Il reddito da lavoro ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico: lo sottolinea l’Istat nel suo Rapporto annuale. L’istituto di statistica ha spiegato che tra il 2014 e il 2023 l’incidenza di povertà assoluta individuale tra gli occupati ha avuto un incremento di 2,7 punti percentuali, passando dal 4,9% nel 2014 al 7,6% nel 2023.
Per gli operai l’incremento è stato più rapido passando da poco meno del 9% nel 2014 al 14,6% nel 2023. Nel 2023 l’8,2% dei dipendenti era in povertà assoluta a fronte del 5,1% degli indipendenti. Il fatto è che sebbene il Pil stia migliorando, il potere d’acquisto è eroso dall’inflazione e ha perso molto negli ultimo decennio. Nel nostro Paese i salari sono sostanzialmente fermi da trent’anni: siamo l’unico paese d’Europa in queste condizioni. E a pagare di più sono i deboli.
Il Pil e il lavoro nel nostro Paese
Il Pil reale (quello in volume) in Italia, solo a fine 2023 è tornato ai livelli del 2007: in 15 anni si è accumulato un divario di crescita di oltre 10 punti con la Spagna, 14 con la Francia e 17 con la Germania. Lo si legge nel Rapporto annuale dell’Istat. Rispetto al 2000, il divario è di oltre 20 punti con Francia e Germania, e di oltre 30 con la Spagna. Se si guarda al Pil nominale, tra il 2019 e il 2023 l’Italia è cresciuta a un ritmo più elevato tra le quattro maggiori economie della Ue, con un +4,2% a fine 2023 sull’ultimo trimestre del 2019 (+2,9% in Spagna, +1,9% in Francia e + 0,1% in Germania).
Nel 2023 in Italia, segnala l’Istat, il Pil è aumentato dello 0,9% a fronte dello. 0,7% in Francia e del 2,5% in Spagna, mentre la Germania ha registrato un calo (-0,3%). Secondo le stime preliminari, nel primo trimestre del 2024, la crescita congiunturale dell’economia è stata dello 0,7% in Spagna, lo 0,3% in Italia e lo 0,2% sia in Francia sia in Germania. Al netto degli effetti di calendario, sottolinea l’Istat, la crescita acquisita per il 2024 sarebbe dell’1,6% in Spagna, dello 0,5% in Francia e Italia mentre la Germania dovrebbe registrare un -0,2%.
Il problema della bassa produttività
L’Istat sottolinea che “la stagnazione della produttività del lavoro è uno degli elementi che ha caratterizzato il debole andamento del Pil in volume negli ultimi vent’anni. E il conseguente allargamento del divario di crescita con le altre principali economie dell’Ue. In volume, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto di solo l’1,3% tra 2007 e 2023, contro il 3,6% in Francia, il 10,5% in Germania e il 15,2% in Spagna“.
Nel sistema delle imprese, in Italia, il livello della produttività (valore aggiunto per addetto) a prezzi correnti nella manifattura è inferiore a quello osservato in Francia e Germania solo nel segmento delle micro e piccole imprese. Che però hanno un peso maggiore nel nostro Paese. Nei servizi, invece, le imprese italiane mostrano una produttività inferiore in tutte le classi dimensionali.
Istat: “Giù il potere d’acquisto“
Uno degli elementi che concorre a spiegare la bassa crescita delle produttività, spiega l’Istat, lo si può rintracciare nella dinamica degli investimenti. Questa è rimasta a lungo depressa, recuperando però decisamente nell’ultimo triennio, anche nei confronti delle altre maggiori economie europee. La debolezza degli investimenti tocca in particolare quelli in beni immateriali e nelle attrezzature ICT, le componenti che più incidono sull’ammodernamento dello stock di capitale.
In questo caso l’Italia mostra un livello sul Pil ancora inferiore rispetto alle altre grandi economie Ue, nonostante la crescita registrata nel periodo più recente. L’occupazione è aumentata negli ultimi anni ma il potere d’acquisto dei salari lordi dei lavoratori dipendenti è diminuito negli ultimi 10 anni del 4,5%. “Nonostante i miglioramenti osservati sul mercato del lavoro negli ultimi anni – si legge nel rapporto Istat – l’Italia conserva una quota molto elevata di occupati in condizioni di vulnerabilità economica“.