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L’INPS, con la Circolare n. 113 del 28.07.2021, ha fornito indicazioni amministrative sulla classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali a seguito del nuovo orientamento giurisprudenziale di cui alle sentenze n. 14257/2019 e n. 5541/2021 della Corte di Cassazione. In sintesi, l’Istituto ha precisato che ai fini della variazione di classificazione dei datori di lavoro, i provvedimenti dell’Istituto successivi alla data del 24 maggio 2019, in ragione del consolidarsi del nuovo orientamento giurisprudenziale, dovranno basarsi sul presupposto che l’omessa comunicazione del datore di lavoro circa i mutamenti dell’attività svolta non potrà essere più equiparata all’inesatta dichiarazione (per cui non potrà più rilevare ai fini dell’adozione di un provvedimento di variazione di classificazione con efficacia retroattiva).

L’Istituto ha di fatto precisato che l’inquadramento nel settore economico corrispondente all’attività effettivamente svolta da un’azienda può avvenire con effetto retroattivo solo se il datore di lavoro ha fornito dichiarazioni non esatte al momento dell’avvio dell’attività. Se, invece, non è stata comunicata la variazione dell’attività, durante il ciclo di vita dell’azienda, la nuova classificazione non può avere effetto retroattivo.

Di seguito il testo integrale della circolare n. 113/2021.

INDICE

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  1. Premessa
  2. Nuovo orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione: sentenze n. 14257/2019 e n. 5541/2021
  3. Nuove indicazioni amministrative
1.Premessa

L’articolo 3, comma 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è intervenuto in materia di decorrenza degli effetti dei provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, stabilendo che: “I provvedimenti adottati d’ufficio dall’INPS di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente alla effettiva attività svolta producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro. In caso di variazione disposta a seguito di richiesta dell’azienda, gli effetti del provvedimento decorrono dal periodo di paga in corso alla data della richiesta stessa. Le variazioni di inquadramento adottate con provvedimenti aventi efficacia generale riguardanti intere categorie di datori di lavoro producono effetti, nel rispetto del principio della non retroattività, dalla data fissata dall’INPS. Le disposizioni di cui al primo e secondo periodo del presente comma si applicano anche ai rapporti per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendano controversie non definite con sentenza passata in giudicato”.

L’Istituto, con la circolare n. 263 del 19 ottobre 1995, ha fornito indicazioni in attuazione della suddetta norma, precisando – in tema di retroattività – che: “Il provvedimento di variazione produrrà, al contrario, i suoi effetti sin dalla data dell’inquadramento iniziale nell’ipotesi in cui tale inquadramento sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro: tali sono le notizie, relative all’effettiva attività svolta, fornite dal datore di lavoro all’atto della domanda di iscrizione e sulla cui base l’Istituto emana il provvedimento di classificazione.

La suddetta disposizione legislativa è stata oggetto di un’evoluzione interpretativa non univoca da parte della giurisprudenza, segnatamente con riferimento all’omessa comunicazione di variazioni relative all’attività imprenditoriale svolta.

In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza 23 maggio 2008, n. 13383, accogliendo la tesi difensiva dell’Istituto e mutando un precedente orientamento (cfr. la sentenza n. 4521/2006), ha statuito il principio di diritto in base al quale in materia di classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e ai fini dell’applicabilità dell’articolo 3, comma 8, della legge n. 335/1995 – che fissa la regola che gli effetti della variazione della classificazione si producono dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento, con la sola eccezione, con conseguente retroattività degli effetti della variazione, dell’ipotesi in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni dal datore di lavoro – l’omessa comunicazione dei mutamenti intervenuti nell’attività svolta dall’azienda, la quale, per effetto delle scelte operate dall’imprenditore, assume caratteristiche tali da comportare una diversa classificazione ai fini previdenziali, è da equiparare all’ipotesi delle dichiarazioni inesatte, giacché, alla stregua della comune “ratio” di assicurare la corrispondenza della classificazione, a fini previdenziali, all’effettiva attività dei datori di lavoro, anche in caso di omessa comunicazione si realizza, sia pure in un momento successivo, una discrasia tra l’effettività della situazione e le dichiarazioni sulle quali la classificazione iniziale era fondata.

