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Bonus mamme 2024, cosa c’è da sapere

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bonus mamme gennaio 2024
Foto X @fisco24_info

Dal gennaio 2024, fra poche settimane, arriva il cosiddetto bonus mamme. Si tratta di una decontribuzione per le lavoratrici madri che hanno almeno due figli a carico. La norma, inserita nella manovra di bilancio del Governo Meloni, e quindi non ancora definitiva, presenta delle differenze nel caso di lavoratrici con due figli o con tre o più figli.

Il bonus è in realtà uno sconto sui contributi che vale per tutte le madri lavoratrici con due o più figli con contratti a tempo indeterminato, indipendentemente dal livello della retribuzione, con l’esclusione del lavoro domestico.

Bonus per le mamme con 3 figli

In base alle regole del bonus, le lavoratrici madri con 3 o più figli avranno un esonero del 100% della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore. Fino al mese di compimento del 18° anno di età del figlio più piccolo. Questa regola varrà per le buste paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026.

La normativa prevede un limite massimo annuo di 3mila euro per il bonus. Valore riparametrato su base mensile. Solo per il 2024, le stesse condizioni si applicano per le mamme con due figli. Ma almeno uno dei figli deve avere meno di 10 anni di età.

Chi usufruirà della decontribuzione

Le mamme che usufruiranno della decontribuzione in base al bonus sono circa 800mila. Di esse 600mila hanno 2 figli e 214 mila hanno 3 o più figli. Si tratta del 27,8% delle madri lavoratrici dipendenti con almeno un figlio minore. Ovvero il 10% delle donne lavoratrici dipendenti e l’8,4% delle donne occupate, secondo i dati Istat. I numeri sono leggermente diversi nella relazione tecnica alla legge di Bilancio 2024, secondo cui le lavoratrici madri del settore privato con almeno 3 figli, di cui uno under 18, sarebbero circa 111 mila. Quelle con due figli, di cui uno sotto i 10 anni, circa 571 mila.

Secondo un report dell’ufficio parlamentare di Bilancio, gli effetti della misura, ovvero del bonus mamme, “si intrecciano e si sovrappongono con quelli della decontribuzione parziale fino a 35mila euro di retribuzione lorda. E pertanto il vantaggio risulterà più ridotto di quello che si verificherà dal 2025, quando quest’ultima non sarà più in vigore“.

La soglia dei 35mila euro

Il Corriere della Sera riporta un’analisi condotta con il modello di microsimulazione Upb. Da essa emerge che nel complesso “le lavoratrici madri con figli beneficeranno di una riduzione di contributi di circa 1,5 miliardi. Per poco più della metà (790 milioni) dovuti alla decontribuzione parziale e per la restante parte alla misura specifica”. Mentre la prima si rivolge interamente a lavoratori con retribuzioni inferiori a 35mila euro, l’intervento specifico per le madri è per circa il 57% a vantaggio delle lavoratrici con meno di 35mila euro. E per il restante 43% è invece destinato a lavoratrici con retribuzioni superiori.

I tecnici stimano quindi un beneficio al netto delle imposte intorno ai 1.700 euro nel caso di una retribuzione lorda di 27.500 euro. Si tratta appunto di previsioni che si dovranno poi verificare sul campo. Ma, al di là del fatto che la quota di mamme lavoratrici a cui il bonus è destinato appare piccola, c’è comunque uno sforzo di venire incontro alle donne che  lavorano, spesso le prime a essere espulse dal mercato del lavoro. E proprio per la necessità di dover accudire i figli.

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Stangata Rc Auto, aumenti del +7,9% in un anno

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auto polizza rincari 2023
Foto X @ilSalvagenteit

Il rialzo dell’assicurazione obbligatoria Rc auto per la responsabilità civile quando siamo alla guida di un veicolo è ormai tangibile. “Il prezzo medio dell’Rc auto è di 388 euro, in aumento del +7,9% su base annua in termini nominali. In termini reali, l’aumento è del 6,2%“. A certificarlo è l’Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, che ha fornito i dati degli aumenti dei contratti di assicurazione sottoscritti ad ottobre 2023.

Sul territorio esiste un differenziale di premio assicurativo per la Rc auto che si sta via via facendo sempre più profondo. Per fornire soltanto il dato più emblematico, il premio assicurativo che un automobilista si trova a pagare (calcolato anche sulla base delle statistiche degli incidenti) diverge molto tra Napoli e Aosta, si legge ancora nella nota.

Le differenze fra le grandi città

E arriva a toccare i 239 euro: un valore stabile su base annua. Ma in realtà il premio medio effettivo risulta più elevato al Centro – dove è pari a 424 euro – e al Sud – dove raggiunge i 413 euro. Risultano infine ampiamente diffuse le clausole di guida esperta (63,6% dei casi) e quelle del risarcimento in forma specifica (27,2%).

A Napoli per assicurare una vettura si pagano in media 556 euro mentre ad Aosta ci si ferma a 317 euro. Nei grandi centri si segnalano i 435 euro in media di Roma, i 376 euro di Milano, i 417 euro di Torino, i 442 di Genova. Al Sud risulta mediamente contenuto il costo delle polizze a Palermo (370 euro). A Bari si sale a 390 euro. I rincari più forti su base annua si segnalano a Caltanisetta e Vercelli (+12%) e poi a Milano e Roma (+10%).

