sabato, Gennaio 18, 2025
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Influencer, stangata del fisco a Gianluca Vacchi, Luis Sal e alcune “star” di Onlyfans

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Influencer guardia di finanza
Vacchi e Sal. Foto X @marcoluciani77

La Guardia di finanza di Bologna ha recuperato 11 milioni di euro di tasse non pagate da influencer dei social media e del web. Dalla fine del 2022 le Fiamme gialle hanno condotto accertamenti su quattro influencer bolognesi – personaggi seguiti da 50 milioni di follower – e su 5 digital creator, questi ultimi attivi su siti legati a piattaforme come OnlyFans ed Escort Advisor, quest’ultimo un sito per incontri con prostitute di medio-alto bordo. Tra i profili finiti nel mirino della Gdf anche quelli dell’influencer Gianluca Vacchi e dello youtuber Luis Sal, ex partner in affari di Fedez nell’ambito del podcast Muschio Selvaggio. 

I finanzieri hanno ricostruito i proventi ottenuti dalle pubblicazioni di post sui social e anche da collaborazioni avviate con aziende. I controlli eseguiti erano finalizzati all’accertamento fiscale senza rilevanza penale. Tra le voci che i finanzieri hanno controllato negli accertamenti sui guadagni della categoria ci sono infatti questi punti: post sui social, collaborazione con le aziende, il cosiddetto “influencer marketing“. Ma anche contenuti inseriti sulle piattaforme in cui si compravendono prestazioni di sesso a pagamento.

Vacchi e Sal: 9 milioni da versare

Naturalmente i finanzieri hanno fatto il riscontro fra i redditi che i soggetti hanno percepito e quelli che hanno riportato nelle dichiarazioni dei redditi. Le incongruenze non mancavano, per usare un eufemismo. Quanto agli influencer, dicono le Fiamme Gialle, sui 4 personaggi messi sotto osservazione “due erano completamente sconosciuti al Fisco“. A Vacchi e a Luis Sal, la cui posizione è invece nota al Fisco, la Finanza avrebbe chiesto cifre si aggirerebbero, rispettivamente, intorno ai 7 e ai 2 milioni di euro.

Da parte sua Luis Sal, in una storia su Instagram, ha sminuito la notizia affermando: “Non sono un evasore, ho sempre dichiarato tutto. Ho sempre pagato tutte le tasse, spesso in anticipo, a credito. È in corso un’indagine: sono normali controlli“. “Fortunatamente – prosegue Luis Sal – ho dei professionisti che si occupano di dichiarare le cose, come si deve, da anni. E vedremo come andrà a finire. Nel frattempo mi dispiace che venga scritto ‘Luis Sal evasore’, ‘influencer che non pagano le tasse’…è un po’ antipatico. Anche io, se mi vedessi per strada in questo momento, mi tirerei uno schiaffo. Quindi, se mi vedete per strada, vi prego, di non menatemi“.

Gianluca Vacchi ha precisato in un comunicato che “ad esito di una verifica fiscale condotta dalla Guardia di finanza relativamente alla sua attività professionale artistica per i periodi di imposta 2017-2019, la maggior imposta accertata dai verificatori ammonta a circa 6mila euro. E si riferisce, non a proventi occultati, ma a costi dei quali è stata contestata la piena deducibilità“. Lo spiega una nota diffusa dall’avvocato Gino Bottiglioni, legale di Vacchi. “Null’altro risulta oggetto di notifica dalle competenti autorità con riferimento a quanto pubblicato – conclude la nota – che deve pertanto ritenersi privo di fondamento“.

Le influencer Bertoli e Ottorini

Tra le persone che i finanzieri hanno sanzionato ci sono anche Eleonora Bertoli e Giulia Ottorini: completamente sconosciute al Fisco in quanto influencer. IN particolare, la Finanza ha scoperto Ottorini che guadagnava attraverso le collaborazioni con aziende e producendo contenuti sulla piattaforma OnlyFans. Ottorini ha milioni di follower su Instagram e TikTok. Un anno fa si vantò su TikTok delle sue spese folli: “Ho speso 32mila euro in 4 giorni” disse in un video che scatenò polemiche in rete.

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Pac, come cambierà la Politica agricola comune

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Politica agricola comune Pac Europa Italia
Foto X @EURACTIVItalia

La Pac, la Politica agricola comune, è a una svolta. A Bruxelles il Consiglio Agricoltura dell’Unione europea, tenutosi lo scorso 26 febbraio, ha registrato il fatto che “le opzioni che la Commissione ha presentato vanno nella giusta direzione. Ora, però, occorre mettere a punto un calendario preciso per le decisioni da assumere ai fini di una reale semplificazione degli oneri burocratici della Pac in linea con le richieste degli agricoltori”.

Nella stessa giornata si è svolta nella capitale belga l’assemblea straordinaria di Confagricoltura che ha varato un pacchetto di proposte per semplificare la Pac e rilanciare la competitività del settore agricolo. Nella nota diffusa a conclusione della riunione ministeriale, è stato evidenziato che “il Consiglio ha insistito sulla necessità di una revisione degli atti fondamentali della Pac. La revisione dovrebbe cominciare al più presto. A questo proposito, il Consiglio ha sottolineato la propria determinazione e volontà politica di assicurare una risposta efficace alle preoccupazioni degli agricoltori“, afferma Confagricoltura.

