Articolo 18 resta in vigore per i dipendenti statali:
La Cassazione con la sentenza n. 11868 del 2016 ha stabilito che l’ articolo 18 dello Statuto dei lavoratori continua ad applicarsi per i dipendenti statali e pertanto la legge Fornero del 2012 e il Jobs Act del 2014 restano validi solo per i lavoratori privati.
E anche di articolo 18 ci parla l’articolo pubblicato oggi (10.6.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Gianni Trovati; Titolo: “La Cassazione: per gli statali l’articolo 18 resta”) che vi proponiamo.
Ecco l’articolo.
Contrordine. Negli uffici pubblici l’ articolo 18 rimane quello scritto nel 1970, e la legge Fornero del 2012 (così come il Jobs Act del 2014) restano confinati al mondo privato. Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza 11868/2016 depositata ieri dalla sezione lavoro, analizzando il caso di un dipendente del ministero delle Infrastrutture che risultava in servizio negli stessi giorni sia a Roma sia a Bussolengo, una quindicina di chilometri a ovest di Verona, senza traccia di viaggi aerei. La decisione, che ha comunque confermato il licenziamento perché i fatti erano provati, si dilunga però sull’ articolo 18 e va in senso contrario a quanto la stessa sezione aveva scritto a novembre nella sentenza 24157 del 2015. In quell’occasione, con una decisione innovativa che aveva fatto discutere, i giudici avevano aperto le porte della pubblica amministrazione alla riforma Fornero, che in pratica limita la reintegra ai casi di «manifesta insussistenza» delle ragioni alla base del licenziamento, con un ragionamento che avrebbe potuto portare anche all’applicazione delle «tutele crescenti» previste dal Jobs Act per gli assunti dal 7 marzo del 2014.
A dividere i giudici (solo uno dei cinque componenti del collegio è stato della partita in entrambe le occasioni) è il frutto di un intrico normativo figlio dei tanti tira e molla che hanno accompagnato un tema a così alta sensibilità politica. Il testo unico del pubblico impiego scritto nel decreto legislativo 165 del 2001 spiega, all’articolo 51, che ai dipendenti pubblici «contrattualizzati» (cioè tutti tranne professori universitari, magistrati e militari) si applica lo Statuto dei lavoratori con le sue «successive modificazioni ed integrazioni». Dal canto suo la riforma Fornero (legge 92/2012) riscrive i meccanismi di tutela per i licenziamenti economici e sottolinea che le novità «costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro» negli uffici pubblici. Tocca però al ministro per la Pa e l’Innovazione il compito di definire «ambiti, modalità e tempi dell’armonizzazione»: ma né il governo Monti né quello successivo guidato da Letta si sono avventurati su questo terreno, e con Renzi è intervenuta la riforma Madia che nelle prossime settimane dovrebbe ridefinire la questione nel nuovo decreto sui lavoratori pubblici.
In questa architettura normativa incerta, hanno trovato argomenti sia i sostenitori delle evoluzioni dell’articolo 18 anche negli uffici pubblici sia i fautori della sua immutabilità nella versione del 1970. Nella sentenza di novembre, che aveva lanciato la prima ipotesi, i giudici avevano sottolineato gli adeguamenti “automatici” del testo unico del pubblico impiego alle riforme dello Statuto dei lavoratori, mentre nella decisione di ieri l’accento è andato sul fatto che le regole attuative previste per l’estensione della riforma Fornero alla Pa non sono state scritte.
Fin qui la discussione da giuristi, che lascerebbe tuttavia incerta la sorte delle «tutele crescenti» nel pubblico impiego perché il rinvio alle norme attuative era previsto nella legge Fornero (articolo 1, comma 8) ma non nel Jobs Act; la stessa Cassazione, peraltro, sottolinea l’immediata applicazione al pubblico impiego di altre regole che non contemplavano un ulteriore passaggio attuativo, come il rito Fornero per l’impugnazione del licenziamento.
