lunedì, Settembre 2, 2024
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Rottamazione quarter: come aderire, quali sono i vantaggi

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rottamazione cartelle esattoriali
Quasi 4 milioni le lettere dell'Agenzia delle Entrate sulla rottamazione. Foto Twitter @quotidianodirg

L’Agenzia delle Entrate ha inviato quasi 4 milioni di comunicazioni, circa le somme dovute, a chi ha aderito alla Rottamazione-quater delle cartelle esattoriali. Le lettere, che contengono l’esito della richiesta, l’elenco dei debiti rottamati e l’importo dovuto, sono state inviate in risposta alle circa 3,8 milioni di domande di adesione alla definizione agevolata presentate entro il termine di legge del 30 giugno 2023.

Per gestire i prossimi adempimenti in vista del 31 ottobre, termine di pagamento della prima (o unica) rata, i contribuenti possono utilizzare i servizi online disponibili sul sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it. L’importante è non dimenticare la data di scadenza: la fine del mese di ottobre.

Rottamazione, come funziona

In particolare, è disponibile la funzionalità che consente di chiedere la copia della comunicazione delle somme dovute con i primi 10 moduli di pagamento, utile per coloro che, per qualsiasi motivo, non siano in possesso della comunicazione inviata. È attivo anche il servizio per richiedere online l’addebito sul conto corrente delle rate previste dal proprio piano di Definizione agevolata della rottamazione. Grazie al quale l’importo di ogni rata sarà corrisposto direttamente entro il termine previsto, evitando eventuali dimenticanze.

È inoltre attivo ContiTu, il servizio web per chi vuole scegliere di pagare solo alcuni degli avvisi o cartelle indicati nella Comunicazione sulla rottamazione. In questo caso c’è la possibilità di ricalcolare l’importo dovuto e ricevere i nuovi moduli di pagamento. Agenzia delle entrate-Riscossione ha provveduto all’invio delle comunicazioni delle somme dovute tramite Pec (posta elettronica certificata) o posta raccomandata. I contribuenti possono comunque scaricarne una copia direttamente dall’area riservata del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it. E possono accedere con le credenziali Spid, Cie e Cns, oppure dall’area pubblica, senza necessità quindi di pin e password, allegando un documento di riconoscimento.

La comunicazione sulla rottamazione fornisce l’esito di accoglimento o eventuale rigetto della domanda, l’importo, le scadenze e i moduli di pagamento in base alla scelta effettuata in fase di adesione (fino a un massimo di 18 rate). Se il piano di dilazione prevede più di 10 rate, con la lettera sono stati inviati i primi 10 moduli di pagamento. I rimanenti arriveranno successivamente, prima della scadenza dell’undicesima rata.

Lotta all’evasione

Ma al di là della rottamazione la lotta all’evasione continua. “Abbiamo spostato l’asticella in alto. E non mi riferisco al contrasto all’evasione. Il nostro lavoro sarà valutato anche e soprattutto sull’incremento dei servizi telematici, sulla accelerazione dei rimborsi, sul contenzioso“. Così aveva dichiarato già lo scorso agosto al Corriere della Sera il presidente dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. Entro il 2025 l’ente dovrà raggiungere l’incasso di 2,8 miliardi in più dalla lotta all’evasione fiscale.

Bisogna considerare che questo incremento è aggiuntivo rispetto ai risultati già conseguiti. Una decina di anni fa il livello di evasione fiscale ’in senso stretto’, ovvero relativa a Irpef, Iva, Irap, Ires, senza considerare quella sui contributi previdenziali, si aggirava sugli 85 miliardi. Ma già nel 2019, grazie anche all’introduzione della fatturazione elettronica, era scesa a 75. Accanto a questa riduzione, c’è l’azione di contrasto vero e proprio dell’Agenzia, che nel 2022 ha recuperato la cifra più alta di sempre. E già quest’anno assicureremo 1,3 miliardi in più rispetto a quanto previsto dalla scorsa convenzione”.

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INPS, 17mila messaggi dopo lo stop al reddito di cittadinanza: come comportarsi

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INPS e reddito di cittadinanza
Sede INPS @Crediti Ansa - Diritto Lavoro

L’INPS ha inviato 17mila messaggi (sms o mail) per comunicare lo stop definitivo al reddito di cittadinanza. A questo punto è importante chiarire cosa può e deve fare chi lo ha ricevuto.

Arriva lo stop al reddito di cittadinanza e l’INPS lo ha comunicato inviando ben 17mila sms agli utenti interessati. Per le famiglie che lo hanno ricevuto è importante sapere come comportarsi. Infatti, chi non sarà preso in carico dai servizi sociali ha la possibilità di iscriversi alla piattaforma Siisl per richiedere il Supporto formazione e lavoro.

Quante famiglie dicono ‘addio’ al reddito di cittadinanza

Sono circa 17mila le famiglie italiane ad aver ricevuto il messaggio dell’INPS relativo allo stop del reddito di cittadinanza. A tal proposito, è utile ricordare che il Governo guidato da Giorgia Meloni aveva stabilito che nel 2023 il sussidio avrebbe potuto essere erogato al massimo per sette mensilità a tutte le famiglie (occupabili) senza minorenni, over 60 o con persone diversamente abili. Ma per chi ha ricevuto il messaggio lo scorso 27 settembre 2023 l’accesso al reddito sarà stoppato da ottobre dello stesso anno. Già negli scorsi mesi, circa 159mila famiglie italiane avevano ricevuto la comunicazione da parte dell’INPS. Di queste, 47mila erano poi state prese in carico dai servizi sociali. Secondo quando comunicato dall’INPS saranno altre 23mila le famiglie che perderanno il reddito di cittadinanza entro il 2023.

