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Draghi all’Ecofin: “L’ordine globale è scosso, la Ue è indietro: servono enormi investimenti”

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Draghi Ecofin Gand Belgio
Mario Draghi. Foto X @paoloigna1

L’ex premier italiano ed ex governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, è tornato sulla scena politica ed economica internazionale. Il 24 febbraio ha partecipato alla riunione informale dei ministri delle Finanze a Gand, in Belgio. “Negli ultimi anni – ha dichiarato – si sono verificati molti cambiamenti profondi nell’ordine economico globale. Questi cambiamenti hanno avuto una serie di conseguenze, una delle quali è chiara: in Europa si dovrà investire una quantità enorme di denaro in un tempo relativamente breve. Sono impaziente di discutere di ciò che i ministri delle Finanze pensano e stanno preparando su come finanziare queste esigenze di investimento“.

Mario Draghi ha rilasciato queste dichiarazioni alla luce del rapporto sul futuro della competitività europea al quale sta lavorando. L’ex premier è dato da non pochi osservatori quale prossimo presidente del Consiglio europeo. Ovvero dell’organismo che raduna i capi di Stato e di Governo dei 27 Stati membri dell’Unione europea. Al di là che ciò accada o meno, si tratta comunque di una personalità politica e di un banchiere di caratura mondiale. E il suo intervento del 24 febbraio al vertice dei ministri europei dell’economia e delle finanze rappresenta un passo ulteriore verso un chiaro ritorno sulla scena. A meno di due anni dalla caduta del suo Governo in Italia.

La ricetta di Draghi

L’ex governatore della Bce chiama dunque l’Unione a cambiare nettamente passo sul piano economico e finanziario. Rispetto agli investimenti necessari per la transizione ecologica e in direzione di un’economia al passo coi tempi “non intendo solo il denaro pubblico, ma anche i risparmi privati” ha segnalato Draghi. “Quando guardiamo ai nostri principali concorrenti e agli Stati Uniti in particolare, il divario è ovunque. Nella produttività, nella crescita del Pil, nel Pil pro capite“.

L’ordine economico globale in cui l’Europa ha prosperato è scosso” ha sottolineato Draghi all’Ecofin, per la dipendenza dall’energia russa, a causa delle esportazioni cinesi e sulla difesa dagli Usa. Altri fattori sono la velocità richiesta dalla transizione verde e la “velocità impressa dall’intelligenza artificiale. Nel corso del suo intervento a Gand, l’ex premier ha osservato che “i bisogni delle transizioni verde e digitale sono stimati in almeno 500 miliardi di euro l’anno. A cui vanno aggiunti la difesa, gli investimenti produttivi. Il divario dell’Ue rispetto agli Usa si sta allargando soprattutto dopo il 2010. Agli Usa sono serviti due anni per tornare ai livelli precedenti, all’Ue 9 anni, e da allora non siamo saliti. C’è un gap di investimenti dell’1,5% del Pil pari a 500 miliardi di euro“.

Un fondo per la competitività

Nel confronto con i ministri delle Finanze dell’Ue all’Ecofin informale a Gand, Draghi ha quindi chiesto ai ministri europei delle Finanze un parere su come mobilitare il risparmio in Europa. Anche alla luce delle nuove regole del Patto di stabilità. Per l’ex capo della Bce occorrerebbe un apposito fondo Ue. Le discussioni hanno mostrato una convergenza su quali elementi siano necessari per ripristinare la competitività, come la riduzione dei prezzi elevati dell’energia, la riduzione degli oneri normativi e il completamento e il sostegno di un mercato unico forte. Draghi ha concluso il proprio intervento sottolineando la necessità di azioni coraggiose volendo finanziare i costi della doppia transizioneverde e digitale – e della difesa militare. Il tutto mantenendo gli attuali modelli sociali.

Più soldi per armi e sistemi di difesa

Sull’aumento di investimenti per la difesa militare dei paesi dell’Unione “certamente” serviranno “discussioni“. Anche “su quali strumenti a livello Ue possano aiutare“. Lo ha dichiarato il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis“È una questione di quali strumenti, ma è chiaro che avremo bisogno fare di più sia a livello nazionale che comunitario“.

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Crediti fiscali, il 40% è irrecuperabile. L’Erario perde quasi mezzo miliardo

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Foto X @veritaeaffari

L’arretrato di crediti fiscali che l’Erario vanta nei confronti di quasi 20 milioni di italiani supera i 1.200 miliardi di euro. Sono i dati dell’Agenzia delle Entrate al 31 dicembre del 2023. Tuttavia la maggior parte del cosiddetto “magazzino della riscossione” è “irrecuperabile”. Lo ha spiegato a inizio febbraio il direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini. Soltanto 101,7 miliardi, meno di un decimo dell’importo, sarebbe effettivamente possibile riscuotere. Il resto dei 163 milioni di cartelle e avvisi è ritenuto fuori portata.

