giovedì, Marzo 13, 2025
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Se l’avvocato commette errori in questi casi non devi versare un euro: quando si può non pagare la consulenza

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Se l'avvocato sbaglia non devi pagarlo
Se l'avvocato commette errori in questi casi non devi versare un euro -diritto-lavoro.com

Sapevi che puoi non pagare il tuo avvocato se ha commesso uno di questi errori? Lo dice la legge. Cosa devi sapere.

Sapevi che la legge ti tutela nel caso in cui il tuo avvocato abbia commesso errori gravi, tali per cui, non sei tenuto a pagarlo? Talvolta, si è soliti credere che il compenso spettante al professionista gli sia dovuto a prescindere dall’esito del giudizio. In realtà è proprio così, si tratta di una regola procedurale che non può essere ignorata. Tuttavia, esistono delle eccezioni.

La legge tutela i clienti degli avvocati che, commettono gravi dimenticanze o errori che pregiudicano il risultato del procedimento. Sebbene, esistano tali deroghe è opportuno specificare che il diritto al risarcimento del danno non è affatto automatico.

Se l’avvocato commette errori in questi casi non devi versare un euro: quando si può non pagare la consulenza

Secondo la giurisprudenza, infatti, l’avvocato, che in genere, è coperto da polizza assicurativa, deve risarcire il cliente solo se, quest’ultimo riesce a dimostrare che in assenza dell’errore contestato avrebbe vinto il giudizio o, comunque, avrebbe ottenuto un risultato più vantaggioso.

L'avvocato ha commesso un errore, devo pagarlo?
Quando si può non pagare la consulenza -diritto-lavoro.com

Se invece, pur in assenza dell’errore professionale, l’esito del processo sarebbe stato del tutto identico, il professionista non è tenuto a risarcire nulla. È opportuno precisare che, gli avvocati sono obbligati a lavorare secondo diligenza, se il cliente riesce a dimostrare che il professionista ha agito in modo negligente, può non pagare la parcella.

L’inadempimento professionale dell’avvocato, di fatto rende inutile la sua attività svolta e dunque, non necessario il pagamento di una somma di denaro. La giurisprudenza, inoltre, ha messo in evidenza altri ulteriori casi in cui il cliente può non pagare l’avvocato.

Ad esempio, quando non adempie al suo obbligo di dissuadere l’assistito nel caso in cui sappia in partenza che il giudizio gli arrecherà un danno, poiché non ci sono possibilità di vittoria.

Il cliente è tenuto a non pagare l’avvocato anche quando, il professionista non gli fornisce tutte le informazioni obbligatorie prima del processo. Il legale, infatti, è tenuto a comunicargli tutte le informazioni necessarie circa le possibili spese che dovrà affrontare. L’inosservanza di tale obbligo costituisce un illecito professionale e il cliente può non pagarlo.

Il rapporto tra avvocato e cliente si fonda su un patto fiduciario. Proprio in virtù di tale accordo, che si basa sulla fiducia che il cliente ripone nelle capacità del professionista, quest’ultimo è tenuto a lavorare in assoluta buona fede, con trasparenza e diligenza. È obbligato ad assolvere tutta una serie di obblighi, qualora non li rispetti, non ha diritto al compenso.

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ISEE le nuove regole stravolgono tutto: come cambiano le cifre per richiedere i bonus

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ISEE nuove regole
ISEE nuove regole-diritto-lavoro.com

ISEE, le nuove regole stravolgono ogni cosa. Ecco come cambiano le somme soglia, per richiedere gli incentivi. 

Come ben sappiamo, per misurare le condizioni economiche dei vari nuclei familiari in Italia, esiste un documento chiamato ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente).

Questo documento raccoglie dati e informazioni su redditi, patrimonio, da quante persone è composta una determinata famiglia. Conoscere il proprio ISEE è fondamentale se si vuole avere accesso a tutta una serie di incentivi disposti dai vari enti istituzionali.

Non a caso, coloro che rientrano in determinate soglie può ottenere sostegni economici di vario genere. Se si vuole ottenere l’ISEE, è necessario presentare la DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica).

A partire dal 5 marzo 2025, è entrata in vigore una riforma che ha portato tutta una serie di cambiamenti per ciò che concerne il calcolo ISEE e per facilitare l’accesso ai vari incentivi. Oltre ai vari bonus a disposizione, è possibile anche presentare istanza per ottenere sussidi statali per chi necessita di aiuto a livello economico.