Pac, i punti che gli agricoltori criticano

Insomma, nonostante la prossima scadenza della legislatura europea è ancora possibile raggiungere un accordo per modificare alcune disposizioni della Pac. Bisogna affrettarsi, però, perché a giugno ci sono le elezioni del Parlamento Ue. Confagricoltura rileva che le critiche espresse dai ministri hanno riguardato, in particolare, due obblighi da sempre contestati dall’organizzazione.

Ossia la rotazione obbligatoria delle colture e destinazione ai fini non produttivi dei terreni. La parola passa ora alla Commissione Ue che ha il potere d’iniziativa legislativa. La presidenza belga ha dichiarato che riferirà alla prossima riunione dei capi di Stato e di governo, in programma il 21 e 22 marzo. L’auspicio è che dai leader dei 27 Stati membri giunga l’invito all’Esecutivo di procedere celermente nella direzione indicata dai ministri dell’Agricoltura. Durante la riunione del Consiglio Agricoltura, è stata anche esaminata l’evoluzione delle importazioni agroalimentari dall’Ucraina.

Grano ucraino, boom di importazioni

In relazione alla Pac, la Commissione di Ursula von der Leyen ha presentato una proposta di regolamento per prorogare fino a giugno 2025 la sospensione dei dazi doganali. Sebbene con l’introduzione di “freni di emergenza” in caso di superamento di livelli prefissati per alcuni prodotti sensibili. Ad esempio pollame, uova e zucchero. Secondo Confagricoltura, la proposta della Commissione è insufficiente perché dovrebbe essere fatto il punto sulle conseguenze che l’aumento delle importazioni dall’Ucraina ha avuto in termini di contrazione dei prezzi per cereali e semi oleosi nella Ue. Stando ai dati della Commissione, gli arrivi di grano ucraino sono aumentati del 40% da gennaio a ottobre dello scorso anno rispetto allo stesso periodo del 2022.

Nei giorni scorsi, la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo ha chiesto di includere cereali, semi oleosi e miele nella lista dei prodotti sensibili. E che il “freno di emergenza” – in buona sostanza il ripristino dei dazi alle dogane – si attivi in caso di superamento della media delle importazioni dall’Ucraina nel biennio 2021-2022. Confagricoltura ha invitato gli europarlamentari italiani a far blocco sulla posizione della Commissione Agricoltura per il rinnovo della Pac. Il sostegno all’Ucraina è naturalmente fuori discussione.

Oltre alla sospensione dei dazi, l’Unione ha attivato i “corridoi di solidarietà” per sostenere le esportazioni agroalimentari di Kiev e altre iniziative possono essere studiate. Ad esempio, l’acquisto di prodotti ucraini da parte della Ue per il successivo invio ai paesi meno avanzati dipendenti dalle importazioni per la copertura del fabbisogno alimentare interno. L’equilibrio sui mercati europei va, però, ristabilito.

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Dichiarazione dei redditi 2024, tutte le novità

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dichiarazione redditi 2024 novità modi e tempi
Dichiarazione dei redditi 2024. Foto X @fisco24_info

La dichiarazione dei redditi 2024 si caratterizza per numerose novità. Dalla precompilata per le partite IVA alle modifiche sul fronte del modello 730. Due le scadenze da rispettare, dopo la proroga al 15 ottobre prevista alla luce dell’avvio del concordato preventivo biennale. Sia per dipendenti e pensionati che per i titolari di partita IVA, la stagione dichiarativa che si appresta a partire si caratterizza dunque per numerosi aspetti da monitorare.

In primis, le modifiche sul fronte della dichiarazione dei redditi precompilata. Dal 2024 partirà in via sperimentale anche per i titolari di partita Iva, mentre per dipendenti e pensionati che utilizzano il modello 730 si va verso un nuovo schema di collaborazione con il Fisco, che vede al centro la semplificazione di procedure e linguaggio. A cambiare anche le scadenze della dichiarazione dei redditi. Se in prima battuta si prevedeva un termine unico al 30 settembre per tutti i contribuenti, l’avvio del concordato preventivo biennale per i titolari di partita Iva ha portato a una proroga del termine di invio al 15 ottobre.

I tempi della Dichiarazione

Dichiarazione dei redditi 2024, le novità del modello 730 precompilato e ordinario. È il decreto legislativo n. 1/2024 in materia di semplificazione degli adempimenti tributari ad aver modificato in più parti le regole relative al modello 730. In prima battuta, è previsto che in via sperimentale a partire dall’anno in corso l’Agenzia delle Entrate metta a punto un nuovo sistema di precompilazione dei dati. Il contribuente potrà intervenire sulle informazioni in possesso del Fisco ancora prima della messa a disposizione del modello 730 precompilato, mediante un percorso semplificato e guidato.