Più in dettaglio, il 40% dei crediti in magazzino, pari a 483 miliardi, appare irrecuperabile perché è intestato a persone morte, a nullatenenti o imprese chiuse o fallite. Un altro 42% dei crediti, circa 502 miliardi, riguarda soggetti verso i quali l’agenzia ha già svolto attività di riscossione senza risultati. E per circa 100 miliardi l’azione è sospesa a causa di provvedimenti giudiziari o altri interventi. Un discorso a parte si deve fare per i pagamenti rateali che rappresentano oltre il 50% degli incassi dell’agenzia di riscossione. Si tratta di uno strumento che Ruffini ha definito “assolutamente utile perché concede una dilazione ai contribuenti che possono riuscire a rimettersi in regola e rientrare nei binari di regolarità dei pagamenti“.

Il peso dell’evasione fiscale

I piani di rateizzazione riguardano 18,8 miliardi di crediti nel magazzino che dovrebbero, nel tempo, se tutto va a buon fine, arrivare nelle casse dello Stato. Queste stime sui crediti fiscali si devono ancora aggiornate con i risultati dell’ultima rottamazione. Tuttavia forniscono comunque un’idea della mole dell’arretrato: fanno capo a 18,9 milioni di persone fisiche, quasi un italiano su tre. Ai quali si aggiungono 3 milioni e mezzo di società, fondazioni ed enti. In un’audizione parlamentare il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, ha definito l’evasione un “macigno, tipo il terrorismo” da contrastare con la collaborazione di tutti.

La polemica sulla “caccia alle streghe

Fra gli strumenti a disposizione del Fisco per tentare il recupero dei crediti inevasi aumenta l’uso del cosiddetto data scraping sui social network. Ovvero lo scandagliare account e post dei contribuenti alla ricerca di elementi significativi del tenore di vita di chi è in debito con l’Erario. Per esempio vacanze e cene in ristoranti di lusso. Nel corso di Telefisco 24, il viceministro di Fratelli d’Italia è poi tornato sul tema, facendo una parziale retromarcia e assicurando che “non ci sarà nessuna caccia alle streghe” dicendosi dispiaciuto per essere stato interpretato diversamente.

A seguito dell’intervento di Leo in Parlamento, diversi esponenti della Lega, infatti, avevano preso le distanze. Il deputato Armando Siri aveva parlato di uno “slogan, che sicuramente scalda i cuori di chi scambia la giusta lotta all’evasione con un’indiscriminata caccia alle streghe“. Dopo le polemiche il viceministro Leo ha chiarito che al contribuente che non aderisce al concordato preventivo si chiederà di spiegare perché c’è un disallineamento tra il reddito dichiarato e gli elementi in possesso dell’Agenzia delle entrate.

Crediti e aliquote Irpef

Non ci sarà un fisco che vuole colpire gli italiani, tutt’altro, ha spiegato Leo: “Vogliamo tendere una mano ai contribuenti. Fare in modo che si allineino e dichiarino in relazione alla loro capacità contributiva. Gradualmente e, a fronte di questo, abbasseremo le aliquote“, ha detto, prospettando una riduzione per l’Irpef già dal 2025. Per il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, “gli evasori rubano due volte. Alle casse dello Stato e alle tasche dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che pagano le tasse fino all’ultimo centesimo“.

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Bonus genitori separati e divorziati, domande al via: tutto quello che c’è da sapere

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Foto X @fisco24_info

C’è tempo fino al 31 marzo 2024 per fare domanda all’Inps al fine di ottenere il nuovo bonus per genitori separati, divorziati e/o non conviventi. La misura è finalizzata a garantire un contributo ai genitori in stato di bisogno, ossia con un reddito non superiore a 8.174 euro, che nel periodo di emergenza Covid risultavano conviventi con figli minori o maggiorenni portatori di handicap grave. E che, nel medesimo periodo, non abbiano ricevuto l’assegno di mantenimento per inadempienza dell’altro genitore (ex coniuge o ex convivente).

Bonus, a chi spetta

Il bonus spetta laddove l’altro genitore, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica, abbia cessato, ridotto o sospeso l’attività lavorativa a decorrere dall’8 marzo 2020. E lo abbia fatto per una durata minima di 90 giorni oppure abbia subito una riduzione del reddito di almeno il 30% rispetto al reddito percepito nel 2019. La domanda per percepire il beneficio dovrà essere presentata all’Inps, previa autenticazione al portale dell’Istituto, attraverso l’apposito servizio Contributo per genitori separati o divorziati per garantire la continuità dell’erogazione dell’assegno di mantenimento. Una funzione  disponibile nella sezione Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche.

Contributo per massimo 12 mesi

Il bonus genitori separati, divorziati e/o non conviventi è corrisposto in un’unica soluzione in misura pari all’importo non versato dell’assegno di mantenimento. Fino a concorrenza di 800 euro mensili. Il contributo spetta per un massimo di 12 mensilità tenuto conto delle disponibilità del fondo che ammonta a 10 milioni di euro. Il beneficio arriverà dall’Inps previa verifica dei requisiti di legge a cura del Dipartimento per le politiche della famiglia.

Matrimoni e divorzi in Italia

Per avere un quadro completo della situazione delle coppie in Italia, rispetto ai bonus, è bene conoscere i dati Istat. Il rapporto Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi riferito al 2021 rileva un ritorno ai livelli pre-Covid per le separazioni (97.913, +22,5% rispetto al 2020) e i divorzi (83.192, +24,8%).