ISEE, tutte le novità e le nuove regole per accedere ai vari incentivi: i dettagli da scoprire

Tra le novità che caratterizzeranno questa riforma, c’è il fatto che alcuni elementi che costituiscono il patrimonio, non saranno più inclusi nel calcolo ISEE.

ISEE nuove regole e cifre
ISEE nuove regole e cifre-diritto-lavoro.com

Questo porterà, quindi, a un ISEE ridotte per numerosi nuclei familiari. Non saranno considerati ai fini del calcolo del patrimonio mobiliare, libretti postali, titoli di Stato, buoni fruttiferi. In questo modo, si allargherà la platea di coloro che potranno fare istanza per ottenere i vari incentivi.

Ci saranno dei nuovi parametri per il riconoscimento della disabilità, e detrazioni per nuclei familiari che vivono in una casa, pagando il canone di locazione. Si tratta, come detto, di cambiamenti che inevitabilmente agevoleranno l’accesso a determinati bonus, visto che il reddito si ridurrà.

Sarà quindi possibile fare richiesta per molti più incentivi, tra cui l’Assegno unico, che possono ottenere quelle famiglie che hanno un certo numero di figli a carico. Così facendo, con queste nuove norme, si potrà anche accedere all’Assegno di Inclusione, oppure a vari incentivi sociali.

Ma non è tutto, perché la riforma permetterà anche di ottenere agevolazioni che hanno a che fare con l’affitto, bonus nido, ecc., che prima, per parecchi, non erano accessibili.

Si tratta di una riforma che punta all’equilibrio e a garantire un reale aiuto per quelle persone che ne hanno realmente bisogno, accorciando le disuguaglianze.

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Legge 104, non serve ISEE per richiedere il Bonus da €3000: chi può inoltrare la domanda e ottenere subito l’accredito

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Legge 104 bonus 3.000 euro
Con la legge 104 si ha diritto d un bonus non vincolato al reddito, ecco cosa devi sapere (diritto-lavoro.com)

Con la Legge 104 hai diritto al bonus da 3.600 euro senza vincoli ISEE. Ecco tutto quello che c’è da sapere per ottenerlo

La Legge 104 è da sempre un punto di riferimento per chi si trova a gestire un familiare con disabilità. Questo provvedimento offre una serie di agevolazioni e diritti per i lavoratori che assistono persone con gravi difficoltà.

Si garantiscono permessi retribuiti e forme di supporto economico. Tuttavia, non tutti sanno che tra le misure previste c’è anche un bonus di 3.600 euro annui destinato alle famiglie con bambini gravemente disabili.

Legge 104 e bonus da 3.000 euro

Si tratta di un contributo economico importante, pensato per quei nuclei familiari che si trovano nella difficile situazione di dover assistere un figlio con disabilità grave di età inferiore ai tre anni. In particolare, questo aiuto è riservato a quei bambini che, a causa delle loro condizioni di salute, non possono frequentare l’asilo nido.

Una delle caratteristiche più interessanti di questa misura è che non prevede vincoli ISEE. Questo significa che il contributo può essere richiesto indipendentemente dal reddito della famiglia, garantendo così un aiuto concreto a tutti coloro che ne hanno realmente bisogno. Un dettaglio non da poco, considerando che spesso i sostegni economici sono legati a limiti reddituali che ne restringono l’accesso a molte famiglie.

Legge 104 bonus bambini disabili
Un bonnus da 3.000 euro per i bambini disabili che non possono frequentare l’asilo nido (diritto-lavoro.com)

L’obiettivo di questo bonus è quello di favorire l’assistenza domiciliare, permettendo ai genitori di organizzare al meglio le cure del proprio bambino e di garantire un supporto adeguato. In un contesto in cui i costi per l’assistenza possono diventare particolarmente gravosi, avere a disposizione un assegno annuale può fare la differenza, aiutando le famiglie a sostenere spese per terapie, personale di supporto o strumenti specifici per la cura del bambino.

