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L’INPS, con Circolare n. 32 del 22.02.2021, ha fornito le prima istruzioni circa l’esonero contributivo  del 100 per centro per le assunzioni donne lavoratrici nel biennio contributivo 2020-2021.

Di seguito il testo della circolare n. 32/2021.

  1. Premessa

La legge 30 dicembre 2020, n. 178 (di seguito, legge di bilancio 2021) ha previsto all’articolo 1, comma 16, che: “Per le assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022, in via sperimentale, l’esonero contributivo di cui all’articolo 4, commi da 9 a 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92, è riconosciuto nella misura del 100 per cento nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui”.

Al comma 17 del medesimo articolo è altresì precisato che il riconoscimento dell’esonero è subordinato al requisito dell’incremento occupazionale netto, calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedenti (per i dipendenti a tempo parziale, il calcolo è ponderato in base al rapporto tra le ore pattuite e il normale orario di lavoro a tempo pieno). Ai fini della verifica del suddetto requisito, non deve tenersi conto delle diminuzioni del numero degli occupati verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

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Infine, il comma 18 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 chiarisce che il beneficio è concesso ai sensi della sezione 3.1 della comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final, del 19 marzo 2020, recante ”Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” (c.d. Temporary framework), nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima comunicazione, ed è altresì subordinato all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. In ragione del fatto che sulla questione si attende l’orientamento della Commissione europea, con la quale è stata avviata una interlocuzione, si precisa che, con apposito messaggio, che verrà pubblicato a conclusione della suddetta interlocuzione, saranno emanate le istruzioni per la fruizione della misura di legge in oggetto, con particolare riguardo alle modalità di compilazione delle dichiarazioni contributive da parte dei datori di lavoro.

2. Datori di lavoro che possono accedere al beneficio

Possono accedere al beneficio in trattazione tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, ivi compresi i datori di lavoro del settore agricolo.

L’esonero contributivo in oggetto non si applica quindi nei confronti delle pubbliche Amministrazioni, individuabili assumendo a riferimento la nozione e l’elencazione recate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

In forza di quanto esposto e in linea di continuità con quanto già chiarito con le disposizioni amministrative adottate dall’Istituto in relazione alle più recenti agevolazioni (cfr., da ultimo, le circolari n. 40/2018, n. 104/2019, n. 57/2020 e n. 133/2020), hanno diritto al riconoscimento del beneficio in oggetto:

  1. gli enti pubblici economici;
  2. gli Istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti pubblici economici;
  3. gli enti che per effetto dei processi di privatizzazione si sono trasformati in società di capitali, ancorché a capitale interamente pubblico;
  4. le ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato, in quanto prive dei requisiti per trasformarsi in ASP, ed iscritte nel registro delle persone giuridiche;
  5. le aziende speciali costituite anche in consorzio, ai sensi degli articoli 31 e 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
  6. i consorzi di bonifica;
  7. i consorzi industriali;
  8. gli enti morali;
  9. gli enti ecclesiastici.

Sono, al contrario, esclusi dall’applicazione del beneficio:

  1. le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le Accademie e i Conservatori statali, nonché le istituzioni educative;
  2. le Aziende ed Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
  3. le Regioni, le Province, i Comuni, le Città metropolitane, gli Enti di area vasta, le Unioni dei comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane o di arcipelago e loro consorzi e associazioni;
  4. le Università;
  5. gli Istituti autonomi per case popolari e gli ATER comunque denominati che non siano qualificati dalla legge istitutiva quali enti pubblici non economici;
  6. le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
  7. gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali. Nel novero degli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali sono da ricomprendere tutti gli enti indicati nella legge 20 marzo 1975, n. 70, gli ordini e i collegi professionali e le relative federazioni, consigli e collegi nazionali, gli enti di ricerca e sperimentazione non compresi nella legge n. 70/1975 e gli enti pubblici non economici dipendenti dalle Regioni o dalle Province autonome;
  8. le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale;
  9. l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche Amministrazioni (ARAN);
  10. le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Sono ricomprese nell’ambito delle pubbliche Amministrazioni e, pertanto, non possono fruire dell’esonero in oggetto, le Aziende Sanitarie Locali, le Aziende Sanitarie Ospedaliere e le diverse strutture sanitarie istituite dalle Regioni con legge regionale nell’ambito dei compiti di organizzazione del servizio sanitario attribuiti alle medesime.