Rc auto, la rabbia dei consumatori

Immediate le reazioni di Codacons, Assoutenti e Unc che hanno definito i ritocchi delle compagnie sui premi assicurativi delle Rc auto rispettivamente una “maxi stangata“, “mostruosi” e “una vergogna“. Da tempo, bisogna dirlo, i gruppi assicurativi italiani avevano preannunciato un ritocco alle tariffe. Necessario, a parer loro, per far fronte all’impatto dell’inflazione che si è abbattuto sull’intera filiera della gestione del sinistro. Un impatto che ha spesso mandato in rosso la redditività della gestione corrente del ramo danni, con un combined ratio superiore al 100%. In aggiunta, il settore, ha a più riprese rimarcato che i premi Rc auto erano sostanzialmente fermi da 10 anni.

Di qui, le nuove tariffe che come registrato dal Codaconsequivalgono a un incremento di circa 28 euro a polizza rispetto allo scorso anno. Ma se si considera che in Italia, in base all’ultimo dato fornito da Ivass, circolano 43 milioni i veicoli assicurati, di cui 32,5 milioni di autovetture, la stangata solo per la categoria degli automobilisti raggiunge la maxi-cifra di 910 milioni di euro“.

Anche Aiped, l’associazione periti estimatori danni, giudica “anomali i forti rincari delle polizze Rc Auto“. “Da tempo solleviamo la questione dei costi in capo alle compagnie di assicurazioni che si riflettono poi sulle tariffe praticate al pubblico spiega il presidente Luigi Mercurio. “Nell’ultimo anno abbiamo assistito a cambiamenti nel comparto assicurativo che hanno determinato un vero stravolgimento del concetto di perizia, attraverso l’utilizzo sempre più diffuso dei sistemi da remoto, perizie in authority, videoperizie. E addirittura il crescente ricorso alla IA (intelligenza artificiale) da parte delle compagnie di assicurazioni”.

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Aumenti salariali per i dipendenti pubblici nel mese di dicembre 2023

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Aumento salariale per i dipendenti pubblici nel mese di dicembre 2023
Aumento salariale per i dipendenti pubblici nel mese di dicembre 2023 - diritto-lavoro.com Foto crediti: Pinterest

In arrivo un aumento per i dipendenti pubblici. Questo mese si rivela un periodo di significativi cambiamenti finanziari per i dipendenti pubblici, poiché tra il 15 e il 18 dicembre si profila l’anticipo del rinnovo contrattuale. Questo sviluppo comporta un aumento diretto sulla busta paga, che vedrà l’inclusione dell’anticipo contrattuale insieme alla consueta tredicesima mensilità.

A quanto ammonterà questo incremento retributivo per i dipendenti pubblici? Secondo il Decreto Anticipi, gli aumenti salariali varieranno in base alle categorie di appartenenza e potrebbero oscillare tra i 700 ed i 2.000 euro. Decisione, questa, formalizzata attraverso l’introduzione dell’indennità di vacanza contrattuale maggiorata, il cui pagamento sarà effettuato in rate mensili a partire dal mese di gennaio 2024. Andiamo ad analizzare in maniera più approfondita cosa comporterà l’introduzione di tale incremento.

Aumento in busta paga per i dipendenti pubblici con contratto a tempo indeterminato

Il panorama retributivo dei dipendenti statali si appresta, dunque come già anticipato, a vivere importanti cambiamenti nel mese di dicembre 2023, come confermato dalle disposizioni del Decreto Anticipi collegato alla Manovra 2024. Mentre si profila un primo aumento in busta paga per i dipendenti del settore pubblico, il percorso verso il rinnovo organico dei contratti si annuncia più complesso, con trattative previste non prima del 2024. Il Decreto sopra citato prevede, infatti, un anticipo dell’incremento dell’indennità di vacanza contrattuale per il personale della Pubblica Amministrazione (PA) con contratto a tempo indeterminato. Iniziativa, questa, che coinvolgerà circa 2,5 milioni di dipendenti pubblici.

Come ha ufficialmente dichiarato il Ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, l’intenzione è quella di pervenire ad un accordo definitivo sul Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) entro il prossimo anno. Un altro anticipo confermato, in arrivo a dicembre, riguarda, poi, i percettori di trattamenti pensionistici, con la rivalutazione delle pensioni.

A quanto ammonta l’aumento retributivo per i dipendenti pubblici previsto dal Decreto Anticipi

Il comparto pubblico si avvia verso l’imminente aumento nelle retribuzioni previsto per il mese di dicembre, il quale avrà effetto sul bilancio dell’anno 2024. In altri termini, l’impatto tangibile di questo incremento si rifletterà già sull’ultimo stipendio percepito nel corso del 2023. La concessione di tale misura trova la sua motivazione nell’incremento dell’indennità di vacanza contrattuale destinata ai dipendenti della Pubblica Amministrazione con contratti a tempo indeterminato.

L’anticipo programmato si traduce in un aumento pari a 6,7 volte l’indennità di vacanza. Questo incremento, corrispondente al 3,35%, comporta un aumento medio mensile variabile tra i 700 e i 2.000 euro, a seconda delle mansioni e delle qualifiche professionali ricoperte. È essenziale sottolineare che l’importo menzionato precedentemente deve essere moltiplicato per le tredici mensilità annuali, delineando così l’ampiezza complessiva dell’aumento salariale.

