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Somministrazione fraudolenta di manodopera negli appalti illeciti

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Somministrazione fraudolenta di manodopera negli appalti illeciti

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la Circolare n. 3 del 2019, ha fornito indicazioni operative sul reato di somministrazione fraudolenta di manodopera reintrodotto dalla L.n. 96/2018, di conversione del D.L. n. 87/2018.

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Permessi Legge 104, sono leciti i controlli con investigatori

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Investigatori incaricati dalle aziende, le prescrizioni del Garante

La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 4670 del 2019, ha affrontato il tema del licenziamento di un dipendente che invece di impiegare i permessi di cui alla Legge 104 per assistere un familiare malato li impiegava per svolgere attività personali, confermando così “come una simile condotta sia idonea a ledere definitivamente il vincolo fiduciario indispensabile alla prosecuzione del rapporto di lavoro” (dal Sole 24 Ore del 1.3.2018).

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Modello di domanda online per chiedere il reddito di cittadinanza

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Prestazioni sociali ai lavoratori extracomunitari dal 1 febbraio 2022

L’INPS, con comunicato del 28 febbraio u.s., ha reso noto che è disponibile online il modello per presentare la Domanda del Reddito e Pensione di Cittadinanza (introdotto con il D.L. n. 4/2019).

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Comporto secco, il licenziamento scatta automaticamente

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Comporto secco, il licenziamento scatta automaticamente

La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 5752 del 2019, ha reso il seguente principio di diritto: “Il licenziamento scatta automaticamente in caso di comporto secco (unica malattia). Se sono necessari calcoli complessi l’azienda li deve fornire su richiesta del lavoratore senza poterli procrastinare al processo” (Dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 28.2.2019).

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Indennità sostitutiva al posto della reintegra, nessun ripensamento

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Esonero contributivo assunzioni per giovani fino a 35 anni

La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 5759 del 2019, ha stabilito che se il lavoratore illegittimamente licenziato sceglie l’ indennità sostitutiva al posto della reintegra “non può ricorrere in Cassazione ed eccepire ulteriori motivi che possano giustificare un ritorno sul posto di lavoro” (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore).

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Piccoli furti tollerati in azienda, annullato il licenziamento

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Differenze e tratti comuni tra licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo

La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 1634 del 2019, ha stabilito che è illegittimo perché sproporzionato il licenziamento per giusta causa del dipendente che dopo molti anni di servizio e buona condotta abbia commesso piccoli furti di materiale di scarto, sempre tollerati dal datore di lavoro come prassi aziendale.

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Licenziamento anche per comportamenti estranei alla prestazione lavorativa

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Inadempimento contributivo, il lavoratore non ricorrere contro l’INPS

 La Corte Suprema di Cassazione, con la Sentenza n. 428 del 2019, ha affermato un importante principio di diritto in base al quale anche i comportamenti estranei alla prestazione lavorativa possono giustificare il licenziamento per giusta causa.

Questi i fatti di causa.

  1. La Corte di Appello di Reggio Calabria ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato il 21 luglio 2008 dalla s.p.a. (OMISSIS), alla quale era poi subentrata l’ (OMISSIS) s.p.a..
  2. La Corte territoriale, per quel che ancora rileva in questa sede, ha premesso che l’ (OMISSIS) era stato licenziato una prima volta il 21 luglio 2006, aveva impugnato il licenziamento ed il Tribunale di Palmi aveva accertato l’illegittimità del recesso. Le parti avevano, quindi, composto la lite con verbale di conciliazione del 12 ottobre 2007, con il quale avevano convenuto l’assunzione ex nunc dell’ (OMISSIS), il riconoscimento dell’anzianità convenzionale nonché il pagamento di una somma, a titolo di transazione novativa e di rimborso delle spese legali. Poiché il licenziamento si fondava su fatti che erano stati oggetto di denuncia penale per i delitti di frode informatica e di accesso abusivo a sistema informatico, le parti avevano convenuto che in relazione al nuovo rapporto di lavoro non avrebbero prodotto effetti gli esiti del processo penale in corso, limitatamente ai fatti “analiticamente esposti nella contestazione disciplinare datata 15 maggio 2006”. Successivamente l’ (OMISSIS) era stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare e la società, dopo averlo sospeso dal servizio, aveva avviato il procedimento disciplinare in relazione alle condotte oggetto di indagine penale, diverse da quelle alle quali si riferiva la precedente contestazione.
  3. Il giudice d’appello ha evidenziato che erano stati contestati plurimi episodi dai quali emergeva che l’ (OMISSIS), cooperando con altri dipendenti dell’unità operativa di Palmi, ove all’epoca prestava servizio, nonché con personale dell’Agenzia delle Entrate, aveva disposto o comunque consentito sgravi indebiti di cartelle esattoriali, in alcuni casi sollecitati dal privato, il quale corrispondeva al funzionario infedele una somma inferiore all’importo effettivamente dovuto; in altri in danno dell’ignaro contribuente, che aveva già corrisposto le somme necessarie per estinguere il debito al proprio commercialista, il quale tratteneva per sé l’eccedenza.
  4. La Corte territoriale ha escluso che la transazione novativa del 12 ottobre 2007 impedisse di avviare il procedimento disciplinare e di irrogare la sanzione espulsiva, posto che gli obblighi assunti con il verbale di conciliazione si riferivano solo alla frode informatica. La società, infatti, in sede conciliativa non poteva vincolarsi in relazione a fatti che alla stessa non erano ancora noti.
  5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di due motivi, ai quali ha opposto difese l’ADER – Agenzia delle Entrate Riscossione- successore di (OMISSIS) s.p.a..

