1° settembre 2023. L’Assegno Unico e Universale (AUU), dunque, non verrà più distribuito automaticamente, come è stato fatto finora, insieme al Reddito di Cittadinanza. Allo stesso tempo, il Decreto Lavoro, ha stabilito anche le regole transitorie per i beneficiari del RdC.

L’Assegno di inclusione (ADI)

Con il Decreto-legge numero 48 del 4 maggio 2023, convertito con alcune modifiche dalla legge numero 85 del 3 luglio 2023, intitolato “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, sono state introdotte due nuove misure: l’Assegno di inclusione (ADI) e il Supporto per la formazione e il lavoro (SFL).

L’ADI, che diventerà operativo dal 1° gennaio 2024, è una misura a livello nazionale volta a contrastare la povertà, la fragilità e l’esclusione sociale tra le fasce più deboli della popolazione. E ciò attraverso percorsi di inserimento sociale, formazione e promozione dell’occupazione.

L’Assegno di inclusione rappresenta un sostegno economico finalizzato all’inclusione sociale e professionale, subordinato alla verifica dei mezzi e all’adesione a un piano personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa. Questa misura è concessa su richiesta di uno dei membri del nucleo familiare e mira a soddisfare le esigenze di inclusione dei componenti con disabilità, minori o persone con almeno sessant’anni di età, nonché dei membri svantaggiati coinvolti in programmi di assistenza e cura dei servizi socio-sanitari certificati dalla pubblica Amministrazione.

Il supporto per la formazione e il lavoro (SFL)

Il supporto per la formazione e il lavoro (SFL) è istituito, dal 1° settembre 2023, con l’obiettivo di promuovere l’accesso al mondo del lavoro per le persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa attraverso progetti di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale e orientamento.

Questo strumento è disponibile per i membri dei nuclei familiari con età compresa tra i 18 e i 59 anni, con un valore ISEE familiare valido non superiore a 6.000 euro all’anno, che non soddisfano i requisiti per l’ADI. Inoltre, i membri dei nuclei familiari che ricevono l’ADI possono usufruire del SFL se scelgono di partecipare ai programmi di inclusione sociale e lavorativa sopra menzionati. A condizione, però, che non siano conteggiati nella scala di equivalenza applicata ai beneficiari dell’ADI e non siano obbligati a svolgere le attività previste nel progetto di inclusione sociale e lavorativa stabilito dall’art. 6 dal decreto-legge numero 48 del 2023.

È importante notare come il Supporto per la formazione e il lavoro non sia compatibile con il Reddito di cittadinanza, la Pensione di cittadinanza o altri programmi pubblici di integrazione o sostegno al reddito per la disoccupazione. Questo beneficio economico, pari a 350 euro al mese, viene erogato tramite bonifico mensile dall’INPS e può essere concesso per un massimo di dodici mensilità.

Il regime transitorio del Reddito di cittadinanza fino alla sua abolizione prevista dal 1° gennaio 2024

Il decreto-legge n. 48 del 2023 stabilisce altresì le disposizioni transitorie relative all’utilizzo del Reddito di cittadinanza.

Nonostante la previsione generale rimanga confermata, ossia che la misura sarà riconosciuta per un massimo di 7 mensilità e non oltre il 31 dicembre 2023, l’articolo 13 comma 5 del Decreto Legge n. 48/2023 (noto come Decreto Lavoro) stabilisce che coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza ma non sono in grado di lavorare e che ricevono l’approvazione dei servizi sociali entro il suddetto limite di 7 mesi e comunque non oltre il 31 ottobre 2023, possono continuare a ricevere il beneficio fino al 31 dicembre 2023.

Questo articolo specifica che una volta scaduti i 7 mesi di godimento di tale misura e in assenza di comunicazione di presa in carico da parte dei servizi sociali, comunicazione che deve essere inviata tramite la piattaforma GE.PI del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali entro il 31 ottobre 2023, il pagamento del beneficio sarà sospeso, ma non verrà terminato definitivamente. Sarà, infatti, possibile riattivarlo, includendo le mensilità sospese, solo dopo aver ricevuto la suddetta comunicazione.

