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Nasce la Silvio Berlusconi Editore: il debutto con le lezioni di Tony Blair

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Berlusconi Blair libro casa editrice
Tony Blair e la moglie Cherie a Porto Cervo, in Sardegna, ospiti di Berlusconi nell'estate del 2004. Foto Ansa/Davide Caglio

A poco più di un anno dalla morte di Berlusconi nasce la Silvio Berlusconi Editore, nuova casa editrice all’interno del Gruppo Mondadori. L’obiettivo è concentrarsi sul pensiero liberale e democratico. La casa editrice debutterà sul mercato il 5 settembre 2024 con un saggio dell’ex premier laburista inglese Tony Blair sull’arte di governare. Un’uscita in contemporanea in tutto il mondo.

La Silvio Berlusconi Editore, spiega Marina Berlusconi, presidente del Gruppo Fininvest e della Arnoldo Mondadori Editore – avrà un obiettivo molto preciso: “Battersi per il concetto di libertà. E dare voce alle sue più varie declinazioni, mantenendosi però distante nel modo più assoluto da qualsiasi forma di militanza politica“. “Abbiamo deciso di dare a questa nuova casa editrice il nome di mio padre, Silvio Berlusconi, perché sulla libertà ha fondato i suoi progetti, le sue realizzazioni, la sua vita. Senza mai accettare compromessi” ha aggiunto la figlia primogenita del Cavaliere.

Cosa pubblicherà la Silvio Berlusconi

Tornare a parlare di libertà, oggi, è più importante che mai” insiste Marina Berlusconi. “La nostra società, quella occidentale, appare sempre più minacciata“. L’attività della Silvio  Berlusconi Editore si articolerà ogni anno su un numero limitato di titoli di letteratura e saggistica, autori italiani e stranieri, declinati in due collane. La prima, Biblioteca, raccoglierà libri classici, già riconosciuti oppure destinati a diventarlo, da tradurre per la prima volta o da ritradurre. Libera, la seconda collana, sarà dedicata ad autori contemporanei che si misurano con le questioni aperte dell’attualità.

Il primo titolo On Leadership. L’arte di governare dell’ex premier laburista britannico, Tony Blair, è una sintesi di lezioni sulla leadership in politica. In contemporanea escono anche due classici nella collana Biblioteca: Le Lettere inglesi di Voltaire scritte tra il 1727 e il 1728, durante la permanenza dell’autore in Inghilterra, tradotte per la prima volta dalla lingua in cui sono state quasi interamente scritte, e Il passato di un’illusione di François Furet, storico noto per gli studi sulla Rivoluzione francese e a lungo direttore dell’École des hautes études en sciences sociales a Parigi.

Pubblicato il dissidente anti Putin

In quest’ultima opera l’autore cerca di comprendere l’influenza che l’idea comunista ha esercitato per lungo tempo sugli intellettuali occidentali. Tra i titoli in uscita nel 2025, la prima traduzione al mondo de La fine del regime del filologo dell’antichità Alexander Baunov, libro divenuto bestseller in patria – la Russia – come simbolo della resistenza a Putin. Quindi il saggio I giorni contati di Ernesto Galli della Loggia che affronta senza fare sconti lo stato dell’arte della civiltà occidentale.

In arrivo poi nel 2025 per la Silvio Berlusconi Editore anche Ragazzi di carta velina di Walter Siti, curatore delle opere di Pier Paolo Pasolini e Premio Strega nel 2013. Ci saranno inoltre Le virtù borghesi, Dignità borghese e Eguaglianza borghese, i titoli della ‘trilogia della borghesia’ di Deirdre N. McCloskey. Dal 26 giugno 2024 è on line www.silvioberlusconieditore.it con le prime anticipazioni. Si potrà dunque rendersi conto meglio della portata delle ambizioni della neonata casa editrice, tutt’altro che gracile e informe, e al contrario bardata della potenza economico-finanziaria della Mondadori.

Certo, fa specie pensare che un gigante del libero pensiero occidentale, alfiere del principio di tolleranza, come il grande filosofo francese Voltaire, appaia pubblicato dalla Silvio Berlusconi Editore. Se si pensa che il Cavaliere, pur da convinzioni liberali, fu il fondatore del primo e unico partito-azienda d’Italia per governare il nostro Paese possibilmente come una grande unica fabbrica dal pensiero uniforme. E fa ancora più specie la pubblicazione di Baunov, simbolo della resistenza di molti russi a Putin, di cui Berlusconi si proclamò invece, fino all’ultimo, amico. Ma a volte la legge del contrappasso scatta anche nell’aldiquà. Non solo nell’Aldilà.

