Il Ministero del lavoro ha pubblicato le nuove faq in tema di smart working per genitori con figli in quarantena. In pratica i genitori lavoratori dipendenti il cui figlio convivente, minore di anni 14, sia stato posto in quarantena, possono comunicare lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working attraverso una procedura semplificata prevista durante l’emergenza covid-19. Tale procedura semplificata potrà essere utilizzata sino al prossimo 15 ottobre 2020, cioè la data prevista per la fine del periodo emergenziale. Successivamente a tale data, salvo eventuali proroghe, la comunicazione di smart working dovrà essere effettuata con le modalità “standard” di cui agli articoli 18.23 della L.n. 81 del 2017.
Di seguito riportiamo le FAQ pubblicate sul sito del Ministero del Lavoro relativamente allo smart working per genitori con figli in quarantena.
SMART WORKING PER GENITORI CON FIGLI IN QUARANTENA
Lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile per i genitori lavoratori dipendenti il cui figlio convivente, minore di anni quattordici, è stato sottoposto a quarantena, può essere comunicata con la procedura “semplificata”?
Si, la comunicazione “semplificata” può essere utilizzata sino alla data del 15 ottobre 2020, fine del periodo emergenziale, salvo poi dover procedere alla comunicazione “standard” per tutte le comunicazioni successive a tale data.
Pertanto, sia le nuove attivazioni, sia le prosecuzioni dello svolgimento della modalità agile oltre la data del 15 ottobre 2020 dovranno essere eseguite con le modalità e i termini previsti dagli articoli da 18 a 23 della Legge 22 maggio 2017, n. 81.
SMART WORKING: COMUNICAZIONE
Come vanno effettuate le comunicazioni di smart working a partire dal 1° agosto?
La Delibera del Consiglio dei Ministri del 29 luglio 2020 ha prorogato lo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 fino al 15 ottobre 2020. Di qui, con Decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83 è stato conseguentemente prorogato fino al 15 ottobre 2020 – tra gli altri – il termine per la comunicazione semplificata del lavoro agile. Pertanto, le modalità di comunicazione del lavoro agile restano quelle previste dall’art. 90, comma 3 delD.L. 19 maggio 2020 n. 34 convertito nella Legge 17 luglio 2020 n. 77, utilizzando i modelli semplificati già in uso, resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. (Template per comunicare l’elenco dei lavoratori coinvolti).
Resto inalterato l’applicativo informatico da utilizzare per l’invio della comunicazione.
Si intendono superate le istruzioni fornite in precedenza.
FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE: ASSEGNO ORDINARIO COVID-19
Per l’accesso all’assegno ordinario con causale Covid-19 erogato dal Fondo di integrazione salariale (FIS) è richiesto l’accordo sindacale?
No. Con Messaggio n. 2981 del 28.07.2020, l’INPS ha ribadito (in continuità con la sua Circolare n. 84 del 10 luglio 2020) che all’assegno ordinario con causale Covid-19 erogato dal Fondo di integrazione salariale, si applica la normativa in materia di cassa integrazione ordinaria e, ai fini della concessione del trattamento, non è richiesto l’accordo sindacale.
L’accordo resta necessario soltanto per i Fondi di solidarietà bilaterali che, espressamente nei rispettivi regolamenti, subordinano l’accesso all’assegno al raggiungimento di accordo sindacale aziendale. In tali casi, infatti, la vigente disciplina non esonera espressamente le aziende dall’obbligo dell’accordo.
PROROGA CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO
Come deve essere inteso il riferimento ai contratti a termine per la cui durata è prevista la proroga dall’articolo 3, comma 1-bis del D.L. Rilancio? Cosa si intende per “periodi di sospensione lavorativa”? Quali sono gli obblighi occupazionali?
La legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione del D.L. n. 34/2020 (c.d Decreto Rilancio) ha aggiunto il comma 1-bis all’articolo 93, disponendo che il termine dei contratti a termine, anche in somministrazione, e dei rapporti di apprendistato è prorogato per una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Tale previsione, pertanto, si applica a tutti i rapporti di lavoro subordinato che non siano a tempo indeterminato, proprio al fine di evitare che la loro durata iniziale risulti di fatto ridotta per effetto di circostanze non imputabili al lavoratore.
Ad esempio, ricadono nella proroga della durata:
– i contratti di lavoro a termine, ivi inclusi quelli stagionali;
– i contratti in somministrazione a tempo determinato, intendendosi il rapporto di lavoro che intercorre tra l’Agenzia per il lavoro e il lavoratore;
– i contratti di apprendistato, intendendosi quelli per il conseguimento di una qualifica e il diploma professionale e quelli di alta formazione e ricerca, limitatamente alla durata del periodo che precede la qualificazione.