Per le famiglie con difficoltà i servizi sociali possono comunicare fino al 31 ottobre la presa in carico. La lista dei beneficiari, in questo caso, dipende dai criteri elaborati dal Ministero del Lavoro. La situazione cambia per le famiglie dette ‘occupabili‘ (ndr.). In questo caso il sussidio potrà essere richieso fino al 31 dicembre 2023 e poi, rispettando i requisiti, potrà essere richiesto l’Assegno di inclusione. Questo fa riferimento alle famiglie con almeno un minore, con persone over 60 o con persone diversamente abili. A questo punto è importante sapere come deve comportarsi chi ha ricevuto il messaggio (o per sms o per mail) da parte dell’INPS.

Cosa fare dopo il messaggio da parte dell’INPS

Lo stop del reddito di cittadinanza annunciato dall’INPS può essere gestito principalmente con un’opzione. Ovvero, si può fare richiesta per il Supporto per la formazione e il lavoro, che prevede un assegno da 350 euro al mese fino a 12 mesi per coloro che seguono i corsi di formazione proposti. Per richiedere questo particolare sussidio, si può fare domanda direttamente sulla piattaforma Siisl. Il requisito richiesto è avere un Isee familiare al di sotto dei 6mila euro. Per chi si iscrive a questa piattaforma è necessario compilare la Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, autorizzando a trasmettere i propri dati ai centri per l’impiego e alle agenzie per il lavoro.

Inoltre, dopo aver completato l’istruzione dell’obbligo o essersi iscritti ai corsi per adulti che servono per completarla, è possibile inoltrare la richiesta. Dopo aver fatto l’accesso si sottoscrive il Patto di attivazione digitale. Di conseguenza, è prevista la convocazione presso un centro per l’impiego o agenzia del lavoro per firmare il Patto di servizio personalizzato. Il sussidio effettivo partirà con l’inizio dei tirocini, dei corsi di formazione o dei progetti utili alla collettività, e sarà erogato fino al termine di queste attività. Il sussidio si perde in automatico quando si interrompe l’attività, se ne salta una o si rifiuta una proposta di lavoro.

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Lavoro minorile: a che età si può iniziare a lavorare in Italia

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Lavoro minorile
Bambino che lavora - Diritto Lavoro

Il lavoro minorile è un reato. Proprio per questo motivo è importante sapere a che età è consentito assumere un minore. L’accesso ad un’occupazione per un giovanissimo è tutelato dalla legge con norme precise che fanno riferimento alla salute, alla formazione e all’istruzione.

L’accesso al lavoro minorile, nel nostro Paese, è regolato da precise normative. In Italia, infatti, l’età minima per l’accesso al lavoro è di 16 anni (art. 2, c. 2, c.c. e art. 1, c. 622, L. 296/2006). Tuttavia, è bene precisare che esistono delle eccezione fondamentali da conoscere per evitare ad ogni modo di cadere nel reato.

Lavoro minorile: quando non è reato

Secondo quanto previsto dalla legge italiana, gli adolescenti di 15 anni possono stipulare un contratto di apprendistato che si può trasformare in normale assunzione al compimento dei 16 anni. I minori fino a 15 anni, infatti, sono soggetti all’obbligo scolastico e questo è un elemento fondamentale da tenere in considerazione. Tuttavia, gli stessi minori (di 15 anni) possono essere assunti in alcuni settori relativi allo spettacolo e svolgere lavori di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario. In questi casi si prevede, imprescindibilmente, l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro e il percorso di assunzione deve prevedere visite mediche per garantire l’idoneità del minore.

Sono esclusi dalla disciplina in esame, infine, i lavori svolti per breve periodo o occasionale nell’ambito di attività a conduzione familiare, purché non si tratti di lavori nocivi, pregiudizievoli o pericolosi. Fatte queste premesse, all’assolvimento dell’obbligo scolastico (compimento dei 16 anni), previsto dall’art. 3 L. 977/67; art. 1, c. 622, L. 296/2006, i minori possono iniziare a lavorare. Il percorso di istruzione obbligatoria deve essere però completato dunque: 5 anni di scuola primaria (dai 6 agli 11 anni di età), 3 anni di scuola secondaria di primo grado (fino a 14 anni di età), un anno di scuola secondaria di secondo grado (liceo o istituto superiore) e un di apprendistato (fino a 15 anni di età). A firmare il contratto saranno i genitori o i tutori, poiché al minorenne non è ancora riconosciuta la capacità di agire.

Le limitazioni al lavoro di dipendenti minori

Esistono però dei limiti anche al lavoro minorile autorizzato. Infatti, per tutelare la loro salute non possono, ad esempio, svolgere lavori che li espongono ad agenti chimici, fisici e biologici o che sono considerati pericolosi (art. 6, legge 977/1967). Inoltre, anche per tutelare il loro diritto all’istruzione e la loro privacy non possono lavorare di notte, ad eccezione di alcune attività specifiche come quelle di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario e dello spettacolo (artt. 15 e ss., legge 977/1967).