Inoltre, in conformità a quanto stabilito dal comma 6 dell’articolo 13, il limite massimo di sette mensilità di accesso al beneficio non si applica ai nuclei familiari che includono individui con disabilità così come minori e persone di almeno sessanta anni di età.

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Supporto per la formazione e il lavoro: come fare domanda

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Supporto per la formazione e il lavoro
Supporto per la formazione e il lavoro - Diritto Lavoro

Dopo la sospensione del Reddito di Cittadinanza si apre la possibilità di poter richiedere il Supporto per la formazione e il lavoro. Tuttavia, vale la pena precisare in che modo è possibile ottenere questo sussidio.

Il nuovo Governo presieduto dalla Premier Giorgia Meloni ha previsto uno stop al sussidio economico rivestito dal Reddito di Cittadinanza. La misura è entrata in vigore ad agosto 2023 con riferimento speciale ad alcuni nuclei familiari. Lo sospensione, infatti, è arrivata per le famiglie con membri occupabili, ovvero con un’età ‘da lavoro’ compresa tra i 18 e i 59 anni. Tuttavia è bene chiarire che, dal primo settembre 2023, sarà attiva una nuova misura di sostegno che prende il nome di Supporto per la formazione e il lavoro. Capiamo, allora, come fare domanda.

Cos’è il Supporto per la formazione e il lavoro

Tra le misure introdotte dal Governo Meloni il Supporto per la formazione e il lavoro che sarà attivo a partire dal primo giorno di settembre. Il nuovo sostegno è introdotto dal Decreto Lavoro 2023 ed in qualche modo va a sopperire o sostituire il Reddito di Cittadinanza. Nello specifico si tratta di un contributo di 350 euro al mese, che potrà essere richiesto per un massimo di 12 mesi e in maniera non rinnovabile. La novità portata attraverso questa nuova misura consiste nel fatto che, oltre al contributo economico, i cittadini richiedenti potranno accedere a programmi di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale, orientamento e accompagnamento al lavoro.

Per effettuare la domanda per il Supporto per la formazione e il lavoro, secondo quanto previsto dalla bozza del decreto attuativo della legge inviata alla Conferenza Stato Regioni, il primo passo è la presentazione della domanda all’Inps. La domanda deve essere inoltrata direttamente sul portale mediante l’utilizzo dello Spid, della Carta d’Identità Elettronica o della Carta Nazionale dei Servizi. In alternativa si può richiedere il supporto di patronati o Caf. Dopo la presentazione della domanda, sarà notificato al richiedente l’obbligo di iscrizione al Siisl (Sistema Informativo per l’Inclusione sociale e lavorativa). La piattaforma, non ancora attiva, sarà operativa dal primo settembre.

Come ottenere il contributo

Dopo l’iscrizione al Sistema sarà possibile sottoscrivere il Patto di attivazione digitale (Pad), necessario per ottenere il contributo previsto dal Supporto per la formazione e il lavoro. In seguito verrà effettuata una verifica dei dati Isee, con controlli successivi che si prevedono in maniera periodica. Dopo la verifica da parte dell’Inps dei dati del richiedente, si potrà procedere con la firma del Pad. Solo dopo questo step finale, il Siisl invierà la domanda direttamente all’Inps. Per ottenere concretamente il beneficio, però, il richiedente dovrà recarsi presso un Centro per l’Impiego dove dovrà sottoscrivere il patto di servizio aderendo ad un programma di politiche attive.

Infine, il beneficiario sarà tenuto a comunicare al Centro per l’Impiego, al massimo ogni 90 giorni e anche telematicamente, il proprio stato di attivazione. Vale la pena precisare, inoltre, che qualora il beneficiario dovesse rifiutare una proposta di lavoro a tempo indeterminato con retribuzione non inferiore ai minimi salariali dei contratti collettivi e un tempo di lavoro non inferiore al 60% dell’orario pieno, il Supporto decade. Per quanto riguarda un contratto a tempo determinato, invece, il luogo di lavoro non deve distare più di 80km dal domicilio del beneficiario.