Ad avviso della Corte Suprema è ravvisabile una giusta causa di licenziamento ogniqualvolta venga irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario che è alla base del rapporto, perché il datore di lavoro deve poter confidare sulla leale collaborazione del prestatore e sul corretto adempimento delle obbligazioni che dal rapporto scaturiscono a carico di quest’ultimo. La fiducia, che è fattore condizionante la permanenza del rapporto, può essere compromessa, non solo in conseguenza di specifici inadempimenti contrattuali, ma anche in ragione di condotte extralavorative che, seppure tenute al di fuori dell’azienda e dell’orario di lavoro e non direttamente riguardanti l’esecuzione della prestazione, nondimeno possono essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti qualora abbiano un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto e compromettano le aspettative d’un futuro puntuale adempimento dell’obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività (cfr. fra le più recenti Cass. n. 24023/2016 e Cass. n. 17166/2016).

Se, dunque, la giusta causa è ravvisabile anche in relazione a fatti estranei all’obbligazione contrattuale, purché idonei ad incidere sul vincolo fiduciario, “a maggior ragione assume rilevanza ai suddetti fini la condotta tenuta dal lavoratore in un precedente rapporto, tanto più se omogeneo a quello in cui il fatto viene in considerazione” (Cass. n. 15373/2004 che ha ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente di banca rinviato a giudizio per reati commessi in occasione di un pregresso rapporto di lavoro intercorso con altro istituto di credito). In tal caso, infatti, pur non potendo configurarsi un illecito disciplinare in senso stretto, che presuppone l’inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto e, quindi, che il rapporto sia già in atto, può essere comunque ravvisata una giusta causa di licenziamento, atteso che quest’ultima, ai sensi dell’articolo 2119 c.c. e L. n. 604 del 1966, articolo 1, non si riferisce solo alla condotta ontologicamente disciplinare, ma anche a quella che, seppure estranea al rapporto lavorativo, nondimeno si riveli incompatibile con il permanere di quel vincolo fiduciario sul quale lo stesso si fonda. In altri termini le condotte extralavorative che possono assumere rilievo ai fini dell’integrazione della giusta causa afferiscono non alla sola vita privata in senso stretto bensì a tutti gli ambiti nei quali si esplica la personalità del lavoratore e non devono essere necessariamente successive all’instaurazione del rapporto, sempre che si tratti di comportamenti appresi dal datore dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate al dipendente e dal ruolo da quest’ultimo rivestito nell’organizzazione aziendale.

Né si può sostenere, si legge ancora nella sentenza n. 428/2019, che la rilevanza delle condotte extralavorative antecedenti all’instaurazione del rapporto dovrebbe essere limitata ai fatti integranti fattispecie di reato e riconosciuta solo in presenza di una sentenza passata in giudicato che abbia accertato la responsabilità del dipendente. Il principio di diritto invocato dal ricorrente è stato affermato da questa Corte in una controversia nella quale veniva in rilievo il codice disciplinare dettato dalle parti collettive, le quali avevano subordinato al passaggio in giudicato della sentenza di condanna la rilevanza della responsabilità penale per fatti estranei al rapporto di lavoro, sicché, in quel caso, si era in presenza di una disciplina contrattuale di miglior favore, in quanto tale vincolante per il datore di lavoro e per il giudice (Cass. nn. 16260/2004 e Cass. n. 19053/2005).

