Il Tribunale di Venezia, con ordinanza del 4.6.2021, ha stabilito che è legittima la sanzione disciplinare della sospensione di 3 giornate dal lavoro e dalla retribuzione al dipendente che rifiuta di indossare la mascherina.
Di seguito il testo integrale dell’ordinanza del Tribunale di Venezia.
Il sig. (omissis) è stato assunto da Amav nel lontano 1990, con mansioni di operatore ecologico ed eletto nel 2017 quale RLSSA. Durante il periodo di emergenza epidemiologica, in cui la società, pur continuando ad erogare il servizio, ha cercato di adottare tutte le misure più idonee a salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori, con PEC trasmessa alla Direzione Veritas il 14.08.2020, avente ad oggetto “richiesta assunzione responsabilità civile e penale”, il sig. (omissis) argomentava, con tono indubbiamente aggressivo e linguaggio del tutto inappropriato, in merito alla pretesa “illegittimità” della disposizione aziendale relativa all’utilizzo obbligatorio della mascherina da parte dei dipendenti nei depositi, con specifico riferimento all’utilizzo obbligatorio della stessa “all’interno degli spogliatoi…corridoi…bagni”. (omissis) rilevava “una serie di strane e ridicole incoerenze”, giungendo ad intimare di “valutare molto bene il fatto di far sanzionare i lavoratori”, perché non indossavano la mascherina, “in quanto incostituzionale e illecito”. Concludeva sostenendo che “per tutti questi (e altri) eventi il “dubbio” inizia a farsi forte anche tra i lavoratori che tutta questa vostra smania a tratti esagerata …quasi maniacale per la “mascherina” … “SEMBRA” quasi sia dovuta più a livello amministrativo/politico che per la VERA salvaguardia dei lavoratori” (doc. 10 ricorso).
In data 24 agosto 2020, durante la riunione annuale ex art. 35 D.Lgs 81/2008 della Divisione Servizi Cimiteriali, il sig. (omissis) si presentava nell’aula dove si teneva la riunione sprovvisto di mascherina: invitato dall’RSPP, sig. (omissis) indossare la mascherina “chirurgica” distribuita dall’Azienda, non accettava. Il sig. (omissis) a fronte delle insistenze del convenuto, acconsentiva a che il sig. (omissis) partecipasse alla riunione, sebbene senza mascherina, invitandolo tuttavia ad occupare una posizione in fondo alla sala.
Il 26.08.2020, infine, il sig. (omissis) affiggeva nella bacheca aziendale di Sacca San Biagio la suddetta PEC del 14.08.2020, così divulgando a tutto il personale il messaggio ivi contenuto.
Con raccomandata a mano dd. 27.08.2020 (doc. 14 ricorso), Veritas ha elevato contestazione disciplinare nei confronti del sig. (omissis) per le due successive infrazioni disciplinari: il mancato utilizzo della mascherina chirurgica alla riunione aziendale del 24.08.2020, nonché l’affissione, nella bacheca di Sacca San Biagio, della PEC 14.08.2020 dal medesimo trasmessa alla Direzione di Veritas, istigando in tal modo i lavoratori di tutto il reparto a non indossare la mascherina.
I fatti non sono contestati dal lavoratore ed anzi ammessi in sede di giustificazioni. (omissis) in sede di giustificazioni, ha confermato il fatto del 24.08.2020, motivando peraltro la sua condotta con riferimento ad un’asserita mancanza di respiro per il caldo. Quanto alla PEC del 14.8.2020, pacifico che la stessa sia stata affissa nella bacheca aziendale, circostanza rispetto alla quale lo stesso (omissis) ritiene di “scusarsi”, con riguardo ai contenuti il lavoratore ha dichiarato: “I contenuti della PEC…sono stati verificati da tre legali. Ribadisco che non ho mai detto ai colleghi di non indossare la mascherina ma che la stessa poteva essere tolta in presenza del necessario distanziamento sociale e con locali areati”.
I comportamenti contestati allo (omissis) non sono giustificati né giustificabili e sono indubbiamente molto gravi a fronte del ruolo di RLS ricoperto dal lavoratore.
L’avversione di (omissis) alla mascherina, che lo ha indotto a non indossarla in una riunione a cui erano presenti numerose persone e a contestarne apertamente l’obbligo di utilizzo in virtù di non meglio precisati principi costituzionali, non ha veramente alcuna motivazione.