Taglio del cuneo fiscale e aumenti in busta paga

Confermato nel 2024 il taglio del cuneo fiscale per i dipendenti pubblici analogamente a quanto avviene per i dipendenti del settore privato. Tale iniziativa si tradurrà in diversi benefici, delineando un quadro di riduzione degli oneri fiscali per diverse fasce di reddito:

  • i lavoratori con un reddito annuo inferiore a 25.000 euro godranno di una diminuzione del 7% nei contributi IVA;
  • coloro che percepiscono una retribuzione compresa tra 25.000 e 35.000 euro beneficeranno di una riduzione del 6% nei contributi IVA.

La previsione di tali misure si tradurrà in un incremento ulteriore della busta paga per i lavoratori del settore pubblico.

Analisi dettagliata degli incrementi in base agli inquadramenti professionali

L’aumento atteso nelle buste paga di dicembre, come precedentemente anticipato, assume la forma di un maxi-anticipo destinato a coprire la vacanza contrattuale. Tale erogazione avviene in via eccezionale, presentando un importo pari a 6,7 volte l’indennità di ogni inquadramento. Per approfondire le dinamiche di questi incrementi, secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, possiamo individuare le cifre specifiche in base agli inquadramenti professionali:

  • Operatori di Primo Grado dei Ministeri: 662 euro lordi.
  • Impiegato Tipo (Seconda Area, Fascia 3): 778,7 euro.
  • Funzionari (Terza Area, Fascia 1): 845,7 euro.
  • Dirigenti di Seconda Fascia: 1.516,4 euro.

Incrementi per il personale scolastico e sanitario

Analizziamo ora gli incrementi previsti per il personale scolastico e sanitario, tenendo conto delle recenti disposizioni normative e delle risorse allocate.

Per quanto riguarda gli incrementi nel comparto scolastico:

  • Professore delle Superiori con Meno di 8 Anni di Esperienza: circa 829,2 euro
  • Professore delle Superiori con Bassa Anzianità: circa 829 euro
  • Professore delle Superiori con Alta Anzianità: circa 1.228 euro
  • Maestro/a con Bassa Anzianità: circa 765 euro
  • Maestro/a con Alta Anzianità: circa 1.056 euro

Gli stipendi nel settore sanitario, invece, sono:

  • Operatori di Base: 657,6 euro.
  • Infermieri Specializzati: 1.053 euro.
  • Medico: 1.516,4 euro.
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Content creator, l’associazione di categoria chiede regole certe

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social media influencer khaby lame content creator
Khaby Lame. Foto Ansa

Si è svolto il 6 dicembre a Roma C come economy – Il content creator: un futuro già presente, primo convegno istituzionale sulle tematiche dei nuovi professionisti del mondo digitale, a cui ha partecipato anche il vicepremier Matteo Salvini. A organizzare l’appuntamento è stata la neonata Associazione Italiana Content & Digital Creators.

Chiediamo al Parlamento e al Governo una proposta di legge per l’approvazione di un codice di regolamentazione e tutela di un settore completamente nuovo. E fin troppo a lungo lasciato senza un impianto normativo adeguato” ha spiegato la presidente dell’Aicdc, Sara Zanotelli. “L’Associazione è nata per dare voce, tutelare e chiedere regole a una categoria che non si può più ignorare. Forniremo a breve una proposta“.

Content creator: 350mila professionisti

L’Associazione Italiana Content & Digital Creators è nata quest’anno per rappresentare un comparto, quello della creator economy, che conta oltre 350mila professionisti. E che, secondo le stime di I-Com, ha un potenziale giro d’affari di 2,55 miliardi di euro. Capillare anche la penetrazione: il 76% della popolazione italiana segue almeno un influencer. Ci sono poi 21 milioni di italiani che ne seguono almeno 3, e 7 milioni di italiani arrivano a seguirne più di 10. Complessivamente, il 57% degli italiani dichiara di essere sempre interessato ai prodotti consigliati dagli influencer.

A essersi uniti all’Associazione sono già 250 creator. Li guida Khaby Lame, forte di 160 milioni di followers su TikTok e primo su Instagram con 80 milioni di followers. Ci sono inoltre Luca Campolunghi, Sespo, Giulia Latini, Gabriele Vagnato, Klaus, Cartasegna, Samara Tramontana, Andrea Muzzi e Ignazio Moser.

Un settore che dà lavoro ai giovani

Noi siamo qui per chiedere di regolamentare un settore che dà lavoro soprattutto ai giovani” ha sottolineato la presidente Zanotelli. “Ci siamo già dotati di un codice etico per i nostri associati“. Il vicepremier Salvini è intervenuto al convegno dei content creator. “Quando un giornalista mi vuole attaccare, spesso mi da dell’influencer. Chiederò il codice Ateco anche io” ha ironizzato. Per poi parlare di “futuro che non si può fermare” e ricordando la “campagna per la sicurezza stradale” nella quale il ministero dei Trasporti ha coinvolto “gratuitamente” influencer e volti del web. “Dopo settimane – ha detto – siamo arrivati alla fine. Sulle piattaforme ci saranno messaggi di 16enni per 16enni, con tempi e linguaggi che non possono essere quelli di un cinquantenne o del Capo della Polizia“.