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Gruppo Campari, inchiesta per sospetta evasione da 1 miliardo

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Campari frode fisco italiano
Foto X @Reuters

La procura di Milano indaga su una presunta evasione fiscale da parte della società che possiede il gruppo Campari. L’ipotesi riguarderebbe un’omessa dichiarazione da circa un miliardo di euro su una base imponibile di 5 miliardi. A commettere il reato di evasione sarebbe stata la holding lussemburghese Lagfin che controlla la maggioranza del gruppo Campari.

Il fascicolo, in cui si ipotizza l’omessa dichiarazione dei redditi e l’omesso versamento delle imposte e con al centro una presuntastabile organizzazione occulta“, è coordinato dai pm Enrico Pavone e Bianca Baj Macario. A condurre le indagini è la Guardia di finanza in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate. Le indagini sono condotte dal nucleo di polizia economico-finanza della Gdf di Milano. Sono indagati due legali rappresentanti.

Campari, due indagati

La Gdf, da quanto si è saputo, ha trasmesso la settimana scorsa all’Agenzia delle Entrate gli esiti della verifica fiscale sul gruppo Campari, cominciata nel 2019. Gli esisti sono poi confluiti nel cosiddetto “processo verbale di constatazione“. I risultati sono stati trasmessi anche alla Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, che ha aperto un’inchiesta sulla presunta evasione fiscale che vede, al momento, due indagati, tra responsabili e legali rappresentanti della holding lussemburghese.

Nell’ipotesi accusatoria ci sarebbe stata una “stabile organizzazione” in Italia della holding lussemburghese del gruppo Campari che non versato le imposte per anni. Almeno dal 2018 al 2020, e per oltre un miliardo di euro. Ora i legali del gruppo avranno 60 giorni di tempo per presentare le loro controdeduzioni nell’ambito del procedimento amministrativo-tributario e poi scatteranno le contestazioni. Parallelamente al fronte tributario correrà il profilo penale che, ovviamente, come già avvenuto in tanti casi del genere, terrà conto, però, di un’eventuale transazione col Fisco.

Il problema della exit tax

Da quanto si è saputo, al centro della vicenda Campari, che è simile al caso Exor (la società pagò oltre 700 milioni di euro al fisco), ci sarebbe una questione di un mancato versamento della cosiddetta “exit tax“. Ossia la tassazione del trasferimento all’estero della residenza fiscale di soggetti che svolgono attività imprenditoriale.

Nel caso del gruppo Campari la “exit tax” era legata a un’operazione di fusione transfrontaliera tra Alicros, la precedente holding del gruppo fondato nel 1860, e Lagfin con sede in Lussemburgo. Quest’ultima controlla attualmente il 51,3% delle azioni e il 38,8% dei diritti di voto della olandese Davide Campari Milano NV. La Davide Campari ha ricevuto, tra l’altro, l’affiancamento della filiale italiana, con sede nel capoluogo lombardo, per mantenere una “stabile organizzazione” nel nostro Paese. In questo schema finanziario, la contestazione, su cui sono in corso gli accertamenti, alla fine è quella di non aver saldato i conti con il fisco.

Per quanto riguarda i conti economico-finanziari di Campari nel 2022 l‘utile netto è salito del 16,9% a 33 milioni. Su vendite per 2,69 miliardi, in rialzo del 24,2% su base annua. In Italia il fatturato è migliorato del 15,4%. Tutti dati molto lusinghieri che però impallidiscono a fronte dell’indagine della procura di Milano. Qualora si dovesse arrivare a processo e dovesse essere accertata in giudizio una chiara responsabilità dei vertici aziendali, i conti e l’immagine della società italiana potrebbero uscire pesantemente offuscati.

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Gestione mail aziendali: cosa dice il Garante della Privacy

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mail aziendali
Messaggio Mail @Foto Crediti Envato Elemets - DirittoLavoro

Il Garante della Privacy ha emesso un provvedimento relativo alla tutela dei dati nel contesto lavorativo, ivi comprese le mail aziendali.

Lo scorso 6 giugno 2024, il Garante della Privacy ha emmesso un provvedimento atto a garantire maggiore tutela dello scambio dei dati in contesti lavorativi. Nel dettaglio si fa nota di programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica. In sostanza, la misura fa riferimento allo scambio delle mail aziendali ed in particolare al trattamento dei metadati che è bene distinguere dai contenuti e dalle informazioni presenti nel messaggio stesso.

I metadati delle mail aziendali

Il provvedimento offre una guida dettagliata sulle pratiche da adottare per gestire nella maniera migliore i metadati nelle mail aziendali. Il documento emesso dal Garante della Privacy chiarisce che le indicazioni relative ai tempi di conservazione dei metadati non riguardano i contenuti effettivi dei messaggi, né tantomeno le informazioni tecniche che ne fanno parte in maniera integrante. Di conseguenza, i contenuti veri e propri delle mail rimangono a disposizione dell’utente o del lavoratore nella propria casella di posta. Questo garantisce la privacy, ma non compromette il sistema informatico.