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Redito di cittadinanza sospeso a 169mila famiglie con un sms

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Fine dell'RdC per molti cittadini in questa seconda metà del 2023. Foto Twitter @ERoncolini

È arrivato con un sms l’annuncio dell’ultima rata del reddito di cittadinanza per 169mila famiglie beneficiarie in tutta Italia. Così infatti l’Inps ha avvisato della sospensione del sussidio dal mese di agosto. Il messaggino è arrivato a chi è in nuclei familiari nei quali non ci sono componenti disabili, minori o ultrasessantacinquenni, come prevede la nuova normativa.

L’ultima rata che hanno percepito è dunque quella del 27 luglio scorso. Un problema non da poco per molti, soprattutto in Campania che è la regione con il più alto numero di beneficiari del reddito di cittadinanza. E dove si sono presto formate file di persone che chiedevano chiarimenti agli uffici preposti. In tutta la regione gli sms arrivati sono stati quasi 37mila. Non a caso il segretario generale della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, parla di “rischio di bomba sociale.”

Reddito, un milione di famiglie

Complessivamente a giugno le famiglie che hanno ricevuto il reddito o la pensione di cittadinanza sono state in Italia poco più di un milione (1.010.536) per una spesa di 571,6 milioni di euro. Le persone coinvolte in questo milione di famiglie sono 2.115.944, si legge nell’Osservatorio secondo il quale a maggio i beneficiari erano 1.045.662 per 590,8 milioni di spesa (dato rivisto al rialzo rispetto al dato diffuso un mese fa che indicava un milione di beneficiari). L’importo medio a famiglia a giugno è stato di 565,69 euro.

Date però le novità introdotte dal Governo Meloni nei primi 6 mesi del 2023 le richieste sono crollate rispetto allo stesso periodo del 2022 passando da 899.338 a 486.190 con un calo del 45,94%. Il Governo punta sulle nuove misure e intanto avvia una campagna di informazione sui media con uno spot dal tono rassicurante: “Un percorso per ognuno, una prospettiva per tutti“. Ma il Sud, con 2 terzi dei beneficiari totali, è comunque smarrito. Soprattutto a Napoli che è la provincia con il numero più alto di beneficiari con quasi 146mila famiglie, 373mila persone coinvolte e un assegno medio di 652,58 euro. A Napoli ci sono più beneficiari di Lombardia, Piemonte e Veneto (quasi 139mila) e più dell’intera Italia Centrale (143mila).

Normale ci sia una diffusa preoccupazione. Centinaia di persone, ad esempio, dopo aver ricevuto l’sms sullo stop all’erogazione hanno protestato e chiamato l’Inps di Napoli e della provincia per avere chiarimenti in merito ai nuovi requisiti. Nella mattinata del 28 luglio, alla sede Inps di via De Gasperi, a Napoli, due persone hanno avuto un alterco con i vigilantes all’ingresso.

I sindaci ora protestano

Ma il problema, per ciò che riguarda il reddito di cittadinanza, è anche dei primi cittadini. “Finora – dice Giacomo Pirozzi, sindaco di Calvizzano, un piccolo comune a nord di Napoli – ho impiegato 102 percettori del reddito in vari progetti in favore della comunità. E adesso?” Il problema riguarda anche gli assistenti sociali perché il testo dell’sms recita: “Domanda di reddito di cittadinanza sospesa come previsto dall’articolo 48 del decreto legge 20/23 in attesa di eventuale presa in carico dei Servizi sociali.”

Così il presidente degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi paventa un rischio di aggressione agli stessi assistenti, mentre l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, Luca Trapanese, invita i cittadini a non andare ai servizi sociali per chiedere informazioni: “È inutile” afferma laconicamente. “Chi ha perso il reddito di cittadinanza ed è ritenuto occupabile, cioè ha tra i 18 e i 59 anni di età, non ha persone disabili a carico e non ha minori a carico, potrà ricevere 350 euro al mese. Ciò come supporto alla formazione al lavoro attraverso gli sportelli dei Centri per l’Impiego e l’Inps“. Per il resto si attende il nuovo assegno di inclusione che riguarderà sempre chi ha minori, anziani o disabili in casa. La misura sarà attivata dal primo gennaio 2024.

