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Non ha posto fine all’uso abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie nella scuola. Per questo la Commissione Ue ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea. Il nostro Paese, sostiene la Commissione, “non ha adottato le norme necessarie per vietare la discriminazione in merito alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di successivi contratti a tempo determinato”.

E la legislazione sullo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nella scuola pubblica “non prevede una progressione salariale” basata “sui precedenti periodi di servizio“. Si tratta perciò di “una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato“. La Commissione von der Leyen ritiene che “la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non preveda una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio“.

Ciò costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato. Che hanno diritto a tale progressione salariale” spiega la Commissione. Inoltre, contrariamente al diritto dell’Ue, l’Italia non ha adottato misure efficaci per impedire l’uso abusivo di successivi contratti di lavoro a tempo determinato del personale amministrativo. Così come di quello tecnico e ausiliario nella scuola pubblica. Tutto questo vìola la normativa europea sul lavoro a tempo determinato. La Commissione ritiene “che gli sforzi delle autorità siano stati, finora, insufficienti e pertanto sta deferendo l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea“.

Il commento dell’Anief

L’Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori) è intervenuta e commento di quanto accaduto. E, pur lodando l’intervento della Commissione che ha stabilito il deferimento dell’Italia alla Corte, ne ha stigmatizzato la tempistica ‘biblica’. “Trattamento discriminatorio per 400mila precari ha dichiarato Anief. “La Commissione europea interviene 10 anni dopo la procedura di infrazione attivata nei confronti dell’Italia” è stato il commento del segretario del sindacato, Marcello Pacifico.

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È evidente che dopo 25 anni dall’approvazione della direttiva, ancora oggi in Italia non si rispetta la norma europea. Sono più di 400mila i docenti con più di 36 mesi di servizio che hanno subito questo abuso”. La Commissione chiede misure che prevengano questo abuso “Per noi si tratta del doppio canale di reclutamento. E deve essere introdotto il principio di non discriminazione che pretende lo stanziamento di risorse straordinarie anche in vista del nuovo contratto“.

Identikit dei docenti della scuola

Per quanto riguarda un identikit del docente medio in Italia, viene in aiuto il rapporto relativo all’Europa Education at glance, presentato lo scorso aprile. I docenti di scuola sono sempre più prossimi alla pensione e poco pagati. È questa la condizione di chi sale in cattedra per preparare i nostri studenti alle sfide del futuro. La classe docente italiana, infatti, è tra le più anziane del mondo: ben il 58% dei suoi componenti ha un’età superiore ai 50 anni.

La situazione in Europa

Nessuno nell’area OCSE, come mostra l’ultimo rapporto fa peggio di noi. Svecchiare la classe docente? Una missione complicatissima. Come fa notare un ulteriore approfondimento del report effettuato da Skuola.net, dalla media globale dei prof over 50, fissata dall’OCSE al 35% del corpo insegnante, ci separa un abisso. Solo altre tre nazioni, in Europa, non sono poi così lontane: Lituania (54% di docenti boomer), Grecia (51%), Estonia (50%).

In tutti gli altri casi sono meno della metà. E il confronto con i Paesi del Vecchio Continente assimilabili al nostro è spesso impietoso: in Francia gli insegnanti più vicini alla pensione sono il 30%, in Spagna il 35%, in Germania il 40%. La quota maggiore di giovani professori? La troviamo in Turchia: qui gli over 50 sono appena il 15%. Molto bene fanno pure Gran Bretagna (20%), Irlanda (21%) e Lussemburgo (22%).

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