La richiesta del bonus deve essere presentata all’INPS, che si occupa della gestione e dell’erogazione del contributo. Solitamente, per accedere al beneficio è necessario presentare la certificazione della disabilità grave del bambino e dimostrare l’impossibilità di frequentare l’asilo nido. Una volta approvata la domanda, l’importo viene versato direttamente ai genitori con cadenza regolare.

In un periodo di forte difficoltà economica, misure come questa rappresentano un sostegno concreto per chi si trova a fronteggiare situazioni di particolare complessità. Spesso, infatti, l’assistenza a un familiare disabile comporta costi e sacrifici enormi, rendendo difficile conciliare il lavoro con le necessità quotidiane.

Ecco perché è fondamentale conoscere tutti i benefici previsti dalla Legge 104 e sfruttare le opportunità messe a disposizione dallo Stato. Questo bonus, in particolare, è una risorsa preziosa che può migliorare sensibilmente la qualità della vita delle famiglie coinvolte, garantendo un aiuto reale a chi ne ha più bisogno.

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Assegno di inclusione, finalmente la svolta: cambia il calcolo e arriva a molte più famiglie

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Assegno di inclusione cambia tutto
Novità sull'Assegno di Inclusione ora sarà più facile rientrare (diritto-lavoro.com)

Assegno di inclusione arriva la svolta. Con la modifica all’ISEE, entrata in vigore in questi giorni, più famiglie potranno accedervi.

L’attuale contesto economico è tra i più complessi degli ultimi anni. Tra inflazione galoppante e costo della vita sempre più elevato molte famiglie si trovano a fare i conti con una situazione di disagio economico.

È proprio per far fronte a questa emergenza che il governo ha introdotto l’Assegno di Inclusione (ADI), la misura che ha preso il posto del Reddito di Cittadinanza e che si propone di garantire un sostegno economico concreto alle famiglie più in difficoltà.

Assegno di inclusione e nuove regole

L’ADI è stato pensato per supportare chi vive in condizioni di disagio economico, offrendo non solo un aiuto economico mensile, ma anche percorsi di reinserimento lavorativo e sociale. Tuttavia, fino a oggi, il calcolo dell’ISEE ha rappresentato un ostacolo per molte famiglie che, pur avendo un reddito basso, si sono viste escluse dalla misura a causa del possesso di risparmi sotto forma di titoli di Stato, buoni fruttiferi postali o libretti di risparmio.

Da questo mese, però, cambia tutto. Grazie a una nuova norma che modifica i criteri di calcolo dell’ISEE, alcune forme di risparmio non verranno più considerate nel calcolo dell’indicatore economico. Nello specifico, i titoli di Stato, i buoni fruttiferi postali e i libretti postali saranno esclusi dall’ISEE se inferiori ai 50.000 euro. Questo significa che più famiglie potranno rientrare nei parametri richiesti per accedere all’Assegno di Inclusione e ottenere il beneficio economico.

ADI più semplice con modifiche ISEE
Cambia la norma sull’ISEE e da oggi più famiglie rientreranno nell’ADI (diritto-lavoro.com)

L’ADI prevede un sostegno economico mensile che varia in base alla composizione del nucleo familiare e alla condizione economica della famiglia. L’importo massimo erogabile può arrivare fino a 500 euro al mese per un singolo individuo, con una maggiorazione nel caso di nuclei familiari numerosi o con persone disabili a carico. Il beneficio è erogato su una carta prepagata ricaricabile e può essere utilizzato per l’acquisto di beni di prima necessità e il pagamento delle utenze.

Come accede all’ADI

Per poter accedere all’ADI, è necessario presentare domanda tramite il portale dell’INPS, i patronati o i CAF, allegando la documentazione necessaria e un ISEE aggiornato. La modifica alla normativa rappresenta, quindi, un’importante svolta per migliaia di famiglie che fino a oggi erano rimaste escluse e che ora potranno finalmente beneficiare del sostegno previsto.

Con il costo della vita che continua a crescere e le difficoltà economiche sempre più evidenti, l’Assegno di Inclusione rappresenta una misura fondamentale per garantire un minimo di stabilità alle famiglie italiane più fragili. Per questo motivo, chi ritiene di avere i requisiti per accedervi dovrebbe informarsi il prima possibile e presentare domanda per ottenere l’importante aiuto economico.

