sabato, Luglio 27, 2024
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Manpower: “L’Intelligenza Artificiale cambierà l’80% delle professioni”

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Intelligenza Artificiale Italia mondo
Foto X @Lisahughes64714

Entro il 2030 l’intelligenza artificiale trasformerà l’80% delle professioni. La transizione green porterà, in parallelo, 30 milioni di posti di lavoro in più, con un conseguente gap di competenze in un contesto in cui generazioni diverse lavorano insieme con esigenze e obiettivi differenti.

Su queste tematiche e sulle sfide correlate nel mondo del lavoro si confronteranno i protagonisti della prima Annual Conference di ManpowerGroup Italia dal titolo “The Exchange – Disegniamo insieme il futuro del lavoro” in programma il 30 maggio presso il Superstudio Events di via Tortona 27 a Milano.

Il lavoro cambierà, ecco come

L’appuntamento indagherà le nuove tendenze che stanno rimodellando il lavoro, al fine di delineare i contorni delle organizzazioni del futuro. Il dibattito che alimenterà la giornata costituirà lo spunto per stilare il primo Manifesto sul futuro del lavoro al tempo dell’intelligenza artificiale, un progetto di co-creazione per comprendere gli impatti dell’IA sulle aziende del domani. “In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale è protagonista e si fanno strada nuovi paradigmi e modelli di lavoro, anche in relazione alle sfide per la sostenibilità, sentiamo l’urgenza di fornire strumenti utili a leggere le trasformazioni che stanno interessando le aziende“. Questo il commento di Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup Italia.

Il lavoro di dibattito che faremo nel corso della giornata – prosegue – e da cui nascerà il Manifesto rappresenta un invito a immaginare e disegnare insieme il futuro. Con questo appuntamento vogliamo raccogliere la sfida di plasmare collettivamente le prossime fasi di sviluppo del mondo del lavoro“. Imprenditori, manager, esperti e istituzioni discuteranno in diversi panel di tematiche varie. Quali lo sviluppo di un’IA etica e sostenibile, strategie per ridisegnare nuovi modelli organizzativi, economia circolare, geopolitica e generazioni di lavoratori a confronto.

Intelligenza artificiale e nuove competenze

Secondo Manpower da qui al 2030 aumenterà sempre più la domanda di professioni tecniche e ad alta qualifica. Non solamente legate all’informatica e alla tecnologia, ma anche alla cura e ai servizi legati alle persone, incluso l’orientamento, la formazione e l’inserimento socio-lavorativo.

D’altra parte, la domanda calerà per i gruppi professionali a qualifica più bassa. Così come per le professioni qualificate e quelle imprenditoriali collegate ai settori a bassa crescita. Ad esempio il settore primario e le industrie tradizionali. La nuova edizione dello Studio Predittivo “Il futuro delle competenze nell’era dell’Intelligenza Artificiale”, realizzato da EY, ManpowerGroup e Sanoma, deriva da tecniche di Intelligenza Artificiale e algoritmi di machine learning. Evidenzia come la domanda di lavoro in Italia sarà in crescita per i prossimi anni.

Lo scopo dello Studio è di costruire un modello predittivo della domanda di professioni e competenze in Italia da qui al 2030. Con l’obiettivo di fornire a decisori pubblici, aziende e operatori dell’istruzione e della formazione gli strumenti utili a mettere in campo i giusti investimenti. Bisogna prepararsi. Il mondo sta cambiando vorticosamente. Serve essere attenti e affrontare al meglio opportunità e rischi che si presenteranno entro la fine del decennio. Da quel momento in poi sarà ancora più rapido e in un certo senso naturale il cambiamento e l’adeguamento ai progressi dell’Intelligenza Artificiale.

 

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Aumento in busta paga: a chi spetta e come richiederlo

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Aumento busta paga
Concept salario @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Esistono circostanze per le quali un dipendete ha la possibilità di richiedere un aumento in busta paga. Ecco allora a chi spetta e quali procedure effettuare pe richiederlo.

Prima di scoprire in che modo poter richiedere un aumento in busta paga è importante conoscere quali solo le condizioni affinché tale incentivo possa essere richiesto. E tal proposito vale la pena evidenziare che i dipendenti aventi diritto a questa richiesta sono coloro i quali: usufruiscono di un’indennità e superminimi, svolgono mansioni superiori alle precedenti, passano dall’orario part-time all’orario full-time. Di seguito approfondiamo le diverse circostanze.