Sono, inoltre, compresi nelle Amministrazioni pubbliche gli istituti pubblici di assistenza e beneficenza (IPAB) e le Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP), comprese quelle derivanti dal processo generale di trasformazione di cui al decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, in presenza di determinati requisiti.

Nel novero degli enti che non possono fruire dell’esonero contributivo rientrano, infine, la Banca d’Italia, la Consob e, in linea generale, le c.d. Autorità Indipendenti, che sono qualificate come Amministrazioni pubbliche in conformità al parere n. 260/1999 del Consiglio di Stato, nonché le Università non statali legalmente riconosciute qualificate enti pubblici non economici dalla giurisprudenza amministrativa e ordinaria (cfr. Cass., SS.UU., n. 1733 del 5 marzo 1996 e n. 5054 dell’11 marzo 2004, nonché Consiglio di Stato n. 841 del 16 febbraio 2010).

3. Lavoratrici per le quali spetta l’incentivo

L’esonero in oggetto si configura come un’estensione dell’esonero di cui all’articolo 4, commi da 9 a 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92, in virtù dell’espresso richiamo operato dall’articolo 1, comma 16, della legge di bilancio 2021.

Per tale motivo, sebbene la suddetta previsione normativa preveda letteralmente che l’esonero trovi applicazione “per le assunzioni di donne lavoratrici”, tale espressione, in virtù del richiamo effettuato dalla previsione all’articolo 4 della legge n. 92/2012, è da intendersi come “per le assunzioni di donne lavoratrici svantaggiate”, secondo la disciplina dettata dall’articolo 4, commi da 8 a 11, della legge n. 92/2012.

A tal riguardo, si rammenta che, ai sensi del citato articolo 4, commi da 8 a 11, della legge n. 92/2012, sono riconducibili alla nozione di “donne svantaggiate” le seguenti categorie:

a) donne con almeno cinquant’anni di età e “disoccupate da oltre dodici mesi”;

b) “donne di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”. Con riferimento a tale categoria, si precisa che, ai fini del rispetto del requisito, è necessario che la lavoratrice risulti residente in una delle aree individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, approvata dalla Commissione europea in data 16 settembre 2014 e successivamente modificata con decisione della medesima Commissione C (2016) final del 23 settembre 2016. Al riguardo, si fa presente che non sono previsti vincoli temporali riguardanti la permanenza del requisito della residenza nelle aree svantaggiate appositamente previste nella suddetta Carta e che il rapporto di lavoro può svolgersi anche al di fuori delle aree indicate;

c) donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”. Tali settori e professioni di cui all’articolo 2, punto 4, lett. f) del Regolamento (UE) n. 651/2014, sono, come previsto nel decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, del 16 aprile 2013, e ribadito nella circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 34/2013,“annualmente individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze”, sulla base delle risultanze acquisite dall’lSTAT. Ai fini del legittimo riconoscimento dell’agevolazione, la donna priva di impiego deve essere assunta o in un settore o in una professione compresi nell’elencazione del citato decreto;

d) donne di qualsiasi età, ovunque residenti e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi”. Al riguardo, si precisa che, ai fini del rispetto del requisito, occorre considerare il periodo di 24 mesi antecedente la data di assunzione e verificare che in quel periodo la lavoratrice considerata non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata a un contratto di durata di almeno 6 mesi ovvero un’attività di collaborazione coordinata e continuativa (o altra prestazione di lavoro di cui all’articolo 50, comma 1, lett. c-bis), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, c.d. TUIR) la cui remunerazione annua sia superiore a 8.145 euro o, ancora, un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo lordo superiore a 4.800 euro.