Quando un contratto per lavoro minorile viene stipulato prima dell’età regolamentata il contratto è considerato nullo, ma il minore mantiene il diritto al pagamento dell’attività svolta. Per un minore la durata massima dell’orario di lavoro non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 settimanali. I quindicenni (ancora soggetti all’obbligo scolastico) possono effettuare un orario che non supera le 7 ore giornaliere e le 35 settimanali. Per quanto riguarda il riposo deve rientrare nell’arco temporale di almeno 12 ore consecutive. Inoltre, la prestazione lavorativa di un minore non può protrarsi senza interruzione per più di 4 ore e mezza. Trascorse queste ore i minori hanno diritto ad una pausa intermedia di un’ora che può scendere a mezz’ora nel caso di contratto collettivo. Infine, il lavoratore minorenne ha diritto, a parità di lavoro, alla stessa retribuzione del lavoratore adulto. Ovviamente tenendo conto delle rispettive competenze e dell’inquadramento.

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Lotto, perché il Governo lo mette all’asta

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Il Lotto all'asta dopo 7 anni. Foto Twitter @fisco24_info

La manovra di bilancio del Governo Meloni si preannuncia complessa, tanto che il primo esecutivo d’Italia presieduto da una donna starebbe pensando di mettere all’asta il gioco del Lotto con un anno di anticipo.   

Un’operazione che servirebbe a finanziare, in parte, la manovra economica. C’è infatti bisogno di reperire la copertura finanziaria più ampia possibile e l’asta del lotto è in calendario, formalmente, soltanto nel 2025.

Lotto, un gioco da 8 miliardi

Ma ora il Governo Meloni starebbe pensando di effettuare già nel 2024 l’asta per il gioco del Lotto. La concessione potrebbe andare a gara con una base da 800 milioni, anticipando di 12 mesi la naturale scadenza prevista per novembre 2025. Lo scrive il quotidiano romano Il Messaggero, secondo cui l’obiettivo di Giorgia Meloni e del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti è quello di incassare di più dell’asta che 7 anni fa, nel 2016, portò a vendere un gioco che, in termini di raccolta, fa incassare fino a 8 miliardi l’anno.

La raccolta del gioco del lotto oggi è in mano – in maggioranza – al gruppo Igt tramite la controllata Lottoitalia. Sette anni fa, quando il consorzio guidato da Igt si assicurò la gestione del gioco fino al 2025, il Governo bandì una gara con una base d’asta di 700 milioni. L’offerta finale fu di 770 milioni. Probabile che questa volta si parta da una cifra più alta, almeno 800 milioni, visto che negli anni la raccolta è aumentata. Ma molto dipenderà dal livello al quale sarà fissato l’aggio nel bando di gara, ossia la quota di raccolta che spetta al concessionario che attualmente è del 6%.

Le scommesse online

La gara del lotto dovrebbe permettere quindi allo Stato di incassare già il prossimo anno almeno metà della cifra, circa 400 milioni. L’altra metà dovrebbe arrivare nel 2025. Accanto alla gara del lotto, che finirebbe direttamente nella legge di bilancio, ci saranno alcune misure che invece il Governo potrebbe anticipare con dei decreti delegati attuativi della delega fiscale.

Nel decreto attuativo dei giochi dovrebbe trovare subito spazio la gara per le concessioni per la raccolta delle scommesse online. Sarebbe stato deciso di assegnare i diritti di raccolta a un prezzo fisso di 6 milioni di euro, senza mettere un tetto al numero di concessioni. L’ipotesi più plausibile è che a fare domanda per la raccolta online possano essere 30-40 operatori, per un incasso massimo di 240 milioni di euro. Sempre per la raccolta a distanza dovrebbe esserci anche un adeguamento della tassazione. L’attuale aliquota del 22% calcolata sul margine (ossia sulla differenza tra la raccolta e le vincite pagate) salirebbe fino al 26%. Lo Stato potrebbe incassare così ulteriore gettito per circa 70 milioni.

I punti vendita ricarica

Nel pacchetto infine, ci sarebbe anche una sorta di regolarizzazione per i cosiddetti Pvr, i punti vendita ricarica. Si tratta di attività che reclutano giocatori per un sito di scommesse sportive tramite un’attività commerciale aperta al pubblico. Ovvero bar, sale giochi, edicole, nelle quali è possibile ricaricare le schede per giocare online. Oggi non è noto quanti siano effettivamente questi punti vendita ricariche in giro per l’Italia. Ma le stime più attendibili parlano di almeno 70mila. Per poter esercitare questa attività l’intenzione sarebbe quella di chiedere agli esercenti il pagamento di una somma che potrebbe oscillare tra 200 e 700 euro. Questa ‘regolarizzazione’ porterebbe un incasso di 30-35 milioni.

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Imparare l’economia: la Banca d’Italia offre un percorso di apprendimento

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Il governatore della banca d'Italia, Ignazio Visco. Foto Ansa/Tino Romano

L’economia è una scienza che è sempre più necessario conoscere da vicino nella vita quotidiana. Per questo la Banca d’Italia ha varato un progetto di educazione finanziaria dedicato agli adulti che presenterà a Napoli il 28 ottobre presso la sede dell’Istituto, in via Cervantes.

Si tratta di un approccio allo studio e alla conoscenza dell’economia che risponde a domande e bisogni quotidiani. E spiega i principi e i temi di base dell’economia e della finanza. Il progetto si intitola Tu e l’economia – Orientarsi per scegliere meglio. i funzionari della banca lo presenteranno nell’ambito di una tavola rotonda, il 28 settembre, a cui parteciperanno esperte ed esperti di Palazzo Koch con l’obiettivo di dialogare con rappresentanti del mondo accademico e delle istituzioni.