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Pensione anticipata, se hai 61 anni manda subito questa domanda all’INPS entro maggio

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Pensione anticipata comunicazione INPS
Pensione anticipata a 61 anni così puoi andarci (diritto-lavoro.com)

Andare in pensione anticipata a 61 anni ma devi mandare la domanda all’INPS entro maggio. Lo chiarisce l’INPS, con il messaggio n. 801/2025.

Negli ultimi anni, il tema della pensione è diventato sempre più centrale nella vita dei lavoratori italiani.

Il progressivo innalzamento dell’età pensionabile ha portato molti a chiedersi se e quando potranno finalmente lasciare il lavoro e godersi il meritato riposo.

Come andare in pensione anticipata

La questione è, senza ombra di dubbio, complessa e spesso poco chiara, tra riforme, requisiti sempre più stringenti e agevolazioni destinate solo a determinate categorie di lavoratori. Infatti, se per la maggior parte delle persone la pensione sembra un traguardo sempre più lontano, per alcuni esistono ancora delle possibilità di uscita anticipata dal mondo del lavoro.

Chi svolge lavori usuranti, in particolare, ha la possibilità di accedere alla pensione anticipata già a 61 anni e 7 mesi, a condizione di rispettare determinati requisiti contributivi e anagrafici. L’INPS, con il messaggio n. 801/2025, ha chiarito i criteri di accesso per coloro che svolgono professioni particolarmente faticose e gravose, riconoscendo l’importanza di tutelare chi, a causa del tipo di impiego svolto, è sottoposto a un elevato stress fisico e mentale.

pensione anticipata 61 anni
Ecco come andare in pensione a 61 anni (diritto-lavoro.com)

Tra le categorie di lavoratori che possono beneficiare di questa misura rientrano gli operai impiegati in catene di montaggio, i conducenti di mezzi destinati al trasporto pubblico collettivo e tutte quelle professioni caratterizzate da ritmi incessanti e un’intensa fatica fisica. Il lavoro usurante, infatti, non si limita solo agli aspetti fisici, ma comprende anche la pressione mentale e la difficoltà nel mantenere alti livelli di attenzione per periodi prolungati, come accade ad esempio per chi guida autobus o mezzi pubblici.

Come fare richiesta al’INPS

Per poter accedere alla pensione anticipata, è necessario aver maturato almeno 35 anni di contributi, un requisito essenziale per poter richiedere il pensionamento di anzianità. Inoltre, bisogna aver raggiunto quota 97,6, ovvero la somma tra l’età anagrafica e il numero di anni di contributi versati. Questo meccanismo consente una maggiore flessibilità rispetto al pensionamento ordinario, permettendo a chi ha iniziato a lavorare in giovane età di uscire prima dal mondo del lavoro.

Per chi rientra nei parametri stabiliti dalla normativa, presentare la domanda di pensione anticipata è un passo fondamentale per accedere al beneficio. L’INPS ha predisposto un iter semplificato per facilitare la richiesta, che può essere inoltrata direttamente online, tramite un patronato o rivolgendosi agli sportelli dell’istituto. Tuttavia, è sempre consigliabile verificare attentamente la propria posizione contributiva e consultare un esperto per evitare errori o ritardi nell’ottenimento della pensione.

Questa possibilità rappresenta una boccata d’ossigeno per molti lavoratori che, dopo anni di sacrifici, hanno il diritto di poter finalmente rallentare i ritmi e godersi la vita. Perciò, chi pensa di rientrare nei requisiti farebbe bene ad approfondire la questione e muoversi in tempo per non perdere questa preziosa opportunità.

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500 € di bonus per le famiglie con ISEE medio basso: da marzo le modalità per il nuovissimo contributo

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Bonus 500 euro per famiglie con ISEE medio basso
Bonus 500 euro per famiglie con ISEE medio basso-diritto-lavoro.com

C’è un nuovo bonus da 500 euro che può essere utile a famiglie con ISEE medio basso. Ecco tutti i dettagli per accedervi

Il costo della vita è inevitabilmente aumentato, con tutto ciò che ne consegue. L’inflazione sta erodendo il potere d’acquisto, e per questa ragione, ci sono molte famiglie che faticano a star dietro a tutte le spese cui si deve assolvere durante un mese.