Pertanto, ai fini del riconoscimento del beneficio in trattazione è richiesto o uno stato di disoccupazione di lunga durata (oltre 12 mesi) o il rispetto, in combinato con ulteriori previsioni, del requisito di “priva di impiego”.

Al riguardo, si precisa che la locuzione “privo di impiego” è stata, da ultimo, definita dal decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 17 ottobre 2017, che individua i lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati. Tale nozione, come specificato dal richiamato decreto, nonché dalla citata circolare n. 34/2013, si riferisce a quei lavoratori svantaggiati che “negli ultimi sei mesi non hanno prestato attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi ovvero coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione”.

La nozione di impiego regolarmente retribuito viene riferita non tanto alla condizione di regolarità contributiva del rapporto di lavoro, quanto alla rilevanza del lavoro sotto il profilo della durata (per il lavoro subordinato) o della remunerazione (per il lavoro autonomo o parasubordinato). Pertanto, i rapporti di lavoro subordinato di durata inferiore a 6 mesi sono considerati non “regolarmente retribuiti”; analogamente è da dirsi per le attività di lavoro autonomo o parasubordinato la cui remunerazione, su base annuale, è inferiore ai limiti esenti da imposizione (che, per il diverso importo delle detrazioni, è di 4.800 euro in caso di lavoro autonomo propriamente detto, e di 8.145 euro per le collaborazioni coordinate e continuative e le altre prestazioni di lavoro di cui all’articolo 50, comma 1, lett. c-bis) del TUIR.

Il requisito deve sussistere alla data dell’evento per il quale si intende richiedere il beneficio. Pertanto, se si intende richiedere il beneficio per un’assunzione a tempo determinato, il requisito deve sussistere alla data di assunzione e non a quello della eventuale proroga o trasformazione del rapporto a tempo indeterminato. Se, invece, si intende richiedere il beneficio per una trasformazione a tempo indeterminato, senza avere richiesto lo stesso per la precedente assunzione a termine, il rispetto del requisito è richiesto alla data della trasformazione.

4. Rapporti di lavoro incentivati

Come rilevato in premessa, il comma 16 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 richiama l’articolo 4, commi da 9 a 11, della legge n. 92/2012, prevedendo, per le sole assunzioni di donne svantaggiate effettuate nel corso degli anni 2021 e 2022, un innalzamento della misura dell’agevolazione.

Ciò premesso, ai fini dell’individuazione dell’ambito di effettiva applicazione della misura di esonero in trattazione, in ragione di una lettura organica della disciplina, occorre considerare anche quanto espressamente previsto dal comma 8 del medesimo articolo 4, anche in virtù del fatto che la suddetta previsione è richiamata dai commi successivi disciplinanti l’incentivo.

Pertanto, l’incentivo in esame spetta per:

  • le assunzioni a tempo determinato;
  • le assunzioni a tempo indeterminato;
  • le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato.

L’incentivo spetta anche in caso di part-time e per i rapporti di lavoro subordinato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro, ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142.

Inoltre, come espressamente previsto dall’articolo 4, commi da 8 a 11, della legge n. 92/2012, l’incentivo in trattazione spetta anche in riferimento ai rapporti di lavoro a scopo di somministrazione. A tal fine, si precisa che l’incentivo può essere accordato all’agenzia di somministrazione sia per le assunzioni a tempo indeterminato che determinato (sul punto, si rinvia alle precisazioni di cui al successivo paragrafo 6).

In virtù della specialità della disciplina, invece, l’incentivo non spetta per i rapporti di lavoro intermittente.

Al riguardo, si evidenzia che la caratteristica principale del rapporto di lavoro intermittente è quella di modulare la durata delle prestazioni lavorative alla variabilità delle esigenze datoriali e, in questa prospettiva, sicuramente non garantisce l’utilizzo del lavoratore sulla base del tempo di lavoro ordinario stabilito dai contratti collettivi di lavoro.

