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Presto potremmo dover pagare anche per andare dal medico di base: cresce la preoccupazione tra i cittadini, ecco cosa sappiamo.

Negli ultimi giorni è bastata una voce, una semplice frase riportata fuori contesto, per scatenare il panico. Sui social, nei gruppi WhatsApp, nei bar, ovunque si sente dire la stessa cosa: “Ora toccherà pagare pure il medico di base!”.

E in un Paese dove la sanità pubblica è sempre stata considerata un pilastro, anche se con mille difetti, questa notizia ha colpito duro. Perché, diciamolo chiaramente, l’idea di dover mettere mano al portafoglio per una visita dal proprio medico di famiglia è qualcosa che preoccupa tutti, nessuno escluso.

Medico di base: cosa cambia in realtà

La paura è concreta, e anche comprensibile. Soprattutto in un periodo in cui tra tagli, carenze di personale, liste d’attesa infinite e pronto soccorso allo stremo, il cittadino si sente sempre più lasciato solo. L’idea che anche l’ultimo baluardo – il medico di base, quello che conosce la tua storia clinica, che puoi chiamare per un consiglio, che ti fa la ricetta o ti misura la pressione – possa trasformarsi in un servizio a pagamento, ha l’effetto di un pugno nello stomaco.

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Eppure, come spesso accade, la realtà è un po’ diversa da come appare a prima vista. Sì, c’è un fatto che ha scatenato l’allarme, ma non riguarda direttamente il medico di base né una riforma strutturale del sistema sanitario nazionale. Quello che è accaduto, però, ha comunque messo in evidenza un’interpretazione molto restrittiva delle regole fiscali che ha lasciato più di qualcuno con l’amaro in bocca. E, come spesso succede, ha riaperto il dibattito sulla tutela reale delle spese sanitarie.

Spese sanitarie c'è una novità
Ecco cosa cambia nella sanità (diritto-lavoro.com)

Il caso che ha fatto discutere riguarda una perizia medica legale, ovvero il lavoro svolto da un medico chiamato ad analizzare le cause di morte o le condizioni di un cadavere. Un servizio tecnico, sì, ma comunque eseguito da un professionista sanitario. La parcella, in questo caso, è stata pagata e documentata. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha negato la detrazione fiscale della spesa. Il motivo? La fattura era intestata al Tribunale, non al privato cittadino. Questo dettaglio, puramente formale, ha fatto saltare la possibilità di scaricare l’importo nella dichiarazione dei redditi come spesa medica.

Il problema, dunque, non è il pagamento in sé, ma il principio che viene fuori da questa interpretazione: se una prestazione medica non è intestata a chi la richiede o a chi la subisce, non può essere portata in detrazione, anche se è stata effettivamente sostenuta da un privato. Ed è qui che nasce l’inquietudine. Perché se oggi si tratta di una perizia legale, domani potrebbe toccare ad altri casi limite. E se la burocrazia comincia a mettere paletti anche su quello che è chiaramente un servizio sanitario, il rischio è che si allarghi la crepa tra cittadino e sistema pubblico.

Quindi, no, per ora non si pagherà il medico di base. Ma questo episodio dimostra come la tutela del diritto alla salute non possa essere data per scontata, nemmeno dal punto di vista fiscale. E forse è proprio questo che fa più paura.

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