A chi si rivolge l’iniziativa

L’evento, aperto al pubblico, è dedicato in particolare alle realtà del Terzo settore, il cui coinvolgimento sarà fondamentale per far sì che Tu e l’economia possa raggiungere coloro ai quali è destinato. Ossia gli adulti più fragili, gli anziani, i migranti, i detenuti e in generale le persone che si trovano ai margini della società e del sistema economico.

Economia, conoscerla per vivere meglio

Nel nostro mondo l’economia è dappertutto: aprire un conto corrente, chiedere un prestito, fare un pagamento, inviare soldi all’estero, investire in prodotti finanziari sono azioni tanto comuni quanto delicate. Per compierle in modo sereno e consapevole sono necessarie conoscenze che di solito non si imparano a scuola. Ma che oggi sono indispensabili quasi come saper leggere e scrivere. La partecipazione al progetto di Banca d’Italia a Napoli è libera e gratuita su prenotazione, fino a esaurimento posti. Il link per iscriversi è https://sondaggi.bancaditalia.it/web/165557?lang=it.

Alla tavola rotonda per la Banca d’Italia interverranno Raffaella Di Donato, vice direttrice della sede di Napoli, Marilisa Guida, Lucia Sironi ed Emanuele D’Onofrio del Servizio Educazione finanziaria. E, infine, Paola Ansuini, responsabile della comunicazione di via Nazionale in materia di cultura finanziaria e tutela. Parteciperanno inoltre Luca Trapanese, assessore al Welfare e pari opportunità del Comune di Napoli, ed Elena de Filippo, docente di sociologia delle migrazioni al dipartimento di scienze sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Il governatore Visco a Napoli

La promozione della cultura finanziaria è da tempo tra le priorità strategiche della Banca d’Italia, che promuove un gran numero di iniziative per giovani e adulti in materia di economia. Sempre il 28 settembre, con inizio alle 16, la sede di Napoli di Bankitalia, in via Cervantes, ospiterà un altro incontro dedicato alle piccole imprese.

I due eventi, insieme a un terzo incontro pubblico alla presenza del Governatore Ignazio Visco in programma per venerdì 29 al Maschio angioino, fanno parte della tappa napoletana di In viaggio con la Banca d’Italia – cultura finanziaria, persone, istituzioni. Si tratta anche in questo caso di un percorso attraverso le principali città italiane che mira a promuovere la cultura dell’economia e della finanza. E ha l’obiettivo di raccontare la banca centrale aprendo un dialogo diretto con persone, imprese e istituzioni. Per ulteriori informazioni è possibile scaricare il programma, consultare il sito o scrivere a inviaggio@bancaditalia.it.

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Decreto energia, sanatoria su scontrini e fatture non in regola

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In arrivo una sanatoria per decreto su scontrini e fatture. Foto Ansa

Per decreto arriva una sanatoria su scontrini, ricevute fiscali e fatture non in regola. Tutti i contribuenti che hanno commesso una violazione fra il primo gennaio 2022 e il 30 giugno di quest’anno potranno regolarizzarsi pagando multe ridotte.

Ci sarà tempo fino al 15 dicembre. La novità è in un articolo della bozza del decreto legge energia che sarà sul tavolo del Cdm lunedì prossimo 25 settembre. E spunta anche la proroga, fino alla fine dell’anno, degli aiuti ai cittadini con meno di 36 anni per l’acquisto della prima casa.

Il decreto sul tema energia

Al bonus bollette, con l’Iva al 5% sul gas si aggiunge poi un bonus benzina. Per i carburanti, 80 euro sulla card Dedicata a te, il Governo mette in campo 100 milioni mentre altri 55 milioni vanno a pagare le supplenze a scuola. Parla invece di sanità un ulteriore articolo del decreto che conferma, sempre alla fine dell’anno, i componenti della Commissione consultiva tecnico-scientifica e il Comitato prezzi e rimborso dell’Aifa.

Al di là della sanatoria non è invece chiusa la partita del mercato tutelato. Il Governo continua a lavorare sulle norme da inserire in un prossimo decreto sull’energia per traghettare circa la metà delle famiglie italiane nel mercato libero dell’elettricità. Un passaggio, di fatto, prorogato da anni dai vari Governi ma resosi ora necessario anche perché legato agli obiettivi del PNRR. Ma che andrà calmierato per evitare un impatto eccessivo sulle fasce deboli.

Fratin: “Tuteleremo i deboli

Sono in corso valutazioni – ha spiegato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratinsul meccanismo di traghettamento al di fuori del mercato tutelato dei clienti domestici. E in particolar modo dei vulnerabili, tenendo conto dell’instabilità dei prezzi dell’energia in questa fase storica“. Sotto la lente ci sono infatti i possibili rialzi che il mercato potrebbe subire e, dunque, misure a sostegno delle fasce più vulnerabili. Il Governo è però alle prese in primis con la messa punto della Nadef, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza approderà al Cdm di giovedì 28 settembre.

I margini di azione appaiono decisamente ristretti col problema numero uno che resta quello della caccia alle risorse. Per questo si starebbe valutando come possibile entrata anche una tassa sulle vincite dei giochi. Ma parte delle risorse – secondo quanto viene riferito in ambienti di maggioranza – dovranno arrivare anche dagli spazi generati grazie al maggior deficit 2024. Altra possibile voce di entrata da utilizzare in manovra – che secondo alcune indiscrezioni si aggirerebbe su un valore tra i 20 e i 25 miliardi – è la tassa sugli extraprofitti delle banche.

