sabato, Gennaio 18, 2025
Home Blog Pagina 21

La protesta dei trattori, settimana di fuoco in Italia

0
Trattori protesta Orte autostrada
Un momento della protesta degli agricoltori a Orte (Viterbo). Foto Ansa/Massimiliano Vismara

La protesta degli agricoltori dilaga ormai anche in Italia. Un’onda partita dalla Germania e dalla Francia che sembra crescere giorno dopo giorno in vari paesi di tutta Europa. L’obiettivo della protesta è quello di contrastare una politica comunitaria troppo penalizzante, orientata come è al Green Deal.

Il Green Deal è il ‘Patto Verde’ con cui i 27 Stati membri dell’Unione europea hanno stabilito di far diventare la Ue il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. E per raggiungere questo traguardo hanno preso l’impegno di ridurre le emissioni inquinanti nell’aria di almeno il 55% entro il 2030 – cioè fra soli 6 anni – rispetto ai livelli del 1990. E mentre anche nel fine settimana appena trascorso decine di trattori hanno bloccato il traffico sulla A1 all’altezza dell’uscita di Orte nel Lazio, in entrambe le direzioni, nuovi grandi raduni sono previsti martedì prossimo 30 gennaio. Si svolgeranno in varie zone di Lombardia, Toscana e Sardegna organizzate dal movimento ‘Riscatto Agricolo‘.

Un altro momento topico della protesta sarà il presidio del 31 gennaio (mercoledì) a Verona, in occasione della inaugurazione di Fieragricola, la fiera di riferimento del settore. Coltivatori e allevatori italiani, ridotti allo stremo da costi di produzione esagerati e basse remunerazioni, faranno sentire la loro voce sfilando con i loro trattori per le strade e nelle piazze. “Non ci sentiamo rappresentati dalle organizzazioni agricole” ha affermato all’Adnkronos Giorgio Bissoli, contoterzista di Verona, portavoce di un movimento di base, che risponde allo slogan ‘Uniti si vince’. “Ci sono questioni che riguardano la politica europea ma molte le si devono affrontare anche a livello nazionale. Come il fatto di riconoscere un costo di produzione, fermo dal 2019“. Una protesta, dunque, che esula dalle appartenenze di ciascun agricoltore o allevatore alle associazioni di settore come Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri.

Protesta, le rivendicazioni degli agricoltori

Martedì scorso Remo Roncari, 52 anni, commerciante veneto di materie prime, ha partecipato a una manifestazione sempre a Verona nei pressi del mercato ortofrutticolo che si è svolta in maniera pacifica. Gli agricoltori si sono accampati nei pressi del mercato ortofrutticolo per due giorni, sono rimasti tutta la notte e sono andati via il pomeriggio del giorno seguente. “Siamo arrivati con 400 trattori, eravamo un migliaio, – riferisce raggiunto al telefono – se non avremo risposte andremo avanti ma non vogliamo fare blocchi stradali, noi chiediamo sempre le autorizzazioni. Nel mio gruppo whatsapp siamo circa 900 persone”. Si tratta infatti di gruppi di centinaia di contadini che interagiscono tra loro e si autoconvocano via social nelle varie province, da nord a sud.

Il mercato sta cambiando per via delle massicce importazioni di prodotti agricoli come il mais che fanno abbassare i prezzi delle nostre produzioni” ha spiegato ancora Roncari. “Tutto mentre non si sono abbassati i costi produttivi e gli agricoltori non ce la fanno – ha detto Roncari – e quello che ci fa anche innervosire è che il prezzo al consumo non si è abbassato”. Anche le tasse, dall’Imu all’Irpef, pesano sui redditi agricoli ed incombe la minaccia che possa sparire l’agevolazione sul carburante come è avvenuto per i colleghi francesi e tedeschi. Tra le varie rivendicazioni anche quella di contenere la fauna selvatica che provoca ingenti danni come, ad esempio, le nutrie in Emilia Romagna.

Advertisement

Compensi fringe benefit e stock option: indicazioni INPS su modalità e tempistiche

0
Fringe benefit stock option indicazioni INPS
Fringe benefit e stock option arrivano le indicazioni dell'INPS su modalità e tempistiche - diritto-lavoro.com Foto crediti: Pinterest

Con riferimento alle disposizioni vigenti in materia di dichiarazione dei redditi e sostituzione d’imposta, i datori di lavoro sono tenuti ad adempiere all’invio telematico dei dati relativi ai compensi per fringe benefit e stock option erogati nel corso del 2023 al personale cessato dal servizio, per i quali l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) svolge attività di sostituto d’imposta. Tale obbligo deve essere adempiuto entro il prossimo 21 febbraio.