Ci sono dei momenti, in cui sembra di lavorare tanto, per poi far fronte a una realtà piuttosto deludente, ossia di non riuscire a ottemperare a tutti gli impegni presi, da un punto di vista economico. Ed è per questo che tanti nuclei familiari cercano di risparmiare, in modo da riuscire a coprire più spese possibili.

Chi ha dei figli, peraltro, deve fronteggiare costi di vario genere, come quelli legati alla scuola, alle attività extrascolastiche, eventuali uscite con gli amici dei figli, e molto altro ancora. Per cui, si intuisce bene che c’è necessità di un supporto, e ogni anno, per questa ragione, si mettono a disposizione degli aiuti per famiglie che ne necessitano.

Per ottenere queste somme, che possono consistere in detrazioni, erogazioni dirette di denaro, rimborsi ecc., è necessario avere dei requisiti specifici, tra cui un ISEE corrispondente a una certa somma.

500 euro di bonus per famiglie che hanno questo ISEE: come funziona

Per famiglie che hanno figli a carico, arriva un nuovo bonus da 500 euro. L’incentivo è riservato a famiglie con reddito medio-basso.

Bonus 500 euro in arrivo
Bonus 500 euro in arrivo-diritto-lavoro.com

Nello specifico, si tratta di un provvedimento inserito nel Fondo Dote Famiglia, progetto che punta a supportare nuclei che hanno spese dovute ad attività di sport, cultura e formazione, per i propri figli.

Se si hanno figli si sa bene quanto possano essere esosi i corsi per contribuire alla loro formazione culturale, all’attività fisica, e molto altro. Con questo bonus si intende assicurare a tutti i bambini l’opportunità di frequentare attività ricreative ed educative di un certo livello.

I requisiti di accesso al bonus comprendono l’avere un ISEE inferiore a 15 mila euro, e può essere usato per frequentare corsi di lingua, musica, sport ecc. C’è però un dettaglio da non dimenticare. Le famiglie devono anticipare le spese che in seguito gli saranno rimborsate, presentando fatture, ricevute, per tracciare il pagamento.

Dunque, è importante ricordarsi di conservare tutte le fatture e ricevute, in modo da poter esercitare il proprio diritto al bonus. Ci sarà un decreto ministeriale che fornirà le modalità complete di accesso all’incentivo e che dovrebbe essere pubblicato entro il mese di marzo 2025.

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Visita fiscale, per queste malattie il medico non può farti visita a casa

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Visita fiscale cosa sapere
Ecco cosa devi sapere sulla visita fiscale e quando non può cattare (diritto-lavoro.com)

La visita fiscale può avere gravi conseguenze. Ecco tutto quello che devi sapere su orari, obblighi e malattie escluse.

Quando un lavoratore si assenta per malattia, può essere sottoposto alla visita fiscale, un controllo medico obbligatorio che verifica la reale condizione di salute dichiarata.

Ma quando scatta questa visita? Quali sono gli orari in cui può avvenire? E cosa succede se il lavoratore non viene trovato in casa? Vediamo tutto nel dettaglio.

Cos’è la visita fiscale e quando scatta

La visita fiscale è un accertamento medico disposto dall’INPS per verificare se un lavoratore in malattia sia realmente impossibilitato a lavorare. Può essere richiesta dal datore di lavoro o dall’INPS stesso e riguarda sia i dipendenti pubblici che quelli privati.

Scatta in automatico quando il lavoratore comunica l’assenza per malattia, attraverso il certificato medico inviato dal medico curante all’INPS. L’ente può decidere di inviare un medico a domicilio per controllare se lo stato di salute dichiarato corrisponde alla realtà.

Gli orari in cui il lavoratore deve essere reperibile a casa cambiano a seconda che si tratti di dipendenti pubblici o privati:

  • Dipendenti pubblici: devono essere reperibili tutti i giorni, compresi festivi e weekend, nelle fasce orarie dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00.
  • Dipendenti privati: devono essere disponibili per la visita fiscale dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00, anche nei giorni festivi e nei fine settimana.

Se il medico dell’INPS si presenta e non trova il lavoratore in casa, può lasciare un avviso e ripresentarsi in un altro momento. Se l’assenza non è giustificata, scattano sanzioni e decurtazioni dello stipendio.

Cosa succede se il lavoratore non è in casa?

