La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 21628 del 2019, ha stabilito che prolungare la pausa pranzo oltre il tempo stabilito e non aver completato il lavoro costituisce un comportamento ben più grave dell’assenza dal lavoro ed avrà come conseguenza il licenziamento.
Estratto dell’articolo di Matteo Prioschi per il Sole 24 Ore (per il testo integrale clicca qui).
La massima
Prolungare la pausa pranzo oltre il tempo consentito e non aver completato il lavoro è un comportamento più grave dell’assenza dal lavoro. Così è stato valutato con riferimento al comportamento tenuto da un postino che, quale conseguenza dell’inadempimento, è stato licenziato.
Il caso
La vicenda è stata oggetto di ricorso in Cassazione (sentenza n. 21628 del 2019) e la Suprema corte ha confermato la legittimità del licenziamento già stabilita nei primi due gradi di giudizio. La pronuncia, comunque, affronta ancora una volta il tema della valutazione da parte dei giudici di merito della valutazione di applicare o meno sanzioni conservative sulla base di quanto previsto dal contratto collettivo di lavoro applicato.
Il ragionamento della Corte
La Suprema corte ricorda che solo se il fatto contestato è espressamente previsto dal contratto e se corrisponde una sanzione conservativa, allora il licenziamento può essere considerato illegittimo. Tuttavia questo non è il caso oggetto del contendere e la Corte d’appello ha valutato che l’aver prolungato la pausa pranzo in un ristorante insieme ad altri dipendenti, non aver completato il lavoro, aver lasciato incustodito il mezzo di trasporto durante il pranzo e aver fatto tutto ciò in modo visibile ai concittadini che hanno presentato un esposto per malfunzionamento del servizio postale è più grave della negligenza abituale o dell’inosservanza degli obblighi di servizio effettivamente punibili con la sanzione conservativa.a
Così come, in base alla contrattazione, non è licenziabile il dipendente che si assenti in modo ingiustificato fino a dieci giorni. Tuttavia sempre la Corte d’appello ha stabilito che l’assenza ingiustificata è meno grave del comportamento di chi prolunga la pausa pranzo e non completa il lavoro. Secondo la Cassazione è stato «ragionevolmente…escluso che la condotta di chi apertamente e dichiaratamente non si reca al lavoro, con comportamento immediatamente percepibile dal datore di lavoro, sia omologabile a quella di chi, pur risultando in servizio, si sottrae all’adempimento della prestazione, confidando in un’apparenza di regolarità lavorativa che si svolge al di fuori del controllo diretto datoriale e, anzi, non portando a termine il lavoro dovuto».