In sintesi, quindi, la deroga della retroattività degli effetti della variazione in discorso, prevista dall’articolo 3, comma 8, della legge n. 335/1995, può avere luogo, in virtù della suddetta pronuncia, sia in caso di inesatte dichiarazioni che di omessa comunicazione ad opera del datore di lavoro (in senso conforme, cfr. anche Corte di Cassazione n. 8558/2014).

  1. Nuovo orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione: sentenze n. 14257/2019 e n. 5541/2021

La Corte di Cassazione ha mutato il proprio orientamento con la sentenza n. 14257/2019 (Camera di Consiglio del 21 marzo 2019), depositata in Cancelleria in data 24 maggio 2019 e, da ultimo, con la sentenza n. 5541/2021 (Camera di Consiglio del 20 ottobre 2020), depositata in Cancelleria in data 1° marzo 2021, nella quale, tra l’altro, si afferma che “non si ritiene esistente un contrasto attuale che imponga di rimettere la questione alle Sezioni Unite”, richiamando i seguenti principi:

  • l’articolo 3, comma 8, della legge n. 335/1995 stabilisce che i provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento o della richiesta dell’interessato;
  • la retroattività degli effetti della variazione si determina ogni volta che vi sia stato nel momento iniziale dell’attività un comportamento del datore positivo e volontario tale da determinare un inquadramento errato, qual è l’inoltro di dichiarazioni inesatte;
  • la condotta omissiva intervenuta nel corso dell’attività del datore di lavoro trova una specifica sanzione nell’articolo 2, primo comma, del decreto-legge 6 luglio 1978, n. 352, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1978, n. 467, che prevede l’obbligo dell’impresa di comunicare agli enti previdenziali le variazioni relative all’attività imprenditoriale svolta, il cui inadempimento non comporta alcuna conseguenza sotto il profilo della decorrenza della variazione di inquadramento.

Secondo la Corte, tale soluzione interpretativa “deve essere preferita, in quanto coerente con la natura eccettiva della deroga all’operatività della classificazione ex nunc, deroga prevista testualmente per il solo caso delle inesattezze nella dichiarazione iniziale e che, dunque, non può essere applicata al di fuori delle ipotesi ivi tassativamente indicate e tipizzate, stante il divieto anche di interpretazione analogica ed estensiva, posto con riferimento alla legge speciale dall’art. 14 preleggi.

  1. Nuove indicazioni amministrative

A seguito del mutato orientamento giurisprudenziale, la variazione di classificazione dei datori di lavoro, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente all’effettiva attività svolta, potrà avvenire con effetto retroattivo soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese al momento dell’iniziale inquadramento ai sensi dell’articolo 3, comma 8, della legge n. 335/1995.

Pertanto, ai fini della variazione di classificazione dei datori di lavoro, i provvedimenti dell’Istituto successivi alla data del 24 maggio 2019, in ragione del consolidarsi del nuovo orientamento giurisprudenziale, dovranno basarsi sul presupposto che l’omessa comunicazione del datore di lavoro circa i mutamenti dell’attività svolta non potrà essere più equiparata all’inesatta dichiarazione (per cui non potrà più rilevare ai fini dell’adozione di un provvedimento di variazione di classificazione con efficacia retroattiva).

La retroattività degli effetti della variazione di classificazione, di cui al comma 8 dell’articolo 3 della legge n. 335/1995, verrà ad esistenza soltanto in caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro rese, come sopra riportato, esclusivamente in fase di iniziale inquadramento.

Relativamente al contenzioso in essere nella materia in argomento si provvederà, con successivo messaggio, a fornire indicazioni operative alle Strutture territoriali.

(Fonte: INPS)

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