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Buoni pasto fuori dalla busta paga: i pro e i contro

Buoni pasto

Buoni pasto - DirittoLavoro

I buoni pasto (cartacei o elettronici), detti anche ticket restaurant, rientrano nella categoria delle prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto. In genere vengono forniti al di fuori della busta paga. 

I buoni pasto rientrano nella categoria delle prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto, contemplate dall’articolo 51, comma 2, lettera c) del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Quest’ultimi possono essere riconosciuti come ticket restaurant oppure tramite: app mobile, alimenti e bevande da parte di pubblici servizi, cessione di prodotti gastronomici per consumo immediato. I buoni pasto possono essere adoperati presso ristoranti o esercizi commerciali convenzionati.

Limiti fuori dalla busta paga

Tra i vantaggi dei buoni pasto il fatto di non essere assoggettati ai contributi previdenziali ed assistenziali a carico del lavoratore, così come ai contribuiti previdenziali ed assistenziali a carico dell’azienda e anche alla tassazione fiscale ancora a carico del dipendente. Tuttavia, è da precisare che vi è un limite, ovvero 4 euro (giornaliero) per buono cartaceo e 8 euro (giornaliero) per buono elettronico, oltre il quale i buoni pasto sono soggetti a tassazione. A differenza delle indennità sostitutive di mensa, che hanno un compenso riconosciuto in busta paga, i buoni pasto devono essere indicati in cedolino solo in maniera figurativa e solo per il calcolo di eventuali tasse e contribuiti.

A fronte di quanto detto, la somma rimane fuori dalla busta paga se rientra nei limiti precedentemente indicati (4 euro o 8 euro giornalieri). Viceversa, se supera tali parametri, deve rientrare in busta paga per il calcolo delle tassazioni. Ovvero, tali cifre rappresenteranno un’ulteriore retribuzione.

Alternative ai buoni pasto

In alternativa ai buoni pasto rientrano nelle prestazioni sostitutive anche le somministrazioni di vitto in mense organizzate dallo stesso datore di lavoro o le somministrazioni di vitto in mense organizzate da terzi. A queste si aggiunge anche l’indennità sostitutiva di mensa. Quest’ultima è rappresentata da un compenso presente nella busta paga e compensa il disagio procurato al lavoratore in caso di assenza di mense o servizi di ristorazione. In questo caso vige un regime di esenzione fiscale e contributivo fino 5,29 euro a giorno. Questo solo se l’indennità è corrisposta a lavoratori di cantieri edili, o altre strutture a carattere temporaneo, o altresì strutture situate in zone prive dei servizi sopraindicati.

La soglia di esenzione dei 5,29 euro giornalieri, tuttavia, è da ritenersi valida a specifiche condizioni. Innanzitutto, l’orario di lavoro deve prevedere la pausa per il vitto; secondariamente, è necessario che il lavoratore sia assegnato ad un’unità produttiva. In terzo luogo è indispensabile che l’unità produttiva sia collocata in luogo che non consenta di raggiungere agilmente (e senza mezzi di trasporto) un luogo adempiuto alla ristorazione. Infine, se la soglia eccede i 5,29 euro giornalieri la differenza sarà assoggettata a contributo fiscale. Prima di concludere, vale la pena ricordare che la scelta della prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto spetta al datore di lavoro, il quale ha la possibilità di optare per la scelta organizzativa e produttiva più appropriata. Inoltre, uno stesso datore di lavoro può adottare anche più sistemi contemporaneamente rispetto alle esigenze. Ma uno stesso lavoratore non può fruire di più sistemi in contemporanea.

 

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