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Progressione stipendiale del personale docente scolastico:

La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 22558 del 2016 in tema di contratti a termine del personale scolastico e diritto alla progressione stipendiale, ha reso il seguente principio di diritto:

Nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 99/70/CEE impone di riconoscere anche al personale assunto con contratti a termine la progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato; ne consegue la disapplicazione di ogni disposizione contrattuale contraria, ferma, in ogni caso, l’inapplicabilità dell’art. 53 della l. n. 312 del 1980, vigente per i soli docenti di religione.

Il caso all’esame della Corte Suprema riguardava la seguente vicenda: La Corte di Appello di Torino ha respinto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva riconosciuto il diritto di un lavoratore al pagamento “degli scatti di anzianità maturati e maturandi”, rigettando le ulteriori domande. Nel giudizio di primo grado il ricorrente, docente assunto con ripetuti contratti annuali a tempo determinato, succedutisi senza sostanziale soluzione di continuità, aveva domandato, tra l’altro, “la medesima progressione stipendiale spettante ai docenti di ruolo e, comunque, in misura non inferiore” a quanto previsto dall’art. 53, comma 5, L. 312/80 e la conseguente condanna del Ministero resistente “al pagamento delle relative differenze retributive, quantificabili in € 2.970,32, ovvero in quella maggiore o minore somma che sarà determinata dal CTU”.

La Corte territoriale ha richiamato, a fondamento della pronuncia di rigetto del gravame, il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito dal nostro ordinamento dall’art. 6 del d.lgs. n. 368 del 2001.

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Per conoscere il ragionamento della Suprema Corte consultare il testo della sentenza n. 22558 del 2016 disponibile cliccando sul link.

(Fonte: Corte Suprema di Cassazione)

 

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