Per quanto riguarda i divorzi, spiega il sito dell’agenzia Dire (www.dire.it), i numeri sono comunque in calo del -16% in confronto al 2016, anno in cui sono stati più numerosi (99.071). La composizione tra separazioni/divorzi consensuali e giudiziali, nel 2021, risulta pressoché invariata rispetto all’anno precedente. L’85,5% delle separazioni si è concluso consensualmente (percentuale rimasta pressoché stabile nell’ultimo decennio).

Bonus e unioni civili

Dopo il picco del 2016 (78,2%) la proporzione di divorzi consensuali decresce per tornare in prossimità del valore di inizio decennio (72,4% nel 2010). Se le separazioni e i divorzi sono tornati ai numeri precedenti alla pandemia, non si può dire lo stesso per i matrimoni. Nel 2021 i matrimoni son stati 180.416, l’86,3% in più rispetto al 2020, anno in cui, a causa della crisi pandemica, molte coppie avevano rinviato le nozze. L’aumento non è stato però sufficiente a recuperare quanto perso nell’anno precedente (la variazione rispetto al 2019 è infatti pari a -2%).

L’Istat rileva che i matrimoni religiosi, quasi triplicati rispetto al 2020, sono in calo (-5,1%) rispetto al periodo pre-pandemico. Nei primi nove mesi del 2022 i dati provvisori indicano un lieve aumento dei matrimoni (+4,8% rispetto allo stesso periodo del 2021) dovuto esclusivamente alla crescita dei matrimoni civili (+10,8%). Crescono in misura marcata (+32,0%) le unioni civili. Sono 142.394 i primi matrimoni nel 2021, più che raddoppiati rispetto all’anno precedente. Sono 24.380 le nozze con almeno uno sposo straniero (+29,5%). Sono 2.148 le unioni tra partner dello stesso sesso (+39,6%).

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Buoni pasto fuori dalla busta paga: i pro e i contro

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Buoni pasto
Buoni pasto - DirittoLavoro

I buoni pasto (cartacei o elettronici), detti anche ticket restaurant, rientrano nella categoria delle prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto. In genere vengono forniti al di fuori della busta paga. 

I buoni pasto rientrano nella categoria delle prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto, contemplate dall’articolo 51, comma 2, lettera c) del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Quest’ultimi possono essere riconosciuti come ticket restaurant oppure tramite: app mobile, alimenti e bevande da parte di pubblici servizi, cessione di prodotti gastronomici per consumo immediato. I buoni pasto possono essere adoperati presso ristoranti o esercizi commerciali convenzionati.

Limiti fuori dalla busta paga

Tra i vantaggi dei buoni pasto il fatto di non essere assoggettati ai contributi previdenziali ed assistenziali a carico del lavoratore, così come ai contribuiti previdenziali ed assistenziali a carico dell’azienda e anche alla tassazione fiscale ancora a carico del dipendente. Tuttavia, è da precisare che vi è un limite, ovvero 4 euro (giornaliero) per buono cartaceo e 8 euro (giornaliero) per buono elettronico, oltre il quale i buoni pasto sono soggetti a tassazione. A differenza delle indennità sostitutive di mensa, che hanno un compenso riconosciuto in busta paga, i buoni pasto devono essere indicati in cedolino solo in maniera figurativa e solo per il calcolo di eventuali tasse e contribuiti.

A fronte di quanto detto, la somma rimane fuori dalla busta paga se rientra nei limiti precedentemente indicati (4 euro o 8 euro giornalieri). Viceversa, se supera tali parametri, deve rientrare in busta paga per il calcolo delle tassazioni. Ovvero, tali cifre rappresenteranno un’ulteriore retribuzione.

Alternative ai buoni pasto

In alternativa ai buoni pasto rientrano nelle prestazioni sostitutive anche le somministrazioni di vitto in mense organizzate dallo stesso datore di lavoro o le somministrazioni di vitto in mense organizzate da terzi. A queste si aggiunge anche l’indennità sostitutiva di mensa. Quest’ultima è rappresentata da un compenso presente nella busta paga e compensa il disagio procurato al lavoratore in caso di assenza di mense o servizi di ristorazione. In questo caso vige un regime di esenzione fiscale e contributivo fino 5,29 euro a giorno. Questo solo se l’indennità è corrisposta a lavoratori di cantieri edili, o altre strutture a carattere temporaneo, o altresì strutture situate in zone prive dei servizi sopraindicati.

La soglia di esenzione dei 5,29 euro giornalieri, tuttavia, è da ritenersi valida a specifiche condizioni. Innanzitutto, l’orario di lavoro deve prevedere la pausa per il vitto; secondariamente, è necessario che il lavoratore sia assegnato ad un’unità produttiva. In terzo luogo è indispensabile che l’unità produttiva sia collocata in luogo che non consenta di raggiungere agilmente (e senza mezzi di trasporto) un luogo adempiuto alla ristorazione. Infine, se la soglia eccede i 5,29 euro giornalieri la differenza sarà assoggettata a contributo fiscale. Prima di concludere, vale la pena ricordare che la scelta della prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto spetta al datore di lavoro, il quale ha la possibilità di optare per la scelta organizzativa e produttiva più appropriata. Inoltre, uno stesso datore di lavoro può adottare anche più sistemi contemporaneamente rispetto alle esigenze. Ma uno stesso lavoratore non può fruire di più sistemi in contemporanea.