Una modalità alternativa alle regole ordinarie per la compilazione e la modifica dei dati del modello 730 precompilato, mediante la quale al contribuente non sarà richiesto di agire sui singoli quadri della dichiarazione dei redditi. Bensì sulle informazioni in possesso dell’Agenzia delle Entrate. I dati modificati, integrati o confermati saranno quindi successivamente inseriti nel modello 730 precompilato in automatico, e la dichiarazione potrà essere quindi trasmessa in via telematica all’Agenzia delle Entrate.

I redditi da attività estere

Non solo precompilata. Le novità interessano anche i contribuenti che potranno inviare il modello 730 così come le modalità di trasmissione. Nel modello 730/2024 anche i redditi relativi ad attività estere di natura finanziaria o patrimoniale. Così come previsto dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate pubblicato il 29 febbraio, nel modello 730/2024 entreranno anche i redditi relativi alle attività estere di natura finanziaria o patrimoniale.

IVIE, IVAFE e l’imposta sostitutiva sulle cripto-attività si calcoleranno mediante il nuovo quadro W, che consentirà di assolvere anche agli obblighi di monitoraggio fiscale. Nel quadro L trovano inoltre spazio la rivalutazione dei terreni e la tassazione sostitutiva dei redditi di capitale di fonte estera. Novità anche sul fronte della possibilità di trasmettere la dichiarazione dei redditi senza sostituto d’imposta.

Se fino allo scorso anno era possibile optarvi solo in caso di effettiva assenza di un sostituto chiamato ad effettuare le operazioni di conguaglio (rimborsi Irpef o addebiti d’imposta), dal 2024 questa modalità si estende a tutti. Così in Dichiarazione si ampliano le casistiche per le quali si potrà richiedere il pagamento del rimborso all’Agenzia delle Entrate o versare autonomamente il debito Irpef emerso dalla dichiarazione. La dichiarazione dei redditi precompilata si apre infine anche ai titolari di partita Iva.

 

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Fringe benefit: analisi Consulenti del Lavoro sulle novità 2024

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Fringe benefit
Fringe benefit: analisi Consulenti del Lavoro sulle novità introdotte nel 2024 - diritto-lavoro.com Foto crediti: Pinterest

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha recentemente pubblicato un’analisi dettagliata riguardante le soglie di non imponibilità relative ai fringe benefit erogati ai dipendenti. Questo studio prende in esame la natura giuridica di tali compensi, la loro regolamentazione contrattuale e il trattamento fiscale e contributivo, focalizzandosi in particolar modo sulle disposizioni introdotte dalla Legge di Bilancio 2024. Vengono altresì analizzate le condizioni per l’accesso alle nuove soglie di esenzione, i doveri imposti ai datori di lavoro e ai dipendenti, nonché le modalità di erogazione

In data 22 febbraio 2024, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha esaminato il regime normativo relativo ai fringe benefit erogati dai datori di lavoro ai propri dipendenti, aggiuntivamente alla retribuzione ordinaria. Il documento di approfondimento in questione è concepito con l’obiettivo di realizzare una risorsa pratica e informativa per una gestione efficace dei suddetti benefici accessori nell’ambito dei rapporti lavorativi. Esso, infatti, fornisce indicazioni attuali e chiarimenti in conformità alle più recenti disposizioni normative, al fine appunto di agevolarne un’amministrazione ottimale.

Novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2024

Negli ultimi anni, si è osservato un crescente interesse da parte del legislatore nei confronti dei fringe benefit, mirando a sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori e ad incentivare le imprese nell’offrire tali agevolazioni in modo più diffuso. Diverse sono state le iniziative volte ad aumentare il limite di esenzione fiscale (passando da 258,23 a 500, 600, 3.000 euro, ecc.) e ad espandere la gamma dei beni e servizi compresi, come ad esempio il rimborso delle spese per le utenze domestiche.

Con la recente Legge di Bilancio 2024 (art. 1, comma 16, L. n. 213/2023), il legislatore ha introdotto una deroga all’articolo 51, comma 3, del Testo Unico della Imposte sui Redditi (TUIR), stabilendo che, limitatamente all’anno fiscale 2024, non saranno considerati nel reddito complessivo fino a un massimo di 1.000 euro (anziché 258,23), il valore dei beni e servizi concessi ai dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica, del gas naturale, delle spese di affitto per la prima casa e degli interessi sul mutuo per la prima casa. Tale soglia è ulteriormente elevata a 2.000 euro per i dipendenti con figli a carico, includendo anche figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti e figli adottivi o affidati.

È evidente notare come il legislatore abbia voluto estendere l’ambito di applicazione dell’articolo 51, comma 3, del TUIR, comprendendo nel non concorso al reddito da lavoro dipendente anche le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per le utenze domestiche, le spese di affitto per la prima casa e gli interessi sul mutuo per la prima casa, non trattandosi di un beneficio in natura ma di un reale rimborso per spese sostenute.