Cyberbullismo e hate speech

E se i social possono aiutare, c’è anche l’altra faccia del meccanismo dei content creator: quella più buia dei casi di cyberbullismo e hate speech (discordi di odio). Secondo la ricerca del Moige Dieta mediatica e cyberbullismo il 31% dei ragazzi intervistati dichiara di aver subito “prepotenze” online. Quanto invece ai numeri quantitativi, su cui alcuni esprimono dubbi, interviene anche il colosso dei video online. “A fine anno saranno 20 milioni gli italiani che guarderanno YouTube dalla tv e non sul cellulare” ha affermato al convegno dei creator Diego Ciulli, Head of Governement Affairs & pubblic policy di Google. “Youtube – ha precisato – è disposto ad aprire i server per farsi misurare da un soggetto terzo. Questa partita dobbiamo giocarla insieme“.

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Indennità per ferie non godute: spetta anche in caso di dimissioni del lavoratore

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Indennità ferie non godute
Indennità ferie non godute spetta anche in caso di dimissioni del lavoratore (Corte di Cassazione - Sez. Lavoro - ordinanza n. 32807/2023 del 27 novembre scorso - diritto-lavoro.com Foto crediti: Pinterest

L’Indennità per le ferie non godute è nell’ambito delle dinamiche lavorative e delle relazioni tra datore di lavoro e dipendente, una questione non di poco conto. L’indennità sostitutiva delle ferie è centrale per garantire la tutela dei diritti dei lavoratori. Un’importante pronuncia della Corte di Cassazione, emessa con l’ordinanza del 27 novembre 2023 n. 32807, sez. lavoro, ha delineato chiaramente che nessun valore di rinuncia all’indennità sostitutiva delle ferie può essere automaticamente attribuito alle dimissioni del lavoratore.

La pronuncia della Cassazione si inserisce in un contesto giuridico che pone al centro la salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di risoluzione del rapporto di lavoro. L’indennità sostitutiva delle ferie è, infatti, una componente essenziale di questo quadro normativo. Rappresenta il compenso economico riconosciuto al dipendente per le ferie maturate e non godute al momento della cessazione del rapporto.

L’ordinanza in esame ha origine da un ricorso avanzato da un lavoratore, il quale aveva visto negato il diritto all’indennità sostitutiva per un periodo di 157 giorni di ferie non fruite al momento della conclusione del suo rapporto di lavoro. La richiesta è stata respinta sia in prima istanza che in appello, nonostante i giudici abbiano fornito ragionamenti divergenti nel giustificare tale esito.

La vicenda in esame: al lavoratore viene negato il diritto all’indennità sostituiva al termine del suo rapporto di lavoro

Con ordinanza n. 32807/2023, depositata lo scorso 27 novembre, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha accolto il ricorso presentato da un dirigente medico dipendente di una ASL. Il ricorrente contestava la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila numero 150/2018 che, in linea con quanto stabilito dal Tribunale di Pescara e seppur adottando un ragionamento diverso, aveva respinto la sua richiesta volta all’ottenimento di un’indennità sostitutiva quantificata in euro 45.131,27, per 157 giornate di ferie non godute al momento della risoluzione del rapporto di lavoro avvenuta il 30 aprile 2015. Tale risoluzione era stata effettuata tramite dimissioni volontarie con preavviso, formalmente presentate il 15 gennaio 2015, ma con decorrenza dal 1° maggio 2015.

In ragione del rigetto del ricorso, la Corte territoriale abruzzese sollevava l’eccezione dell’intervenuta prescrizione del diritto per le ferie accumulate fino a luglio 2005. Per quanto, invece, concerne le ferie residue, precisava che attraverso le dimissioni volontarie, il lavoratore aveva effettivamente rinunciato alle ferie non ancora prescritte, ammontanti a 92 giorni. Ciò in ottemperanza al divieto di monetizzazione imposto dalla legge n. 135/2012. In particolare, in tale circostanza, si fa riferimento a un caso disciplinato dall’art. 5, comma 8, della suddetta legge, relativo ad una vicenda estintiva del rapporto di lavoro cui lo stesso lavoratore aveva contribuito “volontariamente” mediante le dimissioni.

Pronuncia della Corte di Cassazione

Il Collegio giudicante della Suprema Corte si distingue per la propria opinione rispetto a un parere divergente. A suo avviso, nell’attuale contesto, è opportuno mantenere la coerenza con l’orientamento precedentemente espresso. Tale orientamento, inoltre, si allinea con la necessità di interpretare il diritto interno conformemente ai principi sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Approccio, questo, in sintonia con la decisione della Cassazione, Sezione L, nella sentenza numero 21780 dell’8 luglio 2022.