Inoltre, si precisa che l’agevolazione non può trovare applicazione nelle ipotesi di instaurazione delle prestazioni di lavoro occasionale disciplinate dall’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, introdotto in sede di conversione dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

Restano, infine, esclusi dal beneficio i rapporti di apprendistato e i contratti di lavoro domestico, in relazione ai quali il quadro normativo in vigore già prevede l’applicazione di aliquote previdenziali in misura ridotta rispetto a quella ordinaria.

Con riferimento alla durata del periodo agevolato, si chiarisce che, l’incentivo:

 – in caso di assunzione a tempo determinato, spetta fino a 12 mesi;

 – in caso di assunzione a tempo indeterminato, spetta per 18 mesi;

– in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato, è riconosciuto per complessivi 18 mesi a decorrere dalla data di assunzione.

L’incentivo spetta anche in caso di proroga del rapporto, effettuata in conformità alla disciplina del rapporto a tempo determinato, fino al limite complessivo di 12 mesi.

Infine, come già chiarito per altre agevolazioni, si precisa che il periodo di fruizione dell’incentivo può essere sospeso esclusivamente nei casi di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, consentendo, in tale ipotesi, il differimento temporale del periodo di godimento.

5. Assetto e misura dell’incentivo

L’incentivo introdotto dalla legge di bilancio 2021, valevole per le sole assunzioni/trasformazioni effettuate nel biennio 2021-2022, è pari, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, all’esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui.

Nelle ipotesi di rapporti di lavoro a tempo parziale, il massimale dell’agevolazione deve essere proporzionalmente ridotto.

Nella determinazione delle contribuzioni oggetto dello sgravio è necessario fare riferimento alla contribuzione datoriale che può essere effettivamente esonerabile.

Si ricorda, in particolare, che non sono oggetto di sgravio le seguenti contribuzioni:

– il contributo, ove dovuto, al “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile” di cui all’articolo 1, comma 755, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per effetto dell’esclusione dall’applicazione degli sgravi contributivi operata dall’articolo 1, comma 756, ultimo periodo, della medesima legge;

– il contributo, ove dovuto, ai Fondi di cui agli articoli 26, 27, 28 e 29 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, per effetto dell’esclusione dall’applicazione degli sgravi contributivi prevista dall’articolo 33, comma 4, del medesimo decreto legislativo, nonché al Fondo di solidarietà territoriale intersettoriale della Provincia autonoma di Trento e al Fondo di solidarietà bilaterale della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige di cui all’articolo 40 del decreto legislativo n. 148/2015 e al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, previsto dal decreto interministeriale n. 95269 del 7 aprile 2016, adottato ai sensi dell’articolo 40, comma 9, del decreto legislativo n. 148/2015;

– il contributo previsto dall’articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, in misura pari allo 0,30 per cento della retribuzione imponibile, destinato, o comunque destinabile, al finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua istituiti dall’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

Vanno, inoltre, escluse dall’applicazione dell’esonero le contribuzioni che non hanno natura previdenziale e quelle concepite allo scopo di apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento, per le quali si rinvia a quanto già previsto, da ultimo, dalla circolare n. 40/2018.

Nei casi di trasformazione di rapporti a termine ovvero di stabilizzazione dei medesimi entro 6 mesi dalla relativa scadenza, trova, peraltro, applicazione la previsione di cui all’articolo 2, comma 30, della legge n. 92/2012, riguardante la restituzione del contributo addizionale dell’1,40 per cento prevista per i contratti a tempo determinato.

Infine, con specifico riferimento ai premi dovuti all’INAIL, si rinvia a quanto già previsto, con riferimento all’agevolazione di cui all’articolo 4, commi da 8 a 11, della legge n. 92/2012, nella circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 34/2013.

6. Condizioni di spettanza dell’incentivo

Il diritto alla fruizione dell’incentivo è subordinato alle seguenti condizioni generali:

rispetto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 1175, della legge n. 296/2006, ossia:

regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale, ai sensi della normativa in materia di documento unico di regolarità contributiva (DURC);

assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge;

rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

– applicazione dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione, da ultimo disciplinati dall’articolo 31 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150.