Il Garante della Privacy mira a sottolineare i punti di contatto tra la protezione dei dati e le norme che regolano l’utilizzo degli strumenti tecnologici nei luoghi di lavoro. Indicazioni importanti sono fornite, poi, ai datori di lavoro. Infatti, a quest’ultimi è consentita la possibilità di trattare i metadati delle mail aziendali per garantire il corretto funzionamento del sistema. Seguendo tali linee guida fornite dal Garante della Privacy i datori di lavoro non saranno obbligati ad attivare la procedura di garanzia prevista dall’art. 4, comma 1, della Legge n. 300/1970, richiamata dall’art. 114 del Codice della privacy.

La tutela della privacy dei dipendenti

Già nella newsletter n. 517, il Garante per la Protezione dei Dati Personali aveva informato di aver provveduto ad adottare un nuovo documento di indirizzo denominato ufficialmente: Programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati. Mentre in questo nuovo documento i principali interessati sono i datori di lavoro, sia nell’ambito pubblico che privato. Il nuovo obiettivo è contrastare eventuali trattamenti dei dati che potrebbero risultare non essere in linea con le norme sulla privacy. Dunque, anche in questo caso, il principale scopo è preservare la privacy di ogni singolo dipendente.

In definitiva, come riporta lo stesso documento emesso dal Garante: “Come costantemente affermato dal Garante, il contenuto dei messaggi di posta elettronica – come pure i dati esteriori delle comunicazioni e i file allegati – riguardano forme di corrispondenza assistite da garanzie di segretezza tutelate anche costituzionalmente (art. 2 e 15 Cost.), che proteggono il nucleo essenziale della dignità della persona e il pieno sviluppo della sua personalità nelle formazioni sociali. Ciò comporta che, anche nel contesto lavorativo pubblico e privato, sussista una legittima aspettativa di riservatezza in relazione ai messaggi oggetto di corrispondenza, delle ‘Linee guida del Garante per posta elettronica e Internet’ del 1° marzo 2007, n. 13, doc. web n. 1387522; cfr., tra i tanti, provv. 4 dicembre 2019, n. 216, doc. web n. 9215890 e i precedenti in esso citati“.

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Debito pubblico mai così alto: ha superato i 2900 miliardi

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debito pubblico Italia sfiora i 3mila miliardi
Al centro il ministro dell'Economia, Giorgetti.

Con un aumento di circa 11,5 miliardi di euro in un mese, ad aprile il debito pubblico italiano ha superato per la prima volta i 2.900 miliardi di euro. E ha raggiunto precisamente quota 2.905.690 milioni. È il nuovo record storico del debito in valori assoluti. Il debito pubblico italiano aveva superato i 2.800 miliardi ad aprile del 2023 mentre la soglia dei 2.700 miliardi era stata superata nel luglio del 2021.

Si tratta di valori spaventosi. Che gravano potenzialmente su ciascun cittadino italiano. Stando alle stime del Governo indicate nel Def, il Documento di economia e finanza, il debito italiano è destinato a superare i 3mila miliardi di euro l’anno prossimo, nel corso, cioè, del 2025.

Debito, una corsa senza freni

Negli ultimi 12 mesi l’aumento del debito è stato di 91,5 miliardi. Il dato arriva dalla rilevazione mensile della Banca d’Italia, che precisa come l’intero aumento del debito sia dovuto alle amministrazioni centrali. È invece rimasto sostanzialmente stabile il debito delle amministrazioni locali e quello degli enti di previdenza. Secondo le stime del Governo Meloni indicate nel Documento di economia e finanza il debito pubblico chiuderà l’anno al 137,8% del Pil, il Prodotto interno lordo. E salirà per avvicinarsi al 140% nei prossimi anni (per il 2027 la stima è 139,6%).

L’aumento del debito fa salire anche il costo degli interessi che occorre pagare sul debito stesso al momento in cui saldano i creditori. Ebbene, gli interessi su debito pubblico italiano sono in aumento a causa degli effetti dovuti ai passati rialzi dei tassi da parte della Banca centrale europea (Bce). Nella riunione del 6 giugno scorso a Francoforte, infatti, la Banca Centrale Europea ha deciso di ridurre di 25 punti base il costo del denaro. Ma si tratta del primo taglio dal 2019 – da 5 anni fa – dopo 9 rialzi consecutivi. Finora i guardiani dell’euro avevano effettuato una politica di contenimento dell’inflazione che al momento nell’Eurozona si attesta intorno al 2%.