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INPS, nel 2023 erogate meno pensioni

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INPS e pensioni
INPS @Crediti Ansa - Diritto Lavoro

Secondo i dati dell’Osservatorio INPS, nei primi sei mesi del 2023 sarebbero state erogate meno pensioni rispetto allo stesso periodo del 2022. Il calo si registra soprattutto per le pensioni anticipate, con un flusso in diminuzione specialmente tra i pubblici e le donne.

Rispetto a quanto rilevato dall’Osservatorio INPS nel prime 6 mesi del 2023 sarebbero state erogate 370.136 nuove pensioni. Per un totale del -16,6% rispetto allo stesso periodo del 2022. Si regista inoltre un fine Quota 102 e 100 -36% per le anticipate dei pubblici. Lo scorso anno i primi sei mesi avevano fatto registrare 444.118 nuove pensioni. Questo quanto emerge dalle tabelle dell’INPS sui flussi di pensionamento. Secondo questi dati nell’intero 2022 le pensioni decorrenti nel periodo sono state 853.842, per un importo medio mensile alla decorrenza di 1.180 euro.

Pensioni e pensionamenti in calo

Cala anche l’importo mensile medio delle pensioni del 2023. Infatti, nei primi sei mesi dell’anno in corso esso si attesta intorno ai 1.168. A questo si aggiunge un calo consistente per le pensioni anticipate con l’esaurimento, come riporta anche Ansa, di Quota 100 e di Quota 102. Secondo quanto emerso dai dati dell’INPS, si apprende che per i dipendenti pubblici, nei primi sei mesi del 2023, sono state erogate 42.955 nuove pensioni anticipate rispetto alle 63.630 che si erano registrate nei primi sei mesi del 2022 con un calo del -36,01% in sostanza.

Anche il settore privato presenta qualche cambiamento in ‘negativo’, infatti, anche in questo caso si è registrato un calo. Per i privati dalle 71.987 pensioni anticipate registrate nei primi sei mesi del 2022 si è passati alle 56.801 del primo semestre 2023. Un calo in questo settore che è pari al -21,1%. Un aspetto non da sottovalutare, inoltre, è che con la stretta dei requisiti per l’accesso a Opzione donna, introdotti dal 2023, si sono ridotte anche le nuove pensioni per le donne che decidono di lasciare il lavoro in anticipo. Si tratta comunque di persone che hanno maturato almeno 35 anni di contributi e che si mostrano disposte a ricalcolare l’importo della pensione con il metodo contributivo.

Opzione donna

A tal proposito, le pensioni Opzione donna decorrenti nei primi sei mesi del 2023, secondo quanto riportato dal monitoraggio effettuato dall’Osservatorio INPS sui flussi di pensionamento, sono 7.536 contro le 24.559 che si sono registrate 2022. Per quanto riguarda la pensione anticipata Opzione donna, vale la pena ricordare che vi possono accedere, dal 2023, le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 60 anni. Il requisito anagrafico di 60 anni si riduce di un anno per figlio non superando, comunque, il limite massimo di due anni.

Inoltre come si legge sul portale dell’INPS: “La riduzione massima di due anni si applica in favore della categoria di lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale“. Questo anche se in assenza di figli. Quest’ultima categoria di lavoratrici, dunque, accede alla pensione Opzione donna con 58 anni di età e 35 anni di contribuzione, maturati entro il 31 dicembre 2022. In sostanza, dal 2023 oltre ad aver compiuto 60 anni per godere dell’Opzione donna ulteriore requisito è trovarsi in una situazione di difficoltà essendo care giver. Con una riduzione della capacità lavorativa almeno del 74% o licenziata. Rapportato in valori economici questo significa che tali lavoratrici oggi prendono meno di 1.000 euro al mese, almeno la grande maggioranza.