La tassa sulle banche

Dall’imposta dovrebbero arrivare tra i 2 e i 3 miliardi, anche se manca la quadra definitiva sulle modifiche. Matteo Salvini torna a difendere la misura: “Penso sia giusto chiedere un sacrificio alle banche” ma Forza Italia tiene il punto e chiede ritocchi. Martedì 26 settembre è previsto un vertice di maggioranza con Governo, capigruppo e relatori del provvedimento in esame in Senato e non si esclude che, visti i tempi stretti d’esame si ricorra, mercoledì 27, alla fiducia.

Al di là del decreto in discussione, le priorità restano il taglio del cuneo fiscale e gli aiuti alle famiglie ma resta aperto il cantiere delle pensioni. Così come quello della pubblica amministrazione. E il ministro Paolo Zangrillo avverte: “lo scorso anno siamo intervenuti con un’una tantum ed è chiaro che, se dovessimo pensare al worst case, quanto meno l’una tantum deve tornare. Altrimenti si verrebbe a creare una situazione per cui non solo non abbiamo il rinnovo ma ci sarebbe anche un decalage delle retribuzioni dei dipendenti pubblici. Diciamo che questa è la extrema ratio“.

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Cosa fare in caso di infortunio sul lavoro

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Infortunio sul lavoro
Infortunio sul lavoro - DirittoLavoro

In caso di infortunio sul lavoro è bene essere informati su quali siano le procedure adeguate da mettere in pratica. Questo anche per evitare la perdita del diritto all’indennità relativa ai giorni precedenti alla segnalazione.

I casi di infortunio sul lavoro possono essere più frequenti di quanto si possa immaginare. Per questo motivo è indispensabile informare immediatamente il datore di lavoro (o il preposto all’azienda) di qualsiasi infortunio subito per evitare la perdita del diritto all’indennità relativa ai giorni precedenti la segnalazione. In ogni caso è bene sapere che l’infortunato deve essere portato subito al Pronto Soccorso che rilascia il primo certificato medico necessario per innescare tutta la pratica. Questo certificato deve essere inviato al datore di lavoro. Se la prognosi è di oltre tre giorni, si deve presentare denuncia alla sede Inail competente, entro due giorni rispetto a quello in cui si è inviato il primo certificato.

Infortunio sul lavoro lieve o grave

Esistono alcune procedure che è bene conoscere nel caso di infortunio sul lavoro. Innanzitutto se si tratta di infortunio lieve (per il quale il lavoratore non si reca al Pronto Soccorso e non abbandona il lavoro) oppure se la prognosi non supera i tre giorni il lavoratore deve comunque informare il datore. Se, invece, la prognosi si proroga dopo il terzo giorno il datore, oltre a dover essere informato, deve presentare la denuncia all’Inail entro due giorni dalla ricezione del nuovo certificato. Quando la prognosi non supera i tre giorni, il lavoratore non ha bisogno del certificato Inail per tornare a lavoro.

Se invece l’infortunio prevede una prognosi di oltre tre giorni il lavoratore è tenuto a presentarsi all’Inail per la visita medica due-tre giorni prima della scadenza della prognosi. A quel punto l’Inail rilascerà un cartellino con un successivo appuntamento a visita in caso di continuazione della temporanea e un certificato da consegnare al datore di lavoro. In alternativa, l’Inail provvederà alla chiusura della temporanea con un certificato di chiusura definitiva da consegnare al datore prima di poter riprendere il lavoro.

Importante tenere presente che l’Inail tutela anche l’incidente occorso durante il tragitto di andata e ritorno fra l’abitazione e la sede del lavoro (infortunio in itinere). E le procedure da seguire sono le stesse per l’infortunio sul lavoro stesso. Tuttavia, si potrebbe verificare il caso che il lavoratore non sia a conoscenza dell’infortunio in itinere e segnali l’incidente in ritardo rispetto ai tempi previsti. In questo caso il datore di lavoro, informato dei fatti, deve fare denuncia all’Inail per evitare sanzioni economiche.

Ritardi e indennità

Quando il lavoratore segnala in ritardo l’infortunio, quest’ultimo deve essere sempre segnalato all’Inail, ma l’infortunato non percepirà l’indennità per i giorni precedenti alla segnalazione. Un discorso a parte merita poi l’infortunio non denunciato per il lavoro in nero. In questo caso è importante richiedere subito gli estremi dei testimoni e presentare denuncia all’Inail. A questa vanno allegati documentazione medica, i dati dei testimoni, qualsiasi documento in grado di provare il rapporto di lavoro, copia della denuncia presentata alla Direzione Provinciale del Lavoro circa la regolarizzazione del rapporto di lavoro.

Infine, per quanto riguarda l’indennità è bene sapere che il giorno dell’infortunio sul lavoro è considerato come giorno lavorato e deve essere interamente retribuito. I successivi tre giorni sono retribuiti, invece, al 60% (entrambe le retribuzioni spettano al datore di lavoro). Dal quarto al novantesimo giorno spetta l’indennità dell’Inail al 60% e dal novantunesimo giorno l’indennità è elevata al 75%.

Generalmente i contratti prevedono che il datore di lavoro provveda ad un’integrazione salariale (per arrivare ad un’indennità pari al 100% del salario) con diverse variabili. Non esistono limiti alla durata della temporanea erogata dall’Inail, che può essere chiusa solo quando l’infortunato è effettivamente in grado di riprendere il lavoro. Tuttavia, esistono delle limitazioni alla conservazione del posto di lavoro, esse infatti dipendono dai diversi contratti e dunque sono stabilite prima dell’inizio di ogni rapporto di lavoro.