Tornando alle problematiche più strettamente legate al debito pubblico italiano, che appare ormai fuori controllo, nel 2023 l’Italia ha speso circa 78,6 miliardi di euro per rimborsare gli interessi sul debito. Una cifra che vale il 3,8% del Prodotto interno lordo nazionale. Il governo nella nota di aggiornamento al Def prevede che questa spesa rispetto al Pil salirà al 3,9% quest’anno, al 4% nel 2025, al 4,1% nel 2026 e al 4,4% nel 2027.

Il problema del superbonus

Tra le maggiori cause del recente balzo in avanti del debito pubblico ci sono certamente le spese per il superbonus edilizio al 110%. Secondo le ultime stime dell’Enea (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) il superbonus edilizio ha comportato oneri per lo Stato pari a 122,7 miliardi di euro.

In realtà di recente il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva parlato di una cifra che si aggira sui 200 miliardi. Di certo si tratta di una misura che sembra aver provocato benefici ma anche danni non indifferenti alle casse dello Stato. Col superbonus edilizio al 110% sono stati ristrutturati ben pochi edifici rispetto al numero globale che di essi è presente nel nostro Paese. E spesso si è finito col ristrutturare palazzi di lusso, castelli e villette di proprietari benestanti, mentre i meno ricchi e i poveri hanno semplicemente rinunciato a usufruirne.

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Ita-Lufthansa, è conto alla rovescia: il 3 luglio nascerà la nuova maxi compagnia

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Aereo Lufthansa fusione società con Ita
Foto X @Schmidy_87

La rivoluzione annunciata (da parecchio tempo) fra le compagnie aeree civili d’Europa è ormai alle porte: dopo mesi di tira e molla, le nozze fra Ita e Lufthansa si faranno. La commissione europea darà il suo via libera formale e finale all’accordo mercoledì 3 luglio 2024. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Ansa citando fonti europee. Il verdetto positivo dell’Antitrust dell’Unione, già preannunciato nelle settimane scorse, arriverà dunque con un giorno in anticipo rispetto alla scadenza fissata al 4 luglio.

Dopo il primo orientamento positivo a livello tecnico, ottenuto il 17 giugno scorso, l’operazione di fusione fra Ita (la compagnia aerea erede della vecchia Alitalia) e il colosso tedesco Lufthansa ha incassato l’ok anche dalle authority nazionali dei Paesi membri dell’Unione europea. L’accordo prevede condizioni a tutela della concorrenza nello scalo di Milano-Linate e sulle rotte di corto e di lungo raggio, con l’apertura alle compagnie rivali. Il tutto ovviamente in applicazione del principio di libera concorrenza che regola l’asse portante dell’economia della Ue.

Lufthansa e le rotte in Italia

Il negoziato fra Ita e Lufthansa si era sbloccato, dopo le perplessità iniziali, a seguito ad un “cambiamento radicale di approccio” soprattutto da parte dei tedeschi. Il nodo delle rotte di corto-medio raggio e del rischio di monopolio nello scalo di Milano Linate è stato risolto garantendo che altri operatori possano subentrare alla compagnia di Colonia.

La quale cederà un numero più elevato di slot rispetto alle prime proposte in modo che ai potenziali concorrenti sia data la possibilità di stabilirsi in maniera più strutturata nello scalo lombardo. Come è noto, uno slot è una banda oraria che comprende il permesso ad atterrare e decollare in un aeroporto in una specifica data, con servizi aeroportuali annessi e connessi.

Sulle rotte a lungo raggio tra Fiumicino verso il Nord America il braccio di ferro fra Ita-Lufthansa da un lato e i regolatori della libera concorrenza europea dall’altro si è protratto per settimane. Anche in questo caso Lufthansa ha accettato di aprire le rotte più problematiche a compagnie rivali ottenendo in cambio l’ok all’ingresso di Ita fin da subito nella sua joint-venture Star Alliance.

I tedeschi avranno il Ceo

La Star Alliance è una struttura di cui fanno già parte, tra le altre, United e Canada Airlines. In questa ottica compagnie come Air France, Iberia, British Airlines – avevano fatto osservare a Bruxelles – potranno operare sulle stesse rotte con voli che prevedano però almeno uno scalo. Con con tempi di percorrenza e prezzi competitivi rispetto ai voli offerti da Ita-Lufthansa.

L’ingresso del tedeschi nel capitale di Ita è previsto quindi, operativamente dal 3 luglio in poi, per una quota iniziale pari al 41% (pari a 325 milioni di euro). Quota che salirà al 90% e al 100% con un aumento di capitale riservato da 729 milioni di euro più altri 100 milioni.

Somme considerevoli che Lufthansa verserà al ministero dell’Economia italiano progressivamente, ossia al raggiungimento di alcuni risultati di business. Il Consiglio di amministrazione (Cda) della nuova maxi compagnia aerea si comporrà di 5 membri: 3 italiani (di cui il presidente), 2 tedeschi (compreso l’amministratore delegato). Lufthansa  prevede di creare a Roma Fiumicino un hub intercontinentale per i voli verso l’America Latina, l’Africa e l’Asia.