Infine, ai fini del legittimo riconoscimento dell’agevolazione in trattazione, è necessario rispettare alcuni presupposti specificamente previsti dalla legge di bilancio 2021 (incremento occupazionale). Per quanto specificamente riguarda i principi generali in materia di incentivi stabiliti dall’articolo 31 del decreto legislativo n. 150/2015, l’esonero contributivo di cui si tratta non spetta ove ricorra una delle seguenti condizioni:

1) l’incentivo non spetta se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione (art. 31, comma 1, lettera a);

2) l’incentivo non spetta qualora l’assunzione violi il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine che abbia manifestato per iscritto – entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto (3 mesi per i rapporti stagionali) – la propria volontà di essere riassunto (art. 31, comma 1, lettera b).

Tale condizione vale anche nel caso in cui, prima dell’utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l’utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine. Circa le modalità di esercizio del suddetto diritto di precedenza, si rinvia a quanto stabilito, da ultimo, nella risposta a interpello n. 7/2016 del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, secondo il quale, in mancanza o nelle more di una volontà espressa per iscritto da parte del lavoratore entro i termini di legge, il datore di lavoro può legittimamente procedere all’assunzione di altri lavoratori o alla trasformazione di altri rapporti di lavoro a termine in essere;

3) l’incentivo non spetta se presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione sono in atto sospensioni dal lavoro connesse a una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati a un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in unità produttive diverse da quelle interessate dalla sospensione (art. 31, comma 1, lettera c).

Nello specifico, si rileva al riguardo che, nell’attuale situazione occupazionale, l’ipotesi di sospensione dal lavoro per una causale dipendente dall’emergenza epidemiologica da COVID19 è assimilabile agli eventi oggettivamente non evitabili (c.d. EONE). Pertanto, laddove l’azienda sia interessata da sospensioni del lavoro per le causali collegate all’emergenza epidemiologica in atto, può comunque procedere a nuove assunzioni e, laddove ne sussistano i presupposti legittimanti, accedere alla correlata agevolazione in trattazione;

4) l’incentivo non spetta con riferimento a quelle lavoratrici che sono state licenziate nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulta con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo (art. 31, comma 1, lettera d).

Inoltre, ai fini della legittima fruizione dell’esonero in trattazione, si ribadisce quanto già previsto dal medesimo articolo 31 citato, nella parte in cui dispone, alla lettera e) del comma 1, che, con riferimento al contratto di somministrazione, i benefici economici legati all’assunzione o alla trasformazione di un contratto di lavoro sono trasferiti in capo all’utilizzatore, e, al comma 2, che, ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato; non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo.

Infine, si ricorda che come previsto al comma 3 del medesimo articolo 31, l’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie, inerenti all’instaurazione e alla modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione, produce la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la data di decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.

Con specifico riferimento agli obblighi di assunzione di cui al precedente punto 1), si riepilogano, a titolo esemplificativo, le seguenti ipotesi in cui non si ha diritto al riconoscimento dell’incentivo in quanto l’assunzione è effettuata in attuazione di un obbligo:

– articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264, in forza del quale spetta un diritto di precedenza nelle assunzioni (a tempo determinato e indeterminato) in favore dell’ex dipendente a tempo indeterminato, che sia stato oggetto, negli ultimi 6 mesi, di licenziamento per riduzione di personale;

– articolo 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in forza del quale spetta un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato in favore del dipendente a tempo determinato, il cui rapporto sia cessato negli ultimi 12 mesi e che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi e ha manifestato la volontà di essere riassunto. Al riguardo, si precisa che, in caso di trasformazione di un rapporto di lavoro in essere, non viene in rilievo l’ipotesi di una nuova assunzione a tempo indeterminato, bensì la prosecuzione – senza soluzione di continuità – del medesimo rapporto di lavoro, ancorché trasformato (da tempo determinato a tempo indeterminato). Nella fattispecie della trasformazione, pertanto, non si ravvisa un momento logico in cui il lavoratore diventi titolare di un diritto di precedenza (poiché il rapporto originariamente instaurato non è stato mai interrotto) né, a maggior ragione, un momento logico in cui tale diritto possa essere esercitato (in quanto il datore non sta effettuando una nuova assunzione, bensì sta trasformando un rapporto in essere);