Secondo quanto enunciato in detta sentenza, la privazione del diritto alle ferie e alla corrispondente indennità sostitutiva al termine del rapporto di lavoro può avvenire solo a condizione che il datore di lavoro dimostri di aver invitato il dipendente a fruire delle ferie, eventualmente in maniera formale. Al contempo, il datore di lavoro deve informare il lavoratore in modo accurato e tempestivo, garantendo che l’opportunità di godere delle ferie sia ancora valida per garantire il necessario riposo dal servizio. In caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

Le dimissioni volontarie del lavoratore non comportano un’automatica perdita dell’indennità per ferie non godute

Nella presente controversia, la Corte territoriale ha specificamente escluso che la ASL avesse soddisfatto l’onere probatorio a proprio carico. Vale a dire dimostrando di aver operato con la massima diligenza per consentire al dipendente di beneficiare delle ferie maturate. Al contempo, poi, aveva commesso un’inesattezza nel ritenere che il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie dovesse essere escluso in virtù delle dimissioni del dipendente. Tale atto volontario, è stato, infatti, erroneamente considerato dal giudice di appello come implicita accettazione delle conseguenze derivanti dall’estinzione del rapporto di lavoro, compresa la perdita delle ferie accumulate.

I giudici di legittimità hanno, inoltre, chiarito che il divieto categorico di erogare compensi finanziari sostitutivi ha come obiettivo principale contrastare possibili abusi, senza arrecare danno al dipendente non responsabile della situazione. In tal senso hanno, pertanto, sottolineato che non è possibile automaticamente associare alle dimissioni volontarie del lavoratore un valore di rinuncia all’indennità sostitutiva delle ferie. Difatti, le dimissioni, considerate come un atto volontario, sono equiparate dalla normativa (art. 5, co. 8, DL 6 luglio 2012 n. 95) alle altre modalità risolutorie del rapporto di lavoro, senza implicare una rinuncia automatica all’indennità sostitutiva delle ferie.

 

 

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Rottamazione quater, ‘tempi supplementari’ per pagare la seconda rata

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rottamazione quater cartelle esattoriali
Foto X @SkyTG24

Ci sono ancora 5 giorni di tempo per pagare la seconda rata della definizione agevolata delle cartelle esattoriali: la cosiddetta rottamazione quater. Scaduto giovedì 30 novembre il termine di legge per adempiere ai pagamenti, la normativa consente infatti una tolleranza di 5 giorni.

Chi va a pagare la rottamazione quater deve effettuare il versamento utilizzando i moduli allegati alla Comunicazione delle somme dovute. Si tratta di una documentazione che è disponibile in copia sul sito dell’Agenzia delle entrate-Riscossione. Come sopra accennato, per ciascuna rata la legge concede 5 giorni di tolleranza rispetto al termine di versamento previsto. Pertanto, il pagamento scaduto il 30 novembre sarà considerato tempestivo (e dunque esente da sanzione) se il contribuente lo effettuerà entro il 5 dicembre 2023.

Cos’è la rottamazione quater

La rottamazione quater dei carichi affidati alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, che la Legge di Bilancio 2023 ha introdotto, permette ai cittadini di versare solo l’importo del debito residuo con il Fisco. Vale a dire senza corrispondere le sanzioni, gli interessi, compresi quelli di mora, e l’aggio. Quest’ultimo, com’è noto, consiste nella percentuale sulle somme riscosse che gli esattori delle imposte possono trattenere a titolo di compenso forfettario per il servizio prestato.

Per quanto riguarda le multe stradali la procedura per l’esecuzione della rottamazione quater prevede che possano definirsi senza il pagamento degli interessi, comunque denominati, e dell’aggio. I contribuenti che beneficiano della definizione agevolata delle cartelle esattoriali hanno potuto scegliere di versare le somme dovute in un’unica soluzione o seguendo un piano rateale fino a un massimo di 18 rate.

Come e dove pagare

È possibile pagare in banca, agli sportelli bancomat (ATM) abilitati ai servizi di pagamento Cbill, con l’internet banking, agli uffici postali, nei tabaccai aderenti a Banca 5 SpA. Si può inoltre pagare le cartelle della rottamazione quater tramite i circuiti Sisal e Lottomatica, sul portale www.agenziaentrateriscossione.gov.it e con l’App Equiclick tramite la piattaforma pagoPa. Infine si può pagare direttamente agli sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione. Tuttavia occorre tenere presente che l’accesso a tali sportelli è consentito esclusivamente su appuntamento da prenotare sul sito nella sezione Sportello territoriale oppure tramite il contact center al numero telefonico 060101.

Per coloro che, dopo il pagamento della prima rata della rottamazione, avessero smarrito la Comunicazione delle somme dovute e i moduli di pagamento, è sempre possibile scaricarne una copia direttamente nell’area riservata del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it. Basta accedervi tramite le credenziali Spid, Cie e Cns, oppure riceverla via e-mail inviando una richiesta dall’area pubblica, senza necessità quindi di pin e password, allegando un documento di riconoscimento. Nell’area pubblica del sito è anche disponibile ContiTu, il servizio che consente di scegliere di pagare in via agevolata soltanto alcuni degli avvisi/cartelle contenuti nella Comunicazione delle somme dovute.

In base al calendario di legge, dopo la prima rata del 31 ottobre scorso e la seconda rata del 30 novembre, le restanti rate del piano dei pagamenti andranno versate entro il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ciascun anno. A partire dal 2024. In caso di mancato pagamento, anche di una sola rata del piano, oppure qualora lo si effettui oltre il termine ultimo, o per importi parziali, verranno meno i benefici della definizione agevolata. Gli importi già corrisposti saranno considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.

