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Nel 2025 entrerà in vigore “il sistema di determinazione delle aliquote Imu sulla base di fattispecie imponibili individuabili dai Comuni esclusivamente tra quelle predeterminate con un decreto del ministro dell’Economia”. Lo ricorda il direttore generale del ministero dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Spalletta, che sul punto ha riferito in Parlamento alla Commissione sull’Anagrafe tributaria.

Si tratta di un esempio – ha affermato – “di quelli che potranno essere i futuri assetti della riscossione“: quello appunto concernente l’Imu, l’imposta diretta sul patrimonio immobiliare. “Il sistema tende verso l’adempimento guidato dell’obbligazione tributaria, mediante la realizzazione di un’applicazione informatica da rendere disponibile ai contribuenti sul portale del Federalismo fiscale. Utile a mettere a disposizione elementi informativi per la determinazione e il versamento dell’imposta, compresi gli elementi che già sono a disposizione dell’Agenzia delle Entrate e di altre amministrazioni pubbliche“, ha aggiunto Spalletta.

Come cambierà l’Imu

Si tratta, ha argomentato, poi, il dirigente di Via XX settembre, di “una novità che consente da un lato di delimitare il perimetro entro il quale il Comune può esercitare la sua potestà regolamentare nel rispetto dei principi costituzionali che ne regolano l’autonomia impositiva. E dall’altro rende possibile che i contribuenti, comprese le software house, dispongano di un valido supporto per il corretto pagamento dell’Imu. L’obiettivo è quello di rendere gli Enti locali consapevoli della potenzialità di tali strumenti e di assisterli nella loro concreta utilizzazione, attraverso una migliore riscossione ed un più efficiente controllo delle entrate“, ha concluso Spalletta.

Nel 2024, considerando anche la seconda rata da pagare il 16 dicembre, il peso dell’Imu raggiungerà – dal 2012, anno della sua istituzione con la manovra Monti – la cifra di quasi 300 miliardi di euro in 13 anni. Il calcolo è dell’associazione dei proprietari, che evidenzia come l’imposta sia “dovuta persino per gli immobili inagibili e inabitabili. Sia pure con base imponibile ridotta alla metà“. Inoltre “eliminare – simbolicamente – questa forma di tassazione particolarmente odiosa costerebbe poco più di 50 milioni di euro.

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Una patrimoniale de facto

Tra il 2011 e il 2022 gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono più che raddoppiati, passando da 278.121 a 610.085 (+119%). Si tratta di immobili, appartenenti per il 90% a persone fisiche, che raggiungono condizioni di fatiscenza per il semplice trascorrere del tempo. Ma anche per effetto di atti concreti dei proprietari finalizzati a evitare almeno il pagamento dell’Imu, afferma ancora Confedilizia.

L’Imu, come tutte le patrimoniali, è un’imposta progressivamente espropriativa dei beni che colpisce” dichiara il presidente Giorgio Spaziani Testa. “Il fatto che questi beni siano gli immobili, vale a dire la tradizionale forma di investimento degli italiani, rende particolarmente pesante l’impatto del tributo, anche sul piano sociale. Chiediamo al Governo di avviare una graduale riduzione di questa imposta nemica del risparmio e della crescita. Si potrebbe cominciare eliminandola sulle case in affitto con i contratti a canone concordato, per estendere l’offerta abitativa, e sugli immobili dei piccoli centri, per agevolare la rinascita di borghi e aree interne. Si scelgano delle priorità, ma occorre iniziare“.

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