La tutela reale è disciplinata, come si è detto, dall’art. 18 della L.n. 300/1970, il quale prevede che in caso di licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, il giudice : “…ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro”. Inoltre, prevede che: “Il giudice … condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l’inefficacia o l’invalidità stabilendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno … al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell’indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetto”.
Ciò significa che con il regime di stabilità reale, nel caso in cui il licenziamento venga dichiarato illegittimo, il datore di lavoro avrà l’obbligo di:
-
reintegrare effettivamente il lavoratore illegittimamente licenziato nelle mansioni in precedenza occupate,
-
riconoscere tutti i diritti ed interessi lesi,
Advertisement -
garantire la continuità del rapporto di lavoro;
-
versare al lavoratore illegittimamente licenziato tutte le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento fino a quello della effettiva reintegra (e comunque non inferiore alle cinque mensilità) detratto l’eventuale aliunde perceptum, ossia le retribuzioni percepite in caso di nuova occupazione successiva al licenziamento;
-
regolarizzare la posizione contributiva e previdenziale con il relativo versamento..
Da parte sua il lavoratore illegittimamente licenziato potrà:
-
rinunciare alla reintegra nel posto di lavoro;
-
e in sostituzione della reintegra, richidere al datore di lavoro il versamento di una indennità pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto;
In tale ultima ipotesi ovviamente il datore di lavoro sarà ugualmente tenuto a:
-
regolarizzare la posizione contributiva e previdenziale del lavoratore per il periodo tra il licenziamento e la data stabilita dal giudice di “effettiva” reintegrazione;
-
versare al lavoratore una indennità non inferiore alle 5 mensilità di retribuzione (detratto l’eventuale aliunde perceptum) a titolo di risarcimento per illegittimo licenziamento;
-
versare al lavoratore una indennità pari a quindici mensilità di retribuzione a titolo di rinuncia alla reintegrazione.
La tutela obbligatoria è invece disciplinata dall’art. 2 della L.n. 108/1990, il quale prevede testualmente che: “Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fin a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro“.
Ciò significa che, con il regime di stabilità obbligatoria, il datore di lavoro, in caso in cui il licenziamento sia dichiarato illegittimo, potrà scegliere tra due possibilità alternative tra loro:
-
riassumere il dipendente (e quindi il rapporto di lavoro si considera come appena iniziato, come un nuovo rapporto di lavoro) entro tre giorni;
-
o risarcire i danni al lavoratore (il licenziamento irrogato è idoneo a produrre gli effetti estintivi del rapporto di lavoro: infatti nel caso di tutela obbligatoria si parla di riassunzione, mentre in regime di tutela reale si parla di reintegrazione del lavoratore nel medesimo posto e mansioni rivestite prima del licenziamento) con il versamento di un importo compreso tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione; oppure fino a 10 mensilità per un lavoratore con una anzianità di servizio superiore a dieci anni o fino a 14 mensilità per un lavoratore con una anzianità di servizio superiore a 20 anni.
Va evidenziato che se dopo il licenziamento e nel corso del giudizio volto ad accertare la illegittimità del licenziamento, il lavoratore trova una nuova occupazione e percepisce una retribuzione, l’importo della nuova retribuzione (c.d. aliunde perceptum) verrà detratto dalla somma dovuta a titolo di risarcimenton per licenziamento illegittimo. Tale detrazione trova la sua giustificazione nel fatto che non può ritenersi legittimo che per lo stesso periodo un lavoratore percepisca due retribuzioni una per il nuovo lavoro e l’altra per il lavoro perduto.
Si evidenzia ancora che per “retribuzione globale di fatto” si intende la retribuzione base più ogni compenso percepito dal lavoratore con continuità (es. premi di produzione, straordinari versati con continuità, mensilità aggiuntive, premi in natura, ecc.).