Il tempo stringe per la manovra di bilancio 2025 e le banche entrano più che mai nel mirino del Governo. Al centro dei desiderata di Meloni e del suo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (nella foto), c’è un’attenzione speciale per famiglie e imprese. Le casse dello Stato, però, sono sempre a secco. Con quasi 3milia miliardi di euro sul groppone l’Italia è uno degli Stati più indebitati al mondo. Esercita una pressione fiscale sui cittadini molto alta, e per la spesa pubblica i margini di ‘manovra’, è il caso di dire, sono scarsi.
In questa fine di settembre ad agitare il Centrodestra è ancora una volta il tentativo di far contribuire allo sforzo chi più in questi anni ha generato profitti. Ovvero le banche. Ma anche il mondo delle assicurazioni e il settore energetico. Possibilmente senza ripetere gli errori dello scorso anno e percorrendo la strada del dialogo con i soggetti coinvolti. L’ultima ipotesi allo studio, secondo le indiscrezioni, sarebbe quella di un ‘prelievo solidale‘ dell’1-2% sugli utili degli ultimi 12-24 mesi.
L’obiettivo è di contribuire al finanziamento di misure come il taglio del cuneo fiscale, gli sgravi Irpef o il Bonus tredicesima. Si tratterebbe di un contributo di solidarietà una tantum e “da costruire insieme” alle aziende interessate. Per questo, dopo il fallito blitz del Governo Meloni che lo scorso anno fece infuriare le banche, questa volta sarebbero stati avviati fin dall’inizio dell’estate contatti informali con il mondo del credito. Questo per valutare insieme il da farsi senza rischiare uno scontro. Ma a mettersi di traverso contro ogni tentativo di tassazione o imposizione dall’alto è ancora una volta Forza Italia.
Forza Italia fa muro
Il vicepremier Antonio Tajani non usa giri di parole e chiede al massimo l’apertura di un confronto con le banche alla ricerca di soluzioni condivise. Di tassa o prelievi sugli extraprofitti gli azzurri non ne vogliono nemmeno sentir parlare: “Siamo contrari. Si danneggerebbero le banche di prossimità e si creerebbe incertezza sui mercati a danno dell’Italia” avverte Tajani. Per lui altra cosa è sedersi attorno a un tavolo con le banche per vedere se queste in qualche modo possano contribuire alla casse dello Stato e alle finanze pubbliche.
Del resto per il vicepremier una tassa generalizzata finirebbe per colpire soprattutto le banche popolari e di credito cooperativo che svolgono un ruolo più che fondamentale per l’economia, erogando un gran numero di prestiti a cittadini e aziende. Per questo vanno assolutamente difese. Da Fratelli d’Italia però la carta del prelievo non si esclude, sebbene il capogruppo alla Camera, Tommaso Foti, cerchi di spegnere sul nascere ogni possibile principio di incendio nella maggioranza. Sulla delicata questione, assicura, nel centrodestra c’è una “piena sintonia“.
Il punto di vista delle banche
All’Abi (l’Associazione bancaria italiana) al momento le bocche restano cucite. La linea resta sempre quella di non commentare le indiscrezioni. Ma se da parte dei banchieri c’è disponibilità al dialogo, non è certo un segreto la contrarietà non solo verso ogni forma di tassazione, ma anche verso un qualsivoglia prelievo o contributo. L’associazione presieduta da Antonio Patuelli ha più volte sottolineato come sul reddito prodotto dalle banche si sommano varie e maggiori imposte rispetto alle imprese degli altri settori economici. Ossia l’Ires al 24%, l’addizionale Ires per le banche al 3,5%, l’Irap al 5,45% e la cedolare secca sui dividendi al 26%.