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Energia, dal 30 giugno il mercato libero: le regole

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Foto Ansa

Per l’energia scatta dal 1 luglio 2024 il nuovo regime del mercato libero. Coloro che non hanno scelto un nuovo operatore passeranno al servizio a di tutele graduali: un meccanismo temporaneo che andrà a scadenza nel 2027. Chi è già transitato al mercato libero e preferisce tornare indietro può rientrare nel mercato tutelato entro il 30 giugno e passare poi alle tutele graduali. Ciò che deve fare è inoltrare la richiesta all’esercente del servizio di maggiore tutela nel Comune in cui si trova la fornitura.

Attenzione speciale ai clienti vulnerabili. Ovvero le persone con più di 75 anni, i percettori di bonus sociale per svantaggio economico e gravi condizioni di salute. Ma anche gli utenti di isole minori non interconnesse o di strutture abitative d’emergenza e i beneficiari della legge 104 per le disabilità. Per tutte queste categorie non cambierà nulla: potranno restare nel mercato tutelato dell’energia, cambiando eventualmente anche dopo la scadenza del primo luglio.

Il mercato dell’energia

Per ciò che riguarda invece i clienti non vulnerabili già transitati nel mercato libero dell’energia elettrica, essi possono rientrare nella maggior tutela. In questo modo, a partire dal 1° luglio, transiteranno nel servizio a tutele graduali, il meccanismo temporaneo che andrà a scadenza nel 2027 e che è stato concepito per accompagnare la progressiva liberalizzazione del mercato elettrico.

Ma come si fa a esercitare questa facoltà? Ed è possibile attivare il rientro fino all’ultimo giorno utile? Come si effettua il rientro? Innanzitutto, è bene controllare nella propria bolletta in che tipo di mercato l’utente si trova perché il passaggio è possibile dal mercato libero e riguarda i non vulnerabili.

Clienti vulnerabili e non

In prospettiva, poi, anche per i vulnerabili ci sarà il passaggio a un nuovo meccanismo, il servizio di vulnerabilità e anche qui, come per il Servizio a tutele graduali, ci sarà un’asta per definire chi gestirà il nuovo regime dell’energia. “Verosimilmente si terrà nel primo trimestre del 2025. Ed è una tempistica che consentirà all’assetto delle tutele graduali di sedimentare di modo che gli operatori possano fare le valutazioni necessarie a monte dell’eventuale partecipazione” ha dichiarato Stefano Besseghini, presidente Arera (L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente).

Per i non vulnerabili, invece, si deve inoltrare la richiesta all’esercente del servizio di maggiore tutela nel Comune in cui si trova la fornitura di energia. Per chi non conoscesse il nome dell’esercente, l’Autorità ha predisposto un motore apposito, raggiungibile anche dall’home page del sito dell’Autorità, cioè www.arera.it.

Attenzione ai raggiri

Occorre inserire il Comune di riferimento nell’apposito motore. Ad esempio se l’utente si trova nel Comune di Roma, dovrà consultare il sito del servizio elettrico Roma di Acea. Andranno presentate alcune informazioni – da quelle anagrafiche (nome, cognome, data di nascita, luogo di nascita, codice fiscale, estremi del documento di riconoscimento) ai dati catastali dell’immobile (tipo unità catastale; foglio, particella e subalterno). In caso di immobili di edilizia popolare (Ater) è necessario fornire anche la data e il numero di protocollo indicati nella determina dirigenziale.

Arera, inoltre, raccomanda di fare attenzione ai raggiri sul mercato dell’energia. Se si riceve una chiamata da un operatore telefonico occorre ricordare che l’interlocutore è obbligato a identificarsi chiaramente, dichiarando per conto di chi sta chiamando, lo scopo della telefonata e anche a comunicare, se lo si richiede, in che modo ha avuto il numero telefonico. È inoltre necessario tenere presente che nessuna Autorità chiama per proporre dei contratti commerciali.

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Draghi, la ricetta per l’Europa: “Più produttività, meno costi per l’energia”

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Draghi ricetta Europa
Mario Draghi con Felipe VI re di Spagna

Perlopiù dimenticato da molti italiani, l’ex premier Mario Draghi potrebbe presto assurgere a un ruolo preminente nei nuovi organismi europei che saranno rinnovati entro l’estate. A cominciare dalla Commissione e dal Consiglio europeo. E l’ex presidente della Bce di fatto sembra prepararsi, indicando quelle che sono le sue priorità per la Ue.  