Aumento in busta paga: supermini e mansioni superiori

Prima di richiedere un aumento in busta paga è utile fare un’autovalutazione. Con essa s’intende l’analisi dei proprio successi e contribuiti all’azienda, così come le competenze acquisite. Nell’autovalutazione rientra poi anche il livello di anzianità. Dopo questa prima fase, il dipendete può richiedere un aumento in busta paga a seguito di una o più voci retributive aggiuntive a quelle minime previste dal contratto collettivo nazionale o territoriale. Il superminimo è da intendersi come un compenso pattuito. E nello specifico esso è di tipo individuale nell’ambito del contratto individuale e riconosciuto per particolari meriti o esperienze.

Nel contratto collettivo, invece, si riconosce in base a determinate categorie contrattuali. Altra condizione che dona la possibilità ad un dipendete di richiedere un aumento in busta paga è lo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle attribuite nel contratto di assunzione o nelle intese successivamente intercorse. Quando si parla di mansioni superiori si fa riferimento ad attività che richiedono un più alto contributo professionale e quindi un più alto livello di inquadramento. In questo caso, è bene ricordare che il datore di lavoro può assegnare mansioni superiori temporanea.

Da part-time a full-time: diritto di precedenza

Ad eccezione fatta per la sostituzione, temporanea, di un altro lavoratore assente, in tutti gli altri casi il tempo determinato per mansioni superiori non può superare i sei mesi. A scadenza di questi, il dipendente ha diritto al riconoscimento definitivo del trattamento economico corrispondente e quindi può richiedere l’aumento. Al diniego del datore di lavoro, il dipendete può ricorrere in giudizio. Altra condizione è il passaggio da part-time a full-time. La normativa, a tal proposito, riconosce il diritto di precedenza. Esso opera con riguardo a nuove assunzioni che il datore intende effettuare per mansioni di pari livello e categoria legale.

Ricevuta la richiesta di precedenza, il datore di lavoro è tenuto a dare priorità alla trasformazione a tempo pieno del dipendente piuttosto che ricorrere a nuove assunzioni. Anche in questo caso, il datore che non rispetta il diritto di precedenza può essere chiamato in giudizio. Fatte queste dovute precisazioni, è bene specificare che la richiesta d’aumento in busta paga va eseguita con documentazione opportuna e richieste che non sminuiscano sé stessi, ma che siano ben ponderate. Sono diverse, infatti, le circostanze in cui un’azienda potrebbe opporsi ad un aumento, ma è bene sapere che (nella maggior parte di esse) esistono normative pronte a tutelare il lavoratore e far sì che i suoi diritti siano sempre rispettati.

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L’Inps rischia il tracollo fra meno di 10 anni

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Inps conti in rosso il rischio c'è
Foto X @Radio1Rai

Nell’arco di pochi anni, meno di 10, il bilancio dell’Inps, l’Istituto di previdenza sociale che eroga le pensioni, potrebbe sprofondare. Sarebbero allora guai grossi per tutto il sistema dello Stato sociale che regge l’Italia. Invecchiamento della popolazione e calo demografico, ma anche carriere frammentate e discontinue, sono al tempo stesso cause ed effetti di redditi (e quindi di contributi) sostanzialmente bassi. E i flussi migratori non stanno compensando. 

Sono i fattori che in modo combinato peseranno sulle pensioni future. E che, appunto, potrebbero gettare i conti dell’Inps in un profondo rosso. La previsione è doppia e arriva da una parte dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Istituto, oltre che dallo stesso Inps, e dall’altra dall’Ocse. Secondo l’organizzazione internazionale l’Italia è maglia nera tra tutti i Paesi membri per la scarsissima fecondità registrata negli ultimi anni. Nel nostro Paese si registra uno dei tassi più bassi (insieme alla Spagna), con 1,2 figli per donna, superato in negativo solo dalla Corea che conta 0,7 figli per donna.

L’Inps e i dati sulla popolazione

Una tendenza rischiosa per il sistema di welfare state, riscontrata in tutti i Paesi ricchi del mondo, perché, avverte l’Ocse, “mette in pericolo la prosperità delle generazioni future“. A livello nazionale emerge peraltro, ancora una volta, la crescente longevità dei cittadini italiani. Nel 2050, ha spiegato il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, gli over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione e “questo determina la necessità di ripensare il sistema del welfare“, ha sottolineato, cogliendone l’opportunità occupazionale legata alla cosiddetta “silver economy“.

Un italiano su 3 in età da pensione

D’altra parte però, il fatto che più di un italiano su tre sarà tra pochi decenni in età pensionabile non potrà che avere un effetto sui conti pubblici. E su quelli dell’Inps stesso. La combinazione di longevità e bassa fecondità, che provocano la cosiddetta inversione nella piramide delle età, non riuscirà ad essere bilanciata dai flussi migratori.