 

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Intelligenza Artificiale, a Milano il primo Festival: “Serve ottimismo consapevole”

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Foto X @fisco24_info

Rischi, sfide, opportunità, il presente e il futuro: l’intelligenza artificiale al centro del primo AI* Festival – Exploring Generative AI, all’Allianz MiCo di Milano. Organizzato da Search On Media Group e WMF – We Make Future, la prima edizione della kermesse, svoltasi il 14 e 15 febbraio, è derivata da una necessità. Ovvero quella di esplorare l’AI Generativa nelle sue potenzialità e nei problemi che porta con sé, soprattutto adesso che la sua diffusione sta diventando – e sempre più lo sarà – capillare.

Un evento in grossa parte orientato al mondo business, ma aperto a chiunque: moltissimi i giovani presenti. Con 50 tra sponsor ed espositori, 100 speaker, e un foltissimo gruppo di professionisti, esperti, imprenditori e start up, il Festival è stato un’occasione di formazione, scoperte innovative, condivisione e incontri professionali B2B. Il tutto sempre con il focus sull’intelligenza artificiale, questa sorta di ‘entità’ che dalla nicchia dei tecnici, degli ‘smanettoni’ e dei professionisti è ormai sempre più parte della vita quotidiana. Per questo il Festival ha approfondito la rivoluzione che l’AI sta portando e porterà per tutti sotto molteplici aspetti: politico, sociale e lavorativo.

Intelligenza Artificiale

Privacy e regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale, creatività, diritto d’autore, etica, impatto sociale e sul lavoro, Spazio, democrazia, sanità, scienza. Nulla è rimasto fuori dalla lente d’ingrandimento del Festival, che ha visto alternarsi sul palco delle sei sale numerosi esponenti istituzionali, imprenditori, rappresentanti del mondo scientifico e accademico. Ospite d’onore l’ex campione di scacchi e attivista per i diritti umani Garry Kasparov, il cui intervento in collegamento è stato molto applaudito. Cinque gli ambiti tematici su cui si è focalizzato l’AI Festival: Content Marketing, AI for Business, Ethics & Society, Work & Education, AI Trends & Insights. Con un occhio alla situazione attuale ma soprattutto alle tendenze future.

Filo conduttore degli interventi, un ottimismo consapevole. Consapevole dei problemi e dei rischi che l’Intelligenza Artificiale porta con sé, e dei limiti degli strumenti che oggi abbiamo a disposizione per regolarla (in primis le leggi, troppo ‘statiche’ e lente rispetto a un mondo dove anche 6 mesi sono ere geologiche). Ma comunque ottimismo, quasi entusiasmo, per quello che l’AI potrà regalarci. Il sentiment generale degli interventi infatti è che l’Intelligenza Artificiale, come ha sottolineato Raffaele Gaito, Founder @ ia360.academy, è e deve essere un modo per migliorare, per creare cose che prima non esistevano.

Cosa ‘resta’ agli umani

L’Intelligenza Artificiale rappresenta ci aiuta a velocizzarci, ad allargare la nostra visione e ad arricchire le nostre idee. Uomo e AI dovranno lavorare di pari passo, ognuno mettendoci del suo. Se i software, i bot e le chat di Intelligenza Artificiale ci metteranno la loro enorme capacità di calcolo, a noi competeranno le emozioni, l’empatia, il contesto, la capacità di unire i puntini. Cose su cui, almeno per ora, una macchina non può sostituirci. Una collaborazione insomma, per potenziare le nostre possibilità come specie, e magari per aiutarci a sopravvivere a noi stessi.

Sabrina Ricci, AI Ecosystem Manager @ESA Φ-lab, ha infatti parlato nel suo speech di come l’Intelligenza Artificiale stia rivoluzionando l’osservazione della Terra dallo spazio e la gestione dei dati satellitari, un’arma in più per migliorare il benessere del pianeta – e quindi il nostro. L’AI sta consentendo una cosa prima impensabile: la realizzazione di un ‘Digital Twin’, un gemello virtuale del nostro pianeta dove simulare possibili interventi in modo da testarne l’efficacia e scoprirne eventuali conseguenze impreviste e negative.

 

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Strage sul lavoro a Firenze, in Italia 3 morti al giorno

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morti lavoro firenze
Foto Ansa

Almeno 5 operai morti e 3 feriti di cui due gravi ma non in pericolo di vita nella strage sul lavoro a Firenze del 16 febbraio. Questo il primo bilancio del disastro. Al mattino, poco prima delle 9, è crollata una trave di cemento in un cantiere per la costruzione di un supermercato Esselunga in via Mariti nell’area dell’ex panificio militare. Si sono verificati altri crolli a catena che hanno travolto i lavoratori. Le speranze di trovare in vita i dispersi sono scarse.

Una delle vittime è Luigi Coclite, un 60enne originario di Teramo e residente a Collesalvetti, in provincia di Livorno. I tre feriti ricoverati all’ospedale Careggi sono tutti e tre originari della Romania: hanno 37, 48 e 51 anni. “Morire sul lavoro ancora oggi è inaccettabile e vergognoso” ha dichiarato la vice presidente della Fondazione Anmil ‘Sosteniamoli Subito’ Paola Batignani.