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Nuove borse di studio INPS: come ottenerle

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Borse di studio
Sede INPS @Crediti Ansa - DirittoLavoro

L’INPS ha aperto un bando per borse di studio rivolto ai figli di lavoratori dipendenti o pensionati della Pubblica Amministrazione. Si tratta di veri e propri sostegni indirizzati a chi voglia conseguire master o corsi universitari di perfezionamento. 

Il nuovo bando indetto dall’INPS relativo alle borse di studio è dedicato ad un sostegno rispetto ai costi che, figli di dipendenti della Pubblica Amministrazione o pensionati dello stesso ambito, devono sostenere per l’inscrizione a Master di I e II livello o ad altri corsi di perfezionamento universitario. Gli importi sono variabili e dipendono dall’ISEE. La domanda può essere presentata da figli maggiorenni, anche orfani.

Chi può accedere alle borse di studio

L’iniziativa rientra nel sistema di welfare proposto dall’INPS che ha pubblicato, il 16 novembre 2023, le linee guida per accedere al bando. Le borse di studio possono ricoprire l’intero costo dell’iscrizione oppure in maniera parziale e la somma massima a cui si può accedere equivale a 10.000 euro. Per poter accedere alle borse di studio è necessaria l’iscrizione alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali o alla Gestione Assistenza Magistrale. In alternativa è consentito l’accesso anche ai pensionati utenti della Gestione Dipendenti Pubblici. Essendo che la domanda deve essere presentata dal figlio, i soggetti beneficiari possono utilizzare le borse di studio solo per l’iscrizione a Master universitari annuali di I o II livello, o CUP (Corsi Universitari di Perfezionamento).

Oltre a questi requisiti di base, sono previsti ulteriori requisiti che riguardano le qualifiche dei soggetti beneficiari, che devono essere confermati per tutto l’anno accademico 2023-2024. Nello specifico dunque sono necessari: diploma di laurea triennale per l’accesso al master di I livello; diploma di laurea specialistica magistrale o del vecchio ordinamento per l’accesso al Master di II livello; diploma di laurea triennale o magistrale per i CUP. Inoltre i beneficiari, quando presentano la domanda, devono essere disoccupati e avere meno di 40 anni di età. In aggiunta è bene precisare che, chiunque presenti la domanda, non deve aver ricevuto altre borse di studio dall’INPS negli anni dal 2018 al 2023 e in generale non deve aver percepito altre borse di studio, per gli stessi scopi, da altri enti o istituzioni.

La pubblicazione delle graduatorie

Essendo il calcolo dell’ISEE prerogativa indispensabile per accedere al bando, chi intende accedere al sostegno deve aver presentato la DSU per il calcolo dell’ISEE per prestazioni universitarie. In base al valore ISEE sarà corrisposta una percentuale specifica del contributo, rispetto ad una tabella che l’INPS ha pubblicato sul sito ufficiale. Infine, per effettuare l’accesso al bando deve essere presentata la domanda specifica, entro le ore 12:00 del giorno 15 dicembre 2023. La richiesta è telematica, per cui il soggetto deve essere in possesso di credenziali digitali quali SPID, CIE o CNS.

Tuttavia, entro sei giorni dalla scadenza del bando le informazioni da inserire potranno essere ancora integrate. Successivamente l’INPS provvederà ad applicare tutti i dovuti controlli e a pubblicare una graduatoria specifica per ogni Gestione. Quest’ultima sarà resa nota entro il 15 gennaio 2024. Bene precisare, in conclusione, che la graduatoria terrà conto dei voti di laurea oltre che degli indicatori ISEE.

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Ocse: “Il Pil Italia? Crescita tormentata: nel 2024 rallenterà”

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Pil italia crescita economica
Foto X @LaStampa

La crescita dell’economia italiana sta rallentando: nel 2023 il Pil dell’Italia registrerà un aumento dello 0,7% e manterrà lo stesso passo nel 2024 per poi risalire all’1,2% nel 2025. Sono queste le previsioni contenute nell’ultimo Economic Outlook dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con sede a Parigi che riunisce 36 paesi membri di tutto il mondo.

L’Ocse in sostanza rivede al ribasso le stime per il Pil dell’anno in corso, inizialmente indicate a +0,8%. “La bassa crescita salariale e l’elevata inflazione hanno eroso i redditi reali è scritto nel rapporto. “Le condizioni finanziarie si sono inasprite e la maggior parte del sostegno fiscale eccezionale ha riguardato la crisi energetica, pesando sui consumi privati e sugli investimenti“.

Pil e inflazione

Il previsto calo dell’inflazione, i tagli mirati delle imposte sul reddito e la ripresa degli investimenti pubblici legati ai fondi New Generation EU (NGEU) compenseranno solo in parte questi ostacoli” sottolinea l’Ocse. I rischi, per il Pil ma non solo, sono dunque orientati al ribasso. “Il principale rischio al ribasso è un inasprimento delle condizioni finanziarie maggiore del previsto a causa della politica monetaria più restrittiva dell’area euro o di un aumento del premio per il rischio sui titoli di Stato italiani“.