Ma se al momento il bilancio dell’Inps resta fondamentalmente in equilibrio, i conti potrebbero presto peggiorare. Se nulla cambierà, la situazione patrimoniale girerà in passivo: da +23 miliardi nel 2023 a -45 miliardi nel 2032. Si tratta di una prospettiva drammatica che prelude, in teoria, a un generale impoverimento degli italiani. L’Inps si è affrettato a rassicurare che i dati non sono numeri inediti. Nessun allarme attuale, dunque. Lo scenario prospettato “potrebbe prendere forma solo in assenza di efficaci politiche di contrasto” hanno spiegato ancora dall’Istituto.

Che fare per evitare il peggio

In pratica occorrerebbe mettere in campo politiche che possano incidere sulla “crescita della massa salariale e reddituale e del conseguente gettito contributivo“. In Italia oggi i salari e gli stipendi dei lavoratori sono fra i peggiori d’Europa. Per non parlare del fatto che nel nostro Paese, fondatore dell’Unione europea e membro del G7, vige ancora il caporalato in agricoltura sia in certe zone del Sud che del Centro che del Nord.

Per evitare il tracollo dell’Inps bisogna quindi rafforzare le politiche del lavoro mirate a mettere in gioco “i bacini occupazionali ancora ampiamente sottoutilizzati“. Vale a dire le donne, i giovani, il Meridione. E occorre “un’attenta politica di gestione dei flussi migratori, che in questo contesto demografico posso rappresentare una risorsa importante“. Lo scorso anno la spesa pensionistica è stata pari a 304 miliardi, con un incremento rispetto all’anno precedente del +7,4%, incremento determinato sostanzialmente dalla rivalutazione delle pensioni a fronte dell’impennata inflazionistica.

 

 

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Ferie forzate: il datore di lavoro può imporle?

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Ferie forzate
Ferie @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Il periodo estivo si coniuga, spesso, alle vacanze. Nel merito delle ferie forzate, tuttavia, occorre fare alcune dovute precisazioni. 

Quando si parla di ferie forzate è logico chiedersi a chi spetta stabilire questo periodo di assenza dal lavoro. Non è raro, infatti, domandarsi se tale scelta spetti al dipendente o al datore. Ed è proprio a tal proposito che fare un po’ di chiarezza potrebbe giovare a tanti. Innanzitutto, è bene precisare che l’azienda, in caso di ragioni oggettive e apprezzabili, potrebbe stabilire le ferie forzate per i dipendenti. Questo però, in genere, si verifica quando non si adempie all’osservanza delle scadenze normative, oppure per evitare danni o situazioni di pericolo per cose o persone.

Quando subentrano le ferie forzate

Sebbene è il caso di specificare casi e situazioni, in generale, si può affermare che la decisione concernete le ferie (in giorni e ore) rientra tra i poteri organizzativi del datore di lavoro. Tuttavia, all’azienda spetta anche il dovere di prendere in considerazione le esigenze di ogni dipendete. In merito all’organizzazione delle ferie è bene distinguere tra ferie collettive e ferie individuali. Nel primo caso si fa riferimento al periodo che riguarda l’intera azienda, una sede, un’unità produttiva, un’unità operativa, un singolo reparto, un singolo ufficio o un singolo settore. Anche a fronte di quanto specificato, le ferie collettive si collocano tra Pasqua, Natale ed estate e si possono estendere per una o due settimane.

Le ferie individuali, invece, sono quelle concesse ad ogni singolo dipendete dopo specifica richiesta di quest’ultimo. Possono durare anche uno o due giorni e possono interessare qualsiasi periodo dell’anno. Tornando alle ferie collettive, esse coinvolgono un numero considerevole di dipendete e sono organizzate, di norma, dall’azienda in base ad un piano ferie. Quest’ultimo un documento attraverso il quale il dipendete può scegliere il proprio periodo di ferie. Completato il piano ferie, esso è esaminato dalla direzione aziendale e poi approvato con, eventuali, necessarie variazioni.

Quando il datore di lavoro è “costretto”

Nel caso delle ferie individuali, il dipendente può usufruire di un certo numero di giorni e/o ore in un arco di tempo determinato. Tale richiesta va inoltrata al datore di lavoro che valuterà se poterla accogliere o meno. Quando si parla di ferie forzate occorre specificare che essere fanno riferimento ad un periodo obbligatorio. Per garantire un certo benessere aziendale, tuttavia, il datore di lavoro dovrebbe mettere in pratica alcune accortezze come confrontarsi con le organizzazioni sindacali di categoria o comunicare al dipendente la motivazione che conduce al periodo di ferie ‘imposto’. Per quanto riguarda le motivazioni, di cui sopra accennato, esse dovrebbero fare riferimento a condizioni oggettive come, ad esempio, rispettare le scadenze di legge.

