Dopo il 2020, annus horribilis in cui è scoppiata la pandemia, il popolo delle partite Iva è tornato ad aumentare. A oggi, inizio del 2024, la platea è stabilmente sopra i 5 milioni di effettivi. Al 31 dicembre scorso erano 5.045.000 lavoratori indipendenti e sebbene il numero sia in leggero aumento rispetto a quattro anni fa, rimane comunque ben lontano dai 6,2 milioni che vent’anni fa, nel 2004. A comunicarlo è l’Ufficio studi della Cgia.
È utile segnalare, si legge nell’analisi, che non tutte le categorie appartenenti al mondo del lavoro autonomo godono di buona salute. Anzi. Molte professioni sono in grosse difficoltà e il loro numero sta diminuendo. La Cgia si riferisce, in particolare, ai lavoratori autonomi ‘classici’, come gli artigiani, i piccoli commercianti e gli agricoltori. Diversamente, sono in espansione le partite Iva senza albo od ordine professionale. Alcuni esempi di professioni non regolamentate? I web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali. Ma anche i consulenti informatici, gli utility manager, i sociologi, gli amministratori di condominio.
Le partite Iva e il Fisco
Il popolo delle partite Iva, delle micro imprese e i loro dipendenti rappresenta un blocco sociale di oltre 6 milioni di persone. Prima del Covid produceva quasi 200 miliardi di Pil. Negli ultimi 40 anni è diventato centrale in molte regioni d’Italia, una componente strutturale del nostro sistema economico, soprattutto a Nord-Est. I valori associati a questo mondo – contare sulle proprie forze, accettare di misurarsi con il mercato senza alcun paracadute sociale – hanno caratterizzato almeno due generazioni di lavoratori indipendenti.
Il trend positivo registrato dallo stock di lavoratori autonomi in questi ultimi tre anni è sicuramente ascrivibile alla ripresa economica maturata dopo l’avvento del Covid. Con un Pil che nel biennio 2021 e 2022 ha toccato livelli di crescita molto elevati è aumentata l’occupazione e conseguentemente anche quella indipendente. Sicuramente ad allargare la platea degli autonomi ha concorso anche il fisco.
L’introduzione del regime forfettario per le attività autonome con ricavi e compensi inferiori a 85mila euro ha reso meno gravoso di un tempo gestire fiscalmente un’attività in proprio. Infine, non è nemmeno da escludere che la crescita numerica di questo settore sia riconducibile anche all’incremento delle ‘false’ partite Iva. Grazie al boom dello smart working avvenuto in questi ultimi anni, è probabile che le ‘finte’ partite Iva siano aumentate, anche se, attualmente, il numero complessivo di queste ultime è stimato attorno alle 500mila unità. Una soglia che avevamo già raggiunto una ventina d’anni fa.
Marche, artigiani in crisi nera
Ancorché gli ultimi dati disponibili a livello territoriale siano aggiornati ai primi 9 mesi del 2023, il trend relativo all’andamento dei lavoratori indipendenti è in crescita. Sebbene l’incremento dell’intera platea non abbia interessato tutte le regioni. Nell’ultimo anno il Molise (+8,4%), la Liguria (+8,2%), la Calabria e l’Emilia Romagna (entrambe con il +5,6%) hanno registrato gli aumenti più importanti. Per contro l’Abruzzo (-4,9%), l’Umbria (-5,6%), il Trentino Alto Adige (-8,4%) e le Marche (-10,1%) hanno subito le contrazioni più significative.
Il crollo del numero degli artigiani, dei commercianti e degli agricoltori ha interessato tutte le regioni, ma in particolare le Marche (-17,2%), il Piemonte (-15,5%), l’Emilia Romagna e il Molise (entrambe -15,1%), l’Umbria (-14,9%) e il Veneto (-14,8%). A livello di ripartizione geografica la contrazione più pesante si è registrata nel Nord-Est (-14,1%).