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La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 7844 del 2018, ha ammesso il risarcimento del danno da straining, ossia “una forma attenuata di mobbing nella quale manca il carattere della continuità delle azioni vessatorie. Ciò non toglie, però, che anche lo straining possa giustificare il risarcimento del danno, ove l’azione vessatoria vada a minare l’integrità psico-fisica del lavoratore” (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 30.3.2018).

In pratica con la sentenza 7844/2018, la Suprema Corte ha riconosciuto il danno da “stress forzato” in favore di un dipendente costretto “a lavorare in un ambiente di lavoro ostile, per incuria e disinteresse nei confronti del suo benessere lavorativo con conseguente violazione da parte datoriale del disposto di cui all’art. 20187 c.c.”. La Corte ha infatti evidenziato che il giudice di appello aveva motivato correttamente in ordine alla situazione lavorativa del ricorrente il quale “pur avendo diritto all’inquadramento nella categoria dirigenziale era stato allontanato dalla direzione generale e deriso con l’invio di lettere di scherno diffuse nella banca dove lo stesso prestava la sua attività” ed in assenza altresì di qualsivoglia iniziativa datoriale volta a tutelarlo.

Il lavoratore, in tale situazione, avrebbe dunque subito delle azioni ostili, anche se limitate nel numero e distanziate nel tempo, non idonee a configurare il mobbing, ma tali in ogni caso da “provocare una modificazione in negativo, costante e permanente, della situazione lavorativa, atta ad incidere sul diritto alla salute” costituzionalmente tutelato, essendo il datore di lavoro tenuto ad evitare situazioni “stressogene” che diano origine ad una condizione che, per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto possa presuntivamente ricondurre a questa forma di danno anche in caso di mancata prova di un previso intento persecutorio.

La Cassazione dunque ha confermato il diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale “inteso come lesione del diritto al normale svolgimento della vita lavorativa e alla libera e piena esplicazione della propria personalità sul luogo di lavoro, anche nel significato “areddituale” della professionalità.

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