Quando vi sono divieti a ricorrere al contratto a tempo determinato:
Non sempre possibile ricorrere ai contratti di lavoro a tempo determinato. Infatti l’art, 3 del D.L.vo n. 368/2001 stabilisce che è vietato l’utilizzo di tale particolare contratto quando si verificano le seguenti condizioni:
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sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
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salva diversa disposizione di accordi sindacali, presso unità produttive nella quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
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presso unita’ produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
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da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.
Apposizione del termine al contratto: forma scritta
Molto importante tener presente che l‘apposizione del termine resta priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto, poichè – in caso contrario – il rapporto così stipulato si trasformerà in contratto a tempo indeterminato.
Disciplina della proroga del contratto a termine
Il contratto di lavoro a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni, come stabilisce l’art. 4 del D.L.vo n. 368/2001.
In tali casi la proroga è ammessa una volta soltanto e a condizione che sia dettata da esigenze oggettive imprevedibili e si riferisca inoltre alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato inizialmente stipulato. La durata della proroga non può essere superiore alla durata del contratto iniziale.
Conclusivamente dunque la durata complessiva del contratto a termine non potrà essere superiore a 3 anni.
L’onere della prova, relativa alla reale esistenza delle ragioni che richiedono l’eventuale proroga del termine stesso, resta a carico del datore di lavoro.