Un anno dopo il primo voto del Parlamento europeo, la direttiva sulle case green è ufficialmente approvata. Il lungo percorso del provvedimento Epbd (Energy performance of buildings directive) si è concluso il 12 aprile all’Ecofin con il no dell’Italia che ha espresso voto contrario insieme all’Ungheria. In tutto sono stati 20 i voti a favore. Ne bastavano 15 su 27 per il via libera definitivo. Ed è davvero l’ultimo passaggio per la norma quadro che definirà le regole per la riqualificazione energetica degli immobili di tutta Europa da qui al 2050.
Il penultimo passaggio c’è stato il 10 aprile con il via libera dagli Stati membri. Gli ambasciatori dei singoli paesi presso l’Unione europea avevano confermato alla riunione del Coreper (il Comitato permanente dei rappresentanti dei paesi membri) l’accordo raggiunto con il Parlamento europeo a dicembre. Intesa che l’Eurocamera ha votato nel corso dell’Assemblea plenaria dello scorso marzo e che riguarda le nuove norme per rendere case ed edifici dell’Unione a emissioni zero entro il 2050.
Case green, cosa accadrà
Nessuna obiezione è stata sollevata, e dunque la direttiva è finita sul tavolo del Consiglio Ue Ecofin – cioè il vertice dei ministri dell’Economia e finanze – per la conferma definitiva. Sempre senza discussione. Ora non resta che attendere l’approdo sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. L’assetto che a dicembre gli Stati membri hanno raggiunto nel corso dei negoziati tra le istituzioni comunitarie ha insomma retto fino alla fine.
E ciò nonostante le consistenti opposizioni di paesi fondatori come l’Italia, scottata dall’esperienza del superbonus edilizio al 110% che ha aperto una voragine da 200 miliardi nei conti dello Stato. Cambia così completamente la rotta del passaggio più rilevante della direttiva: l’articolo 9. Se fino a qualche settimana fa l’ipotesi era stata di indicare dei requisiti stringenti per i singoli edifici (con la classe energetica D obbligatoria dal 2033), non lasciando spazio alle singole nazioni, questo passaggio ora è diverso. Nel nome di una maggiore flessibilità.
Cosa dovranno fare gli Stati membri
I paesi membri dovranno definire dei piani per la riduzione dei consumi del loro patrimonio edilizio residenziale. Il 2020 è considerato l’anno zero e il 2050 l’anno nel quale, a completamento del percorso, bisognerà avere un patrimonio edilizio a zero emissioni. In mezzo, gli Stati dovranno assicurare un miglioramento progressivo della situazione delle case, ragionando però sulle medie di consumo. Non più sulla classe di efficienza dei singoli edifici.
Gli obiettivi intermedi di riduzione dei consumi per le case di tutta Europa saranno del 16% al 2030 e del 20-22% al 2035. Saranno i paesi membri a fissare, con i loro piani, le modalità per raggiungere questi obiettivi. La direttiva sulle case green pone, soprattutto, un vincolo. Ovvero che la maggior parte delle ristrutturazioni dovranno riguardare il 43% meno performante del patrimonio edilizio. In questo modo, gli obiettivi non si potranno raggiungere solo grazie agli immobili nuovi: in Italia sarà data priorità ai lavori su cinque milioni di edifici.
Via le caldaie a metano
L’altro grande tema riguarda l’abbandono dei combustibili fossili, a partire dalle caldaie a gas metano, nelle abitazioni. La data entro la quale arrivare al bando completo è stata spostata in avanti, al 2040. Il termine precedente era il 2035. Non solo. Se gli incentivi fiscali per questi apparecchi non ci saranno più a partire dal 2025, la Ue ha stabilito che sarà possibile dare incentivi ai sistemi di riscaldamento ibridi, come quelli che combinano caldaie e pompe di calore.