Nel “periodo di sospensione” vanno compresi sia i periodi di fruizione di un ammortizzatore sociale Covid-19, sia l’inattività del lavoratore in considerazione della sua sospensione dall’attività lavorativa in ragione delle misure di emergenza epidemiologica da Covid-19 (es. fruizione di ferie).
In tutti questi casi il datore di lavoro, entro cinque giorni dalla data di scadenza originaria, deve effettuare la comunicazione obbligatoria di proroga, modificando il termine inizialmente previsto per un periodo equivalente a quello di sospensione dell’attività lavorativa.
SMART WORKING: COMUNICAZIONE
Come vanno effettuate le comunicazioni di smart working previste dall’articolo 90 del D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni nella Legge n. 77/2020?
L’articolo 90 del Decreto legge n. 34/2020 specifica che la modalità di lavoro agile può essere applicata dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali, ovvero utilizzando la procedura “semplificata” attualmente in uso, e ciò sino alla fine dello stato di emergenza (attualmente fissata al 31 luglio 2020) e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2020. Pertanto, allo stato attuale, la procedura “semplificata” è utilizzabile sino al 31 luglio 2020.
SMART WORKING: PROCEDURA SEMPLIFICATA
Fino a quando è utilizzabile la procedura “semplificata” per la comunicazione di smart working prevista dall’articolo 90 del D.L. n. 34/2020?
L’articolo 90 del Decreto legge n. 34/2020 specifica che la modalità di lavoro agile può essere applicata dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali, ovvero utilizzando la procedura “semplificata” attualmente in uso, e ciò sino alla fine dello stato di emergenza (attualmente fissata al 31 luglio 2020) e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2020.
Il riferimento della norma al 31 dicembre 2020 è da intendersi come limite massimo di applicazione della procedura di cui sopra, nel caso di proroghe allo stato di emergenza.
Resta inteso che sia le nuove attivazioni, sia le prosecuzioni dello svolgimento della modalità agile oltre la data del 31 luglio 2020 dovranno essere eseguite con le modalità e i termini previsti dagli articoli da 18 a 23 della Legge 22 maggio 2017, n. 81.
CONGEDO DIPENDENTE PUBBLICO
Sono un dipendente pubblico e ho un figlio di età inferiore a 12 anni: ho diritto al congedo speciale di 30 giorni, retribuito al 50% e coperto da contribuzione figurativa, da fruire entro il 31 luglio 2020?
Sì, in quanto l’articolo 25, comma 1, del D.L. 17 marzo 2020 n. 18 (convertito dalla Legge 24 aprile 2020 n. 27) dispone che i dipendenti pubblici, in conseguenza della sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, hanno dritto a fruire dello specifico congedo previsto per i dipendenti privati dall’articolo 23, comma 1, dello stesso Decreto legge e della relativa indennità entro il 31 luglio 2020.
La fruizione del congedo è riconosciuta alternativamente a entrambi i genitori ed è subordinata alla condizione che, nel nucleo familiare, non vi sia altro genitore a beneficiare di strumenti di sostegno al reddito per sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o disoccupato o non lavoratore.
FORMAZIONE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA
Nei casi in cui non sia possibile attivare modalità di videoconferenza sincrona per lo svolgimento della formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, oppure quando deve essere svolta la parte pratica dei corsi obbligatori, a quali condizioni è possibile realizzare specifiche attività formative in presenza?
Come già chiarito da questo Ministero, la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro riveste carattere di particolare importanza, anche in relazione a specifici obblighi previsti dalla normativa di settore.
Pertanto, con la ripresa delle attività produttive, nei casi in cui non vi siano oggettivamente le condizioni per attivare modalità in videoconferenza sincrona per svolgere la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero quando sia necessario svolgere sessioni obbligatorie pratiche dei corsi di formazione, è possibile svolgere attività formativa in presenza, a condizione che siano adottate idonee misure di contenimento del rischio di contagio, quali ad esempio:
- utilizzo di locali dotati di adeguata areazione;
- distanziamento fisico di almeno 1 metro;
- utilizzo della mascherina chirurgica;
- accessibilità all’igiene frequente delle mani;
- garanzia dell’igiene delle superfici; in particolare in presenza di utilizzo di macchine o attrezzature di lavoro, adeguata igienizzazione e disinfezione tra un utilizzo e l’altro secondo le specifiche indicazioni emanate dall’Istituto Superiore di Sanità.
Tali indicazioni trovano altresì applicazione per la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza rivolta alle figure della prevenzione. Anche in tali casi rimane da preferire, in questa fase, la modalità a distanza di “videoconferenza in modalità sincrona” anziché la formazione “in presenza”, fatta eccezione per i moduli formativi che espressamente prevedono l’addestramento pratico, come per gli addetti al primo soccorso in azienda.
Anche in questi casi, che richiedono lo svolgimento di attività formative “in presenza”, sarà necessario il pieno rispetto di tutte le misure di contenimento del rischio indicate in precedenza.
Tali indicazioni sono state confermate dal Comitato Tecnico Scientifico operante presso il Dipartimento della Protezione Civile, che – nella riunione del 28 maggio 2020 – si è espresso su uno specifico quesito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il Parere allegato.
CONTRATTI DI LAVORO SUBORDINATO A TEMPO DETERMINATO
Durante il periodo emergenziale, i datori di lavoro possono prorogare o rinnovare un contratto a termine in assenza delle condizioni e oltre i termini previsti dagli articoli 19 e 21 del Decreto Legislativo n. 81 del 2015?
Sì, ai sensi dell’art. 93 del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, per far fronte al riavvio delle attività a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020, anche in assenza delle causali prescritte dall’art. 19 del Decreto Legislativo n. 81 del 2015.
La durata di eventuali rapporti di lavoro a termine, prorogati o rinnovati in base a tale disposizione, non potrà eccedere la data del 30 agosto 2020.
SMART WORKING
Nella comunicazione “massiva” semplificata adottata per la situazione emergenziale, i datori di lavoro del settore privato devono indicare la fine del periodo di svolgimento della prestazione in modalità smart working?
Si, ai sensi dell’art. 90 del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i datori di lavoro del settore privato devono comunicare al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito.
Nel caso di comunicazioni già inviate, ciò può essere eseguito modificando lo stesso file utilizzato per la comunicazione “massiva semplificata”, qualora fosse stata utilizzata tale modalità di comunicazione, oppure procedendo con una comunicazione “massiva” o singola di modifica, qualora fosse stata utilizzata la procedura già disponibile prima dell’insorgere della pandemia.
FORMAZIONE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA
In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, è possibile posticipare tutta la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro o solo l’aggiornamento?
In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall’articolo 103, comma 2, del Decreto-legge n. 18 del 2020, si ritiene che nel caso in cui non sia possibile, temporaneamente, effettuare l’aggiornamento previsto si possa ugualmente proseguire lo svolgimento dell’attività lavorativa. Diversamente, per quanto riguarda la formazione da svolgere ex novo (ad esempio in caso di assunzione di nuovo personale, o nel caso di cambio di mansione, ovvero ancora nel caso dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro), si ritiene che la stessa non possa essere posticipata, ferma restando la possibilità di svolgere la formazione in videoconferenza se ne ricorrono i presupposti.
Nel caso in cui non sia possibile svolgere l’attività formativa in videoconferenza o nel caso in cui debba essere svolta la parte pratica dei corsi di formazione è possibile erogare la formazione in presenza?
In considerazione della situazione eccezionale, le modalità di erogazione della formazione a distanza rimangono da preferire.
Tuttavia, si ritiene possibile erogare formazione in presenza, inclusa la parte pratica dei corsi, se le condizioni logistiche ed organizzative adottate dal soggetto responsabile delle attività formative siano in grado di assicurare il pieno rispetto di tutte le misure di prevenzione e contenimento del contagio individuate per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
In questo periodo di emergenza da COVID-19, in considerazione delle difficoltà operative determinate dalle misure di contenimento, in caso di impossibilità a effettuare l’aggiornamento della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è possibile proseguire lo svolgimento dell’attività lavorativa? Inoltre, al fine di poter ugualmente svolgere la formazione prevista, è possibile utilizzare modalità di formazione a distanza invece che in aula?
In considerazione della situazione eccezionale, caratterizzata dalle misure di contenimento per evitare e prevenire il contagio da COVID-19, in coerenza con il principio introdotto dall’articolo 103, comma 2, del Decreto-legge n. 18 del 2020 si ritiene che la mancata effettuazione dell’aggiornamento non preclude lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Fermo restando, naturalmente, l’obbligo di completare l’aggiornamento immediatamente dopo la fase emergenziale.
Inoltre, al fine di contemperare l’esigenza del contenimento delle attività con il necessario aggiornamento delle competenze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, si ritiene ammissibile, in via temporanea, lo svolgimento delle attività formative in videoconferenza esclusivamente con modalità sincrona, ad esclusione della parte pratica dei corsi, in modo da garantire la verifica delle presenze dei soggetti da formare e la piena interazione tra questi ultimi e i docenti (ad esempio assicurando la condivisone del materiale didattico, la possibilità di formulare domande, etc.).
VERIFICHE PERIODICHE
In considerazione delle misure di contenimento adottate per la gestione dell’emergenza sanitaria, è possibile differire l’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, secondo quanto previsto dall’articolo 103, comma 2, del Decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020?
No. Il principio contenuto all’articolo 103, comma 2, del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 non può essere esteso alle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro di cui all’articolo 71, comma 11, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Infatti, la disposizione introdotta in via eccezionale dal predetto articolo 103, comma 2, non contempla anche gli atti relativi ad attività di verifica rilasciati da soggetti privati. E ciò anche al fine di scongiurare che la mancata effettuazione delle verifiche delle attrezzature di lavoro possa comportare la messa in pericolo di beni e di interessi di primaria importanza, come la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro.
GIOVANI ISCRITTI ALLE CASSE PROFESSIONALI
Ai fini dell’accesso all’indennità di cui all’art. 44 del d.l. n. 18/2020, il riferimento al reddito percepito nell’anno di imposta 2018 – introdotto con Decreto Interministeriale 28 marzo 2020 – esclude i lavoratori autonomi e i professionisti iscritti agli enti di previdenza obbligatoria nel 2019 o nel 2020?
No. Il Decreto Interministeriale 28 marzo 2020 (1) (art. 1, comma 2) riconosce l’indennità di 600 Euro a coloro che: a) abbiano percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro, al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione, la cui attività sia stata limitata a causa dei provvedimenti restrittivi adottati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica; b) abbiano percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo tra 35.000 euro e 50.000 euro, al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione, e abbiano ridotto, cessato o sospeso la loro attività autonoma o libero-professionale in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 (ai sensi dell’art. 2 dello stesso decreto).
Il parametro reddituale in base al quale verificare la sussistenza del diritto alla richiamata indennità è rappresentato, dunque, dal “reddito complessivo” percepito per l’anno di imposta 2018; tale reddito può non coincidere, pertanto, con il solo reddito derivante dall’esercizio della professione. Ne consegue che l’indennità potrà essere riconosciuta anche in favore di quei lavoratori autonomi e professionisti che, in quanto iscritti agli enti previdenziali di appartenenza durante l’anno 2019 o nei primi mesi del 2020, non possano vantare per l’anno di imposta 2018 un reddito derivante dall’esercizio della professione; ciò a condizione che gli stessi abbiano percepito, in quello stesso anno, un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro, ovvero compreso tra i 35.000 e i 50.000 euro (in presenza, chiaramente, degli altri requisiti prescritti dalla legge).
Pertanto nulla osta alla concessione del beneficio anche ai neo iscritti che non abbiano maturato reddito professionale nel 2018, purché abbiano un reddito da lavoro complessivo entro i limiti indicati dal DI del 28 marzo 2020.
CASSA INTEGRAZIONE – CIRCOLARE N. 8 DELL’8 APRILE 2020
Il riferimento al 17 marzo 2020, indicato nella circolare quale data ultima di assunzione dei lavoratori per i quali può essere riconosciuto il trattamento di integrazione salariale di cui all’articolo 19 del Decreto-legge n. 18/2020, trova applicazione anche per la cassa integrazione in deroga di cui all’articolo 22 del medesimo Decreto-legge n. 18/2020?
Sì. Ai sensi dell’articolo 41, comma 2, del Decreto-legge n. 23/2020, la cassa integrazione in deroga di cui all’articolo 22 del Decreto-legge n. 18/2020 si applica anche ai lavoratori assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020.
In caso di istanze di cassa integrazione in deroga presentate da datori di lavoro che facciano riferimento a unità produttive site in cinque o più Regioni o Province Autonome sul territorio nazionale è possibile produrre un unico accordo sindacale che faccia complessivamente riferimento a tutte le unità produttive interessate?
Sì. In questo caso per semplificarne la presentazione, l’istanza al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dovrà essere accompagnata da un unico accordo sindacale, che si riferisca a tutte le unità produttive considerate nell’istanza. L’accordo sindacale viene trasmesso alla Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali e, unitamente all’istanza di autorizzazione al trattamento, alla Direzione Generale degli ammortizzatori sociali e della formazione secondo le modalità già descritte nella Circolare ministeriale n. 8 dell’8 aprile 2020.
Un datore di lavoro con una struttura produttiva distribuita in cinque o più Regioni o Province Autonome che, tuttavia, faccia richiesta di cassa integrazione in deroga per COVID-19 per unità produttive e/o operative presenti fino ad un massimo di quattro Regioni o Province Autonome, dovrà presentare domanda alle singole Regioni o Province Autonome in cui hanno sede le unità produttive interessate dalle sospensioni?
Sì. In questo caso – seppure si tratti di un datore di lavoro con una organizzazione produttiva o distributiva plurilocalizzata – tuttavia se l’esigenza di attivare la cassa in deroga per COVID-19 si riferisce a unità produttive site in non più di quattro Regioni o Province Autonome, le relative istanze andranno presentate singolarmente alle rispettive Regioni o Province Autonome e non al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
In caso di tirocinio sospeso in conseguenza della sospensione dell’attività produttiva a seguito dell’emanazione dei provvedimenti contenenti le misure di contenimento del contagio, la durata del tirocinio è prorogata? Entro quando devono essere effettuate le comunicazioni?
Se la scadenza del tirocinio cade nel periodo di sospensione dell’attività produttiva, lo stesso si intende prorogato e la durata originariamente prevista si intende prolungata per il periodo residuo non effettuato a causa della sospensione.
La comunicazione di proroga, prevista dall’articolo 4-bis del Decreto legislativo n. 181/2000, va effettuata entro 5 giorni dalla data di ripresa dell’attività produttiva dell’azienda presso la quale il tirocinio era svolto, ovvero entro 5 giorni dalla data di ripresa del tirocinio ove non coincidente con la data di ripresa dell’attività produttiva.
L’assenza dei lavoratori dovuta al rispetto dei provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, anche se adottati dai Presidenti delle Regioni interessate, può essere equiparata alla malattia?
Sì. In caso di lavoratori che non abbiano potuto assicurare la regolare presenza per il rispetto di provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, anche quando siano stati adottati dai Presidenti delle Regioni interessate dal contagio, l’assenza dei medesimi è equiparata a malattia, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto, in applicazione del principio contenuto all’articolo 26, comma 1, del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e senza necessità di produrre certificazione medica.
LAVORATORI DISABILI E ASSISTENZA A SOGGETTI DISABILI
Di quanti giorni di permesso della legge n. 104/1992 dispongo nei mesi di maggio e giugno?
I giorni di permesso sono estesi a 18 totali per maggio e giugno 2020: ai 3 giorni normalmente fruibili ogni mese, si aggiungono ulteriori 12 giorni complessivi che potranno essere utilizzati liberamente nell’arco dei due mesi di maggio e giugno, senza vincoli e scadenze rigide.
Le modalità per la richiesta e l’utilizzo di questi permessi rimangono quelle di sempre: quindi è possibile anche la fruizione frazionata ad ore, purchè entro il 30 giugno.
Per il personale sanitario (sia del comparto pubblico che privato) l’estensione dei permessi è possibile solo compatibilmente con le esigenze organizzative dettate dall’emergenza.
L’estensione dei permessi è concessa anche ai lavoratori disabili (art. 33, comma 6, legge n. 104/1992)?
Si. L’estensione dei permessi è prevista per:
– i lavoratori pubblici e privati che assistono una persona con disabilità (art. 33, comma 3, legge 104/1992);
– i lavoratori pubblici e privati a cui è riconosciuta una disabilità grave (art. 33, comma 6, legge 104/1992).
Sono un lavoratore dipendente con disabilità grave (articolo 3, comma 3, legge n. 104/1992), posso restare a casa dal lavoro?
Sì. Fino al 31 luglio, i lavoratori dipendenti pubblici e privati con disabilità grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992 possono assentarsi dal servizio.
Tale assenza dal lavoro è equiparata, dal punto di vista del trattamento giuridico ed economico, ai periodi di assenza per ricovero ospedaliero o per quarantena obbligatoria. L’assenza non è computata ai fini del comporto.
Mi è stata certificata una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, posso restare a casa dal lavoro?
Sì. Fino al 31 luglio, i lavoratori dipendenti pubblici e privati, in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge n. 104 del 1992, possono assentarsi dal servizio. Non è necessaria la certificazione di disabilità con connotazione di gravità. Questa assenza dal lavoro è equiparata, dal punto di vista giuridico ed economico, al ricovero ospedaliero o alla quarantena obbligatoria. L’assenza non è computata ai fini del comporto.
Sono un lavoratore dipendente cui è riconosciuta la disabilità grave (articolo 3, comma 3, legge 104/1992) posso chiedere di lavorare con modalità agile (smart working)?
Sì. Fino al termine dello stato di emergenza e, quindi, ad oggi, fino al 31 luglio 2020, i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, disabili gravi o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, a patto che questa modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa normale. Nello stesso periodo, ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile.
(Fonte: Ministero del Lavoro)