A comunicarlo è lo stesso ente previdenziale tramite messaggio n. 32/2024 pubblicato lo scorso 4 gennaio sul suo sito ufficiale. Messaggio che fornisce dettagliate istruzioni sulle modalità e tempistiche per la corretta trasmissione dei dati richiesti. In ottemperanza a quanto stabilito dall’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), si sottolinea che, ai fini fiscali, fringe benefit e stock option, insieme ad altri compensi e vantaggi accessori erogati dal datore di lavoro, devono essere considerati redditi di lavoro dipendente, rifacendosi al c.d. principio di onnicomprensività.

Esenzione straordinaria per l’anno 2023 prevista dal decreto “Lavoro”

Per l’anno 2023, il decreto “Lavoro” ha eccezionalmente innalzato il limite di esenzione per beni e servizi erogati, portandolo da 258,23 euro a 3.000 euro. Tale disposizione si applica esclusivamente ai lavoratori con figli nelle condizioni stabilite dall’articolo 12, comma 2, del TUIR (le detrazioni spettano a condizione che le persone interessate possiedano un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a ventiquattro anni il limite di reddito complessivo è elevato a 4.000 euro). Dettagli aggiuntivi sono reperibili nella circolare n. 23/2023 dell’Agenzia delle Entrate.

Ruolo dell’INPS e principio di cassa allargato

Nel caso in cui importi o valori erogati a titolo di fringe benefit e stock option siano corrisposti a lavoratori che cessano dal servizio con diritto a pensione nel corso dell’anno fiscale di percezione, l’INPS è tenuto ad agire come sostituto d’imposta. Tale ruolo prevede l’applicazione del principio di cassa allargato, come indicato dall’articolo 51, comma 1, seconda parte del TUIR. In base a tale principio, se i suddetti importi sono erogati entro il 12 gennaio dell’anno fiscale successivo a quello di riferimento, essi devono essere considerati come rientranti nell’anno fiscale precedente (es. 2023 se erogati entro il 12 gennaio 2024).

In conclusione, in qualità di sostituto d’imposta, l’INPS deve effettuare il conguaglio fiscale entro il 28 febbraio dell’anno successivo. Ciò include la trasmissione telematica dei flussi delle Certificazioni Uniche all’Agenzia delle Entrate per la dichiarazione precompilata dei redditi dei contribuenti.

Scadenza adempimenti telematici per fringe benefit e stock option

Per quanto concerne la trasmissione tempestiva dei dati, al fine di agevolare l’Istituto previdenziale nell’espletamento puntuale degli obblighi previsti in qualità di sostituto d’imposta, i datori di lavoro coinvolti sono tenuti a inoltrare, esclusivamente mediante modalità telematica, entro il 21 febbraio 2024, le informazioni relative ai compensi erogati per fringe benefit e stock option al personale che ha cessato il servizio nel periodo d’imposta 2023.

I flussi informativi pervenuti oltre il termine indicato non saranno soggetti a conguaglio fiscale di fine anno. Tuttavia, saranno soggetti a correzioni nelle Certificazioni Uniche 2024. In tal caso, sarà esplicitamente comunicato al contribuente l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi.

Fringe benefit e stock option: istruzioni trasmissione telematica dei dati

Infine, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) specifica che per la trasmissione dei dati è necessario utilizzare l’applicazione denominata “Comunicazione Benefit Aziendali” reperibile sul sito ufficiale www.inps.it. Il percorso da seguire è il seguente: “Imprese e Liberi Professionisti” > “Accesso ai servizi per aziende e consulenti” > “Accedi all’area tematica”. All’interno di quest’ultima, è possibile scegliere tra le seguenti opzioni:

  • Acquisizione di una singola comunicazione
  • Gestione di una singola comunicazione acquisita in precedenza
  • Invio di un file predisposto in base a criteri predefiniti
  • Ricezione tramite download di software per predisporre e controllare il formato dei dati contenuti nei file che i datori di lavoro intendono inviare
  • Visualizzazione del manuale di istruzioni

 

Advertisement

Vivono in schiavitù 50 milioni di persone nel mondo

0
schiavitù moderna mondo
Migranti che vivono ad Atene nel corso di una protesta contro la schiavitù dei rifugiati. Foto Ansa/Epa Orestis Panagiotou

Mai come in questi Anni Venti si è parlato così spesso di diritti umani, eppure siamo lontani dal vedere una condizione senza la schiavitù per milioni di uomini e donne di molti paesi del mondo. Secondo l’International Labour Organization (ILO) e l’International Organization for Migration (IOM), a settembre 2022 erano quasi 50 milioni le persone ancora in condizioni di schiavitù nel nostro pianeta.

Naturalmente i tempi sono cambiati e bisogna intendersi su quale sia il significato da attribuire alla modern slavery. La schiavitù di oggi non è quella del passato. Si sostanzia nell’imposizione di forme di controllo, coercizione e sfruttamento di soggetti, spesso minori e bambini, per il tornaconto economico di qualcuno. Sia che si tratti di un soggetto fisico che di un’impresa. A finire in questa condizione di vera e propria schiavitù sono molto spesso i migranti.