Analogamente un datore di lavoro può sottoporre un dipendete alle ferie forzate per evitare infortuni ed in questo caso si parla, ad esempio, di lavoratori che hanno accumulato troppe ore di straordinario in settimane o mesi (situazione che può generare stanchezza mentale e fisica). Ed infine, occorre precisare che esistono condizioni imprescindibili per le quali un datore di lavoro è costretto a somministrare le ferie forzate. In questo ultimo caso si elencano: la chiusura dell’azienda per ristrutturazioni o per lavori strutturali non procrastinabili; la chiusura definitiva dell’azienda ordinata dalle autorità pubbliche; eventi di forza maggiore.

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Auto elettriche, bonus colonnine domestiche: come funziona

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Auto elettriche
Colonnina di ricarica auto elettrica @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Dall’8 luglio 2024 al via le prenotazioni per i bonus colonnine domestiche (wallbox) adatti alle auto elettriche. A questo punto è utile scoprire a chi si indirizza l’incentivo e in che modalità è possibile fare domanda.

Aperta dalle ore 12.00 dell’8 luglio 2024 la piattaforma per inoltrare le istanze di richiesta del Bonus wallbox 2024. Si tratta dell’incentivo previsto per le spese sostenute dal 1° gennaio 2024 e relativo all’acquisto e alll’installazione di infrastrutture di ricarica adatte al funzionamento delle auto elettriche presso abitazioni private o condomini, così come stabilito dal decreto del 12 giugno. Tale iniziativa è promossa direttamente dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con una dotazione finanziaria da 20 milioni di euro, ed è il MIMIT stesso a porre alcuni chiarimenti in merito, grazie ad una serie di faq sul profilo ufficiale .

Dettagli sul bonus colonnine auto elettriche

Favorire l’utilizzo di auto elettriche e di colonnine di ricarica sposa l’obiettivo della transazione ecologica, ma allo stesso tempo rispetta le indicazioni delle UE. L’Italia, ad oggi, è il quinto paese in Europa per numero di installazioni di colonnine di ricarica per veicoli elettrici, così come indicato dalle informazioni dell’ultima analisi ACEA, l’Associazione Europea dei Costruttori di Automobili. Per quanto riguarda il bonus, si apprende che esso giungerà direttamente dal MIMIT. Non si tratterà, dunque, di una detrazione fiscale. L’incentivo è incluso nel DPCM di agosto per il settore automotive, il quale prevede lo stanziamento di fondi fino al 2030.

Il contributo riguarda gli acquisti e le installazioni effettuate dal mese di gennaio 2024 da persone fisiche residenti in Italia e da condomìni rappresentati dall’amministratore pro tempore o da un condomino delegato. Per ciò che concerne gli incentivi relativi all’installazione di colonnine domestiche per auto elettriche, il contributo corrisponde all’80% del prezzo di acquisto e posa in opera.

Come inviare la domanda

Importante specificare che per ciascuna situazione è comunque previsto un limite massimo di erogazione. Nello specifico, il limite massimo è fissato a 1.500 euro per ogni persona singola che presenta la domanda per l’incentivo. Il limite massimo arriva ad 8.000 euro se, invece, la richiesta arriva da parte di strutture condominiali. In questo ultimo caso, per quanto riguarda gli interventi condominiali, le regole del nuovo bonus colonnine elettriche o wallbox prevedono il raggiungimento di un quorum in assemblea, che equivale alla maggioranza degli intervenuti alla riunione e almeno un terzo del valore del caseggiato.

Per fare domanda del bonus per colonnine domestiche di ricarica dedicata alle auto elettriche, è necessario presentare richiesta in modalità telematica tramite un servizio predisposto sul portale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e gestito da Invitalia. Come per ogni procedura online ufficiale, per accedere all’istanza è necessario possedere SPID, CIE o CNS oltre ad una PEC per successive comunicazioni. Per agevolare le procedure, è importante evidenziare che al decreto direttoriale del 4 ottobre è allegato anche un facsimile di modulo di domanda in formato PDF, in cui sono riportati sia i dati del richiedente e della localizzazione della struttura di ricarica. Infine, occorre precisare che l’erogazione del bonus dovrebbe avvenire a partire da 90 giorni dall’ultima data disponibile per presentare domanda, fino ad esaurimento delle risorse.

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Nasce la Silvio Berlusconi Editore: il debutto con le lezioni di Tony Blair

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Berlusconi Blair libro casa editrice
Tony Blair e la moglie Cherie a Porto Cervo, in Sardegna, ospiti di Berlusconi nell'estate del 2004. Foto Ansa/Davide Caglio

A poco più di un anno dalla morte di Berlusconi nasce la Silvio Berlusconi Editore, nuova casa editrice all’interno del Gruppo Mondadori. L’obiettivo è concentrarsi sul pensiero liberale e democratico. La casa editrice debutterà sul mercato il 5 settembre 2024 con un saggio dell’ex premier laburista inglese Tony Blair sull’arte di governare. Un’uscita in contemporanea in tutto il mondo.