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PNRR modificato: più soldi per aerospazio, cinema, asili, Superbonus e trasporti

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La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Foto Ansa/Alessandro Di Meo

Il Consiglio europeo ha dato il suo via libera alle modifiche che l’Italia ha apportato circa gli obiettivi del PNRR, in vista dell’ottenimento della quarta rata da 16,5 miliardi. L’ok di Bruxelles è arrivato il 19 settembre e rappresenta un’importante passo in avanti.

Il tutto nell’ambito di una complessa negoziazione, dopo che Roma ha chiesto di ricalibrare le voci di spesa non essendo in grado di fruire di tutto l’immane finanziamento (191,5 miliardi) che il Recovery fund nato con la pandemia di Covid destina al nostro Paese fino al 2026. O meglio: il Governo Meloni ha scelto di spostare e ricalibrare alcuni finanziamenti rispetto a come il PNRR era stato definito dal Governo Draghi, rinunciando a finanziare alcuni progetti che riceveranno denari da altre fonti.

PNRR, la situazione

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) modificato dell’Italia “riguarda 10 misure, tra cui gli incentivi per l’efficienza energetica nell’ambito del cosiddetto Superbonus“. Ma anche “l’aumento delle strutture per l’infanzia, lo sviluppo dell’industria spaziale e cinematografica e il trasporto sostenibile“. Così nei documenti ufficiali che Bruxelles ha approvato.

L’Italia aveva chiesto formalmente di modificare il proprio PNRR l’11 luglio scorso in quanto il piano era parzialmente non più realizzabile a causa di circostanze oggettive. In sostanza la mancanza di personale adeguato ma soprattutto la necessità di tempi rapidi a fronte di procedure burocratico-amministrative italiane sempre lente e complesse hanno fatto venire meno il desiderio di accettare fino in fondo la sfida della modernizzazione così come la si era immaginata inizialmente.

I progetti non più finanziati dal PNRR

Così dall’originario PNRR sono usciti interventi per la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni; progetti di rigenerazione urbana; piani urbani integrati; gestione del rischio di alluvioni e del rischio idrogeologico. Ma anche valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. Tutti progetti che il Governo promette ora ai cittadini di finanziare con altre fonti, esterne al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

La decisione del Consiglio Ue si basa sulla valutazione della Commissione europea secondo cui le modifiche al PNRR italiano sono giustificate e non influiscono sulla pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza del Piano. Il finanziamento totale stimato del PNRR modificato rimane invariato, pari a 191,5 miliardi di euro, di cui 68,8 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti.

Si tratta di un risultato molto importante che premia il lavoro svolto in questi mesi e che accogliamo con grande soddisfazione“, ha dichiarato in una nota da Bruxelles il Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto.

La quarta rata modificata

Le modifiche, spiega la nota, interessano 10 dei 27 obiettivi originariamente associati alla quarta rata del PNRR. A cui si è aggiunto un ulteriore traguardo relativo al potenziamento dell’offerta di alloggi per gli studenti universitari. Secondo la nota, “le rimodulazioni degli obiettivi connessi alla quarta richiesta di pagamento migliorano la definizione delle misure previste dal Piano, rendendole più coerenti sia con le finalità del PNRR che con il mutato contesto internazionale“.

Gli investimenti che hanno trovato, grazie alla revisione, una più equilibrata definizione programmatica – continua la nota – vanno dalla cultura alle politiche per l’aerospazio, dagli asili nido alla transizione ecologica nei settori dell’edilizia, del trasporto stradale e del trasporto ferroviario. Dalle sperimentazioni per l’idrogeno nella mobilità ferroviaria e nei settori altamente inquinanti, al sostegno alle imprese femminili e alla lotta contro la povertà educativa“.

Questo risultato positivo è frutto di un’intensa e proficua collaborazione tra il Governo e la Commissione europea” ha dichiarato ancora il Ministro Fitto. “Consentirà all’Italia di presentare la relativa richiesta di pagamento e di avviare la procedura per l’esborso dei 16,5 miliardi di euro previsti per la quarta rata del PNRR“.

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Lavoro irregolare (in nero): sanzioni previste

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Lavoro irregolare
Banconote - DirittoLavoro

Quando si parla di lavoro irregolare, o in nero, a rischiare sanzioni importanti non sono soltanto i datori ma anche il lavoratore stesso che accetta tali condizioni d’impiego.

Il lavoro irregolare (o in nero) è un tipo di pratica assolutamente vietata e in quanto tale prevede importanti sanzioni per le aziende o le diverse tipologie di datore di lavoro che non somministrato un contratto regolare al dipendente. I rischi in fatto di sanzioni, oltre all’evidente assenza di tutela, sono però anche per il lavoratore che si sottopone a tale condizione.

Cosa rischiano i datori di lavoro irregolare

Il lavoro irregolare si caratterizza per essere privo di un regolare contratto e una successiva fattura. In questo modo l’azienda (ed ogni datore in generale) non deve versare né tasse, né contributi. Tuttavia, essendo la parte più debole, a farne le spese è proprio il dipendete che, privo di un contratto, non ha copertura assicurativa e nessun tipo di tutela, anche nel caso di licenziamento. Le sanzioni per il datore di lavoro che assume lavoratori in nero sono indicate del Decreto Semplificazioni (d.lgs. 151/2015) attuativo del Jobs Act.