In occasione del conferimento, il 14 giugno, del Premio Carlo V dal re di Spagna Felipe VI, Draghi non si è sottratto dal commentare l’attuale situazione in Europa, indirizzando ai 27 qualche invito. Soprattutto in materie di produttività e crescita. L’Unione europea per far fronte a tutti i cambiamenti, dovrà “crescere più velocemente e meglio” ha dichiarato l’ex premier. “E il modo principale per ottenere una crescita più rapida è aumentare la nostra produttività” ha detto l’ex premier. Il “processo di costruzione europea è durato secoli” ma “oggi dobbiamo affrontare sfide fondamentali sul nostro futuro“.

Draghi e il gap tecnologico

Il gap di produttività con gli Stati Uniti a cui l’ex presidente della Bce ha fatto riferimento è legato soprattutto alla tecnologia. Tuttavia “il divario potrebbe aumentare ulteriormente con il rapido sviluppo e la diffusione dell’intelligenza artificiale. Circa il 70% dei modelli fondamentali di intelligenza artificiale viene sviluppato negli Stati Uniti e solo 3 aziende statunitensi rappresentano il 65% del mercato globale del cloud computing. Per iniziare a colmare questo divario è necessaria una serie di azioni politiche. Prima di tutto, dobbiamo ridurre il prezzo dell’energia” ha spiegato Draghi.

L’Europa ha bisogno di adottare risposte urgenti sul mercato del lavoro, sulla difesa comune, sulla concorrenza sleale dall’estero e sul quadro geopolitico. Mentre il ritmo dell’innovazione tecnologica e del cambiamento climaticostanno accelerando e siamo sempre più esposti al peggioramento delle relazioni internazionali. Queste decisioni saranno anche rilevanti dal punto di vista politico e finanziario. E potrebbero anche richiedere un livello di cooperazione mai visto prima tra gli Stati membri e l’Unione Europea“.

Il progetto per la nuova Europa

Draghi ha anticipato diversi aspetti chiave della sua relazione alla presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, che gli ha conferito un mandato per analizzare il tema della competitività in Europa. “Delineerà una politica industriale che punti agli obiettivi chiave per i nostri cittadini europei” ha spiegato. Il rapporto, ha proseguito Draghi, suggerirà politiche “che punteranno innanzitutto aumentare la produttività, preservando la competitività delle nostre industrie nel mondo e la concorrenza in Europa. E anche a continuare la decarbonizzazione delle nostre economie in un modo che porti a minori prezzi dell’energia e maggiore sicurezza energetica.

Secondo Draghi occorre inoltre puntare a “riorientare la nostra economia in un mondo meno stabile. In particolare sviluppando capacità nel settore della difesa e una politica commerciale che possa rispondere alle nostre necessità geopolitiche. Tutto questo per ridurre “le dipendenze verso paesi su cui non possiamo fare più affidamento. E come ho detto – ha proseguito Draghi – mantenere alti livelli di protezione sociale e di redistribuzione in Europa è una questione non negoziabile“.

Oggi – ha concluso Draghi – questi passi appaiono impegnativi. Ma sono fiducioso che abbiamo la determinazione, il senso di responsabilità e la solidarietà per compierli. Per difendere la nostra occupazione, il nostro clima, i nostri valori, la nostra inclusione e equità sociale e la nostra indipendenza. Già a febbraio Draghi aveva suonato un campanello d’allarme sulla necessità di cambiamenti nella Ue. Adesso, argomenta, è davvero il tempo delle scelte.

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Naspi insegnanti 2024: come funziona

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Naspi insegnanti
Insegnante @Foto Crediti Envato Elements - DirittoLavoro

Concluso il periodo scolastico, subentra la possibilità della Naspi per alcune categorie di insegnanti. A tal proposito, è utile capire chi e quando può richiederla.

Quando si parla di Naspi rivolta agli insegnanti, si fa riferimento al personale precario o a chi abbia perso il lavoro in modo involontario. L’Inps, riconosciuta la situazione, attribuisce un’indennità pari alla metà dei contribuiti che l’insegnante ha versato nel corso dell’ultimo quadriennio. Tuttavia, è bene precisare che esistono dei requisiti precisi. Infatti, in termini di contribuiti, ad esempio, l’insegnante deve aver versato almeno 13 settimane di contribuiti negli ultimi quattro anni.

A quali insegnanti spetta la disoccupazione

Con il termine dell’anno scolastico, giugno, molti degli insegnanti che hanno un contratto a termine giungeranno alla scadenza naturale di quest’ultimo. In questo caso, sarà possibile richiedere la Naspi. Essendo una situazione che coinvolge principalmente la pubblica amministrazione, è importante fare una doverosa precisazione. La Naspi, infatti, spetta solo agli insegnanti che hanno sottoscritto un contratto a tempo determinato, mentre non possono accedere alla disoccupazione gli insegnanti con contratto indeterminato, anche dopo essere stati licenziati.