Non essere in casa durante gli orari di reperibilità può avere gravi conseguenze. Se il medico fiscale non trova il lavoratore, viene segnalata l’assenza e si rischiano:

  • La perdita dell’indennità di malattia per i primi dieci giorni di assenza.
  • Un’ulteriore decurtazione dello stipendio in caso di altre assenze ingiustificate.
  • In situazioni estreme, il licenziamento per giusta causa, se si dimostra che la malattia era simulata.

Malattie esenti da visita fiscale
Con queste malattie la visita fiscale non scatta (diritto-lavoro.com)

Per evitare sanzioni, il lavoratore deve giustificare immediatamente la sua assenza con motivi validi, come visite mediche urgenti o situazioni impreviste documentabili.

Malattie escluse dalla visita fiscale

Non tutte le malattie richiedono la visita fiscale. Ci sono alcune patologie che esonerano il lavoratore dall’obbligo di reperibilità, tra cui:

  • Patologie gravi che richiedono terapie salvavita, come la chemioterapia.
  • Stati di invalidità riconosciuti almeno al 67%.
  • Malattie derivanti da infortuni sul lavoro o causa di servizio (solo per i dipendenti pubblici).

Queste esenzioni esistono perché alcune terapie obbligano il paziente a spostarsi frequentemente per cure mediche, rendendo impossibile garantire la presenza in casa nelle fasce orarie stabilite.

La visita fiscale è un controllo serio e chiunque si trovi in malattia deve rispettare le regole di reperibilità per evitare problemi. Non essere in casa negli orari stabiliti può portare a conseguenze pesanti, quindi è importante conoscere i propri diritti e doveri. Tuttavia, chi soffre di determinate patologie può essere esonerato, evitando così il rischio di sanzioni ingiuste.

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Straordinari sul lavoro, vanno sempre pagati (anche senza autorizzazione): la nuova storica sentenza

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straordinari lavoro sentenza
straordinari lavoro sentenza-diritto-lavoro.com

Straordinari sul lavoro, è necessario che siano sempre pagati. Lo dice una sentenza storica. Ecco tutti i dettagli in merito

Il mondo del lavoro offre molteplici possibilità e si tratta davvero di una realtà variegata e in continua evoluzione. Una delle scelte più significative riguarda il percorso professionale, in particolar modo se lavorare come dipendenti o mettersi in proprio.

Entrambe le opzioni presentano vantaggi e svantaggi, e la decisione dipende dalle aspirazioni, dalla personalità e dalla propensione al rischio di ciascuno. Essere dipendenti garantisce una stabilità economica, con stipendio fisso, benefit e tutela previdenziale.

Permette di lavorare con orari definiti e di delegare responsabilità organizzative all’azienda. Tuttavia, può limitare la libertà di azione e la possibilità di esprimere a pieno il proprio potenziale, vincolando le decisioni alla gerarchia aziendale.

Dall’altra parte, avviare un’attività in proprio offre autonomia e possibilità di crescita illimitata. Si possono scegliere i progetti, stabilire il proprio valore sul mercato e costruire qualcosa di personale. Tuttavia, richiede una forte disciplina, capacità di gestione e la disponibilità ad affrontare incertezze economiche, soprattutto nei primi anni.

A prescindere da quale sia la scelta, c’è comunque un aspetto che riguarda entrambe le parti, sia i dipendenti, che i datori di lavoro. Si tratta degli straordinari. In tantissimi, infatti, si chiedono come vanno pagati, anche quando non sono autorizzati e cosa sancisca la legge a riguardo.

Straordinari autorizzati e non: la legge è chiara su come vanno retribuiti

Quando un dipendente supera l’orario ordinario di lavoro, ha sempre diritto a una retribuzione aggiuntiva? La normativa stabilisce regole precise sulla gestione del lavoro straordinario, con limiti definiti e condizioni specifiche.

straordinari lavoro, cosa dice una sentenza
straordinari lavoro, cosa dice una sentenza-diritto-lavoro.com

L’orario di lavoro normale è fissato a 40 ore settimanali, salvo diverse disposizioni della contrattazione collettiva (art. 3 D. Lgs. 66/2003). Tuttavia, esiste la possibilità di applicare regimi multiperiodali, in cui l’orario settimanale può variare, purché la media rispetti il limite previsto entro un periodo massimo di un anno.