 – l’articolo 47, comma 6, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, rubricato “Trasferimenti di azienda”, in forza del quale, in favore dei lavoratori che non passano immediatamente alle dipendenze di colui al quale è trasferita un’azienda (o un suo ramo) in crisi, spetta un diritto di precedenza nelle assunzioni (a tempo determinato e indeterminato) effettuate entro un anno dalla data del trasferimento ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi.

Per quanto concerne gli obblighi di assunzione previsti dalla contrattazione collettiva si citano, ad esempio, le disposizioni collettive applicabili in caso di cambio appalto di servizi, in forza delle quali l’azienda che subentra a un’altra è obbligata ad assumere i dipendenti della precedente azienda (cfr., al riguardo, il contratto collettivo nazionale del settore multiservizi).

6.1 L’incremento occupazionale netto

Come chiarito nel precedente paragrafo, ai fini del legittimo riconoscimento dell’agevolazione in trattazione, è necessario, tra l’altro, rispettare la condizione specificamente prevista dalla legge di bilancio 2021 consistente nella realizzazione dell’incremento occupazionale.

Al riguardo, si precisa che, ai fini della determinazione dell’incremento occupazionale il numero dei dipendenti è calcolato in Unità di Lavoro Annuo (U.L.A.), secondo il criterio convenzionale proprio del diritto comunitario.

Ai sensi dell’articolo 2, punto 32, del Regolamento (UE) n. 651/2014, l’incremento occupazionale netto deve intendersi come “l’aumento netto del numero di dipendenti dello stabilimento rispetto alla media relativa ad un periodo di riferimento; i posti di lavoro soppressi in tale periodo devono essere dedotti e il numero di lavoratori occupati a tempo pieno, a tempo parziale o stagionalmente va calcolato considerando le frazioni di unità di lavoro-anno”.

Come chiarito dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte di giustizia UE, Sezione II, sentenza 2 aprile 2009, n. C-415/07), nell’operare la valutazione dell’incremento dell’occupazione “si deve porre a raffronto il numero medio di ULA dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di ULA dell’anno successivo all’assunzione”.

Il principio espresso dalla citata sentenza della Corte di Giustizia, come già chiarito nell’interpello n. 34/2014 del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e come già applicato per altre agevolazioni, deve essere inteso nel senso che l’impresa deve verificare l’effettiva forza lavoro presente nei 12 mesi successivi l’assunzione agevolata e non una occupazione “stimata”. Pertanto, l’incremento occupazionale dei 12 mesi successivi va verificato tenendo in considerazione l’effettiva forza occupazionale media al termine del periodo dei 12 mesi e non la forza lavoro “stimata” al momento dell’assunzione.

Per tale motivo, qualora al termine dell’anno successivo all’assunzione si riscontri un incremento occupazionale netto in termini di U.L.A., le quote mensili di incentivo eventualmente già godute si “consolidano”; in caso contrario, l’incentivo non può essere legittimamente riconosciuto e il datore di lavoro è tenuto alla restituzione delle singole quote di incentivo eventualmente già godute in mancanza del rispetto del requisito richiesto mediante le procedure di regolarizzazione.

Si precisa, sul punto, che l’agevolazione in argomento, in forza del disposto dell’articolo 32, paragrafo 3, del Regolamento (UE) n. 651/2014, è comunque applicabile qualora l’incremento occupazionale netto non si realizzi in quanto il posto o i posti di lavoro precedentemente occupato/occupati si sia/siano reso/resi vacante/vacanti a seguito di:

– dimissioni volontarie;

– invalidità;

– pensionamento per raggiunti limiti d’età;

– riduzione volontaria dell’orario di lavoro;

– licenziamento per giusta causa.

Come espressamente previsto dall’articolo 31, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 150/2015, inoltre, il calcolo della forza lavoro mediamente occupata deve essere effettuato e mantenuto per ogni mese.

