Nell’anno 2024 sono subentrate delle modifiche in merito all’importo del ticket licenziamento (o contributo NASpI) che spetta ad un (ex) lavoratore per le cessazione dell’attività lavorativa, ma con diritto alla disoccupazione.
Con ticket licenziamento si intende il contributo che il datore di lavoro è tenuto a versare all’INPS nel caso in cui si verifichi una cessazione di rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (avente diritto alla NASpI). L’importo si adegua ogni anno ai dati sull’inflazione, in quanto è legato al trattamento di disoccupazione. Con il messaggio 531 del 7 febbraio 2024, l’INPS recepisce l’importo massimo relativo al corrente anno. In merito a questa circolare si può dire che il ticket ammonta a 635,67 euro annuali, per un importo massimo pari a 1907,01 per il triennio di anzianità. Di seguito un analisi nel dettaglio con le dovute eccezioni e precisazioni.
Cosa rappresenta il ticket licenziamento
Il ticket licenziamento finanzia l‘indennità di disoccupazione e il datore di lavoro è tenuto al versamento, questo a prescindere che il dipendente che ha cessato la sua attività lavorativa faccia richiesta di NASpI. Questo contributo è stato introdotto con l’articolo 2, commi 31-35, della Legge n. 92/2012 e deve essere pagato sempre in caso di interruzione di lavoro a tempo indeterminato. Inoltre, occorre precisare che il ticket licenziamento, oltre che per il licenziamento stesso, è dovuto anche in caso di: dimissioni per giusta causa, dimissioni durante la maternità, risoluzione consensuale a seguito della conciliazione obbligatoria presso la Direzione Territoriale del Lavoro quando il datore intende licenziare per giustificato motivo oggettivo.
Il contribuito spetta anche a seguito della risoluzione consensuale, qualora il dipendente rifiuti il trasferimento presso un posto di lavoro distante oltre i 50 Km dalla residenza, o raggiungibile con oltre 80 minuti per mezzo del trasporto pubblico. Ed infine è dovuto ticket licenziamento anche nel caso in cui il contratto da apprendistato non si trasformi in indeterminato. Tuttavia, occorre fare un primo importante chiarimento in merito. Infatti, con il messaggio n. 1400 del 29 marzo 2022, l’INPS specifica che in caso di fallimento della società il datore può essere esonerato dal pagamento del ticket.
Altre tipologie di contratto oltre l’indeterminato
Come accennato in apertura, l’importo del ticket licenziamento è fissato in misura pari al 41% del massimale mensile di disoccupazione per ogni 12 mesi di anzianità aziendale del cessato negli ultimi tre anni. Altra precisazione doverosa riguarda il fatto che il contributo è dovuto anche nel caso del lavoro part-time. In questo situazione la tassa licenziamento non è proporzionata alla percentuale part-time, ma è dovuta sempre in misura piena. Inoltre, il ticket è dovuto anche nel caso di licenziamenti collettivi, dove la misura equivale a quella prevista per i licenziamenti individuali. In questa condizione (di licenziamento collettivo) esiste un’eccezione importante. Infatti, se la dichiarazione di eccedenza del personale si manifesta senza accordo sindacale, l’importo dovuto si triplica.
Un caso a sé riguarda il licenziamento nel settore edilizia. Infatti, in questo contesto esiste un esonero alla tassa per le imprese in cui l’interruzione di lavoro avviene per completamento delle attività e chiusura del cantiere. Infine, per quanto riguarda i lavori a tempo determinato è bene chiarire che già dalla L. 92/2012 è previsto un contributo addizionale per questi tipo di contratto a termine. Equivale ad un contributo aggiuntivo pari all’1.4% dovuto dai datori di lavoro per il personale a tempo determinato. Si tratta di un contributo che in questo caso si sostituisce al ticket licenziamento, ma che va a finanziare la NASpI del dipendente e permettere, quindi, anche ad un dipendente a tempo determinato di usufruire della disoccupazione.