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Abogados, si dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE

Secondo le conclusioni formulate dall’Avvocato Generale Nils Whals della Corte di Giustizia Europea, non può essere rifiutata l’iscrizione all’Albo degli Avvocati a coloro che ottengono la qualifica all’estero. In particolare l’Avvocato generale ha ritenuto che, “sulla base di una giurisprudenza consolidata, il solo fatto che un cittadino scelga di acquisire un titolo professionale in un altro Stato membro allo scopo di beneficiare di una normativa più favorevole non sia sufficiente, di per sè, a costituire un abuso del diritto”.

Ma vi è di più. Infatti secondo Whals, “L’art. 3 della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a faciliatare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica osta alla prassi di uno Stato membro di rifiutare, con la motivazione dell’abuso del diritto, l’iscrizione all’albo degli avvocati, nella sezione speciale riservata agli avvocati che hanno ottenuto la qualifica all’estero, di cittadini di tale Stato membro che, poco dopo aver ottenuto il titolo professionale in un altro Stato membro, ritornino nello Stato membro precedente“.

Il parere dell’Avvocato Generale, come è noto, non è vincolante per la decisione della Corte ma nella prassi esso ha una grande influenza. Occorrerà naturalmente qualche mese prima di conoscere l’esito e leggere le motivazioni della sentenza.

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La questione all’esame della Corte è relativa al ricorso proposto da due cittadini italiani che, dopo aver acquisito il diritto di usare il titolo professionale di “abogado” conseguito in Spagna, hanno richiesto l’iscrizione alla Sezione Speciale dell’Albo presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Macerata, ma non hanno ottenuto risposta da parte di quest’ultimo. Proponevano quindi ricorso al CNF il quale ha preferito deferire alla Corte di Giustizia Europea, in via pregiudiziale, l’esame di due questioni riguardanti l’interpretazione e la validità della Direttiva 98/5/CE, in base ai principi che vietano l’abuso del diritto e impongono il rispetto dell’identità nazionale.

L’Avvocato Generale sul punto ha evidenziato che lo scopo della Direttiva 98/5/CE è di “facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato (…) in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale” e quindi “il diritto dei cittadini di uno Stato membro di scegliere lo Stato membro nel quale desiderano acquisire il loro titolo professionale è inerente all’esercizio, in un mercato unico, delle libertà fondamentali garantite dai trattati dell’Unione“. E pertanto “la presentazione all’autorità competente dello Stato membro ospitante di un certificato di iscrizione presso l’autorità competente dello Stato membro di origine è l’unico requisito cui può essere subordinata l’iscrizione dell’interessato nello Stato membro ospitante, che gli consente di esercitare la sua attività in quest’ultimo Stato membro con il suo titolo professionale di origine“.

In conclusione, dunque, l’Avvocato Generale non ha ravvisato alcun abuso del diritto nel comportamento di un aspirante avvocato che intenda approfittare di una normativa estera più favorevole per il conseguimento del titolo professionale. Ma la prassi italiana di rifiutare l’iscrizione nella Sezione Speciale dell’Albo prevista per gli avvocati che hanno conseguito la qualifica in un altro Paese comunitario, pregiudica il corretto funzionamento della Direttiva dell’Unione Europea.

Allegato: Conclusioni avv. Whals_UE

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