La donna è vedova di Alessandro Rosi, morto nel 2019 nel capannone di un’acciaieria di Cremona dove era stato allestito un cantiere per lavori di manutenzione. L’operaio rimase schiacciato da una trave. “Ma soprattutto quello che è grave – ha affermato Batignani – è che non siamo capaci di rispettare norme e mezzi di protezione che potrebbero salvare la vita di centinaia di lavoratori. Lasciamo invece che imprenditori senza scrupoli non ci rimettano nulla e la loro responsabilità finisca con un patteggiamento e nessuno paghi veramente per questa morti ingiuste ed evitabili“.

Morti sul lavoro in Italia, quanti sono

Quanti sono gli operai e i lavoratori italiani e stranieri che muoiono nel nostro Paese sui luoghi di lavoro? Si parla di una media di 3 morti al giorno. “Negli ultimi 15 anni sono stati 20mila” ha ricordato il 16 febbraio alla trasmissione Rai Il cavallo e la torre l’ex presidente dell’INPS, Tito Boeri. L’Italia è uno dei paesi europei con il maggior numero di vittime sul lavoro, le cosiddette morti bianche.

Boeri ha sottolineato come muoiano nel compimento delle loro funzioni 2,5 lavoratori ogni 100mila abitanti, a fronte di una media europea di 1,8 ogni 100mila abitanti. È vero che il nostro sistema conta anche i decessi “in itinere“, cioè considera morti sul lavoro anche coloro che restano vittime di incidenti lungo il percorso da e per i luoghi di lavoro. “Ma anche considerando questo – ha spiegato Boeri – resta sempre un valore troppo alto” quello delle vittime di incidenti sul lavoro in Italia.

Perché queste stragi

A cosa è dovuta questa piaga che appare inarrestabile? Da un lato a un sistema di subappalti e appalti al massimo ribasso che favorisce la non osservanza delle regole di sicurezza nei cantieri. Dall’altro alla pressoché totale assenza di controlli e alla carenza numerica di ispettori che vanno a verificare la situazione sui luoghi di lavoro. Ogni anno in Italia si passa al setaccio dei controlli sulla sicurezza soltanto l’1% delle aziende.

Nel 2023 ci sono stati mille morti sul lavoro – ha dichiarato il segretario della Cgil, Maurizio Landini e spesso questi incidenti sono prodotti dal sistema del subappalto e della logica degli appalti al massimo ribasso“. “Voglio ricordare però – ha aggiunto – che è stato questo Governo a modificare il codice degli appalti e a reintrodurre il subappalto a cascata“. Dura la risposta della Lega in una nota. “Sono disgustose le parole di Maurizio Landini, che commenta l’incidente sul lavoro a Firenze incolpando anche il nuovo codice degli appalti. Il segretario della Cgil ignora che le nuove norme sono state volute dall’Europa, tanto che l’Italia era a rischio infrazione, e che nulla c’entrano con la tragedia. Il livore ideologico della Cgil non si ferma neppure davanti alle tragedie“.

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Partite Iva a quota 5 milioni, ma diminuiscono agricoltori e artigiani

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Cgia Mestre partite Iva
Foto X @TgrRaiFVG

Dopo il 2020, annus horribilis in cui è scoppiata la pandemia, il popolo delle partite Iva è tornato ad aumentare. A oggi, inizio del 2024, la platea è stabilmente sopra i 5 milioni di effettivi. Al 31 dicembre scorso erano 5.045.000 lavoratori indipendenti e sebbene il numero sia in leggero aumento rispetto a quattro anni fa, rimane comunque ben lontano dai 6,2 milioni che vent’anni fa, nel 2004. A comunicarlo è l’Ufficio studi della Cgia.

È utile segnalare, si legge nell’analisi, che non tutte le categorie appartenenti al mondo del lavoro autonomo godono di buona salute. Anzi. Molte professioni sono in grosse difficoltà e il loro numero sta diminuendo. La Cgia si riferisce, in particolare, ai lavoratori autonomi ‘classici’, come gli artigiani, i piccoli commercianti e gli agricoltori. Diversamente, sono in espansione le partite Iva senza albo od ordine professionale. Alcuni esempi di professioni non regolamentate? I web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali. Ma anche i consulenti informatici, gli utility manager, i sociologi, gli amministratori di condominio.

Le partite Iva e il Fisco

Il popolo delle partite Iva, delle micro imprese e i loro dipendenti rappresenta un blocco sociale di oltre 6 milioni di persone. Prima del Covid produceva quasi 200 miliardi di Pil. Negli ultimi 40 anni è diventato centrale in molte regioni d’Italia, una componente strutturale del nostro sistema economico, soprattutto a Nord-Est. I valori associati a questo mondo – contare sulle proprie forze, accettare di misurarsi con il mercato senza alcun paracadute sociale – hanno caratterizzato almeno due generazioni di lavoratori indipendenti.