Il decreto legislativo prevede importi per fasce, proporzionati a tutta la durata della violazione. Un datore di lavoro che impiega personale in maniera irregolare rischia sanzioni per ogni lavoratore occupato in nero. L’importo, nello specifico, è calcolato in base ai giorni effettivi di lavoro di ciascun lavoratore. Come si apprende dalla Legge Bilancio, nel dettaglio il datore rischia da 1.800€ a 10.800€ per ogni lavoratore irregolare fino a 30 giorni di impiego effettivo. Da 3.600€ a 24.600€ per ogni lavoratore irregolare con impiego effettivo compreso tra 31 e 60 giorni. Da 7.200€ a 43.200€ per ogni lavoratore irregolare con impiego effettivo superiore a 60 giorni.

Per quanto riguarda i lavoratori extracomunitari, senza permesso di soggiorno e impiegati irregolarmente, si può ricorrere anche in sanzioni, non solo pecuniarie, ma anche penali. Tuttavia, se il datore di lavoro si serve della diffida obbligatoria può ridurre le sanzioni previste. In questo caso il lavoratore deve essere regolarizzato entro 120 giorni con un contratto indeterminato o determinato (non inferiore a tre mesi).

Cosa rischia il dipendente

Come anticipato i rischi derivanti dal lavoro irregolare sono anche per i dipendenti. In alcuni casi, infatti, anche il lavoratore può essere sottoposto a sanzioni. Innanzitutto, quando scoperto è segnalato subito alla Procura della Repubblica e le sanzioni variano rispetto al fatto che il dipendente in nero percepisca o meno la disoccupazione. In sostanza se l’impiegato in nero ha presentato all’INPS, o ad un centro per l’impiego, lo status di disoccupato (ma non percepisce alcuna indennità) commette il reato di Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Per questa è prevista una reclusione fino a 2 anni.

Invece, per il lavoratore in nero che percepisce l’indennità di disoccupazione, oppure beneficia di bonus e ammortizzatori sociali per il suo status da disoccupato, è prevista una contestazione per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Anche in questo caso si va sul penale e la reclusione va dai 6 mesi ai 4 anni. Se, tuttavia la somma percepita è inferiore a 4mila euro si applica una sanzione amministrativa che va dai 5.164 ai 25.822 euro. A questo si aggiunge, ovviamente, l’obbligo a dover restituire quanto percepito indebitamente.

Denunciare

Il lavoro in nero è una violazione della legge e in quanto tale può essere denunciato. I fatti irregolari possono essere denunciati innanzitutto all’Ispettorato del Lavoro. Riportare i dati relativi alle attività e alla mansioni svolte. La denuncia non può essere anonima e occorre riportare l’indirizzo della ditta, il giorno di inizio del lavoro, gli orari di lavoro e la retribuzione percepita. Infine, si devono procurare prove ed eventuali testimoni.

In alternativa è possibile rivolgersi anche all’ufficio vertenze e legale di un sindacato per ottenere la consulenza delle associazioni di categoria. Infine, per denunciare il lavoro in nero si può sporgere denuncia presso la Guardia di Finanza. In conclusione, è bene precisare che, seppur non si può svolgere una denuncia in anonimo in quanto sono previste raccolte dati, l’identità del denunciante non sarà rivelata all’azienda.

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Supporto per la Formazione e il Lavoro: le prime istruzioni dell’INPS su requisiti e modalità di accesso

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Supporto per la Formazione e il Lavoro
Supporto per la Formazione e il Lavoro, misura istituita a partire dal 1° settembre 2023: le prima indicazioni dell'INPS - Diritto-lavoro.com Foto crediti: Pinterest

L’INPS, con la Circolare 29 agosto 2023, n. 77, ha presentato le prime linee guida relative alle procedure di accesso e utilizzo del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), strumento introdotto con D.L. n. 48/2023 a partire dal 1° settembre 2023 e poi convertito con modificazioni dalla legge 3 luglio 2023, n. 85 “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”.

Il beneficio sopraccitato è concepito per promuovere l’integrazione nel mondo del lavoro di individui a rischio di emarginazione sociale e lavorativa. Tale obiettivo verrà realizzato attraverso la partecipazione a vari tipi di iniziative, tra cui programmi di formazione, percorsi di acquisizione e miglioramento delle competenze professionali, servizi di orientamento e supporto all’inserimento lavorativo. La Misura del Supporto per la Formazione e il Lavoro, inoltre, comprende anche il servizio civile universale e progetti finalizzati a vantaggio delle collettività.

Requisiti di accesso al Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL)

Possono accedere a questa misura individui appartenenti a nuclei familiari con età compresa tra i 18 e 59 anni, il cui ISEE familiare in corso di validità non superi i 6000 euro annui. Nel dettaglio, il richiedente, al momento della presentazione della richiesta e per l’intera durata dell’assistenza, deve soddisfare uno dei seguenti requisiti alternativamente:

  • Essere cittadino italiano o familiare di un cittadino italiano titolare di diritto di soggiorno o di diritto di soggiorno permanente;
  • essere cittadino di altro Pese dell’Unione Europea o familiare di un cittadino dell’UE con diritto di soggiorno o diritto di soggiorno permanente;
  • possedere un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, se cittadino di Paesi terzi;
  • avere lo status di protezione internazionale o essere apolide con un permesso analogo.

Cosa deve dimostrare il richiedente?

Inoltre, il richiedente deve dimostrare una residenza in Italia da almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo ininterrotto.