La sentenza depositata ieri dalla suprema corte non trascura però questioni più sostanziali. Secondo i giudici, la legge Fornero nelle sue finalità «tiene conto unicamente delle esigenze proprie dell’impresa privata», e di conseguenza la riformulazione dell’articolo 18 «introduce una modulazione delle sanzioni pensate in relazione al solo lavoro privato». Una revisione delle tutele richiederebbe per i giudici «una ponderazione diversa degli interessi», perché?nelle aziende private c’è da difendere solo il singolo lavoratore mentre nell’amministrazione pubblica bisogna pensare alla «protezione di più generali interessi collettivi». I?sindacati ovviamente esultano, a partire dalla segretaria generale della Cgil secondo cui «la sentenza della Cassazione dimostra che le istituzioni continuano a funzionare», mentre i giuslavoristi parlano di «disuguaglianza insostenibile fra pubblico e privato».
LICENZIAMENTI INDIVIDUALI: LE REGOLE APPLICABILI
DIPENDENTI PUBBLICI LAVORATORI PRIVATI ASSUNTI PRIMA DELL’ENTRATA IN VIGORE DEL JOBS ACT* LAVORATORI PRIVATI ASSUNTI DOPO
L’ENTRATA IN VIGORE DEL JOBS ACT*Licenziamento “economico” Reintegrazione sul posto di lavoro e risarcimento pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento illegittimo Risarcimento del danno tra 12 e 24 mensilità senza reintegra. In caso di “manifesta insussistenza del licenziamento”, reintegra più un risarcimento al massimo di 12 mensilità Risarcimento del danno in misura pari a 2 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale da un minimo di 4 a un massimo di 24, senza reintegra Licenziamento disciplinare o legato all’inidoneità fisica Reintegrazione sul posto di lavoro e risarcimento pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento illegittimo alla ripresa del servizio Risarcimento del danno in misura compresa tra le 12 e le 24 mensilità, senza reintegra. In caso di inesistenza del fatto, o qualora il Ccnl preveda una sanzione più lieve per il fatto contestato, e per i recessi intimati per motivi fisici, reintegrazione sul posto di lavoro, più pagamento di un risarcimento in misura massima pari a 12 mensilità Risarcimento pari a 2 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale, da un minimo di 4 a un massimo di 24 senza reintegra. In caso di inesistenza materiale del fatto contestato, provata in giudizio, reintegra e indennità commisurata all’ultima retribuzione dal giorno del licenziamento, dedotto quanto percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative Licenziamento discriminatorio Reintegrazion e sul posto di lavoro e risarcimento pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento illegittimo Reintegrazione sul posto di lavoro e risarcimento pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento illegittimo alla ripresa del servizio Reintegrazione sul posto di lavoro e risarcimento pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento illegittimo alla ripresa del servizio Licenziamento collettivo Reintegrazione sul posto di lavoro e risarcimento pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento illegittimo Risarcimento in misura variabile tra 12 e 24 mesi.
Reintegra più pagamento di un risarcimento in misura massima pari a 12 mensilità, in caso di violazione dei criteri di sceltaRisarcimento del danno in misura pari a 2 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale, da un minimo di 4 a un massimo di 24 senza reintegra Licenziamento viziato da errori formali Reintegrazione sul posto di lavoro e risarcimento pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento illegittimo Risarcimento del danno in misura compresa tra le 6 e le 12 mensilità, senza reintegra Risarcimento del danno in misura pari a una mensilità per ogni anno di anzianità aziendale da un minimo di due a un massimo di 12, senza reintegra Disciplina per le piccole imprese N.a. Risarcimento da 2,5 a 6 mensilità Risarcimento variabile da una a sei mensilità, in funzione dell’anzianità. Se l’azienda supera i 15 dipendenti dopo l’entrata in vigore del Jobs Act, per tutti valgono le nuove regole Disciplina per partiti, sindacati e associazioni di tendenza N.a. Non si applica l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori Si applicano per intero le regole comuni, senza eccezioni Conciliazione in Direzione territoriale lavoro (Dtl) per i recessi economici Non si applica Si applica Non si applica la procedura in Dtl.
Possibilità di fruire della conciliazione incentivata: il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari a un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due sino a un massimo di 18: se il lavoratore accetta, perde il diritto di fare causaProcesso: Rito Fornero Non si applica Si applica Non si applica