Le forme della schiavitù moderna

Una delle più estreme forme di schiavitù moderna è il traffico di esseri umani. Persone che mafie e organizzazioni del crimine sradicano dai loro luoghi di origine per reclutarli e sfruttarli nella prostituzione, nella criminalità o tramite matrimoni forzati. Per non parlare poi del tema del prelievo di organi. Il lavoro forzato rappresenta una delle forme di schiavitù moderna numericamente più considerevoli. Secondo l’ILO, dei quasi 50 milioni di esseri umani in condizioni di schiavitù, 27,6 milioni sarebbero costretti al lavoro forzato. Di essi oltre 17 milioni sfruttati nel settore privato, oltre 6 milioni sfruttati sessualmente a fini commerciali. E quasi 4 milioni sottoposti a un lavoro imposto dalle autorità statali.

Di grande portata e impatto sociale vi è poi il lavoro minorile che da solo coinvolgerebbe nel mondo circa 200 milioni di minori. Bambini e ragazzi che non godono di alcun diritto, come quello a un’educazione adeguata. Non ultima, esiste tutt’oggi una forma di servitù domestica che può nascondere sfruttamento e abusi di soggetti particolarmente vulnerabili.

Le aree più coinvolte

La schiavitù moderna risulta maggiormente concentrata in alcuni paesi, specie quelli a basso reddito, di Africa, Sud America, Asia Centrale e Medio Oriente. In particolare, secondo il Global Slavery Index 2023 dell’organizzazione per i diritti umani Walk Free, la Corea del Nord è il Paese nel mondo a più elevato indice di schiavitù, pari a 104,6 persone ogni 1.000 abitanti. Al secondo posto l’Eritrea con 93 persone ogni 1.000 abitanti. Terza la Mauritania con 32 persone ogni 1.000 abitanti. Ma tra i primi 10 paesi di questa triste classifica si trovano anche Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi, Russia e Kuwait. Stati dove, seppur in misura piuttosto differente, i diritti umani sono ancora lontani da essere garantiti e difesi.

Schiavitù, i settori più a rischio

A livello di settori produttivi sono diversi quelli coinvolti dal rischio di mancato rispetto dei diritti dei lavoratori. A cominciare dal settore edile dove la domanda di personale è molto elevata e per questo non di rado si assiste allo sfruttamento di manodopera poco preparata e a basso costo. A rischio elevato sono anche i settori minerario e agroalimentare, le cui lunghe e complesse catene di fornitura tra produzione, lavorazione e confezionamento, sfruttano i lavoratori.

A tale proposito, secondo l’ILO, l’11% delle vittime mondiali di lavoro forzato che riduce in condizioni di schiavitù appartiene ai settori agricolo e della pesca. Infine, il settore finanziario, ancorché sia percepito come a basso rischio, risulta esposto a violazioni dei diritti umani sia dal punto di vista del rispetto dei lavoratori che della concessione del credito. In questo senso è bene ricordare che invece le istituzioni finanziarie possono avere un ruolo centrale nel contrasto alla schiavitù moderna in virtù della capacità di indirizzare il business globale, identificare flussi finanziari e promuovere investimenti sostenibili.

Advertisement

Agcom, le nuove regole per gli influencer

0
decalogo regole influencer italia agcom
Foto Ansa

Dall’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, arrivano le linee guida sugli influencer. Sono state pubblicate online le disposizioni approvate il 10 gennaio all’unanimità. Esse obbligano i content creator al rispetto del Testo unico sui servizi di media audiovisivi, in particolare delle norme su trasparenza e correttezza dell’informazione, tutela dei minori e diritti della persona, trasparenza in materia di comunicazioni commerciali e product placement.

Sono soggetti alle nuove regole gli influencer con almeno un milione di follower e un valore di engagement rate medio pari o superiore al 2%. Le linee guida includono il divieto di violenza, odio, discriminazione e richiedono una corretta rappresentazione dell’immagine della donna. Altri paletti che l’Agcom ha fissato sono il divieto alla vittimizzazione secondaria e la lesione della dignità umana. Ma anche il divieto di apologia o di istigazione ai reati; il rispetto per i minori e il divieto di pubblicare contenuti che possano danneggiarne lo sviluppo fisico, psichico e morale.

Influencer? Un mestiere che porta soldi

Gli influencer, sostiene l’Agcom, svolgono “un’attività economica“. E hanno la “responsabilità editoriale sui contenuti, la quale include il controllo effettivo sulla creazione, sulla selezione o sulla organizzazione dei contenuti“. Inoltre forniscono un servizio che “ha un impatto rilevante su una porzione significativa di pubblico” e “un legame stabile ed effettivo con l’economia italiana“.

I content creator devono evitare il ricorso a tecniche subliminali, sia nei contenuti informativi o di intrattenimento sia commerciali. Devono inoltre rispettare le norme in tema di comunicazioni commerciali, televendite, sponsorizzazioni e inserimento di prodotti e il divieto di pubblicità occulta, nonché i relativi regolamenti dell’Agcom e dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, riportando una scritta che renda subito riconoscibile la natura pubblicitaria del contenuto.