Condizioni per l’ottenimento dei fringe benefit

In relazione alle questioni di spettanza previste dalla normativa, l’Agenzia delle Entrate, mediante la Circolare n. 23/2023, ha chiarito che nel caso di un figlio con età superiore ai 21 anni, in cui i genitori hanno convenuto che sia il genitore con il reddito più elevato a beneficiare al 100% delle detrazioni fiscali, l’altro genitore può anch’egli usufruire di tali agevolazioni, a condizione che il figlio sia considerato fiscalmente a carico di entrambi i genitori.

Dal punto di vista delle operazioni pratiche, nel momento in cui il datore di lavoro decide di fornire al dipendente un bene e/o un servizio in natura come fringe benefit, è necessario formalizzare tale riconoscimento. Tale formalizzazione può avvenire all’interno del contratto di lavoro o mediante un accordo separato, sia all’inizio del rapporto lavorativo che in corso di esso.

Affinché i datori di lavoro possano applicare tali agevolazioni, devono informare, se presenti, le Rappresentanze Sindacali Unitarie.

I lavoratori che rientrano nella fascia di esenzione più elevata devono presentare un’autocertificazione al datore di lavoro, attestando di avere figli fiscalmente a carico e fornendo i relativi codici fiscali. Essi sono, inoltre, tenuti a comunicare eventuali variazioni delle loro condizioni durante l’anno.

Regime fiscale dei fringe benefit e procedure di rendicontazione

Qualora la somma dei fringe benefit riconosciuti al lavoratore non superi le soglie stabilite per il periodo di imposta 2024, tali benefici sono esenti sia dal punto di vista fiscale che da quello contributivo, in conformità al principio di armonizzazione delle basi imponibili previste dal Decreto Legislativo n. 314/1997 e alla Circolare INPS n. 49/2023.

Il superamento delle soglie indicate per l’anno 2024, pari a 1.000 euro o 2.000 euro, comporta l’imponibilità totale dei valori dei fringe benefit. Lo stesso vale nel caso in cui non sussistano più le condizioni per l’estensione della soglia a 2.000,00 euro nel caso di figli a carico. In tali circostanze, il datore di lavoro è tenuto a effettuare le operazioni di conguaglio entro la scadenza del periodo di imposta.

Infine, al termine dell’anno fiscale, il datore di lavoro è obbligato a comunicare gli importi relativi ai fringe benefit concessi ai dipendenti tramite la Certificazione Unica 2025 per l’anno fiscale 2024, la cui presentazione è prevista per marzo 2025, conformemente al modello ministeriale e alle disposizioni normative vigenti.

 

 

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Assegno d’Inclusione: si allarga la categoria di beneficiari?

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Assegno Inclusione novità
Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Elvira Calderone @Crediti Ansa - DirittoLavoro

Introdotto da poche settimane, l’Assegno d’Inclusione potrebbe già subire alcune modifiche in merito ai requisiti per poterlo ottenere. Questo fa intuire che si potrebbe allargare la tipologia di persone a cui la misura è destinata.

La misura lanciata dal Governo Meloni e riconosciuta come Assegno d’Inclusione è stata attivata da gennaio 2024. Nasce come sostegno economico e di inclusione sociale e professionale a favore di categorie aventi diritto. Secondo il sito ufficiale del Ministero del Lavoro, esistono dei requisiti indispensabili per poterlo ottenere (residenza, prova ISEE, situazione reddituale, nucleo familiare e partecipazione iter per ottenere lavoro e inclusione sociale). Nata per sostituire il Reddito di Cittadinanza, tuttavia, ad oggi sembra che non ci siano i numeri per poterla definire una misura che si applica in ampia portata. A tal proposito potrebbero presto subentrare delle modifiche che vadano, difatti, a modificare la platea dei beneficiari.

Gli attuali beneficiari dell’Assegno d’Inclusione: i numeri

Secondo i dati pubblicati dal Ministero del Lavoro, relativi ai pagamenti di gennaio e alle domande respinte, i beneficiari dell’Assegno d’Inclusione sarebbero oggi meno di quanto si aspettava. A tal proposito, si è diffusa la voce di una possibile modifica ai requisiti per l’ottenimento effettivo della misura. Sempre dai numeri dal Ministero del Lavoro, in un comunicato dello scorso 16 febbraio 2024, emerge che nel mese di gennaio 2024 sono stati circa 480mila nuclei familiari ad ottenere l’Assegno d’Inclusione, a fronte di una platea potenziale di 737mila. Inoltre, le richieste sono state in totale 779.302 e questo indica il numero delle ‘scartate’. Come chiarisce ancora il comunicato, sarebbero 24.115 le domande che richiedono un supplemento di istruttoria per l’accertamento di disabilità o nucleo familiare non conforme.

Mentre sarebbero 77.331 le domande che hanno bisogno di approfondimenti per dichiarazione sostitutiva unica (DSU) difforme. Ancora 801 domande sarebbero sospese per controlli sulla residenza anagrafica e su 22.762 domande l’INPS attende il controllo della certificazione da parte degli enti preposti. Le domande respinte o bocciate sarebbero, invece, 182.350. In merito a questo ultimo dato, il Ministero del Lavoro informa che i principali motivi per cui le domande, ad oggi, sono state scartate sono: il superamento del reddito, la mancata dichiarazione lavorativa e il superamento della soglia DSU.

