La procura di Milano indaga su una presunta evasione fiscale da parte della società che possiede il gruppo Campari. L’ipotesi riguarderebbe un’omessa dichiarazione da circa un miliardo di euro su una base imponibile di 5 miliardi. A commettere il reato di evasione sarebbe stata la holding lussemburghese Lagfin che controlla la maggioranza del gruppo Campari.
Il fascicolo, in cui si ipotizza l’omessa dichiarazione dei redditi e l’omesso versamento delle imposte e con al centro una presunta “stabile organizzazione occulta“, è coordinato dai pm Enrico Pavone e Bianca Baj Macario. A condurre le indagini è la Guardia di finanza in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate. Le indagini sono condotte dal nucleo di polizia economico-finanza della Gdf di Milano. Sono indagati due legali rappresentanti.
Campari, due indagati
La Gdf, da quanto si è saputo, ha trasmesso la settimana scorsa all’Agenzia delle Entrate gli esiti della verifica fiscale sul gruppo Campari, cominciata nel 2019. Gli esisti sono poi confluiti nel cosiddetto “processo verbale di constatazione“. I risultati sono stati trasmessi anche alla Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, che ha aperto un’inchiesta sulla presunta evasione fiscale che vede, al momento, due indagati, tra responsabili e legali rappresentanti della holding lussemburghese.
Nell’ipotesi accusatoria ci sarebbe stata una “stabile organizzazione” in Italia della holding lussemburghese del gruppo Campari che non versato le imposte per anni. Almeno dal 2018 al 2020, e per oltre un miliardo di euro. Ora i legali del gruppo avranno 60 giorni di tempo per presentare le loro controdeduzioni nell’ambito del procedimento amministrativo-tributario e poi scatteranno le contestazioni. Parallelamente al fronte tributario correrà il profilo penale che, ovviamente, come già avvenuto in tanti casi del genere, terrà conto, però, di un’eventuale transazione col Fisco.
Il problema della exit tax
Da quanto si è saputo, al centro della vicenda Campari, che è simile al caso Exor (la società pagò oltre 700 milioni di euro al fisco), ci sarebbe una questione di un mancato versamento della cosiddetta “exit tax“. Ossia la tassazione del trasferimento all’estero della residenza fiscale di soggetti che svolgono attività imprenditoriale.
Nel caso del gruppo Campari la “exit tax” era legata a un’operazione di fusione transfrontaliera tra Alicros, la precedente holding del gruppo fondato nel 1860, e Lagfin con sede in Lussemburgo. Quest’ultima controlla attualmente il 51,3% delle azioni e il 38,8% dei diritti di voto della olandese Davide Campari Milano NV. La Davide Campari ha ricevuto, tra l’altro, l’affiancamento della filiale italiana, con sede nel capoluogo lombardo, per mantenere una “stabile organizzazione” nel nostro Paese. In questo schema finanziario, la contestazione, su cui sono in corso gli accertamenti, alla fine è quella di non aver saldato i conti con il fisco.
Per quanto riguarda i conti economico-finanziari di Campari nel 2022 l‘utile netto è salito del 16,9% a 33 milioni. Su vendite per 2,69 miliardi, in rialzo del 24,2% su base annua. In Italia il fatturato è migliorato del 15,4%. Tutti dati molto lusinghieri che però impallidiscono a fronte dell’indagine della procura di Milano. Qualora si dovesse arrivare a processo e dovesse essere accertata in giudizio una chiara responsabilità dei vertici aziendali, i conti e l’immagine della società italiana potrebbero uscire pesantemente offuscati.