La Silvio Berlusconi Editore, spiega Marina Berlusconi, presidente del Gruppo Fininvest e della Arnoldo Mondadori Editore – avrà un obiettivo molto preciso: “Battersi per il concetto di libertà. E dare voce alle sue più varie declinazioni, mantenendosi però distante nel modo più assoluto da qualsiasi forma di militanza politica“. “Abbiamo deciso di dare a questa nuova casa editrice il nome di mio padre, Silvio Berlusconi, perché sulla libertà ha fondato i suoi progetti, le sue realizzazioni, la sua vita. Senza mai accettare compromessi” ha aggiunto la figlia primogenita del Cavaliere.

Cosa pubblicherà la Silvio Berlusconi

Tornare a parlare di libertà, oggi, è più importante che mai” insiste Marina Berlusconi. “La nostra società, quella occidentale, appare sempre più minacciata“. L’attività della Silvio  Berlusconi Editore si articolerà ogni anno su un numero limitato di titoli di letteratura e saggistica, autori italiani e stranieri, declinati in due collane. La prima, Biblioteca, raccoglierà libri classici, già riconosciuti oppure destinati a diventarlo, da tradurre per la prima volta o da ritradurre. Libera, la seconda collana, sarà dedicata ad autori contemporanei che si misurano con le questioni aperte dell’attualità.

Il primo titolo On Leadership. L’arte di governare dell’ex premier laburista britannico, Tony Blair, è una sintesi di lezioni sulla leadership in politica. In contemporanea escono anche due classici nella collana Biblioteca: Le Lettere inglesi di Voltaire scritte tra il 1727 e il 1728, durante la permanenza dell’autore in Inghilterra, tradotte per la prima volta dalla lingua in cui sono state quasi interamente scritte, e Il passato di un’illusione di François Furet, storico noto per gli studi sulla Rivoluzione francese e a lungo direttore dell’École des hautes études en sciences sociales a Parigi.

Pubblicato il dissidente anti Putin

In quest’ultima opera l’autore cerca di comprendere l’influenza che l’idea comunista ha esercitato per lungo tempo sugli intellettuali occidentali. Tra i titoli in uscita nel 2025, la prima traduzione al mondo de La fine del regime del filologo dell’antichità Alexander Baunov, libro divenuto bestseller in patria – la Russia – come simbolo della resistenza a Putin. Quindi il saggio I giorni contati di Ernesto Galli della Loggia che affronta senza fare sconti lo stato dell’arte della civiltà occidentale.

In arrivo poi nel 2025 per la Silvio Berlusconi Editore anche Ragazzi di carta velina di Walter Siti, curatore delle opere di Pier Paolo Pasolini e Premio Strega nel 2013. Ci saranno inoltre Le virtù borghesi, Dignità borghese e Eguaglianza borghese, i titoli della ‘trilogia della borghesia’ di Deirdre N. McCloskey. Dal 26 giugno 2024 è on line www.silvioberlusconieditore.it con le prime anticipazioni. Si potrà dunque rendersi conto meglio della portata delle ambizioni della neonata casa editrice, tutt’altro che gracile e informe, e al contrario bardata della potenza economico-finanziaria della Mondadori.

Certo, fa specie pensare che un gigante del libero pensiero occidentale, alfiere del principio di tolleranza, come il grande filosofo francese Voltaire, appaia pubblicato dalla Silvio Berlusconi Editore. Se si pensa che il Cavaliere, pur da convinzioni liberali, fu il fondatore del primo e unico partito-azienda d’Italia per governare il nostro Paese possibilmente come una grande unica fabbrica dal pensiero uniforme. E fa ancora più specie la pubblicazione di Baunov, simbolo della resistenza di molti russi a Putin, di cui Berlusconi si proclamò invece, fino all’ultimo, amico. Ma a volte la legge del contrappasso scatta anche nell’aldiquà. Non solo nell’Aldilà.

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Gruppo Campari, inchiesta per sospetta evasione da 1 miliardo

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Campari frode fisco italiano
Foto X @Reuters

La procura di Milano indaga su una presunta evasione fiscale da parte della società che possiede il gruppo Campari. L’ipotesi riguarderebbe un’omessa dichiarazione da circa un miliardo di euro su una base imponibile di 5 miliardi. A commettere il reato di evasione sarebbe stata la holding lussemburghese Lagfin che controlla la maggioranza del gruppo Campari.

Il fascicolo, in cui si ipotizza l’omessa dichiarazione dei redditi e l’omesso versamento delle imposte e con al centro una presuntastabile organizzazione occulta“, è coordinato dai pm Enrico Pavone e Bianca Baj Macario. A condurre le indagini è la Guardia di finanza in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate. Le indagini sono condotte dal nucleo di polizia economico-finanza della Gdf di Milano. Sono indagati due legali rappresentanti.

Campari, due indagati

La Gdf, da quanto si è saputo, ha trasmesso la settimana scorsa all’Agenzia delle Entrate gli esiti della verifica fiscale sul gruppo Campari, cominciata nel 2019. Gli esisti sono poi confluiti nel cosiddetto “processo verbale di constatazione“. I risultati sono stati trasmessi anche alla Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, che ha aperto un’inchiesta sulla presunta evasione fiscale che vede, al momento, due indagati, tra responsabili e legali rappresentanti della holding lussemburghese.

Nell’ipotesi accusatoria ci sarebbe stata una “stabile organizzazione” in Italia della holding lussemburghese del gruppo Campari che non versato le imposte per anni. Almeno dal 2018 al 2020, e per oltre un miliardo di euro. Ora i legali del gruppo avranno 60 giorni di tempo per presentare le loro controdeduzioni nell’ambito del procedimento amministrativo-tributario e poi scatteranno le contestazioni. Parallelamente al fronte tributario correrà il profilo penale che, ovviamente, come già avvenuto in tanti casi del genere, terrà conto, però, di un’eventuale transazione col Fisco.

Il problema della exit tax

Da quanto si è saputo, al centro della vicenda Campari, che è simile al caso Exor (la società pagò oltre 700 milioni di euro al fisco), ci sarebbe una questione di un mancato versamento della cosiddetta “exit tax“. Ossia la tassazione del trasferimento all’estero della residenza fiscale di soggetti che svolgono attività imprenditoriale.

Nel caso del gruppo Campari la “exit tax” era legata a un’operazione di fusione transfrontaliera tra Alicros, la precedente holding del gruppo fondato nel 1860, e Lagfin con sede in Lussemburgo. Quest’ultima controlla attualmente il 51,3% delle azioni e il 38,8% dei diritti di voto della olandese Davide Campari Milano NV. La Davide Campari ha ricevuto, tra l’altro, l’affiancamento della filiale italiana, con sede nel capoluogo lombardo, per mantenere una “stabile organizzazione” nel nostro Paese. In questo schema finanziario, la contestazione, su cui sono in corso gli accertamenti, alla fine è quella di non aver saldato i conti con il fisco.

Per quanto riguarda i conti economico-finanziari di Campari nel 2022 l‘utile netto è salito del 16,9% a 33 milioni. Su vendite per 2,69 miliardi, in rialzo del 24,2% su base annua. In Italia il fatturato è migliorato del 15,4%. Tutti dati molto lusinghieri che però impallidiscono a fronte dell’indagine della procura di Milano. Qualora si dovesse arrivare a processo e dovesse essere accertata in giudizio una chiara responsabilità dei vertici aziendali, i conti e l’immagine della società italiana potrebbero uscire pesantemente offuscati.

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Gestione mail aziendali: cosa dice il Garante della Privacy

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mail aziendali
Messaggio Mail @Foto Crediti Envato Elemets - DirittoLavoro

Il Garante della Privacy ha emesso un provvedimento relativo alla tutela dei dati nel contesto lavorativo, ivi comprese le mail aziendali.

Lo scorso 6 giugno 2024, il Garante della Privacy ha emmesso un provvedimento atto a garantire maggiore tutela dello scambio dei dati in contesti lavorativi. Nel dettaglio si fa nota di programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica. In sostanza, la misura fa riferimento allo scambio delle mail aziendali ed in particolare al trattamento dei metadati che è bene distinguere dai contenuti e dalle informazioni presenti nel messaggio stesso.

I metadati delle mail aziendali

Il provvedimento offre una guida dettagliata sulle pratiche da adottare per gestire nella maniera migliore i metadati nelle mail aziendali. Il documento emesso dal Garante della Privacy chiarisce che le indicazioni relative ai tempi di conservazione dei metadati non riguardano i contenuti effettivi dei messaggi, né tantomeno le informazioni tecniche che ne fanno parte in maniera integrante. Di conseguenza, i contenuti veri e propri delle mail rimangono a disposizione dell’utente o del lavoratore nella propria casella di posta. Questo garantisce la privacy, ma non compromette il sistema informatico.