Una crescita economica difficile

Anche la crescita globale è destinata a rimanere modesta, con l’impatto del necessario inasprimento della politica monetaria. Ma anche a causa della debolezza del commercio e del calo della fiducia delle imprese e dei consumatori che si fa sempre più sentire. L’Ocse prevede per il futuro prossimo una crescita del Pil mondiale del 2,9% nel 2023, seguita da un lieve rallentamento al 2,7% nel 2024 e da un lieve miglioramento al 3,0% nel 2025. Si prevede inoltre che l’Asia continuerà a rappresentare la maggior parte della crescita globale nel 2024-25, come ha fatto nel 2023.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico rileva inoltre che anche in Italia “gli effetti dell’inasprimento monetario hanno iniziato a farsi sentire“. L’Ocse giudica “ampiamente neutrale” la politica di bilancio nella Penisola, prevedendo che “limiterà il rallentamento della crescita (del Pil, ndr.) ma ci sono margini per migliorare il bilancio più rapidamente di quanto attualmente previsto e per mettere le finanze pubbliche su un percorso più prudente.

“Contenere la spesa pubblica”

Le spese pubbliche devono essere contenute – si legge ancora nel capitolo dedicato all’Italia – anche guardando a opzioni per ridurre la spesa sulle pensioni. E aumentando l’ambizione delle spending review. La velocità di attuazione dei piani pubblici di investimento e delle riforme del PNRR sarà cruciale per sostenere la crescita e ridurre l’incidenza del debito“.

Sul Pil e le difficoltà di crescita dell’economia nostrana è intervenuta in prima persona la capoeconomista dell’Ocse, Clare Lombardelli. “Per quanto riguarda l’Italia, la sua situazione è simile a quella di altri paesi europei” ha dichiarato in conferenza stampa. “Con un restringimento della politica monetaria, prevediamo che i dati sulla crescita ritroveranno i loro migliori livelli nel 2025. Per l’Italia bisognerebbe porre l’accento sulla politica dell’offerta, accrescere la concorrenza nel settore dei servizi, in particolare i servizi alle imprese, riformare la giustizia civile“. “Queste riforme – ha aggiunto Lombardelli – sono in corso e consentiranno di rendere nuovamente dinamica l’attività economica”. Per l’Ocse è inoltre urgente “offrire maggiori opportunità di assistenza all’infanzia per favorire l’occupazione femminile”.

 

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INPS, chiarimenti incentivi occupazione giovanile under 30/36: quando l’esonero è precluso

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Incentivi occupazione giovanile under 30/36
INPS: chiarimenti incentivi occupazione giovanile under 30/36, quando l'esonero è precluso - diritto-lavoro.com Foto crediti: Pinterest

L’INPS ha pubblicato nuovi chiarimenti sull’occupazione giovanile. Con il messaggio n. 4178 del 24 novembre 2023 ha esposto nuove delucidazioni riguardo alla valutazione della validità degli sgravi strutturali per l’occupazione giovanile (comunemente noti come esoneri under 30 e under 36) nel contesto in cui un pregresso rapporto di lavoro viene soggetto a una riqualificazione, assumendo la forma di un contratto a tempo indeterminato.

L’istituto ha, dunque, provveduto a rilasciare ulteriori indicazioni in merito all’esonero contributivo previsto per le assunzioni di giovani lavoratori, conformemente a quanto stabilito dall’art. 1, commi da 100 a 108, 113 e 114, della Legge 205/2017. Agevolazione concessa a coloro i quali, al momento dell’assunzione non abbiano raggiunto il trentesimo anno di età e non siano stati precedentemente occupati a tempo indeterminato presso lo stesso o altro datore di lavoro.

Restrizione esoneri in caso di riqualificazione rapporti di lavoro autonomo a seguito di accertamento ispettivo

Con particolare riguardo al suddetto requisito, è stato riconfermato un concetto già precedentemente delineato nelle circolari dell’INPS n. 40/2018, n. 56/2021 e n. 57/2023. In particolare, si sottolinea che l’esonero in questione non può essere concesso nel caso in cui, a seguito di un accertamento ispettivo, sia riscontrata la riqualificazione dei rapporti di lavoro autonomo, con o senza partita IVA, nonché dei rapporti parasubordinati come rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Tale direttiva si applica integralmente anche agli esoneri previsti per le assunzioni di giovani under 36, come stabilito dalla Legge di Bilancio 2021 e dalla Legge di Bilancio 2023. Ciò, poiché le disposizioni in esame mirano ad incentivare l’assunzione di personale in modo spontaneo, compresi coloro che in precedenza erano impiegati con contratti di natura autonoma. Questa restrizione si applica, quindi, quando l’assunzione non è una decisione volontaria del datore di lavoro, ma deriva dalla coattiva trasformazione di un rapporto originariamente stabilito con una diversa forma contrattuale.

I chiarimenti dell’INPS su incentivi occupazione giovanile con messaggio n. 7178

Con il messaggio n. 4178, l’Istituto previdenziale apportando ulteriori dettagli alle precedenti specificazioni relative agli incentivi sull’occupazione giovanile, precisa altresì che la limitazione menzionata si applica esclusivamente nel caso in cui il datore di lavoro intenzionato a beneficiare dell’incentivo coincida con il medesimo datore che detiene il rapporto di lavoro riqualificato a seguito di un accertamento ispettivo.