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Indennità per lavoro notturno e festivo nel turismo: come funziona

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Indennità lavoro notturno e festivo
Receptionist - Diritto Lavoro

Con lo Speciale Decreto Lavoro 2023, si inserisce anche una nuova indennità per il lavoro notturno e festivo nel settore turismo. Nata per cercare di agevolare le prestazioni specialmente nel periodo estivo. 

Dopo la conversione del D.L. n. 48/2023 nasce un trattamento integrativo speciale pari al 15% delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e straordinario effettuato nelle giornate festive. Un’indennità che si applica per agevolare le prestazioni lavorative durante l’estate nel comparto turistico. Così come previsto dalla legge di conversione del Decreto Lavoro. In attesa dell’intervento dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS è, tuttavia, necessario comprendere in che modo questa indennità possa risultare efficace e in che modalità sarà applicata.

Come si applica l’indennità

Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n. 85/2023 che ha convertito con modificazioni il decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023), è entrato in vigore anche l’art. 39-bis. Con quest’ultimo il Governo cerca di trovare una possibile soluzione alla carenza di giovani nel comparto turistico ed in quello termale, soprattutto nel periodo estivo. Carenza che pare si correlazioni alla resistenza a voler svolgere servizi notturni e nelle giornate festive. Alla luce di quanto detto, occorre, tuttavia, tenere presente che un intervento amministrativo dell’Agenzia delle Entrate o del Ministero del Lavoro, sia in grado innanzitutto di identificare più chiaramente cosa si intende per ‘comparto turistico’.

In questo modo sarà anche possibile estenderlo ad un ambito più ampio rispetto a quello in cui oggi è normalmente identificato. Tornando all’art. 39 bis si esplicita che è stato riconosciuto, in via non strutturale e per il solo 2023, per il periodo compreso tra il 1° giugno ed il 21 settembre, ai lavoratori del comparto turistico compresi quelli degli stabilimenti termali, un trattamento integrativo speciale che non concorre alla formazione del reddito. Questa indennità, come accennato sopra, è pari a 15% delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno ed alle prestazioni di lavoro straordinario, come definito dal D.L. n. 66/2003, svolto nei giorni festivi.

A chi spetta il bonus

Ad essere potenzialmente interessati sono tutti i lavorati dipendenti a prescindere dalla tipologia di contratto. Dunque, sia che si tratti di contratto a tempo indeterminato, anche parziale, oppure di tipologia contrattuale a tempo determinato anche part-time. Non fanno eccezione neanche i contratti di somministrazione, apprendistato professionalizzante, contratto intermittente sia a termine che a tempo indeterminato. A cui si aggiungono anche prestazioni accessorie anche se con qualche problema operativo ancora da risolvere. Si tratta, come è ben facile denotare di una misura di carattere retroattivo. Infatti, benché sia effettiva dal 4 luglio 2023, il periodo di riferimento è, come detto, a partire dal 1° giugno.

In fine, è bene specificare che il riconoscimento del beneficio non è automatico ma prevede una richiesta del singolo lavoratore al proprio datore con la quale dichiara di non aver avuto nel 2022 un reddito da lavoro dipendente superiore a 40.000 euro. A quel punto, il datore di lavoro, a fronte di prestazioni effettuate nel rispetto della disposizione citata, si appresta a riconoscere il trattamento integrativo speciale per le ore prestate. E, in sostanza, compensa il credito maturato attraverso lo strumento della compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.L.vo n. 241/1997.

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Social card “Dedicata a te” come funziona il contribuito per la spesa

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Spesa social card
Spesa - Diritto Lavoro

Arriva la social card Dedicata a te per contrastare il caro prezzi. Un contributo di 380 euro per i beni alimentari destinato ad alcune fasce in base all’Isee. Presentata a Palazzo Chigi, sarà distribuita da Poste Italiane.