In ogni caso, non si possono superare le 48 ore settimanali di lavoro calcolate su una media di quattro mesi, salvo deroghe previste per specifiche esigenze. Inoltre, ogni lavoratore ha diritto ad almeno 11 ore consecutive di riposo nelle 24 ore, riducendo la durata massima della giornata lavorativa a 13 ore.

Se manca un accordo collettivo, il numero massimo di ore straordinarie consentito è di 250 annue. In generale, la legge consente il lavoro straordinario solo in casi particolari, come necessità produttive, situazioni di forza maggiore o eventi aziendali specifici. Un uso eccessivo degli straordinari può comportare responsabilità per il datore di lavoro, soprattutto se incide sulla salute del dipendente (art. 32 e 35 Cost.).

Ma cosa succede se un dipendente svolge straordinari senza autorizzazione? In molti casi, questi devono comunque essere retribuiti, soprattutto se il datore di lavoro ne è a conoscenza e non interviene per fermarli, oppure se il lavoratore è costretto a completare mansioni inderogabili. La Corte di Cassazione ha confermato questo principio nella sentenza n. 17192/2024, riconoscendo il diritto alla retribuzione per ore extra non autorizzate, ma effettivamente svolte e documentate.

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Farmaci ed esenzione, da ora rimborsano anche questi comunissimi medicinali: la lista completa

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Farmaci ed esenzione, per questi si può avere rimborso
Farmaci ed esenzione, per questi si può avere rimborso-diritto-lavoro.com

Farmaci, ecco una lista completa di medicinali per cui è possibile ottenere un rimborso. Le nuove disposizioni a riguardo. 

Oggi, molte famiglie si trovano in una situazione economica difficile, con stipendi che spesso non bastano a coprire tutte le spese essenziali. Il costo della vita è in aumento e arrivare a fine mese può diventare una sfida, soprattutto per chi ha un reddito limitato o deve affrontare spese impreviste.

Quando subentrano problemi di salute, la situazione si complica ulteriormente. Acquistare beni di prima necessità può già essere difficile, e l’acquisto di farmaci diventa, in alcuni casi, un lusso che non tutti possono permettersi.

Per far fronte a queste difficoltà, esistono esenzioni sanitarie che permettono di ottenere gratuitamente o con costi ridotti, alcuni farmaci e prestazioni mediche.

L’accesso a queste agevolazioni dipende da diversi fattori, come il reddito, la presenza di patologie croniche o invalidanti, l’età e la condizione lavorativa. Il Servizio Sanitario Nazionale garantisce, infatti, una copertura parziale o totale per determinate categorie di medicinali, alleggerendo il peso economico sulle famiglie in difficoltà.

Recentemente, nuovi farmaci sono stati inseriti nella lista di quelli soggetti a esenzione, offrendo un ulteriore sostegno a chi ha bisogno di cure ma non può permettersi di affrontare costi elevati. Una misura che rappresenta un passo avanti nel garantire l’accesso alle cure per tutti.

Nuovi farmaci rimborsabili: ecco quali sono

L’AIFA ha recentemente approvato l’inserimento di nuovi farmaci tra quelli rimborsabili, ampliando così l’accesso a cure innovative per diverse patologie.

Farmaci ed esenzione, quali sono rimborsabili
Farmaci ed esenzione, quali sono rimborsabili-diritto-lavoro.com

Tra le novità figurano tre farmaci di origine chimica, due equivalenti, un biosimilare e un farmaco orfano, destinato al trattamento di malattie rare. Inoltre, per sei medicinali già disponibili è stata estesa l’indicazione terapeutica, con particolare attenzione all’ambito oncologico.

Una delle novità più significative riguarda il rimborso di PLUVICTO, un nuovo trattamento per il carcinoma della prostata metastatico. Questo radiofarmaco utilizza una combinazione tra un radioisotopo e una molecola mirata per colpire specificamente le cellule tumorali, rendendo la terapia più efficace e mirata.

Anche per le donne in post-menopausa, a rischio di fratture dovute all’osteoporosi arriva un’importante novità: ELADYNOS sarà soggetto a esenzione. Si tratta di una soluzione iniettabile sottocutanea che migliora sensibilmente la qualità della vita delle pazienti.