Occorre che garantiscano “la presentazione veritiera dei fatti” verificando “la correttezza e l’obiettività delle informazioni anche attraverso la menzione delle fonti” al fine di contrastare la “disinformazione online. Gli influencer devono infine anche rispettare le norme in materia di diritto d’autore e della proprietà intellettuale.

Multe fino a 600mila euro

In caso di violazione delle regole, si applicano agli influencer le multe previste dal Testo unico. Da 10mila a 250mila euro per la trasparenza pubblicitaria, da 30mila a 600mila euro in materia di obblighi di tutela dei minori. Un apposito tavolo tecnico, al quale parteciperanno le associazioni di influencer, le piattaforme di condivisione di video, i social media, le agenzie di influencer marketing, definirà con uno o più codici di condotta le ulteriori misure e le modalità volte a garantire il rispetto delle norme.

Il codice dovrà anche prevedere sistemi di trasparenza e riconoscibilità degli influencer. In particolare, spiega l’Agcom, dovrà essere chiaramente individuabile il mittente o creatore del video e dovrà essere disponibile un dato di contatto. E gli influencer? Non staranno a guardare e faranno ciò che è in loro potere per tutelarsi. A fine 2022 è nata Assoinfluencer, con l’obiettivo di rappresentare e tutelare istanze e interessi di influencer e content creator. Un ‘esercito’ di 350mila persone solo in Italia. Il valore di mercato che le loro attività generano si attesta sui 280 milioni di euro, secondo alcune analisi. Un motivo in più per disciplinare questo settore sempre più importante.

Advertisement

Assegno di inclusione, dal 26 gennaio i primi accrediti INPS

0
assegno inclusione italia 2024
Foto X @MinLavoro

Il reddito di cittadinanza è ormai tramontato e col 2024 il Governo Meloni ha introdotto l’assegno di inclusione. In tanti hanno inviato da soli le domande per ottenere il beneficio, direttamente al sito www.inps.it, già dal 18 dicembre scorso. Ma è possibile farlo anche attraverso i Caf (i Centri di assistenza fiscale), a cominciare da lunedì 8 gennaio.

E lo stesso Inps ha comunicato che “dal 26 gennaio ci saranno i primi accrediti” relativi alle domande “presentate dal 18 dicembre al 7 gennaio e comunque entro il mese di gennaio 2024“. Tuttavia si tratta di domande che si devono attuare col Patto di Attivazione Digitale (Pad) sottoscritto. Per rendere più comprensibile il percorso di accesso all’assegno di inclusione, il ministero del Lavoro ha pubblicato una guida per i beneficiari e arriverà subito anche una campagna informativa.

Assegno, chi sono i più protetti

Con l’Adi (Assegno di inclusione), il decreto Lavoro mette in protezione “i nuclei familiari che abbiano al loro interno almeno una persona minorenne, con più di 60 anni, con disabilità o seguita dai servizi socio sanitari perché in condizione di grave svantaggio“. Lo Stato, cioè, riconosce l’assegno ai nuclei familiari che abbiano almeno un componente in una delle seguenti condizioni: disabilità; minorenne; con almeno 60 anni di età. Oppure in condizione di svantaggio (grave disagio bio-psico-sociale) e inserito in un programma di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.

Si prevede inoltre che il nucleo familiare del richiedente l’assegno debba essere in possesso congiuntamente di un Isee in corso di validità di valore non superiore a 9.360 euro. Oppure un valore del reddito familiare inferiore a una soglia di 6.000 euro annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza Adi. Questo parametro è pari a 1 per il nucleo familiare ed è incrementato fino a un massimo complessivo di 2,2 ulteriormente elevato a 2,3 in presenza di componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza.

Imu e patrimonio del richiedente

Se il nucleo familiare è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza la soglia di reddito familiare è fissata in euro 7.560 annui. Moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza Adi. Per percepire l’assegno il patrimonio immobiliare deve avere ai fini Imu un valore non superiore a 30.000 euro. Tale importo andrà calcolato decurtando dal patrimonio immobiliare complessivo il valore, ai fini Imu, della casa di abitazione.

L’importo massimo detraibile per la casa di abitazione è pari a 150.000 mila euro. Il valore del patrimonio mobiliare non deve invece essere superiore a 6.000 euro, accresciuto di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo. Fino a un massimo di 10.000 euro, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni minorenne successivo al secondo.

Questi massimali sono ulteriormente incrementati di 5.000 euro per ogni componente in condizione di disabilità. E di 7.500 euro per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza presente nel nucleo familiari di chi ha richiesto l’assegno. Tutti i dettagli della misura dell’assegno di inclusione sono disponibili sul sito lavoro.gov.it nella sezione Nuove misure di inclusione e accesso al lavoro. A disposizione degli interessati c’ è inoltre l’Ufficio relazioni con il pubblico online del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali all’indirizzo www.urponline.lavoro.gov.it.