Nel caso in cui, invece, il datore di lavoro che ha già iniziato a fruire degli sgravi contributivi in questione sia diverso da quello titolare del rapporto riqualificato, costui può legittimamente beneficiare dell’agevolazione. Ciò in quanto, al momento dell’assunzione incentivata, riteneva in buona fede che il lavoratore fosse giustamente idoneo a ricevere l’agevolazione.

Sgravi contribuitivi concessi al datore di lavoro in buona fede

Di conseguenza, secondo quanto dichiarato dall’INPS, nel caso in cui si verifichi la riqualificazione ab origine di un precedente rapporto di lavoro come rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (un caso che, di per sé, comporterebbe la mancanza di uno dei requisiti principali per ottenere gli esoneri) questa situazione, non essendo conosciuta o prevedibile al momento dell’assunzione, durante la quale si sta cercando di beneficiare degli sgravi contributivi, non può avere effetti negativi sul datore di lavoro che, in buona fede, ha proceduto all’assunzione del lavoratore titolare del suddetto rapporto riqualificato.

In conclusione, pertanto, il datore di lavoro, agendo in buona fede al momento dell’assunzione, conserva il diritto legittimo di beneficiare degli sgravi contributivi. Egli non è obbligato, a seguito della successiva verifica della riqualificazione del rapporto di lavoro presso un diverso datore, a restituire gli incentivi né a corrispondere eventuali sanzioni previste per la precedente fruizione delle agevolazioni.

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Rimborso trasferte di lavoro: come funziona

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Traferte
Trasferta in auto - DirittoLavoro

Per i dipendenti che compiono trasferte di lavoro, sono previsti dei rimborsi chilometrici. A tal proposito, sembra utile chiarire con quali parametri vengono assegnati questi rimborsi e come è possibile ottenerli.

Come sarà noto, per trasferta di lavoro si intende uno spostamento temporaneo del dipendente in un luogo diverso da quello in cui svolge la sua attività abitualmente. In questo caso, i contratti collettivi, aziendali o individuali possono prevedere l’erogazione di determinate somme che sono destinate al dipendente in trasferta, anche in merito alle spese sostenute per il viaggio, per il vitto e per l’alloggio utili alla resa delle trasferte. Si parla in questo caso di rimborso chilometrico.

Come funzionano i rimborsi chilometrici

Per quanto concerne i rimborsi destinati al dipendente, in merito alle trasferte di lavoro, è bene chiarire che i compensi hanno un destino particolare rispetto al loro assoggettamento a contributi e tasse. In alcuni casi, infatti, esiste ad esempio un soglia di esenzione attraverso la quale azienda e dipendete non sono tenuti a versare alcuna tassa all’INPS e all’Erario. Ovviamente, come per ogni forma di agevolazione, rimborso o sussidio, per essere ottenuto anche il rimborso relativo alle spese per le trasferte di lavoro deve rispondere a determinati requisiti e condizioni.

Nello specifico, parlando del rimborso chilometrico ACI, per i viaggi dei dipendenti che utilizzano la propria vettura nelle trasferte di lavoro, deve essere calcolato sulla base di un’apposita tabella per il chilometraggio ACI. Questa tabella dipende anche dalla tipologia del mezzo. In merito ai fattori da valutare, poi, il primo è sicuramente relativo al luogo presso il quale avviene la trasferta, che può essere sia fuori che dentro il Comune della sede di lavoro.

Differenze di trasferte e differenze di rimborsi

Se la trasferta è all’interno del Comune in cui si svolge abitualmente l’attività lavorativa, allora le somme erogate sono soggette a contribuiti e tassazione IRPEF. Questo ad eccezione di spese che sono comprovate come fatture dei taxi, biglietti di autobus o metropolitane, biglietti dei tram. Per quanto riguarda l’utilizzo della vettura, invece, i rimborsi chilometrici sono tassabili completamente allo stesso, e sono deducibili dal reddito di impresa. Nel caso di trasferta al di fuori del Comune in cui si trova la sede di lavoro il regima fiscale è diverso e varia a seconda delle modalità di trasferta. Tra queste si trovano: il cosiddetto sistema analitico, il sistema forfait e il sistema misto.

La scelta dei sistemi deve essere applicata all’intera trasferta e per tutta la sua durata. L’azienda può, quindi, optare per il rimborso spese chilometriche ACI rispetto ai costi effettivamente sostenuti nel corso delle trasferte con il cosiddetto rimborso a piè di lista, ovvero a costo chilometrico. In questo caso le somme erogate a fronte delle spese di viaggio, trasporto, vitto e alloggio sono esenti da contributi e tasse purché siano regolarmente documentate.

Dunque fatture, ricevute fiscali con i dati del cliente, scontrino con il codice fiscale del dipendete, nota spese con allegati scontrini fiscali e biglietti per i mezzi di trasporto sono necessari. Inoltre, vale la pena sottolineare in conclusione che, entro un determinato limite, sono esenti anche le spese non documentabili (come parcheggi e mance). In questi casi la soglia di esclusione da contributi e tasse è pari a 15,49 euro al giorno, che si innalzano a 25,82 per l’estero.

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