Si precisa, al riguardo, che nelle ipotesi di assunzioni a scopo di somministrazione, in considerazione della circostanza che i benefici legati all’assunzione o alla trasformazione sono trasferiti in capo all’utilizzatore, la valutazione del rispetto di tale requisito, come chiarito anche dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nell’interpello n. 3/2018, va effettuata in capo all’impresa utilizzatrice.

Per la valutazione dell’incremento occupazionale è necessario considerare le varie tipologie di lavoratori a tempo determinato e indeterminato, escludendo, ovviamente, le prestazioni di lavoro cosiddetto occasionale di cui all’articolo 54-bis del decreto-legge n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96/2017.

Il lavoratore assunto, o utilizzato mediante somministrazione, in sostituzione di un lavoratore assente non deve essere computato nella base di calcolo, mentre va computato il lavoratore sostituito. Inoltre, come espressamente previsto dall’articolo 1, comma 17, della legge di bilancio 2021, per i dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale, il calcolo è ponderato in base al rapporto tra il numero delle ore pattuite e il numero delle ore che costituiscono l’orario normale di lavoro dei lavoratori a tempo pieno.

Il rispetto dell’eventuale requisito dell’incremento occupazionale netto deve essere verificato in concreto, in relazione a ogni singola assunzione per la quale si intende fruire dell’incentivo e il venire meno dell’incremento fa perdere il beneficio per il mese di calendario di riferimento; l’eventuale ripristino dell’incremento per i mesi successivi consente, invece, la fruizione del beneficio dal mese di ripristino fino alla sua originaria scadenza, ma non consente di recuperare il beneficio perso.

Ciò premesso, si precisa ulteriormente al riguardo che l’articolo 1, comma 17, della legge di bilancio 2021, nel subordinare la spettanza del beneficio in esame al requisito dell’incremento occupazionale netto, all’ultimo periodo del citato comma 17 prevede che:

L’incremento della base occupazionale è considerato al netto delle diminuzioni del numero degli occupati verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto”.

Come noto, la base di computo della forza aziendale per la valutazione dell’incremento occupazionale comprende anche il numero di unità di lavoratori occupati nelle società controllate, collegate, o in ogni caso facenti capo allo stesso soggetto, anche per interposta persona, in quanto il calcolo dell’incremento deve essere effettuato con riferimento alla nozione di “impresa unica” di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1407/2013, nonché degli altri Regolamenti disciplinanti gli aiuti de minimis. L’incremento deve, pertanto, essere valutato in relazione all’intera organizzazione del datore di lavoro e non rispetto alla singola unità produttiva presso cui si svolge la prestazione di lavoro.

Con specifico riferimento all’esonero in oggetto, invece, il citato articolo 1, comma 17, ultimo periodo, espressamente esclude dalla base di computo le sole “diminuzioni” del numero di occupati verificatesi in società controllate, collegate, o in ogni caso facenti capo allo stesso soggetto, anche per interposta persona.

Dal tenore letterale della disposizione, pertanto, si desume che i datori di lavoro, ai fini della verifica dell’incremento occupazionale netto, possano beneficiare degli “aumenti” della forza aziendale verificatisi in altre società del gruppo o in ogni caso facenti capo allo stesso soggetto, anche per interposta persona.

  1. Compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato

Ai sensi dell’articolo 1, comma 18, della legge di bilancio 2021, il beneficio è concesso ai sensi della sezione 3.1 della comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final, del 19 marzo 2020, recante “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima comunicazione, ed è altresì subordinato all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Si ricorda che, in base alla suddetta sezione 3.1, la Commissione considera aiuti di Stato compatibili con il mercato interno quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni:

 – siano di importo non superiore a 1.800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere) ovvero a 225.000 euro per impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli o a 270.000 euro per impresa operante nel settore della pesca e dell’acquacoltura; – siano concessi a imprese che non fossero già in difficoltà al 31 dicembre 2019[5] ;

– in deroga al punto precedente, siano concessi a microimprese o piccole imprese che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione;

– siano concessi entro il 31 dicembre 2021.

