Rivolta dei sindacati sul controllo a distanza dei lavoratori
I sindacati sono in rivolta dopo l’approvazione del decreto legislativo che detta disposizioni – tra l’altro – in tema di controllo a distanza dei lavoratori, attuativo del Jobs Act e adottato lo scorso 11 giugno 2015 dal Consiglio dei Ministri (per ulteriore approfondimento vedi il nostro articolo su “Semplificazioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità” dello scorso 16.6.2015)
Tale revisione andrà a modificare l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori (L.n. 300/1970), che come è noto, vieta l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori e l’art. 171 del D.Lgs. n. 196 del 2003, relativamente alle sanzioni previste in caso di violazione di tale divieto.
Il nuovo testo dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, secondo la versione non definitiva contenuta nello schema di decreto legislativo di attuazione del Jobs Act, diventerà (salvo eventuali modifiche che potrebbero intervenire prima della definitiva entrata in vigore):
“Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controlla a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti che servono al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
Le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
La battaglia che stanno intraprendendo i sindacati concerne pertanto la circostanza che se il testo del decreto legislativo sarà approvato così come è, non sarà più necessaria l’autorizzazione sindacale o delle DTL di competenza per l’assegnazione ai lavoratori di strumenti – già in loro possesso per lo svolgimento della prestazione lavorativa – che consentono al datore di controllarlo a distanza, come ad esempio dal telefono, dal tablet, dal PC, dal gps, ecc.
Sicuramente, nel frattempo, i sindacati si rivolgeranno al Garante della privacy per stabilire se tale disposizione risulta in contrasto con il contenuto della “Raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa” che – come è noto – tutela la privacy dei lavoratori di fronte ai progressi tecnologici che permettono ai datori di lavoro di raccogliere e conservare ogni tipo di informazione che li riguardi.
Per conoscere l’esito, non resta che aspettare il prossimo giovedì (25.6.2015), quando tutti questi aspetti saranno esaminati dalle Commissioni Lavoro di Camera e Senato che si riuniranno per esaminare i 4 schemi di decreto legislativo approvati, come sopra si è detto, lo scorso 11 giugno 2015 dal Consiglio dei Ministri.