Dedicata a te, è questo il nome scelto per la social card che prevede un contributo unico di 382,50 da impiegare per l’acquisto di generi alimentari di prima necessità. La card è destinata a persone con Isee fino a 15mila euro. Presentata lo scorso 11 luglio 2023 a Palazzo Chigi, sarà distribuita da Poste Italiane. Disponibile per circa un milione e 300 mila nuclei familiari, la carta permettere di acquistare alimenti dal pane alla pasta. Come riporta Il Corriere, la premier Giorgia Meloni avrebbe detto che si tratterà di un valore ancora più grande combinato agli sconti messi a disposizione dalla grande distribuzione. Mentre il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti ha ricordato che il Governo ha deciso di agire sia in merito all’energia che ai beni alimentari.

Come funziona la social card

La social card Dedicata a te è una misura inserita nella legge di Bilancio 2023, grazie allo stanziamento di un fondo specifico di 500 milioni di euro. Si tratta di risorse che sono destinate a chi ha un Isee fino a 15mila euro l’anno e rappresenta una tantum di sostengo. La social carda sarà distribuita dal 18 luglio e prevede un’attivazione entro il 15 settembre 2023. Saranno i Comuni ad inviare la comunicazione ai beneficiari e tale comunicazione sarà munita anche delle indicazioni per il ritiro della card presso gli Uffici Postali.

Il termine era previsto per la fine di giugno ma, come ha comunicato Inps il 26 giugno, è slittato per garantire ai Comuni di rendere più flessibili le modalità di gestione delle liste dei potenziali beneficiari. Come ha tenuto a specificare la premier Giorgia Meloni durante la presentazione della misura: “La carta va attivata entro il 15 settembre ed è un segnale di attenzione verso chi è in difficoltà. Noi ci siamo e cerchiamo di fare del nostro meglio per dare una mano“.

Un sostegno anche alla produzione alimentare

Anche Coldiretti ha apprezzato l’introduzione della social card per il sostengo alla spesa. Infatti, l’inflazione alimentare tra le più alte degli ultimi 40 anni avrebbe costretto le famiglie a ridurre del 4,7% le quantità di cibo comprate. Azione che ha avuto conseguenze anche sulla produzione agroalimentare del Paese. Dunque, ne consegue che il sostegno alle famiglie in merito alla spesa, servirà anche a supportare la produzione alimentare nazionale. Produzione che, nei primi cinque mesi del 2023, è apparsa in frenata dell’1,8%.

Per quanto riguarda gli sconti ulteriori previsti per i beneficiari, il presidente di Federdistribuzione, Carlo Alberto Buttarelli, tiene a voler precisa, come riporta sempre Il Corriere: “L’iniziativa è molto importante e fin da subito abbiamo assicurato la nostra collaborazione. Con questa operazione le aziende della Distribuzione Moderna, che rappresentano un settore economico primario del nostro Paese, mettono in campo uno sconto che si traduce in un investimento complessivo che può raggiungere i 75 milioni di euro, che si aggiungono ai 500 milioni di euro stanziati dal governo per l’acquisto, nei punti vendita, dei beni alimentari essenziali“.

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Legge di conversione del Decreto Lavoro 2023: cosa è cambiato

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Decreto Lavoro 2023
Team di lavoro - Diritto Lavoro

Dal 3 luglio 2023 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 85 di conversione in legge del Decreto Lavoro. Come suggerisce il sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i cambiamenti del decreto legge n. 48 del 2023 fanno riferimento a “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro“.

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge del 3 luglio 2023 n. 85 di conversione in legge con modificazioni del decreto legge n.48. Cambiamenti importanti che prevedono misure in favore di lavorati, imprese e famiglie e che sono comprese nel Decreto Lavoro 2023. Misure che, come ha specificato anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, risultavano “urgenti” sia a livello dell’inclusione sociale, ma anche per agevolare l’accesso di tutti al mondo del lavoro.