Per i precari, si accede alla disoccupazione dopo licenziamento, dopo la scadenza del contratto, quando il docente si dimette per giusta causa ed infine quando l’insegnante si dimette nel periodo tutelato di maternità e paternità. Per quanto concerne l’anno 2024 il requisito fondamentale è aver raggiunto almeno 13 settimane di contributi, nel quadriennio precedente alla richiesta di disoccupazione. La Naspi può essere percepita, inoltre, anche dagli insegnanti che hanno effettuato una supplenza breve. In questo ultimo caso il docente deve aver maturato i requisiti richiesti nell’arco dei quattro anni precedenti.

Naspi insegnanti: importi e durata

Importante sapere che la condizione per percepire la Naspi è l’essere totalmente disoccupati. Dunque, se alla scadenza del contratto l’insegnante ha comunque altri contratti in corso non potrà percepire l’indennità. Gli importi per i beneficiari, inoltre, possono essere variabili. In sostanza, se la retribuzione media è pari a 1.425,21 euro, si ha diritto al 75% di questo importo. Nel caso in cui sia superiore, spetta il 75% di 1.425,21 euro a cui si deve aggiungere il 25% della differenza della media ottenuta e 1.425,21 euro. Tuttavia, l’indennità non potrà superare i 1.550,42 euro.

Per quanto riguarda la richiesta per la Naspi, che gli insegnati possono effettuare in autonomia, non deve essere presentata oltre i 68 giorni dal termine del rapporto di lavoro. Se le tempistiche vengono superate si perde il diritto all’indennità. La domanda può essere presentata il giorno dopo la scadenza del contratto, ma il sussidio arriverà a partire dall’ottavo giorno di disoccupazione. Se l’istanza è inoltrata al trascorrere dell’ottavo giorno, l’indennità spetterà dal giorno successivo rispetto a quando è stata trasmessa l’istanza.

Infine, per quanto riguarda la durata, la Naspi per gli insegnanti si basa sui contribuiti versati (pari a metà delle settimane versate negli ultimi quattro anni). Tuttavia, non può superare le 24 mensilità. In sostanza, per gli insegnanti precari della scuola pubblica la disoccupazione copre fino a settembre, ovvero fino al periodo dell’eventuale prossimo incarico.

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Riscatto TFS/TFR dipendenti pubblici: aggiornamenti INPS

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Riscatto Tfs o Tfr
Sede INPS @Foto Crediti Ansa - DirittoLavoro

L’INPS fornisce alcuni importanti chiarimenti inerenti al riscatto TFS/TFR per dipendenti pubblici. In vigore, infatti, una nuova procedura per l’invio delle domande da parte degli iscritti e degli enti datori di lavoro.

Il riscatto del TFS/TFR permette ai dipendenti pubblici di dare valore a periodi di lavoro non coperti da contributi utili per la pensione. Tale riscatto permette di aumentare l’importo della liquidazione finale o della pensione, compensando eventuali vuoti contributivi.

Riscatto TFS/TFR: cosa è cambiato

Volendo fornire un servizio più efficace e adatto ad ogni esigenza degli interessati, l’INPS fornisce nuovi dettagli sui servizi disponibili. Tra questi si trova la domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex Inadel – Istituto nazionale di assistenza ai dipendenti di enti locali). Altri servizi sono l’eventuale richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto TFS/TFR o la domanda di esonero dal versamento delle rate residue di riscatto (ancora solo per gli iscritti all’ex Inadel). In aggiunta è possibile anche effettuare la registrazione dell’avvenuto pagamento di anticipata estinzione (in questo caso, sia per gli iscritti all’ex Enpas – Ente nazionale previdenza e assistenza ai dipendenti statali – che per gli iscritti all’ex Inadel).

Ancora per il singolo cittadino è possibile effettuare la rinuncia al riscatto TFS/TFR (sia ex Enpas che ex Inadel), Ed infine, il servizio permette anche di consultare le domande inviate (anche in questo caso, sia per gli iscritti ex Enpas che per gli iscritti ex Inadel). Per quanto riguarda l’azienda datore di lavoro, le funzionalità attualmente disponibili sono pressapoco simili a quelle relative al singolo cittadino. Esse riguardano, innanzitutto, la richiesta di riscatto ai fini TFS/TFR (esclusivamente per le amministrazioni statali-iscritti ex Enpas). A questa si aggiunge anche la domanda di anticipata estinzione delle rate rimanenti di riscatto ai fini TFS/TFR (soltanto per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas).

Nuove funzioni e nuove necessità

Tra le funzionalità possibili per l’azienda, anche la domanda di esonero dal versamento delle rate rimanenti di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas). Alle aziende datrici di lavoro, inoltre, è permesso effettuare una nuova richiesta per il riscatto TFS/TFR o rettificarne una anteriore già inviata (anche in questo casa, soltanto per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas). Ed in fine, anche il datore di lavoro può consultare le domande spedite (sempre solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas).