Advertisement

Ex Ilva di Taranto a rischio caos, cosa fa il Governo per salvarla

0
corteo ilva taranto
Foto Ansa/Angelo Ingenito

Sull’ex Ilva di Taranto “non possiamo perdere tempo, perché la situazione è davvero grave”. Così, a Matera, a margine di una visita nello stabilimento della Mermec (ex Ferrosud), il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha risposto a una domanda dei giornalisti, il 20 gennaio. “Lo Stato – aveva assicurato Urso nei giorni scorsi – è impegnato a salvare la siderurgia italiana e quindi a salvare il polo siderurgico di Taranto”.

Ma cosa farà ora l’esecutivo? Palazzo Chigi progettano l’amministrazione straordinaria dell’azienda e della fabbrica; un prestito ponte da 320 milioni; la ricerca di nuovi soci privati. Dopo la rottura delle trattative con Arcelor Mittal – il colosso indiano delle acciaierie che possiede il 62% dell’ex llva  – il Governo scopre le carte. “I rappresentanti dell’esecutivo hanno informato che la fase di amministrazione straordinaria sarà temporanea. E che il Governo è alla ricerca dei migliori partner privati con l’obiettivo di salvaguardare la continuità produttiva, tutelare l’occupazione e garantire la sicurezza dei lavoratori”. Così una nota di Palazzo Chigi dopo il tavolo tra il l’esecutivo e le organizzazioni sindacali lo scorso 18 gennaio.

Ex Ilva, cosa succederà

Intanto il Consiglio di Stato ha sospeso l’ordinanza del Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Lombardia sull’interruzione della fornitura di gas ad Acciaierie d’Italia (questo il nome dell’ex Ilva, partecipata da Mittal e da Invitalia) da parte della Snam. Viene meno la possibilità per Snam di interrompere le forniture. Il 15 gennaio il Tar della Lombardia aveva respinto il ricorso di Acciaierie d’Italia che chiedeva di prolungare la sospensione della decisione di Snam Rete di interrompere la fornitura di gas alla società, a causa del mancato pagamento delle bollette. “Non si può continuare a far gravare sulla fiscalità generale che sostiene la spesa per il servizio di default trasporto (come rilevato da Arera), parte dei costi indispensabili per lo svolgimento dell’attività di impresa della ricorrente” avevano scritto i giudici del Tar.

Prestito ponte per 320 milioni di euro

Per quanto riguarda l’ex Ilva, Palazzo Chigi fa sapere, inoltre, che “Acciaierie d’Italia il 15 gennaio, nonostante le trattative in corso, ha presentato istanza presso la Camera di commercio di Milano per la composizione negoziata“. E che “Invitalia, ha inviato una lettera ad Acciaierie d’Italia holding e Acciaierie d’Italia per chiedere la verifica dei presupposti per avviare le procedure per l’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva“. Il Governo spiega che “qualora si voglia avviare la procedura di amministrazione straordinaria, sarà garantita la liquidità corrente con un prestito ponte a condizioni di mercato per 320 milioni di euro“.

Al tavolo di confronto tra il Governo e le confederazioni sindacali sull’ex Ilva di Taranto per l’esecutivo sono stati presenti il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto (in videocollegamento). Assieme a loro il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (in videocollegamento) e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Per i sindacati presenti i rappresentanti di Fiom Cgil Michele De Palma, Fim-Cisl Roberto Benaglia, Uilm-Uil Rocco Palombella, Ugl metalmeccanici Giovanni Antonio Spera e Usb Sasha Colautti (in videocollegamento) e Francesco Rizzo.

Fonti sindacali riportando quanto spiegato loro al tavolo con l’esecutivo Governo hanno detto che l’esecutivo utilizzerà i 320 milioni previsti in precedenza per l’aumento di capitale in Acciaierie d’Italia. La liquidità dell’amministrazione straordinaria – spiegano le stesse fonti – sarà garantita con prestiti di durata quinquennale. I 320 milioni non saranno sufficienti nel lungo periodo ma ora sono importanti per la continuità produttiva. L’amministrazione straordinaria tenderà a trovare nuovi soci privati interessati ad investire.

Advertisement

Bonus assunzioni decontribuzione Sud: cos’è e cosa succede nel 2024

0
Bonus
Bonus - DirittoLavoro

La Commissione Europea ha approvato la proroga al Bonus assunzioni decontribuzione Sud che sarà esteso al 30 giungo 2024. A renderlo noto un comunicato stampa ufficiale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. 