Le principali misure introdotte nel Decreto Lavoro 2023

Una delle principali misure del Decreto Lavoro 2023 è l’introduzione dell’Assegno di Inclusione. Nello specifico, dal 1° gennaio 2024 questa misura entra in vigore per contrastare la povertà, la fragilità e l’esclusione sociale delle fasce deboli. Previsti, in tal senso, percorsi di inserimento sociale, formazione, lavoro e politica attiva del lavoro. L’Assegno di Inclusione è condizionato alla prova dei redditi e all’adesione ad un percorso personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa. La seconda misura riguarda l’introduzione del Supporto per la formazione e il lavoro. Quest’ultima sarà effettiva dal 1° settembre 2023 ed è utilizzabile dai componenti fra i 18 e i 59 anni appartenenti a nuclei familiari il cui ISEE non superi i 6000 euro annui. In questo caso si tratta di progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro.

Una terza principale misura introdotta nel Decreto Lavoro 2023 è la semplificazione delle informazioni dovute dal datore di lavoro al momento dell’assunzione. Con essa anche la semplificazione dell’utilizzo dei contratti a termine, con razionalizzazione delle causali necessarie per la stipula di contratti fra i 12 ed i 24 mesi e per proroga e rinnovo dei contratti che si estendono oltre i 12 mesi. A queste misure si aggiunge l’incentivazione dell’utilizzo dei contratti a tempo indeterminato, con esclusione dai limiti quantitativi dei lavoratori somministrati assunti con contratto di apprendistato. Oltre all’esenzione dai limiti quantitativi della somministrazione a tempo indeterminato di lavoratori in “ex mobilità“, soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati.

Tra le misure anche la proroga al 2024 dei contratti di espansione. Previsto poi anche il prepensionamento di giornalisti dipendenti da imprese del settore dell’editoria. Misura del Decreto Lavoro 2023 anche lo stralcio dei debiti contributivi dei soggetti iscritti alle gestioni artigiani e commercianti. Così come lavoratori autonomi agricoli, committenti e professionisti iscritti alla gestione separata dell’INPS. Per i quali si annullano i debiti contributivi delle cartelle esattoriali fino a 1.000 euro.

Gli incentivi

Il Decreto Lavoro 2023 prevede, inoltre, anche incentivi per l’assunzione di percettori di Assegno di Inclusione, per l’occupazione giovanile, in particolare, per under 30, neet e giovani registrati al Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani e per il lavoro dei disabili. Tra gli incentivi anche quello per l’uso delle Prestazioni Occasionali del settore turistico e termale. Tra le misure anche l’incremento del Fondo nuovo competenze grazie a fondi nazionali (Programma nazionale giovani, donne e lavoro) e comunitari (FSE+ e POC SPAO) atto a finanziare accordi sindacali sottoscritti a decorrere dal 2023. Oltre a favorire anche l’aggiornamento della professionalità dei lavoratori nel campo della transizione ecologica e digitale.

Ulteriore misura l’esonero parziale dei contributi a carico dei lavoratori, per i periodi di paga da luglio a dicembre 2023. In questo caso si prevede la riduzione della aliquota contributiva a carico dei lavoratori subordinati che guadagnano fino a 35.000 euro lordi annui. Ancora, prevista dal Decreto Lavoro 2023 la detassazione del lavoro straordinario e notturno svolto nei festivi per il settore turismo e termali. Tra le detassazioni anche quelle delle misure di welfare (inerenti al 2023) con elevazione sino a 3.000 euro della soglia dei fringe benefits per i soli lavoratori dipendenti con figli a carico.

Una delle misure principali introdotte anche l’incremento pare a 5 milioni di euro per l’anno 2023 del Fondo per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro. Estesa, inoltre, la tutela assicurativa INAIL a studenti e personale occupato nel sistema nazionale di istruzione e formazione. Prevista per tutti gli ambienti scolastici e terziari professionalizzanti. A queste misure si aggiunge l’introduzione di nuove disposizioni per la nomina del medico competente e per la vigilanza atti a potenziare la sicurezza sul lavoro. Ed infine, tra le modifiche principali del Decreto Lavoro 2023 la previsione di una forma di Cassa Integrazione Guadagni in Deroga fino al 31 dicembre 2023. Una misura prevista per le imprese che nel corso del 2022 non sono riuscite a dare completa attuazione a piani di ristrutturazione e riorganizzazione.

(Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)

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Trattamento fine servizio, il Governo costretto a cambiare le regole

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Trattamento fine servizio
Pagamento - Diritto Lavoro

Cambiano le regole in merito al Trattamento fine servizio. A stabilirlo la sentenza della Corte Costituzionale che, difatti, obbliga il Governo a modificare quanto attuato fino ad ora rispetto alla liquidazione differita per gli impiegati statali.

Stop ai pagamenti ritardati del Trattamento di fine servizio. La Corte Costituzionale, infatti, giudica anticostituzionale la liquidazione differita per il Tfs. Una sentenza che obbliga dunque il Governo a rivedere le regole applicate fino ad ora e a provvedere affinché ne siano adottate di nuove e più consone rispetto a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.

Una modalità anticostituzionale

La sentenza emessa dalla Corte Costituzionale, in merito alla revisione delle regole che gestivano fino ad ora il Trattamento di fine servizio, arriva dopo la richiesta da parte del sindacato Confsal-Unsa. A termine della sentenza l’accredito in differito dei Tsf è stato riconosciuto come incostituzionale, andando difatti ad approvare ogni contestazione avanzata fino a questo momento. Secondo il calendario attuale, infatti, la liquidazione per il pagamento del Trattamento fine servizio può arrivare anche dopo 2 anni. Ed inoltre può essere dilazionato in tranche annuali di 50 mila euro. Un’importante differenza rispetto ai dipendenti che operano nel settore privato.

Ed è proprio questa importante disparità ad essere finita sotto la revisione della Corte Costituzionale. L’organo di garanzia costituzionale italiano avrebbe valutato le attuali regole e accertato che questi pagamenti differiti contrastano con il principio costituzionale della giusta retribuzione. Di conseguenza la liquidazione ritardata deve essere rimossa, ma tale processo potrà svilupparsi solo in maniera graduale. Infatti, a dover provvedere affinché la situazione sarà risolta e resa costituzionale dovrà essere il Parlamento. A concedere la gradualità del processo, tuttavia, la stessa Corte Costituzionale.

Come si paga oggi il Trattamento fine servizio

A tal proposito, infatti, per la Consulta deve essere assicurato il principio della giusta retribuzione. Ma contemporaneamente risulta necessario valutare e prestare particolare attenzione all’impatto finanziario che questa concessione potrà avere. Proprio in linea con questo aspetto, la Consulta invita pertanto il legislatore ad individuare interventi che tengano conto della programmazione economico-finanziaria. E con essi anche le modalità di attuazione che mantengano sempre presenti gli impegni assunti nell’ambito di tale programmazione. Per comprendere bene su che base andranno applicate le modifiche alle regole vigenti, vale la pena ricordare che il calendario adottato dall’Inps oggi, per la liquidazione dei dipendenti pubblici, prevede dei tempi di attesa molto più lunghi rispetto ai dipendenti che lavorano nel settore privato.

Basta ricordare che se per i pubblici abbiamo parlato anche di due anni di attesa, per i privati il Tfs arriva dopo poche settimane dalla cessazione del contratto. A tal proposito precisiamo che il Trattamento fine servizio può essere pagato (nel settore pubblico) entro 105 giorni dal termine del rapporto di lavoro esclusivamente nei casi di cessazione motivata da inabilità o decesso. Diverse le cose per le cessazioni per raggiungimento del limite di età e quindi per accede alla pensione di vecchiaia. Ugualmente per scadenza del contratto a tempo determinato. In ciascuno di questi due ultimi casi, il pagamento è in programma non prima di 12 mesi. Ma l’Inps dispone di altri 3 mesi di tolleranza. Infine, se si tratta di cessazione di rapporti lavorativi per dimissioni o pensionamento anticipato, ad oggi, le tempistiche prevedono un pagamento del Tfs dopo i 24 o persino 27 mesi.

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