Come si può notare, le funzionalità presenti, sia per quanto riguarda il singolo cittadino che per quanto riguarda l’ente datore di lavoro, coprono la varietà di diverse situazioni che si possono presentare. In questo modo è più facile andare incontro ad ogni necessità. Per usufruire della nuova procedura online è sufficiente accedere al sito web INPS, utilizzando le consuete credenziali. Infine, il messaggio n. 2243 sopra citato specifica che la modalità di lavorazione della pratica di riscatto resta invariata. Ad eccezion fatta per le domande provenienti dalle Amministrazioni statali, per cui non è più possibile, come scrive l’INPS: “Modificare i dati specifici della domanda ed occorrerà invece procedere con la nuova funzionalità ‘Accogli con riserva‘ per richiedere all’Amministrazione la modifica dei dati anteriormente immessi“.

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IMU, col ravvedimento operoso sanzioni ridotte per chi paga in ritardo

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IMU ravvedimento operoso le regole
Foto X @ItaliaOggi

La scadenza per il versamento dell’acconto IMU 2024 sugli immobili (prima casa esclusa) era fissata al 17 giugno scorso. Cosa può fare chi non ha provveduto al pagamento? Per i contribuenti che non hanno rispettato il termine c’è la possibilità di regolarizzazione grazie all’istituto del cosiddetto “ravvedimento operoso”.

Per i versamenti in ritardo si deve corrispondere l’imposta dovuta, oltre alle sanzioni ridotte e agli interessi. Maggiore è il numero di giorni di ritardo e più alta è la percentuale della sanzioni da applicare. Chi non ha provveduto al pagamento entro la scadenza dell’acconto IMU del 17 giugno 2024 potrà provvedere a effettuare il versamento in ritardo.

Grazie all’istituto del ravvedimento operoso è possibile provvedere ai versamenti delle imposte pagando sanzioni ridotte rispetto alla sanzione ordinaria, che è prevista nella misura del 30% dell’imposta dovuta. In linea generale dovranno essere versati: l’imposta dovuta; le sanzioni ridotte; gli interessi. Prima si effettua il pagamento e maggiore sarà la riduzione della sanzione. La somma da corrispondere a titolo di interesse deve essere calcolata per ciascun giorno di ritardo nel pagamento.

IMU pagata con ritardo fino a 12 mesi

Nel caso di pagamento dell’IMU entro un anno dalla data di scadenza, sono 4 i diversi tipi di ravvedimento che possono essere applicati: super breve; breve; medio; lungo. Si fa riferimento al ravvedimento super breve nel caso di pagamento effettuato entro 14 giorni dalla scadenza prevista. In questo caso si applica una sanzione dello 0,1 per cento, pari a 1/10 della sanzione ordinaria.

Il ravvedimento breve è invece previsto nel caso di pagamento entro 30 giorni dal termine ordinario, più precisamente quando il versamento avviene tra il 15° e il 30° giorno. In questo caso si dovrà applicare la sanzione dell’1,5% dell’imposta originaria da pagare. Il ravvedimento medio interessa le regolarizzazioni tra il 31° e il 90° giorno di ritardo.

In questo caso per la regolarizzazione si dovrà corrispondere la sanzione dell’1,67% cento dell’importo da pagare. Il ravvedimento lungo, con pagamento oltre il 90° giorno e fino ad un anno di ritardo, prevede il versamento di una sanzione del 3,75% dell’importo da pagare. In ognuno di questi casi dovranno essere corrisposti anche gli interessi giornalieri, calcolati sulla base del tasso di riferimento annuale.

Ravvedimento dopo oltre un anno

Se un contribuente effettua il pagamento dell’IMU con oltre un anno di ritardo dalla scadenza ha comunque ancora la possibilità di regolarizzare la sua posizione. In questi casi i cittadini possono utilizzare il cosiddetto ravvedimento operoso lunghissimo. Tale ravvedimento è detto anche biennale in quanto permette la regolarizzazione entro due anni dal termine originario.

In questo caso la sanzione da pagare equivale a un settimo della sanzione ridotta, ovvero al 4,29%. Devono inoltre essere corrisposti anche gli interessi. Infine, superati due anni dalla scadenza, resta come ultima possibilità il ravvedimento operoso ultrabiennale. In questo caso la sanzione da corrispondere è ridotta al 5% dell’imposta originariamente dovuta.

Come già chiarito, anche in questo caso il contribuente dovrà versare gli interessi giornalieri, da calcolare sulla base del tasso di riferimento annuale. In conclusione, all’aumentare del numero di giorni di ritardo rispetto al termine originario aumenta anche percentuale della sanzione da corrispondere e la somma dovuta a titolo di interessi.

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