Il Bonus decontribuzione Sud si presenta come un’agevolazione introdotta dalla legge n. 178 del 2020 (Legge di Bilancio 2021) e si configura come Aiuto di Stato. Tuttavia, per essere resa effettiva necessita dell’autorizzazione della Commissione Europea, nonostante si tratti di una misura prevista fino al 2029. Tale agevolazione prevede un esonero contributivo, massimo del 30%, sulle assunzioni per i datori di lavoro privati che si trovano nel Mezzogiorno d’Italia.

Come nasce la misura

Il Bonus decontribuzione Sud è stato introdotto per contenere gli effetti sull’occupazione scaturiti dall’emergenza Coronavirus. Una misura che, all’epoca, è nata per sostenere soprattutto le Regioni con situazioni più critiche di disagio socio-economico. La legge di bilancio 2021 (articolo 1, comma 161 Legge 178/2020) ha poi esteso questo esonero sino al 31 dicembre 2029, con la previsione però di una diversa modulazione dell’intensità della misura. Nel dettaglio, la percentuale di sgravio è del 30% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, esclusi premi e contributi dovuti all’INAIL, sino al 31 dicembre 2025. Passa al 20% per gli anni 2026 e 2027 e al 10% per gli anni 2028 e 2029.

L’agevolazione prevista dal Bonus decontribuzione Sud non prevede un tetto massimo ed è cumulabile con altri bonus, esoneri o sgravi previsti dalla normativa vigente. Salvo che non sia previsto un divieto di cumulo dalle altre misure. Come preme sottolineare, questa agevolazione si intende applicare per il lungo periodo, al fine di accorciare il possibile divario territoriale.

Il Bonus decontribuzione Sud nel 2024

Il Bonus decontribuzione Sud riguarda i contratti di lavoro dipendente in corso e si applica nel periodo dal 1° gennaio 2023 al 1° dicembre 2023. Come accennato, con l’approvazione della Commissione Europea, l’agevolazione si proroga fino al 30 giugno 2024 con le stesse misure previste per il 2023. Le Regioni interessate restano quelle in cui hanno sede le aziende che nel 2018 presentavano un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75% della media EU27 e compreso tra il 75% e il 90% e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale. Accedono al Bonus, dunque, i datori di lavoro che hanno lavoratori in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna. A prescindere dalla loro collocazione, invece, sono esclusi i datori di lavoro nel settore agricolo e i rapporti di lavoro domestico.

La Legge di Bilancio 2021 prevede, inoltre, che la misura non si applichi agli enti pubblici economici, così come agli IACP trasformati in enti pubblici economici. Non usufruiscono del Bonus decontribuzione Sud neanche gli enti trasformati in società di capitali o a capitale interamente pubblico, per effetto di procedimenti di privatizzazione. Escluse anche le ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato e iscritte nel registro delle persone giuridiche. Infine, non possono usufruire della misura nemmeno le aziende speciali costituite anche in consorzio, i consorzi di bonifica, i consorzi industriali, gli enti ecclesiastici e gli enti morali. Come chiarisce il Messaggio n. 170 del 15 gennaio 2021, l’INPS spiega anche che la Decontribuzione Sud si applica in ordine alla tredicesima mensilità. Questo, però, solo se l’erogazione della mensilità aggiuntiva si verifichi nell’anno in corso.

Advertisement

Carta Acquisti 2024: cos’è e come ottenerla

0
Carta acquisti
Manifesto Carta Acquisti @Crediti Ansa - DirittoLavoro

Tra le misure di agevolazione introdotte dal Governo anche la Carta Acquisti, nata con lo scopo di supportore nelle spese i cittadini appartenenti a determinate fasce di reddito. Di seguito proviamo a fare chiarezza sulla misura e sulle procedure per ottenere il bonus. 

La Carta Acquisti si configura come un supporto economico istituito con decreto legge n. 112 del 2008. È destinata ai cittadini con età pari o superiore a 65 anni e ai genitori con bambini di età inferiore ai 3 anni. Nel dettaglio, prevede un contributo per spese alimentari, sanitarie e anche per bollette di luce e gas. La Card, nel 2024, ha un valore pari a 40 euro mensili, ma per ottenerla è necessario rispondere ad alcuni requisiti previa domanda.

I beneficiari della Carta Acquisti

Nata principalmente con lo scopo di sostenere le fasce deboli della popolazione, la Carta Acquisti è destinata ai residenti con cittadinanza italiana. Dopo comprovati disagi economici, il supporto fornito dal bonus serve per l’acquisto di beni e servizi di prima necessita e l’onere è a carico dello Stato. Funzionante come una qualsiasi altra carta di pagamento elettronico, la Card è, in questo caso, ricaricata periodicamente (bimestralmente) dallo Stato. Per quanto riguarda l’anno in corso, inoltre, è bene precisare che a partire dal 1° gennaio 2024 sono stati resi disponibili e scaricabili, dal sito ufficiale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, i moduli per fare domanda del bonus.