Il trend positivo registrato dallo stock di lavoratori autonomi in questi ultimi tre anni è sicuramente ascrivibile alla ripresa economica maturata dopo l’avvento del Covid. Con un Pil che nel biennio 2021 e 2022 ha toccato livelli di crescita molto elevati è aumentata l’occupazione e conseguentemente anche quella indipendente. Sicuramente ad allargare la platea degli autonomi ha concorso anche il fisco.

L’introduzione del regime forfettario per le attività autonome con ricavi e compensi inferiori a 85mila euro ha reso meno gravoso di un tempo gestire fiscalmente un’attività in proprio. Infine, non è nemmeno da escludere che la crescita numerica di questo settore sia riconducibile anche all’incremento delle ‘false’ partite Iva. Grazie al boom dello smart working avvenuto in questi ultimi anni, è probabile che le ‘finte’ partite Iva siano aumentate, anche se, attualmente, il numero complessivo di queste ultime è stimato attorno alle 500mila unità. Una soglia che avevamo già raggiunto una ventina d’anni fa.

Marche, artigiani in crisi nera

Ancorché gli ultimi dati disponibili a livello territoriale siano aggiornati ai primi 9 mesi del 2023, il trend relativo all’andamento dei lavoratori indipendenti è in crescita. Sebbene l’incremento dell’intera platea non abbia interessato tutte le regioni. Nell’ultimo anno il Molise (+8,4%), la Liguria (+8,2%), la Calabria e l’Emilia Romagna (entrambe con il +5,6%) hanno registrato gli aumenti più importanti. Per contro l’Abruzzo (-4,9%), l’Umbria (-5,6%), il Trentino Alto Adige (-8,4%) e le Marche (-10,1%) hanno subito le contrazioni più significative.

Il crollo del numero degli artigiani, dei commercianti e degli agricoltori ha interessato tutte le regioni, ma in particolare le Marche (-17,2%), il Piemonte (-15,5%), l’Emilia Romagna e il Molise (entrambe -15,1%), l’Umbria (-14,9%) e il Veneto (-14,8%). A livello di ripartizione geografica la contrazione più pesante si è registrata nel Nord-Est (-14,1%).

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Bonus colonnine elettriche, domande al via: tutte le regole

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colonnine ricarica elettrica Milano
Foto Ansa/Mourad Balti Touati

Da giovedì 15 febbraio, e fino al 14 marzo, sarà possibile effettuare domanda per accedere al bonus economico delle colonnine domestiche di ricarica elettrica per auto e altri veicoli. Chi ha acquistato e installato l’infrastruttura lo scorso anno, ovvero nel periodo di tempo intercorso fra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2023, potrà accedere all’agevolazione. Attenzione, però, perché il bonus è previsto per l’acquisto e la posa della colonnina. Essersi limitati ad acquistare la sola strumentazione non è sufficiente per richiedere il beneficio.

Per quanto riguarda le domande di concessione ed erogazione del bonus colonnine domestiche queste devono essere inoltrate via Internet. Tutto deve passare attraverso la piattaforma informatica disponibile online. L’accesso è effettuabile tramite carta d’identità elettronica (CIE), carta nazionale dei servizi (CNS) o sistema pubblico di identità digitale (SPID). Una volta effettuato l’accesso occorre compilare il modulo elettronico seguendo la procedura guidata.

Come funziona il bonus

Il contributo del bonus colonnine domestiche può arrivare a coprire l’80% del prezzo di acquisto e posa delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli alimentati a energia elettrica. Ad esempio colonnine o wall box. Il limite massimo previsto è di 1.500 euro per i privati. Cifra che sale a 8mila euro nel caso in cui si sia fatta un’installazione sulle parti comuni degli edifici condominiali.

Il decreto di concessione ed erogazione dei contributi, ricorda Il Giornale, lo si emana entro 90 giorni dalla data di chiusura dello sportello dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Si rispetta l’ordine cronologico di ricezione delle domande per ottenere il bonus. Successivamente scatterà l’accreditamento del contributo sul conto corrente dei soggetti beneficiari.

Cosa si può comprare

Tramite il contributo che si riceve grazie al bonus è consentito l’acquisto delle infrastrutture per la ricarica elettrica. In primo luogo, però l’erogazione del bonus ha lo scopo di coprire i costi già sostenuti di messa in opera delle colonnine di ricarica, le spese per la loro installazione, le spese necessarie alla messa in opera degli impianti elettrici. Così come delle opere edili indispensabili e degli impianti e dispositivi per il monitoraggio.

Inoltre si ritengono compensabili dal bonus anche le spese di progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi. Nonché i costi per la connessione alla rete elettrica, tramite attivazione di un nuovo Pod (Point of delivery). Le spese che ciascun utente che vuole accedere al contributo ha fatto o farà devono essere documentate. I pagamenti effettuati devono essere tracciabili.

Per ottenere ulteriori e più approfondite informazioni si può contattare Invitalia. Ossia l’ente che gestisce il processo di erogazione per il Ministero. Eche ha messo a disposizione la piattaforma online per l’erogazione del bonus colonnine il cui link abbiamo riportato in alto. Al fine di ricevere tutti gli opportuni chiarimenti bisogna compilare il modulo online o telefonare al numero verde gratuito 800775397 dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18.