Dal punto di vista finanziario, invece, al momento della richiesta e per tutto il periodo dell’assistenza deve soddisfare contemporaneamente i seguenti requisiti economici e patrimoniali:

  • l’ISEE familiare in corso di validità non deve superare i 6000 euro all’anno;
  • un valore del reddito familiare che non superi la soglia di 6000 euro all’anno, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza così come definita ai fini dell’ISEE:
  • il valore totale del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di residenza utilizzata per l’imposta municipale propria (IMU) non superiore a 150.000 euro, non deve superare i 30.000 euro;
  • Il valore del patrimonio mobiliare, come definito dall’ISEE (ad esempio, depositi bancari, conti correnti, ecc.), non deve superare i seguenti limiti: 6.000 euro per famiglie mononucleari, 8.000 euro per famiglie con due membri, 10.000 euro per famiglie con tre o più membri (con un incremento di 1.000 euro per ciascun minore successivo al secondo).

Questi massimali, poi, aumentano di 5000 euro per ogni componente della famiglia con disabilità e di 7500 euro per ogni componente con gravi disabilità o non autosufficienza, sempre secondo le definizioni dell’ISEE.

Infine, un ulteriore requisito per ottenere tale beneficio è il non essere soggetti a misure cautelari personali o di prevenzione, nonché l’assenza di sentenze definitive di condanna o misure adottate in base all’art. 444 e seguenti del codice di procedura penale, intervenute nei dieci anni precedenti la domanda.

Possibili situazioni di esclusione

Dalla misura sono esclusi i soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie, fatte salve le dimissioni per giusta causa, nei dodici mesi successivi alla data di dimissioni. La stessa regola si applica quando entrambe le parti (datore di lavoro e dipendente) sono d’accordo sulla risoluzione del contratto.

Inoltre, non può usufruire del Supporto per la Formazione e il Lavoro colui che sta già ricevendo il Reddito di cittadinanza o la Pensione di cittadinanza o qualsiasi altro aiuto pubblico che sostiene il reddito delle persone disoccupate.

Istruzioni per la presentazione della domanda

Il Supporto per la Formazione e il Lavoro è stato istituito a partire dal 1° settembre 2023.
Secondo le disposizioni contenute nell’art. 3 del Decreto Ministeriale n.108/2023, chi desidera beneficiare di questo supporto deve presentare una richiesta all’INPS utilizzando la modalità online. L’attivazione avviene tramite la piattaforma di inclusione sociale e lavorativa che si trova nel Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa. Questa piattaforma invia automaticamente i dati ai servizi competenti per l’impiego. Una volta presentata la domanda, il richiedente riceve informazioni sullo stato della sua richiesta tramite il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL) e può continuare con il processo di attivazione.

La richiesta può essere presentata direttamente sul sito web www.inps.it a partire dal 1° settembre 2023, utilizzando il sistema di autenticazione SPID di almeno Livello 2, la Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o la Carta d’Identità Elettronica (CIE) nella sezione dedicata al Supporto per la formazione e il lavoro. In alternativa, a partire dal 1° gennaio 2024, è possibile presentare la richiesta presso gli Istituti di patronato o presso i Centri di Assistenza fiscale (CAF).

Cosa fare dopo aver presentato domanda

Dopo aver presentato la domanda, il richiedente può accedere al portale del Sistema Informativo per l’inclusione sociale per precompilare il Patto di attivazione digitale (PAD), che diventa operativo solo se la richiesta viene approvata. A seguito della verifica positiva dei requisiti per accedere al supporto e dopo l’approvazione della richiesta, l’INPS informa il richiedente che deve accedere nuovamente al SIISL per compilare il proprio curriculum vitae e firmare il Patto di attivazione digitale.

Con la sottoscrizione del Patto di servizio personalizzato, il beneficiario si impegna a partecipare alle attività sopra menzionate compresa anche l’iscrizione a percorsi di istruzione degli adulti di primo livello o comunque funzionali all’adempimento dell’obbligo di istruzione. Questo impegno si protrae per l’intera durata di tali attività e in ogni caso per un massimo di dodici mensilità consecutive. In cambio il beneficiario riceve un profitto economico sotto forma di un’indennità di partecipazione alle attività di attivazione lavorativa, pari 350 euro al mese, per un massimo di dodici mesi senza possibilità di rinnovo.

Obblighi del beneficiario

Conformemente al Decreto Legislativo 15 aprile 2005, numero 76, chi richiede questo beneficio deve aver completato l’obbligo di istruzione e formazione o esserne esentato in base a quanto previsto dalla normativa vigente. La mancata iscrizione a programmi di istruzioni per adulti di primo livello comporta la negazione della concessione di tale beneficio. L’erogazione del pagamento, tuttavia, può decorre dall’inizio del percorso formativo fermo restando il limite di dodici mesi.

Chi riceve questo sostegno deve partecipare a programmi di formazione e di attivazione lavorativa stabiliti nel patto di servizio personalizzato. Deve, inoltre, confermare periodicamente, almeno ogni novanta giorni, ai servizi competenti la propria partecipazione a queste attività, come previso dall’art. 12, comma 8 del D.L. n. 48/2023. In mancanza di tale conferma l’INPS sospenderà il pagamento del beneficio. In caso di rifiuto ad un’offerta di lavoro senza giustificato motivo il soggetto intermediario che ha effettuato la proposta segnalerà l’evento al SIISL tramite la piattaforma SIU e l’INPS revocherà il beneficio.

Nel caso di accettazione di un’offerta di lavoro con una durata compresa tra uno e sei mesi. L’erogazione del beneficio viene sospeso durante la durata del rapporto di lavoro. Al termine del rapporto di lavoro, l’INPS riprende ad erogare il beneficio per il periodo rimanente. Il reddito guadagnato nel corso di tale rapporto di lavoro non viene incluso nel calcolo del reddito per mantenere il beneficio.

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