I perché delle ipotesi di modifica

Ad indagine fatta, sarebbe emerso che molti nuclei familiari beneficiari del Reddito di Cittadinanza oggi sono esclusi dalla nuova misura di sostegno, questo pur mantenendo situazioni lavorative e familiari di precarietà e fragilità. Se da un lato, dunque, i nuovi requisiti hanno dissuaso i più ‘furbi’ a richiedere il sostegno, dall’altro lato esistono famiglie per cui i requisiti sono troppo alti, pur vivendo in situazioni poco affini all’inclusione sociale. Per fare ulteriore chiarezza, l’INPS fornisce alcuni chiarimenti in merito alle domande per l’Assegno d’Inclusione attualmente respinte o sospese. Nel Messaggio numero 684 del 14 febbraio 2024 l’Istituto di previdenza spiega, a tal proposito, come gestire le possibili informazioni disponibili in piattaforma nella propria area riservata.

L’Esecutivo è ben conscio di quanto sta accadendo, per questo motivo a Palazzo Chigi diversi osservatori stanno considerando l’idea di apportare alcune modifiche nei parametri. Partendo dalla scala di equivalenza, senza comunque tralasciare l’introduzione di una disciplina meno severa per le persone occupabili o in età da lavoro. Inoltre, la variabile rappresentata dal numero dei figli potrebbe avere più peso nella scala di equivalenza. In attesa di notizie ufficiali, si apprende infine che sarà il Comitato scientifico, eventualmente, a trattare le modifiche per la ‘consegna’ dell’Assegno d’Inclusione.

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Ticket licenziamento: le novità del 2024

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Ticket licenziamento
Versamento di denaro - DirittoLavoro

Nell’anno 2024 sono subentrate delle modifiche in merito all’importo del ticket licenziamento (o contributo NASpI) che spetta ad un (ex) lavoratore per le cessazione dell’attività lavorativa, ma con diritto alla disoccupazione. 

Con ticket licenziamento si intende il contributo che il datore di lavoro è tenuto a versare all’INPS nel caso in cui si verifichi una cessazione di rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (avente diritto alla NASpI). L’importo si adegua ogni anno ai dati sull’inflazione, in quanto è legato al trattamento di disoccupazione. Con il messaggio 531 del 7 febbraio 2024, l’INPS recepisce l’importo massimo relativo al corrente anno. In merito a questa circolare si può dire che il ticket ammonta a 635,67 euro annuali, per un importo massimo pari a 1907,01 per il triennio di anzianità. Di seguito un analisi nel dettaglio con le dovute eccezioni e precisazioni.

Cosa rappresenta il ticket licenziamento

Il ticket licenziamento finanzia l‘indennità di disoccupazione e il datore di lavoro è tenuto al versamento, questo a prescindere che il dipendente che ha cessato la sua attività lavorativa faccia richiesta di NASpI. Questo contributo è stato introdotto con l’articolo 2, commi 31-35, della Legge n. 92/2012 e deve essere pagato sempre in caso di interruzione di lavoro a tempo indeterminato. Inoltre, occorre precisare che il ticket licenziamento, oltre che per il licenziamento stesso, è dovuto anche in caso di: dimissioni per giusta causa, dimissioni durante la maternità, risoluzione consensuale a seguito della conciliazione obbligatoria presso la Direzione Territoriale del Lavoro quando il datore intende licenziare per giustificato motivo oggettivo.

Il contribuito spetta anche a seguito della risoluzione consensuale, qualora il dipendente rifiuti il trasferimento presso un posto di lavoro distante oltre i 50 Km dalla residenza, o raggiungibile con oltre 80 minuti per mezzo del trasporto pubblico. Ed infine è dovuto ticket licenziamento anche nel caso in cui il contratto da apprendistato non si trasformi in indeterminato. Tuttavia, occorre fare un primo importante chiarimento in merito. Infatti, con il messaggio n. 1400 del 29 marzo 2022, l’INPS specifica che in caso di fallimento della società il datore può essere esonerato dal pagamento del ticket.

Altre tipologie di contratto oltre l’indeterminato

Come accennato in apertura, l’importo del ticket licenziamento è fissato in misura pari al 41% del massimale mensile di disoccupazione per ogni 12 mesi di anzianità aziendale del cessato negli ultimi tre anni. Altra precisazione doverosa riguarda il fatto che il contributo è dovuto anche nel caso del lavoro part-time. In questo situazione la tassa licenziamento non è proporzionata alla percentuale part-time, ma è dovuta sempre in misura piena. Inoltre, il ticket è dovuto anche nel caso di licenziamenti collettivi, dove la misura equivale a quella prevista per i licenziamenti individuali. In questa condizione (di licenziamento collettivo) esiste un’eccezione importante. Infatti, se la dichiarazione di eccedenza del personale si manifesta senza accordo sindacale, l’importo dovuto si triplica.