Quante colonnine ci sono in Italia

Secondo Motus-E, associazione che monitora le installazioni di colonnine elettriche, in Italia c’erano 47.228 punti di ricarica per auto elettriche a fine settembre 2023. Il 56% delle infrastrutture si trova nel Nord Italia; il 23% nel Sud e nelle Isole; il 21% nel Centro Italia. La Lombardia possiede da sola 8.094 installazioni. Seguono nell’ordine: Piemonte (4.713), Veneto (4.564), Lazio (4.558) ed Emilia-Romagna (4.050). Cresce la Campania, con 2.212 punti di ricarica da inizio anno.

 

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Incentivi auto-moto primavera 2024, ecco per chi e a quali condizioni

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Auto moto incentivi 2024
Foto X @SkyTG24

Nel mercato dell’auto è di nuovo corsa agli incentivi per il 2024. Ammonta infatti a 950 milioni di euro, di cui 10 ‘ereditati’ dai fondi 2023, il nuovo programma di ecoincentivi che entrerà in vigore dalla fine di marzo, dopo quello che si è rapidamente esaurito a inizio febbraio. Nel piano Ecobonus del Governo Meloni, 793 milioni sono destinati alle auto, 35 milioni a ciclomotori, motocicli e quadricicli, 53 milioni per i veicoli commerciali leggeri, 20 milioni per l’usato auto, 50 milioni per il noleggio a lungo termine.

Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, “il piano si propone l’obiettivo della sostenibilità ambientale“. E quindi scatterà “la contestuale rottamazione del parco auto più vecchio d’Europa. La rottamazione riguarda in primo luogo le auto Euro 0, 1, 2 e 3. Inoltre gli incentivi saranno diretti soprattutto alle famiglie con redditi bassi“.

Incentivi per fasce di emissioni

Rispetto al passato cambia la ripartizione degli incentivi disponibili per le diverse tipologie di auto. Le più ‘pulite’ – le elettriche con emissioni comprese tra 0 e 20 grammi di Co2 per km – potranno contare su 240 milioni di euro. Altri 150 milioni andranno alle ibride plug-in tra 21 e 60 g/km mentre la dotazione maggiore – 403 milioni – andrà alle auto nella fascia tra 61 e 135 g/km. Ovvero full hybrid, mild hybrid e con motore a benzina o Gpl a basso consumo. Rispetto al passato si tratta di una inversione di marcia, con una maggiore attenzione ad auto dal listino più abbordabile rispetto alle elettriche pure.

Rottamazioni? Anche Euro 5

Il piano di incentivi si basa anche, come detto, sulla rottamazione delle auto dalla categoria Euro 0 fino alla Euro 5 purché di proprietà da almeno 12 mesi del beneficiario o di un familiare convivente. I fondi per la rottamazione delle Euro 5 peraltro sono limitati all’acquisto di vetture elettriche o ibride-plug-in. Confermata la maggiorazione del 25% degli importi nel caso di reddito familiare Isee inferiore a 30mila euro con un incentivo massimo che può raggiungere i 13.750 euro. Ai bonus dovrebbero poter accedere anche le aziende, con l’esclusione dei concessionari auto. Per gli incentivi c’è un vincolo di mantenimento della proprietà del veicolo che per le persone fisiche è di 12 mesi, mentre sale a 24 mesi per quelle giuridiche.

Il meccanismo dei nuovi incentivi 2024 è particolarmente premiante per chi rottama vetture più inquinanti (Euro 0,1 e 2). E sostiene gli automobilisti con redditi più bassi. Infatti si prevede per la fascia 0-20 gr/km un bonus di 6 mila euro senza rottamazione, che salgono a 11 mila con rottamazione di auto Euro 0,1 e 2. Passano a 10mila per le Euro 3, per scendere a 9mila per le Euro 4, e azzerarsi per le Euro 5. Con Isee sotto i 30 mila euro i valori diventano rispettivamente 7.500, 13.750, 12.500, 11.250 e 8000 (in questo caso ‘aprendo’ anche la categoria Euro 5).

Bonus ed emissioni

Salendo di emissioni (21-60 gr/km) gli incentivi sono di 4mila, 8mila, 6mila, 5500 e 0 euro, che per gli Isee under 30 mila diventano 5mila, 10mila, 7500, 6875 e 5000 euro. Infine per le vetture con emissioni 61-135 grammi di Co2 per km senza rottamazione non ci sono incentivi, mentre sono di 3mila euro rottamando le Euro 0-2, 2 mila per le Euro 3 e solo 1.500 per le Euro 4. Va segnalato che anche quest’anno i bonus sono applicabili solo su vetture che abbiano prezzi inferiori (Iva esclusa) a determinate soglie. Ovvero 35mila euro per le elettriche e quelle della fascia 61-135 g/km di Co2. E 45mila per le 21-60 g/km.

Incentivi sull’usato e ciclomotori

Interessante anche il contributo per l’acquisto di auto usate Euro 6 dal valore non superiore ai 25mila euro (Iva esclusa). Nel caso di contestuale rottamazione di un veicolo fino alla classe Euro 4 di proprietà da almeno 12 mesi. L’incentivo è di 2mila euro, con una dotazione complessiva di 20 milioni. Il piano prevede anche 35 milioni di incentivi per ciclomotori/motocicli/quadricicli con la dotazione maggiore a quelli elettrici, e solo 5 milioni per quelli non elettrici. Per gli elettrici il contributo senza rottamazione è pari al 30% del valore del veicolo con un massimo di 3mila euro, con rottamazione invece si sale al 40% e con un tetto di bonus pari a 4mila euro.

