La Naspi cambia volto con novità significative: ecco a chi spetta, come funziona e cosa bisogna sapere per non perdere il diritto.
La Naspi è una delle misure più importanti nel sistema di protezione sociale italiano. Pensata per chi perde involontariamente il lavoro, rappresenta un sostegno economico fondamentale in un momento di passaggio e spesso di difficoltà.
Infatti, permette a tante persone di avere un minimo di stabilità mentre cercano una nuova occupazione, coprendo quel vuoto che si apre tra la fine di un impiego e l’inizio del successivo.
Come cambia la Naspi, ecco chi la perde
Come spesso accade con le misure previdenziali, anche la Naspi è soggetta a modifiche, aggiornamenti e requisiti da rispettare con attenzione. Nel 2025 sono entrate in vigore alcune novità che vale la pena conoscere. Prima di tutto, un piccolo ripasso su cosa sia esattamente questa prestazione.
La Naspi è un’indennità mensile destinata a lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro non per loro scelta. Parliamo, quindi, di licenziamenti, scadenza di contratti a termine, dimissioni per giusta causa o risoluzioni consensuali solo in alcuni casi specifici. Non spetta, per esempio, a chi si dimette volontariamente, salvo alcune eccezioni.
Per ottenerla è necessario aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti la perdita del lavoro e aver lavorato almeno 30 giorni effettivi nei 12 mesi precedenti. Non basta, quindi, aver avuto un contratto formale: serve che ci sia stata attività lavorativa reale.

Tra le novità introdotte quest’anno c’è una maggiore flessibilità nell’accesso ai corsi di formazione finanziati tramite il programma Gol, che ora sono direttamente collegati alla Naspi. Chi riceve l’indennità, infatti, sarà più facilmente inserito in percorsi di riqualificazione, senza perdere il sussidio. Inoltre, è stato rivisto il meccanismo di riduzione progressiva dell’importo: dal 2025 il taglio dopo i primi mesi sarà più graduale, per evitare un crollo troppo rapido del sostegno economico.
Un altro aspetto importante riguarda i controlli. Il sistema è ora più severo nei confronti di chi rifiuta offerte di lavoro congrue o non partecipa attivamente alle politiche attive proposte. Non basta più iscriversi al centro per l’impiego e aspettare: bisogna dimostrare di essere realmente coinvolti nella ricerca di un nuovo impiego.
Infine, attenzione a un punto spesso sottovalutato. Chi si dimette volontariamente non ha diritto alla Naspi, come detto. Tuttavia, può succedere che una persona dia le dimissioni, trovi subito dopo un altro lavoro, magari per necessità, ma questo nuovo contratto dura meno di tre mesi. Ebbene, anche in questo caso la Naspi non scatterà, perché non si tratta di una perdita involontaria del lavoro, e il sistema considera ancora valide le dimissioni iniziali. Un dettaglio che può fare la differenza e che, purtroppo, molti scoprono solo troppo tardi.
In definitiva, conoscere le regole della Naspi oggi più che mai è fondamentale. Perché è vero che si tratta di un aiuto concreto, ma lo si riceve solo se si rispettano requisiti precisi e se si evitano passaggi falsati, anche in buona fede.