Per poter ottenere la Carta Acquisti è necessario non superare il limite ISEE che varia periodicamente, tenendo conto del tasso d’inflazione acclarato dall’Istat. Nel dettaglio, come accennato, i beneficiari sono i cittadini dai 65 anni d’età in possesso di un ISEE al di sotto di 7.640,18 euro annui. Per gli over 65, inoltre, è necessario essere iscritti regolarmente all’Anagrafe comunale e aver conseguito i trattamenti pensionistici o assistenziali che, sommati ai relativi redditi propri, sono di ammontare al di sotto di 7.640,18 euro all’anno. Sale il limite a 10.186,91 euro all’anno per i cittadini di età uguale o maggiore di 70 anni.

Beneficiari, sempre come accennato, anche i genitori con figli di età inferiore ai 3 anni. In questo caso il genitore deve avere un ISEE, in corso di validità, al di sotto della soglia di 7.640,18 euro annui e regolare iscrizione nell’Anagrafe comunale. A questi requisiti si aggiunge anche la titolarità di un patrimonio mobiliare non maggiore di 15mila euro oppure, se detenuto all’estero e non già indicato nella dichiarazione ISEE, non maggiore alla medesima soglia.

Come effettuare la richiesta (anche per i cittadini stranieri)

Per richiedere la Carta Acquisti è sufficiente, dopo aver verificato la corrispondenza dei requisiti, scaricare i moduli sul sito del MEF o ritirarli direttamente in ufficio postale. Le domande andranno consegnate poi presso gli uffici postali. Da chiarire il fatto in merito al quale chi ha effettuato domanda negli anni passati non è tenuto a ripetere la richiesta. Il contributo, infatti, si conserva in automatico e sarà erogato anche per gli anni successivi, sempre a patto di essere inclusi nei requisiti.

Altra informazione importante è relativa al fatto che, con decreto interministeriale del Ministero del Lavoro e del Ministero dell’Economia e Finanza, la Carta Acquisti è stata estesa anche ai cittadini stranieri. Nel dettaglio, in questo caso, possono esserne beneficiari i cittadini residenti in Stati membri dell’Unione Europea. Ovvero, familiari di cittadini italiani o di Stati membri dell’Unione Europea non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. E a questi si aggiungono anche i cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell’art. 1, comma 216, della legge del 27 dicembre 2013, numero 147.

Advertisement

Concorso 2024 Ministero degli Esteri: quando scade e requisiti

0
Concorso Ministero degli Esteri
Sale Ministero degli Esteri @Crediti Ansa - DirittoLavoro

Il 2024 si apre anche con il bando di Concorso del Ministero degli Esteri attraverso il quale sarà possibile accedere a 381 posti pubblici aperti anche ai diplomati. Osserviamo tutti i dettagli e i requisiti per poter partecipare.

Aperte 381 posizioni pubbliche grazie al Concorso indetto dal Ministero degli Esteri. Il bando scade il 26 gennaio 2024, ma per potervi accedere è necessario rispondere a determinati requisiti di cui possono essere in possesso anche i diplomati. Il Concorso del Ministero degli Esteri (MAECI) attiene a due distinte selezioni per un totale di 381 unità di personale non dirigenziale, a tempo pieno e indeterminato. In particolare la distribuzione dei posti disponibili si suddivide in 281 occupazioni per assistenti amministrativi, contabili e consolari e 100 posti per assistenti informatici, telecomunicazione e cifra.

I requisiti indispensabili

Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha affidato la gestione della procedura del Concorso alla Commissione Interministeriale Ripam, che si avvarrà di Formez PA. I requisiti per poter accedere alla selezione sono previsti dalla legge e sono necessari per effettuare la domanda. Nel dettaglio i requisiti richiesti sono: cittadinanza italiana, compimento dei 18 anni, pieno godimento dei diritti civili e politici, non esclusione dall’elettorato politico attivo, idoneità fisica alle mansioni alle quali il singolo codice di concorso si ricollega. I candidati, inoltre, non dovranno avere situazioni di incompatibilità con lo svolgimento delle mansioni di assistente presso il Ministero degli Esteri.

Per quanto riguarda, invece, il titolo di studio è necessario essere in possesso almeno di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado di durata quinquennale, ottenuto presso un istituto statale, paritario o riconosciuto legalmente. Dopo aver risposto a tutti i requisiti, si potrà accedere alle prove per il Concorso del Ministero degli Esteri. Quest’ultime saranno divise in diversi momenti.

Le prove per il Concorso del Ministero degli Esteri

La prima parte comprende una prova scritta e nel dettaglio le domande a risposta multipla (40 in un’ora) verteranno, principalmente, sugli argomenti legati ai ruoli che si andranno a rivestire. Previste anche domande di logica, inglese e problem solving. Le prove scritte potranno essere effettuate anche da remoto. La seconda parte della selezione riguarda poi la prova orale. A quest’ultima potranno accedere solo i candidati che avranno superato la prova scritta. L’orale consisterà in un colloquio con la commissione del concorso Ministero degli Esteri 2024. La prova orale verterà sui temi della prova scritta e altre materie specifiche. Ad esempio, per la selezione assistenti informatici si dovranno studiare materie quali diritto pubblico, ordinamento del Ministero degli Affari Esteri, geografia, lingua inglese e una seconda lingua a scelta.