Novità anche per chi convive con il diabete: saranno rimborsabili MOUNJARO e AWIQLI, farmaci innovativi per il controllo della glicemia. Torna a far parte della lista dei farmaci rimborsabili, BAQSIMI, un trattamento in spray per affrontare le emergenze legate all’ipoglicemia grave.

Inoltre, sono stati aggiornati i criteri di utilizzo per importanti terapie oncologiche, ampliando la platea di pazienti che potranno beneficiarne, grazie all’esenzione. Si tratta di farmaci come JEMPERLI, KEYTRUDA, OPDIVO, TRODELVY, e XALKORI.

Infine, sono stati introdotti farmaci equivalenti e biosimilari per la gestione di patologie come la schizofrenia, la psoriasi a placche e il morbo di Crohn, contribuendo a una maggiore sostenibilità economica e a una più ampia disponibilità di cure per i pazienti.

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Anticipo di stipendio, a quanto ammonta e dopo quando arriva: come richiederlo al datore di lavoro

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Anticipo dello stipendio come fare
L'anticipo dello stipendio può essere una soluzione concreta a difficoltà momentanee, ecco come fare per ottenerlo (diritto-lavoro.com)

L’anticipo dello stipendio è una soluzione concreta per affrontare le difficoltà economiche. Ecco come ottenerlo e cosa sapere.

In un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo, riuscire a far quadrare i conti a fine mese è sempre più difficile.

Le spese aumentano, le bollette pesano e gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo. Per molte famiglie e lavoratori, quindi, avere la possibilità di accedere a una parte dello stipendio in anticipo può rappresentare un’ancora di salvezza.

Cos’è l’anticipo dello stipendio?

L’anticipo dello stipendio è una somma che il datore di lavoro può erogare al dipendente prima della fine del mese, solitamente in caso di necessità economiche urgenti. Non si tratta di un prestito o di una somma extra, ma semplicemente di un pagamento anticipato di una parte della retribuzione mensile.

Questa possibilità è prevista sia per i dipendenti pubblici che privati, ma le modalità e le condizioni possono variare in base al contratto collettivo applicato e agli accordi con il datore di lavoro.

Ogni lavoratore dipendente può fare richiesta di anticipo dello stipendio, ma è il datore di lavoro a decidere se e quando concederlo. Alcuni contratti collettivi prevedono questa possibilità in modo esplicito, mentre in altri casi è a discrezione dell’azienda.

Le situazioni più comuni in cui si può richiedere l’anticipo includono:

  • Spese mediche impreviste
  • Spese scolastiche o universitarie
  • Scadenze di pagamenti urgenti
  • Imprevisti economici che richiedono liquidità immediata

L’importo dell’anticipo varia a seconda della politica aziendale e può corrispondere a una percentuale dello stipendio maturato fino a quel momento.

Come fare richiesta al datore di lavoro?

Per ottenere l’anticipo dello stipendio, il lavoratore deve inoltrare una richiesta scritta al datore di lavoro o all’ufficio delle risorse umane.

come ottenere l'anticipo dello stipendio
Ecco come chiedere ed ottenere l’anticipo dello stipendio (diritto-lavoro.com)

Nella richiesta è importante specificare:

  • L’importo richiesto
  • Il motivo della richiesta (anche se non sempre è obbligatorio)
  • Le tempistiche per l’erogazione

In alcuni casi, l’azienda può richiedere un accordo firmato per regolamentare la restituzione dell’anticipo, che viene poi trattenuto dallo stipendio finale del mese.

Quando viene erogato?

Il tempo di erogazione dell’anticipo dipende dall’azienda. Alcuni datori di lavoro concedono l’anticipo entro pochi giorni dalla richiesta, mentre altri lo pagano a una data prestabilita all’interno del mese.

Nel settore pubblico, per esempio, gli anticipi di stipendio sono più rari e spesso legati a specifici accordi sindacali. Nel settore privato, invece, ci può essere maggiore flessibilità, soprattutto nelle piccole aziende.

L’anticipo dello stipendio rappresenta una soluzione concreta per chi ha bisogno di liquidità immediata senza dover ricorrere a prestiti o finanziamenti. Tuttavia, è importante usarlo con consapevolezza, senza abusarne, per evitare difficoltà nei mesi successivi. Parlare apertamente con il proprio datore di lavoro e conoscere le regole previste dal proprio contratto è il primo passo per capire se questa opzione può fare al caso proprio.

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