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INPS: presentazione domande di pensione anticipata Quota 103 e Opzione Donna

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INPS procedura nuove domande pensione anticipata Quota 103 e Opzione Donna
L'INPS comunica la procedura per le nuove domande di pensione anticipata stabilita dai regimi Quota 103 e Opzione Donna - diritto-lavoro.com Foto crediti: Pinterest

L’INPS ha reso noti i requisiti necessari ai dipendenti per la pensione anticipata. Sono coloro che possono avanzare richiesta per ottenere i benefici stabiliti dai regimi Quota 103 e Opzione Donna.

Questo è stato annunciato dall’INPS tramite messaggio n. 454 de 1° febbraio 2024, che ha dichiarato di aver attivato i necessari sistemi di gestione per agevolare la presentazione delle domande. Le richieste possono essere inoltrate attraverso il sito web dell’INPS, tramite il contact center o i Patronati. Esaminiamo ora in modo più dettagliato i contenuti del suddetto documento.

Nuove procedure per la pensione anticipata: Quota 103 e Opzione Donna

Il 1° febbraio 2024, l’INPS ha comunicato tramite messaggio n. 454, consultabile sul suo sito ufficiale, che è ora consentito presentare la richiesta di accesso alla pensione anticipata mediante il regime Quota 103 e Opzione Donna. L’istituto ha adottato questa misura per potenziare il sistema di gestione delle richieste di pensione, permettendo così ai lavoratori e alle lavoratrici idonei di avanzare la loro domanda.

Le nuove modalità di richiesta sono identificate attraverso i seguenti prodotti forniti dall’INPS:

  • Quota 103: “Pensione Anticipata Flessibile legge di bilancio 2024”;
  • Opzione Donna: “Pensione Anticipata opzione donna legge di bilancio 2023/2024”.

Inoltre, l’INPS ha specificato che il sistema di gestione delle richieste pensionistiche è stato aggiornato per consentire alle lavoratrici interessate di indicare il numero dei figli durante la compilazione della domanda di pensione anticipata. A tal proposito, l’istituto ha richiamato l’articolo 24, comma 11, del Decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito con modificazioni dalla Legge n. 214 del 22 dicembre dello stesso anno, e le modifiche apportate dall’articolo 1, comma 125, lettera b), della Legge n. 213 del 2023. Si ricorda, infatti, che il requisito anagrafico per l’accesso al pensionamento agevolato con l’Opzione Donna varia in base al numero di figli.

Modalità presentazione della richiesta di pensione anticipata nel 2024

I cittadini interessati hanno diverse opzioni per presentare la richiesta di pensionamento. È possibile inoltrare la domanda direttamente attraverso il sito web dell’INPS, accedendo con le credenziali SPID, CIE o CNS e seguendo il percorso dedicato a “Pensione e Previdenza – Domanda di pensione – Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, Certificazioni, APE Sociale e Beneficio precoci”. In alternativa, è possibile avvalersi dei servizi forniti dai patronati o contattare il contact center chiamando gratuitamente il numero verde 803164 (da rete fissa) o il numero a pagamento 06164164 (da rete mobile, con tariffe applicate dai vari gestori).

Novità Quota 103 in conformità alla Legge di Bilancio 2024

Sono state introdotte diverse modifiche riguardanti la pensione anticipata rispetto all’anno precedente, in conformità a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2024.

La Quota 103 è stata mantenuta anche per l’anno corrente, ma con variazioni significative. Pur mantenendo immutati i requisiti di accesso, infatti, fissati a 62 anni di età e 41 anni di contributi, l’importo sarà calcolato secondo il sistema contributivo (e non più misto) e sarà soggetto a un limite massimo, che non potrà superare quattro volte l’importo minimo stabilito dall’INPS.

Inoltre, i periodi di preavviso per il pensionamento sono stati estesi, da 3 a 7 mesi per i dipendenti privati e da 6 a 9 mesi per i dipendenti statali. Tuttavia, è stata confermata la disponibilità del bonus Maroni, incentivo per il ritardo nel pensionamento.

Novità Opzione Donna in conformità alla Legge di Bilancio 2024

La Manovra 2024 ha introdotto variazioni significative anche per Opzione Donna, con l’introduzione di requisiti più serrati per l’accesso.

L’età minima per il pensionamento è stata aumentata di un anno, passando da 60 a 61 anni. Al contrario, non vi è stata alcuna modifica per il requisito di contribuzione di 35 anni, che è ridotto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due anni. È quindi chiarito il motivo dell’indicazione del numero dei figli durante l’invio della domanda. È stato confermato anche il gruppo di beneficiarie, limitato alle seguenti categorie di lavoratrici:

  • licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;
  • persone con disabilità pari o oltre il 74 per cento;
  • che assistono, da almeno 6 mesi, persone disabili conviventi, con disabilità in situazione di gravità in base alla legge 104 del 1992.
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