Il Garante della Privacy mira a sottolineare i punti di contatto tra la protezione dei dati e le norme che regolano l’utilizzo degli strumenti tecnologici nei luoghi di lavoro. Indicazioni importanti sono fornite, poi, ai datori di lavoro. Infatti, a quest’ultimi è consentita la possibilità di trattare i metadati delle mail aziendali per garantire il corretto funzionamento del sistema. Seguendo tali linee guida fornite dal Garante della Privacy i datori di lavoro non saranno obbligati ad attivare la procedura di garanzia prevista dall’art. 4, comma 1, della Legge n. 300/1970, richiamata dall’art. 114 del Codice della privacy.

La tutela della privacy dei dipendenti

Già nella newsletter n. 517, il Garante per la Protezione dei Dati Personali aveva informato di aver provveduto ad adottare un nuovo documento di indirizzo denominato ufficialmente: Programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati. Mentre in questo nuovo documento i principali interessati sono i datori di lavoro, sia nell’ambito pubblico che privato. Il nuovo obiettivo è contrastare eventuali trattamenti dei dati che potrebbero risultare non essere in linea con le norme sulla privacy. Dunque, anche in questo caso, il principale scopo è preservare la privacy di ogni singolo dipendente.

In definitiva, come riporta lo stesso documento emesso dal Garante: “Come costantemente affermato dal Garante, il contenuto dei messaggi di posta elettronica – come pure i dati esteriori delle comunicazioni e i file allegati – riguardano forme di corrispondenza assistite da garanzie di segretezza tutelate anche costituzionalmente (art. 2 e 15 Cost.), che proteggono il nucleo essenziale della dignità della persona e il pieno sviluppo della sua personalità nelle formazioni sociali. Ciò comporta che, anche nel contesto lavorativo pubblico e privato, sussista una legittima aspettativa di riservatezza in relazione ai messaggi oggetto di corrispondenza, delle ‘Linee guida del Garante per posta elettronica e Internet’ del 1° marzo 2007, n. 13, doc. web n. 1387522; cfr., tra i tanti, provv. 4 dicembre 2019, n. 216, doc. web n. 9215890 e i precedenti in esso citati“.

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Debito pubblico mai così alto: ha superato i 2900 miliardi

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debito pubblico Italia sfiora i 3mila miliardi
Al centro il ministro dell'Economia, Giorgetti.

Con un aumento di circa 11,5 miliardi di euro in un mese, ad aprile il debito pubblico italiano ha superato per la prima volta i 2.900 miliardi di euro. E ha raggiunto precisamente quota 2.905.690 milioni. È il nuovo record storico del debito in valori assoluti. Il debito pubblico italiano aveva superato i 2.800 miliardi ad aprile del 2023 mentre la soglia dei 2.700 miliardi era stata superata nel luglio del 2021.

Si tratta di valori spaventosi. Che gravano potenzialmente su ciascun cittadino italiano. Stando alle stime del Governo indicate nel Def, il Documento di economia e finanza, il debito italiano è destinato a superare i 3mila miliardi di euro l’anno prossimo, nel corso, cioè, del 2025.

Debito, una corsa senza freni

Negli ultimi 12 mesi l’aumento del debito è stato di 91,5 miliardi. Il dato arriva dalla rilevazione mensile della Banca d’Italia, che precisa come l’intero aumento del debito sia dovuto alle amministrazioni centrali. È invece rimasto sostanzialmente stabile il debito delle amministrazioni locali e quello degli enti di previdenza. Secondo le stime del Governo Meloni indicate nel Documento di economia e finanza il debito pubblico chiuderà l’anno al 137,8% del Pil, il Prodotto interno lordo. E salirà per avvicinarsi al 140% nei prossimi anni (per il 2027 la stima è 139,6%).

L’aumento del debito fa salire anche il costo degli interessi che occorre pagare sul debito stesso al momento in cui saldano i creditori. Ebbene, gli interessi su debito pubblico italiano sono in aumento a causa degli effetti dovuti ai passati rialzi dei tassi da parte della Banca centrale europea (Bce). Nella riunione del 6 giugno scorso a Francoforte, infatti, la Banca Centrale Europea ha deciso di ridurre di 25 punti base il costo del denaro. Ma si tratta del primo taglio dal 2019 – da 5 anni fa – dopo 9 rialzi consecutivi. Finora i guardiani dell’euro avevano effettuato una politica di contenimento dell’inflazione che al momento nell’Eurozona si attesta intorno al 2%.

Tornando alle problematiche più strettamente legate al debito pubblico italiano, che appare ormai fuori controllo, nel 2023 l’Italia ha speso circa 78,6 miliardi di euro per rimborsare gli interessi sul debito. Una cifra che vale il 3,8% del Prodotto interno lordo nazionale. Il governo nella nota di aggiornamento al Def prevede che questa spesa rispetto al Pil salirà al 3,9% quest’anno, al 4% nel 2025, al 4,1% nel 2026 e al 4,4% nel 2027.