Il punteggio per superare le prove sarà (sia per quella scritta che per quella orale) di 21/30. A queste prove si aggiunge un ulteriore prova orale facoltativa a cui potranno accedere coloro i quali possiedono una conoscenza particolarmente approfondita in una (o più) lingua straniera. In questo caso la prova si terrà in lingua sui temi di attualità internazionale e permetterà di ottenere 7 punti aggiuntivi al risultato finale. Infine, ultimo passaggio imprescindibile sarà la valutazione dei titoli di studi dei vincitori e di eventuali esperienze professionali.

Advertisement

Deinfluencer, cresce sui social il fenomeno degli “alternativi” al consumismo

0
deinfluencer cosa fanno consumo scelte di acquisto
La deinfluencer Andrea Cheong. Foto Instagram andreacheong_

Questo nuovo anno 2024 potrebbe segnare un punto di svolta per il fenomeno degli influencer e del loro potere di condizionamento sulle scelte dei cittadini consumatori. Sia in Italia che all’estero. Mentre nel nostro Paese assistiamo alla ‘caduta degli dei’, per così dire (basti pensare a Chiara Ferragni sotto inchiesta a Milano per truffa aggravata sul caso del pandoro Balocco), in America aumentano i deinfluencer.  

Se il modello è in fondo lo stesso, quello cioè di influenzare come opinion maker scelte e gusti dei follower al fine di orientare più persone possibile verso i propri obiettivi, i deinfluencer sono l’altra faccia della medaglia degli influencer. Invece che cavalcare i trend, sfidano le tendenze del momento per promuovere un consumo più sostenibile ed etico.

Il deinfluencer non sponsorizza prodotti. Li critica. E si interroga sull’impatto che possono generare sui comportamenti d’acquisto dei consumatori. Quindi segnala ai propri follower questo o quel negozio, questo o quel marchio, o quella storia imprenditoriale che a suo giudizio merita il favore dei consumatori. In questo modo i deinfluencer arrivano ad avere centinaia di migliaia di seguaci online, spesso molto attenti e critici verso i loro stessi opinion leaders.

Il “lavoro” del deinfluencer

Oltreoceano tra i deinfluencer emergenti c’è Derek Guy, noto anche come “il ragazzo dell’abbigliamento maschile” su X. È uno scrittore e commentatore canadese, molto di moda nel suo paese. Come citato anche dall’agenzia di stampa statunitense Bloomberg, ha spiegato in una serie di 27 post la differenza tra un maglione di cashmere che costa 50 dollari e uno che potrebbe costarne fino a 5mila. Guy sottolinea ovviamente che fra i due capi esistono grandi differenze in termini di qualità: morbidezza, elasticità, lunghezza del filato, longevità. Ma ne analizza gli impatti sull’ambiente e sul benessere degli animali comparandoli con il fast fashion.

Derek Guy sembra incarnare a tutti gli effetti il fenomeno dei de-influencer che sui social dicono ai loro follower cosa non comprare. Rifiutano le tendenze del momento e il consumismo sfrenato. O le leggi imposte dal marketing di massa. Spesso cominciano i loro post e reel con la domanda con “Ne vale davvero la pena?“.

Verso un consumo meno acritico?

Un altro esempio è quello di Tanner Leatherstein, diventato virale su Instagram e TikTok. Questo deinfluencer ha usato le sue doti di artigiano e la sua conoscenza dei pellami per smontare borsette da migliaia di euro dichiarandone alla fine il reale valore. Nei video che pubblica usa taglierini, solventi, forbici e lime per distruggere e sezionare ogni singolo componente degli oggetti in questione, chiedendo ai consumatori se il prodotto vale davvero la cifra richiesta dal brand di lusso in oggetto.

Il fenomeno del deinfluencer non è nuovo, in realtà, nel mondo dei social. Tuttavia è emerso come tendenza in consolidamento appena un anno fa. Anche Andrea Cheong, deinfluencer con oltre 390.000 follower fra Instagram e TikTok mostra nei negozi come leggere le etichette. Per cuciture, fodere e materiali vari. Lo stesso Derek Guy tenta sui social di scoraggiare il consumismo sconsiderato. Chissà se anche in Italia alcuni consumatori non cominceranno presto ad avere una visione più critica e consapevole in fatto di scelte.

Advertisement

I nostri SocialMedia

27,994FansMi piace
2,820FollowerSegui

Ultime notizie

Pensionati Italia 2024

Tre pensionati su 10 ricevono meno di 1000 euro al mese

0
Sono quasi 5 milioni (4,8 per l'esattezza) i pensionati italiani costretti a ricevere redditi da pensione inferiori a mille euro al mese. Quasi 3...