Al di fuori di detta ipotesi, invece, trova applicazione l’orientamento, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui “il principio di non colpevolezza fino alla condanna definitiva sancito dall’articolo 27 Cost., comma 2, concerne le garanzie relative all’attuazione della pretesa punitiva dello Stato, e non può quindi applicarsi, in via analogica o estensiva, all’esercizio da parte del datore di lavoro della facoltà di recesso per giusta causa in ordine ad un comportamento del lavoratore che possa altresì integrare gli estremi del reato, se i fatti commessi siano di tale gravità da determinare una situazione di improseguibilità, anche provvisoria, del rapporto, senza necessità di attendere la sentenza definitiva di condanna; tuttavia, il giudice davanti al quale sia impugnato un licenziamento disciplinare intimato per giusta causa a seguito del rinvio a giudizio del lavoratore con l’imputazione di gravi reati potenzialmente incidenti sul rapporto fiduciario – ancorché non commessi nello svolgimento del rapporto – deve accertare l’effettiva sussistenza dei fatti riconducibili alla contestazione, idonei ad evidenziare, per i loro profili soggettivi ed oggettivi, l’adeguato fondamento di una sanzione disciplinare espulsiva, mentre non può ritenere integrata la giusta causa di licenziamento sulla base del solo fatto oggettivo del rinvio a giudizio del lavoratore e di una ritenuta incidenza di quest’ultimo sul rapporto fiduciario e sull’immagine dell’azienda” (Cass. n. 18513/2016 che richiama Cass. n. 29825/2008).

La Corte territoriale ha attribuito rilevanza a condotte tenute in epoca antecedente all’instaurazione del nuovo rapporto di lavoro e, dopo averle ritenute provate, le ha considerate idonee in ragione della loro gravità a giustificare il licenziamento per giusta causa, prescindendo dal definitivo accertamento della responsabilità penale.

Per questi motivi la Corte Suprema ha ritenuto di rigettare il ricorso.

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Sanzioni disciplinari, solo il datore di lavoro può sceglierne la misura

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Società in house, applicabilità dell’art. 7 L.n. 300/1970 ai lavoratori

La Corte Suprema di Cassazione, con la Sentenza n. 3896 del 2019, ha ribadito un importante principio in tema di sanzioni disciplinari e cioè quello secondo il quale spetta in via esclusiva al datore di lavoro il potere di applicarle e di stabilirne l’entità in base alla gravità dell’illecito commesso dal lavoratore. Infatti ad avviso della Corte Suprema, tale facoltà rientra nel più ampio potere di organizzazione dell’impresa quale espressione della libertà di iniziativa economica garantita dall’articolo 41 della nostra Costituzione. Per tale motivo dunque, il giudice, chiamato a decidere della legittimità di una sanzione, non può né sostituirsi al datore di lavoro né tanto meno rideterminarne la misura (anche qualora ritenga la sproporzione tra violazione accertata e misura sanzionatoria applicata).

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Giustificato motivo oggettivo, non è sufficiente dimostrare solo la crisi aziendale

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Giustificato motivo oggettivo, non è sufficiente dimostrare solo la crisi aziendale

La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 4946 del 2019, relativamente al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ha stabilito che il datore di lavoro non deve soltanto dimostrare la crisi aziendale, ma anche le ragioni organizzative e produttive che hanno portato alla decisione di sopprimere la posizione lavorativa cui era addetta la lavoratrice licenziata.

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Trattamento economico minimo garantito ai lavoratori delle Coop

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Contributi a fondo perduto, al via le erogazioni per i titolari di partita IVA

La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 4951 del 2019, ha stabilito che indipendentemente dal contratto collettivo applicato, ai lavoratori delle cooperative deve essere garantito un trattamento economico minimo che non sia inferiore ai minimi previsti, per le medesime prestazioni, dal contratto collettivo di settore o della categoria affine siglato dalle Organizzazioni Sindacali e Datoriali comparativamente più rappresentative.

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