Inoltre, rilevato che l’aiuto di cui all’articolo 1, comma 16, della legge di bilancio 2021 è riconosciuto in conformità a quanto disposto dal Temporary Framework citato, trova applicazione la previsione normativa di cui all’articolo 53 del decreto–legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, secondo la quale i soggetti beneficiari di agevolazioni di cui è obbligatorio il recupero in esecuzione di una decisione della Commissione europea e per i quali non sarebbe possibile richiedere la concessione di nuovi aiuti in assenza della restituzione dei primi (c.d. clausola Deggendorf), “accedono agli aiuti previsti da atti legislativi o amministrativi adottati, a livello nazionale, regionale o territoriale, ai sensi e nella vigenza della comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C (2020)1863, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modificazioni, al netto dell’importo dovuto e non rimborsato, comprensivo degli interessi maturati fino alla data dell’erogazione”.

In considerazione della natura dell’agevolazione in trattazione quale aiuto di Stato, si rammenta che l’INPS provvederà a registrare la misura nel Registro nazionale degli aiuti di Stato, ovvero nei registri Sian e Sipa per gli aiuti rispettivamente del settore agricolo e della pesca e acquacoltura.

  1. Coordinamento con altri incentivi

L’esonero in trattazione è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta e a condizione che per gli altri esoneri di cui si intenda fruire non sia espressamente previsto un divieto di cumulo con altri regimi.

Ad esempio, l’esonero in trattazione non risulta cumulabile con l’incentivo strutturale all’occupazione giovanile previsto dall’articolo 1, comma 100 e ss., della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in virtù dell’espressa previsione di cui al comma 114 della medesima legge, secondo la quale: “L’esonero di cui ai commi da 100 a 108 e da 113 a 115 non si applica ai rapporti di lavoro domestico e ai rapporti di apprendistato. Esso non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi”.

Nelle diverse ipotesi in cui l’esonero in commento risulti cumulabile con un’altra agevolazione, per l’effettiva applicazione della seconda misura agevolata deve farsi riferimento alla contribuzione “dovuta”, e cioè, più specificamente, alla contribuzione residua “dovuta”, in ragione del primo esonero applicato.

La suddetta cumulabilità, sempre nei limiti della contribuzione datoriale dovuta, trova applicazione sia con riferimento ad altre agevolazioni di tipo contributivo (ad esempio, incentivo all’assunzione in sostituzione di lavoratrici o lavoratori in congedo prevista, per le aziende con meno di venti dipendenti, dall’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, pari al 50 per cento dei contributi datoriali dovuti) che con riferimento agli incentivi di tipo economico (ad esempio, incentivo all’assunzione di disabili, disciplinato dall’articolo 13 della legge 12 marzo 1999, n. 68 o incentivo all’assunzione di beneficiari di NASpI, disciplinato dall’articolo 2, comma 10-bis, della legge n. 92/2012).

Quanto alla sequenza secondo cui debba operarsi la cumulabilità tra gli esoneri, ove consentita, la stessa deve avvenire in ragione delle norme approvate, in ordine temporale, sul presupposto che l’ultimo esonero introdotto nell’ordinamento si cumula (ove così previsto) con i precedenti sulla contribuzione residua “dovuta”.

Pertanto, laddove si intenda cumulare la misura in trattazione con altri regimi agevolati riguardanti le medesime lavoratrici, la stessa troverà applicazione in via residuale sulla contribuzione datoriale non esonerata ad altro titolo. Ad esempio, nel caso in cui si intenda fruire in contemporanea dell’agevolazione per l’assunzione in sostituzione di lavoratrici o lavoratori in congedo prevista, per le aziende con meno di venti dipendenti, dall’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 151/2001, pari al 50 per cento dei contributi datoriali dovuti, l’esonero troverà applicazione per le medesime lavoratrici a seguito dell’abbattimento della contribuzione operato in virtù della predetta previsione normativa.

(Fonte: INPS)

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