Un caso a sé riguarda il licenziamento nel settore edilizia. Infatti, in questo contesto esiste un esonero alla tassa per le imprese in cui l’interruzione di lavoro avviene per completamento delle attività e chiusura del cantiere. Infine, per quanto riguarda i lavori a tempo determinato è bene chiarire che già dalla L. 92/2012 è previsto un contributo addizionale per questi tipo di contratto a termine. Equivale ad un contributo aggiuntivo pari all’1.4% dovuto dai datori di lavoro per il personale a tempo determinato. Si tratta di un contributo che in questo caso si sostituisce al ticket licenziamento, ma che va a finanziare la NASpI del dipendente e permettere, quindi, anche ad un dipendente a tempo determinato di usufruire della disoccupazione.

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Ristrutturare casa, i bonus in vigore nel 2024

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bonus ristrutturazione 2024 regole
Foto X @GeometrInRete

Alla fine di quest’anno scadranno diverse agevolazioni attive, in sostanza dei bonus, per ristrutturare casa. Non è ancora chiaro cosa deciderà di fare il Governo Meloni. Per ora si è deciso però di limitare sempre di più le possibilità di ottenere sconti per i cittadini. In ogni caso, almeno per tutto il 2024, nonostante il continuo e graduale depotenziamento del Superbonus edilizio al 110%, le opzioni restano più d’una.

Lo strumento principale utilizzato negli ultimi anni per rilanciare il settore dell’edilizia è stato senza dubbi il Superbonus. Dalla sua introduzione a oggi la politica ha però deciso di svuotarlo pian piano. La prima versione aveva un’aliquota di sconto al 110%, scesa poi al 90%. Adesso – fatta eccezione per casi particolari – è al 70%. Resterà in vigore anche nel 2025, quando però ci sarà un ulteriore abbassamento al 65%.

Gli ecobonus

Confermato fino alla fine del 2024 è invece l’Ecobonus. Nella sua versione ordinaria è un bonus che consiste in una detrazione Irpef e Ires che può andare dal 50% al 75% per diversi lavori mirati a limitare l’impatto ambientale di un’abitazione. Tra questi ci sono l’installazione di pannelli solari e la sostituzione di impianti di riscaldamento, cappotti e pareti isolanti. Stessa scadenza, la fine di quest’anno, per un’altra detrazione fiscale pensata per ridurre il rischio sismico, con aliquota variabile. Si può arrivare fino all’80% se i lavori sugli immobili singoli riducono di almeno due classi il rischio sismico. Fino all’85%, alle stesse condizioni, per i condomini. C’è però un limite di spesa detraibile per questo genere di bonus. Ovvero quella fissata a 96mila euro per ogni unità abitativa.

Barriere architettoniche

Di recente lo Stato ha ridimensionato il bonus barriere architettoniche. Il quale resta comunque un’opzione vantaggiosa (lo sconto è del 75%) per i lavori che riguardano ascensori, rampe, scale e piattaforme. Prima dell’ultima modifica, arrivata alla fine del 2023, lo si poteva utilizzare anche per i bagni e gli infissi di porte e finestre. Il bonus è confermato fino alla fine del 2025. La detrazione di deve calcolare in riferimento ad alcuni limiti di spesa.

Cinquantamila euro per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti. Quarantamila euro (moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio) per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari. Trentamila euro (moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio) per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.

Bonus ristrutturazione e mobili

Poi c’è il bonus ristrutturazione, detrazione Irpef al 50% (su una spesa che non può superare i 96mila euro) per la manutenzione straordinaria. Ma anche per il restauro, il risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia di immobili. Da qui al 31 dicembre 2024 si può anche usufruire del bonus al 36% sulle spese sostenute per interventi effettuati sulle aree verdi: giardini, terrazzi e balconi. Il limite di spesa è di 5mila euro.

Sopravvive anche il bonus per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, seppur in forma ridotta come altre agevolazioni. Qui la detrazione è al 50%, su una spesa massima di 5mila euro (all’inizio era di 16mila euro, poi è stata abbassata a 8mila euro). Il 2024 potrebbe essere il suo ultimo anno. Considerando che la maggior parte delle agevolazioni citate – salvo eventuali proroghe – scadranno nel 2024, questo potrebbe essere il momento di programmare i lavori sugli spazi domestici.

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Salario, la parità fra donne e uomini è ancora un miraggio

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Donne lavoro salario gender gap
Foto X @fisco24_info

Il divario di genere fra uomini e donne sul lavoro e per quanto riguarda il salario, in particolare, è un tema sempre più sotto i riflettori in Italia. A fotografare lo scenario attuale ci ha pensato Lhh, società del Gruppo Adecco per la ricerca di personale, che ha elaborato un’analisi sul tema.

Negli ultimi trent’anni le donne hanno fatto molti progressi in tema di partecipazione al mercato del lavoro. Ma la strada si mostra ancora lunga e la parità è lontana dall’essere raggiunta. Basti pensare che, circa la retribuzione salariale, è come se le lavoratrici italiane cominciassero a percepire un salario a partire da febbraio pur lavorando regolarmente dal 1° gennaio.

Meno donne occupate

Nel 2022 l’occupazione femminile eÌ€ tornata a crescere, superando il 51%, contro il 69% degli uomini. L’aumento del numero di donne entrate o rientrate a far parte nel mondo del lavoro eÌ€ testimoniato anche dalla riduzione del tasso di disoccupazione, che si attesta al 9,5% per le donne e al 7% per gli uomini. L’aumento della partecipazione economica delle donne al lavoro non risolve però un divario di genere evidente, in quanto le donne occupate sono di meno, trovano meno lavoro e tendenzialmente sono meno spinte a far parte della forza lavoro. Oppure, scoraggiate dalla difficoltaÌ€ a trovare un impiego, rinunciano a cercarlo più̀ facilmente rispetto agli uomini. Questa considerazione non vale peroÌ€ per tutte. Sul piano del livello di istruzione sono principalmente le non laureate a scontare una minor presenza nel settore rispetto ai colleghi. Al contrario, le donne laureate con un’occupazione sono più̀ degli uomini.

Forti differenze di salario

Le discrepanze si fanno decisamente sentire quando si tratta di salario. L’Osservatorio JobPricing, che monitora le retribuzioni del settore privato, per l’anno 2022 ha registrato un pay gap pari all’8,7%, che arriva al 9,6% considerando la retribuzione globale annua, comprensiva cioè della parte variabile. In termini monetari, questo si traduce in un gap di circa 3.000 euro fra un salario maschile e uno femminile. Analizzando l’andamento del pay gap in Italia dal 2014 a oggi, è possibile notare come sia sia verificato un tendenziale miglioramento del differenziale retributivo, ma la situazione è ancora lontana dall’essere risolta.

Se si guarda al divario retributivo di genere complessivo, ovvero alla differenza tra il salario annuale medio che lavoratori e lavoratrici percepiscono, questo si stima per l’Italia al 43%. Il nostro Paese si posiziona al quarto posto tra i divari più alti in Europa, dopo Paesi Bassi, Austria e Svizzera. In base all’indagine svolta, emerge che le donne rappresentano la minoranza tra i ruoli dirigenziali e quadri. La disparità risulta più evidente nel settore privato. In quel contesto i dirigenti sono uomini nell’83% dei casi, nel 17% sono donne. Per quanto riguarda i quadri, il 69% sono uomini e il 31% donne, mentre, se si guarda il dato del mercato nel suo complesso, la situazione risulta migliore. Questo è un segno che nel settore pubblico il gap, seppur presente, è meno accentuato. I dirigenti sono al 67% uomini, al 33% donne. Per quanto riguarda i quadri: al 55% sono uomini e al 45% donne.

 

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Rapporto Draghi: se non cambia, l’Europa è destinata a non contare nulla

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Draghi Europarlamento rapporto competitività
Foto X @EP_President

Pochi giorni dopo la sua partecipazione all’Ecofin informale di Gand, in Belgio, Mario Draghi ha esposto le sue tesi sulla competitività europea di fronte ai presidenti delle commissioni dell’Europarlamento. “Mi hanno chiesto al termine di Ecofin quale sia l’ordine delle riforme necessarie per l’Ue” ha detto. “Quale sia l’ordine non lo so, ma per favore, è il momento di fare qualcosa, decidete voi cosa ma per favore, si faccia qualcosa, non si può passare tutto il tempo a dire no”.

Come è noto Draghi sta compilando un rapporto sul tema della competitività europea sui mercati. Nel fine settimana appena trascorso l’ex premier italiano ha presentato il suo rapporto ai ministri delle Finanze dei 27. In quella occasione ha insistito sulla necessità di mobilitare enormi investimenti per consentire all’Unione europea di competere con Stati Uniti e Cina. Investimenti sia pubblici che privati.

Draghi: “Riforme subito!”

I soldi – ha detto ai parlamentari un Mario Draghi dal linguaggio piuttosto schietto – sono solo un aspetto del problema. L’altro aspetto è una profonda rivisitazione delle regole che abbiamo costruito e sulle quali abbiamo lavorato. Il mercato unico è un altro esempio. Le chiamavamo riforme strutturali. È quello che dobbiamo fare ora: riforme strutturali, a livello di Unione Europea. Il mercato unico è altamente imperfetto. Ci sono centinaia di direttive che non vengono attuate, o che vengono attuate in modo diverso a seconda dei Paesi“.

Il mercato elettrico – ha proseguito – è un altro settore cui dobbiamo guardare, perché chiaramente l’Europa non può essere competitiva, se paghiamo l’elettricità due volte tanto quanto costa negli Usa e il gas naturale cinque o sei volte tanto. Ci sono molte cose che dobbiamo fare, delle quali i soldi sono solo una” ha concluso.

Tre orizzonti per il futuro

L’ex banchiere centrale ha ricordato che “negli ultimi anni, l’Unione Europea ha ottenuto importanti risultati. Dall’adozione di politiche climatiche e digitali all’avanguardia a livello mondiale. E dalla definizione degli strumenti che guidano la ripresa dell’Europa dalla pandemia di Covid alla riduzione della nostra dipendenza dalle importazioni energetiche russe. In questi frangenti, il Parlamento europeoè stato determinante e spesso ha aperto la strada“. E tuttavia “nonostante i successi ottenuti negli ultimi anni nell’affrontare crisi e shock, ci troviamo in un momento critico“.

Tre le tendenze convergenti che costringono a considerare come rafforzare la competitività europea nel lungo periodo. La prima è la rapida accelerazione della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica che continua a migliorare l’organizzazione del lavoro e il suo ruolo nello stimolare la crescita produttiva. Un esempio è costituito dagli sviluppi compiuti nello sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa, le cui applicazioni pratiche in ambiti quali la sanità e l’istruzione sono di vasta portata.

La seconda tendenza è il cambiamento climatico che sta spingendo l’ecosistema naturale a un punto critico, costringendo tutti ad agire per accelerare la transizione ecologica. La terza deriva da un contesto geopolitico in rapida evoluzione caratterizzato da una maggiore spinta al conflitto. Stanno cioè aumentando a livello planetario le guerre militari ma anche quelle ibride, cibernetiche, economiche. Una realtà che “sta costringendo l’Unione europea a riesaminare il proprio approccio alla globalizzazione“. Draghi ha citato le pratiche anticoncorrenziali di alcuni concorrenti che “continuano a compromettere la parità di condizioni a livello globale e l’autonomia strategica aperta della Ue”. Tutto questo “richiede una riflessione seria sulla riduzione del rischio delle potenziali vulnerabilità“.

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Apple sotto il pugno di ferro di Vestager

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Margrethe Vestager Apple maxi multa Ue
Foto Ansa/Epa Oliver Matthys

L’autorità Antitrust dell’Unione europea, che fa capo alla Commissaria per la Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, sarebbe sul punto di sanzionare pesantemente la big tech americana Apple. Secondo il Financial Times, l’azienda di Cupertino potrebbe ricevere una maxi multa da 500 milioni di dollari. Il motivo? La violazione delle regole sulla concorrenza per quanto riguarda i servizi di streaming musicale.

Il quotidiano della City di Londra cita 5 fonti a conoscenza dell’indagine e afferma che l’annuncio della multa a Apple dovrebbe arrivare all’inizio di marzo. La Commissione europea sarebbe giunta alla decisine di infliggere la pesante sanzione a seguito di un’approfondita indagine sull’ipotesi che Apple abbia volutamente bloccato alcune app. Ossia non abbia consentito agli utenti di iPhone di venire a conoscenza di alternative più economiche per accedere ad abbonamenti musicali al di fuori dell’App Store. L’indagine è dell’Antitrust europeo è stata avviata sulla base di un reclamo di Spotify del 2019.

La maggior sanzione della Ue a Apple

Secondo la ricostruzione del Financial Times, nell’arco delle prossime settimane Apple dovrà rispondere dell’accusa di abuso di posizione dominante. E anche di pratiche commerciali anticoncorrenziali. L’Antitrust europea riterrebbe che il colosso di Cupertino applichi “condizioni commerciali sleali“. Non sarebbe certo la prima volta che una grande azienda di Internet subisce una maxi multa da parte di un’autorità pubblica transnazionale.

Il punto è che, in questo caso, si tratterebbe di una delle più importanti che mai l’Unione europea ha imposto alle grandi aziende tecnologiche. Salvo una serie di sanzioni a carico di Google per 8 miliardi di euro su cui pendono ancora dei ricorsi. Apple non è mai stata multata dall’Antitrust europea. Nel 2020 ha ricevuto una multa per 1,1 miliardi in Francia per comportamento anticoncorrenziale, poi ridotta a 372 milioni dopo il ricorso. Secondo il quotidiano economico inglese la tempistica dell’annuncio della Commissione non è stata ancora fissata precisamente, ma non cambierà la direzione dell’indagine antitrust.

Vestager, la ‘dura’ di Bruxelles

La Commissaria Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager, in carica da 10 anni, aveva già sanzionato Apple in passato. Il 29 agosto 2016, dopo un’indagine dei suoi uffici durata due anni, Vestager aveva annunciato che Apple Inc aveva ricevuto indebiti benefici fiscali dall’Irlanda. La Commissione, dunque, ordinò alla Apple di rimborsare 13 miliardi di euro in imposte non pagate all’Irlanda per il periodo 2004-2014. Dopo molta resistenza sia del governo irlandese che della multinazionale americana, la società di fondata da Steve Jobs aveva pagato nel 2018 un totale di 14,3 miliardi (compresi gli interessi) per chiudere il caso.

Il governo di Dublino, tuttavia, aveva dichiarato in quell’occasione che avrebbe tenuto i soldi di Apple in un fondo separato fino alla conclusione del ricorso contro il provvedimento che era stato presentato alla Commissione Europea. In quello stesso ano, il 2016, Margrethe Vestager ricevette il Women of Europe Awards, nella categoria Woman in Power. La sua fama di ‘dura’ si è fatta strada fino a oggi, come dimostra il caso della maxi multa alla Apple che il Financial Times ha svelato. Dal 15 maggio 2023, a seguito delle dimissioni della commissaria Marija Gabriel, Vestager ha assunto ad interim anche il portafoglio per l’innovazione e la ricerca in seno alla Commissione europea.

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