Il problema del superbonus

Tra le maggiori cause del recente balzo in avanti del debito pubblico ci sono certamente le spese per il superbonus edilizio al 110%. Secondo le ultime stime dell’Enea (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) il superbonus edilizio ha comportato oneri per lo Stato pari a 122,7 miliardi di euro.

In realtà di recente il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva parlato di una cifra che si aggira sui 200 miliardi. Di certo si tratta di una misura che sembra aver provocato benefici ma anche danni non indifferenti alle casse dello Stato. Col superbonus edilizio al 110% sono stati ristrutturati ben pochi edifici rispetto al numero globale che di essi è presente nel nostro Paese. E spesso si è finito col ristrutturare palazzi di lusso, castelli e villette di proprietari benestanti, mentre i meno ricchi e i poveri hanno semplicemente rinunciato a usufruirne.

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Ita-Lufthansa, è conto alla rovescia: il 3 luglio nascerà la nuova maxi compagnia

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Aereo Lufthansa fusione società con Ita
Foto X @Schmidy_87

La rivoluzione annunciata (da parecchio tempo) fra le compagnie aeree civili d’Europa è ormai alle porte: dopo mesi di tira e molla, le nozze fra Ita e Lufthansa si faranno. La commissione europea darà il suo via libera formale e finale all’accordo mercoledì 3 luglio 2024. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Ansa citando fonti europee. Il verdetto positivo dell’Antitrust dell’Unione, già preannunciato nelle settimane scorse, arriverà dunque con un giorno in anticipo rispetto alla scadenza fissata al 4 luglio.

Dopo il primo orientamento positivo a livello tecnico, ottenuto il 17 giugno scorso, l’operazione di fusione fra Ita (la compagnia aerea erede della vecchia Alitalia) e il colosso tedesco Lufthansa ha incassato l’ok anche dalle authority nazionali dei Paesi membri dell’Unione europea. L’accordo prevede condizioni a tutela della concorrenza nello scalo di Milano-Linate e sulle rotte di corto e di lungo raggio, con l’apertura alle compagnie rivali. Il tutto ovviamente in applicazione del principio di libera concorrenza che regola l’asse portante dell’economia della Ue.

Lufthansa e le rotte in Italia

Il negoziato fra Ita e Lufthansa si era sbloccato, dopo le perplessità iniziali, a seguito ad un “cambiamento radicale di approccio” soprattutto da parte dei tedeschi. Il nodo delle rotte di corto-medio raggio e del rischio di monopolio nello scalo di Milano Linate è stato risolto garantendo che altri operatori possano subentrare alla compagnia di Colonia.

La quale cederà un numero più elevato di slot rispetto alle prime proposte in modo che ai potenziali concorrenti sia data la possibilità di stabilirsi in maniera più strutturata nello scalo lombardo. Come è noto, uno slot è una banda oraria che comprende il permesso ad atterrare e decollare in un aeroporto in una specifica data, con servizi aeroportuali annessi e connessi.

Sulle rotte a lungo raggio tra Fiumicino verso il Nord America il braccio di ferro fra Ita-Lufthansa da un lato e i regolatori della libera concorrenza europea dall’altro si è protratto per settimane. Anche in questo caso Lufthansa ha accettato di aprire le rotte più problematiche a compagnie rivali ottenendo in cambio l’ok all’ingresso di Ita fin da subito nella sua joint-venture Star Alliance.

I tedeschi avranno il Ceo

La Star Alliance è una struttura di cui fanno già parte, tra le altre, United e Canada Airlines. In questa ottica compagnie come Air France, Iberia, British Airlines – avevano fatto osservare a Bruxelles – potranno operare sulle stesse rotte con voli che prevedano però almeno uno scalo. Con con tempi di percorrenza e prezzi competitivi rispetto ai voli offerti da Ita-Lufthansa.

L’ingresso del tedeschi nel capitale di Ita è previsto quindi, operativamente dal 3 luglio in poi, per una quota iniziale pari al 41% (pari a 325 milioni di euro). Quota che salirà al 90% e al 100% con un aumento di capitale riservato da 729 milioni di euro più altri 100 milioni.

Somme considerevoli che Lufthansa verserà al ministero dell’Economia italiano progressivamente, ossia al raggiungimento di alcuni risultati di business. Il Consiglio di amministrazione (Cda) della nuova maxi compagnia aerea si comporrà di 5 membri: 3 italiani (di cui il presidente), 2 tedeschi (compreso l’amministratore delegato). Lufthansa  prevede di creare a Roma Fiumicino un hub intercontinentale per i voli verso l’America Latina, l’Africa e l’Asia.

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