È forse opportuno ricordare che il datore di lavoro, quale garante dell’obbligo di tutela della salute dei lavoratori, è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie e opportune per prevenire eventi dannosi. L’obbligo datoriale, a fronte del diffondersi dell’epidemia da Coronavirus, è ribadito dal D.L. 17.3.2020 n. 18, che considera infortuni sul lavoro i casi accertati di Coronavirus contratto sul luogo di luogo. Si inserisce in questo quadro il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro siglato il 14 marzo 2020 da Governo, sindacati ed imprese, integrato successivamente dal Protocollo 24.4.2020, che contiene le linee guida condivise tra le parti firmatarie per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli anti-contagio e per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro. Tra le misure espressamente previste vi è proprio la fornitura di mascherine e di altri dispositivi individuali, che le aziende devono mettere a disposizione quando i lavoratori sono costretti a prestare la propria attività ad una distanza interpersonale minore di un metro, ma di cui può comunque essere imposto riutilizzo in relazione alle specifiche realtà organizzative. Il Protocollo in realtà – come correttamente evidenziato da Veritas – impone le misure organizzative minime da adottare, con l’avvertimento specifico che tali misure sono da integrare con altre e più incisive secondo la peculiarità della singola organizzazione.
In data 08.05.2020 Veritas ha siglato un proprio Protocollo di Sicurezza in applicazione del Protocollo Condiviso del 14.03.2020, approvato da tutte le sigle sindacali, dalla Direzione Risorse Umane, dagli RRLLSS, RSPP, SUPP, Datori di Lavoro (doc. 2 ricorso), che dedica un intero paragrafo all’utilizzo delle mascherine. Al punto 12.3 “Utilizzo delle mascherine” leggesi: “L’utilizzo delle mascherine deve avvenire secondo quanto previsto dalla TABELLA ALLEGATO 3 e/o secondo quanto previsto da specifiche disposizioni dei Datori di Lavoro”. Nell’Allegato 3, nella tabella dell’Igiene Ambientale, per i conducenti di motobarca e, comunque, per tutti i ruoli operativi contemplati, è previsto l’utilizzo della mascherina chirurgica. Anche il recentissimo aggiornamento del DVR della Divisione Ambiente, redatto il 14.09.2020, contempla sempre, tra i DPI in dotazione obbligatoria, le mascherine chirurgiche (v. doc. 4 ricorso).
Nella situazione tragica in cui il Paese e il mondo intero si sono trovati a causa dell’epidemia da COVID 19, l’imposizione ai lavoratori dell’utilizzo della mascherina da parte di Veritas, affermata nel Protocollo citato condiviso con le OOSS, non è certo misura irrazionale o eccessivamente gravosa, ma risponde pienamente al dovere datoriale di tutelare al meglio i propri dipendenti. E del resto è del tutto contraddittorio il comportamento di (omissis) con una precedente richiesta del 14.04.2020 (doc. 11 ricorso) – segnalava l’assenza di un numero congruo di mascherine da assegnare settimanalmente ai lavoratori di Sacca San Biagio ovvero ai colleghi conducenti di motobarca, e dopo quattro mesi invoca non ben precisate libertà individuali tutelate dalla Costituzione per opporsi all‘utilizzo del dispositivo messo a disposizione dall’azienda.
È dunque ingiustificato il mancato utilizzo della mascherina da parte di (omissis) nella riunione del 24.8.2020, essendo poco credibile e comunque irrilevante il richiamo al caldo eccessivo, e ancor più ingiustificata è l’invettiva nei confronti dell’azienda, che rasenta la diffamazione e la calunnia, contenuta nella PEC 14.8.2020 e resa pubblica con l’affissione in bacheca in data 26.8.2020, con cui il lavoratore dichiara l’obbligo imposto “incostituzionale e illegittimo”.
Entrambe le condotte imputate al lavoratore sono sussumibili alla disposizione di cui al punto C2) del Codice Disciplinare che, testualmente, prevede: “Nel caso in cui un lavoratore…non ottemperi alle disposizioni di legge e/o aziendali in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro, di cui sia stato debitamente portato a conoscenza, verrà irrogata la sanzione, secondo la gravità del caso, del rimprovero verbale, fino a dieci giorni di sospensione”.
Come già detto il molo ricoperto da (omissis) di RLS rende particolarmente grave la condotta e legittima la sanzione irrogata della sospensione per tre giorni.
Il ricorso merita accoglimento, con il favore delle spese di lite.
PQM
Il GL, contrariis reiectis, in accoglimento del ricorso, accerta la legittimità della sanzione disciplinare irrogata al sig. (omissis) della sospensione di n. 3 giornate di lavoro e di retribuzione. Condanna parte convenuta a rifondere le spese di lite, che liquida in € 3.050,00, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali.