Advertisement

Il testo della Circolare emanata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, n. 9 del 9 ottobre 2023, offre una serie di chiarimenti in merito alle modifiche apportate all’articolo 24 del Decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, noto anche come “decreto lavoro”, successivamente convertito in legge il 3 luglio 2023 con la Legge numero 85. Questi chiarimenti riguardano, in particolare, la disciplina dei contratti a termine e dei contratti di somministrazione alla luce delle nuove disposizioni introdotte da tale legislazione.

Contratti a termine: chiarimenti del Ministero del Lavoro sulla nuova normativa
Contratti a termine: chiarimenti del Ministero del Lavoro sulla nuova normativa – Diritto-lavoro.com
Foto crediti: Pinterest

La circolare 9/2023 sopra menzionata sottolinea che il Decreto Lavoro non ha apportato modifiche alla normativa riguardante i seguenti aspetti:

  1. La durata massima dei contratti a termine rimane invariata, mantenendo un limite di 24 mesi.
  2. È ancora possibile stipulare un ulteriore contratto a termine con una durata massima di 12 mesi presso la sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
  3. Il numero massimo di proroghe di un contratto a termine (cioè, 4 proroghe entro un periodo di 24 mesi) resta invariato.
  4. Le regole relative alla transizione tra un contratto a termine e un altro rimangono in vigore.

Il Decreto-legge n. 48/2023 ha, invece, apportato modifiche significative alla normativa riguardante le causali, le proroghe, i rinnovi e le modalità di calcolo dei limiti percentuali riguardanti il numero di lavoratori che possono essere assunti tramite contratti di somministrazione.

Advertisement

Le nuove causali per i contratti a termine

Come è noto, in conformità con la recente legislazione che revoca e sostituisce le casuali specificate nel Decreto Dignità, è consentito stipulare, rinnovare o prorogare un contratto a termine per un periodo che ecceda i 12 mesi (fermo restando il limite complessivo di 24 mesi) nei seguenti casi:

  1. nei casi previsti dai contratti collettivi. Il Ministero rimarca come la riforma ha voluto enfatizzare il ruolo della contrattazione collettiva nel determinare le situazioni che possono consentire l’apposizione ai contratti di lavoro un termine superiore a dodici mesi, con comunque una durata massima di ventiquattro mesi.
  2. in mancanza di previsioni come quelle menzionate precedentemente, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, definite dalle parti contraenti (datore di lavoro e lavoratore). È importante notare che questa possibilità è temporanea e non può estendersi oltre la data del 30 aprile 2024, riferita alla firma del contratto di lavoro. Pertanto, la durata del contratto può superare il 30 aprile 2024 solo se il contratto stesso è stato stipulato precedentemente.
  3. per la sostituzione di altri lavoratori. Il datore di lavoro è tenuto a specificare nel contratto le ragioni effettive e concrete della sostituzione, che è proibita per i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero.

Queste nuove causali non si applicano ai contratti a termine stipulati da:

  1. Enti pubblici;
  2. Università private, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;
  3. Enti privati di ricerca e lavoratori che svolgono attività di insegnamento, ricerca scientifica o tecnologica, trasferimento di know-how, supporto all’innovazione, assistenza tecnica alla stessa o coordinamento e direzione.

Proroghe e rinnovi operati senza causale nei primi dodici mesi

La circolare fornisce importanti delucidazioni in merito al periodo di dodici mesi senza l’obbligo di causale. Il Ministero del Lavoro conferma che, in seguito all’introduzione del Decreto Lavoro, è stata instaurata una regolamentazione uniforme per le proroghe e i rinnovi di contratti a termine, i quali possono avvenire liberamente nei primi dodici mesi di durata complessiva, senza necessità di indicare alcuna causale.

In relazione alla norma stabilita dalla legge di conversione (L. 85/2023) del Decreto Lavoro, che rende irrilevante il superamento dei 12 mesi di durata senza causale per i contratti stipulati prima del 5 maggio 2023 (data di entrata in vigore del D.L. 48/2023), è stato chiarito che l’espressione “contratti stipulati” si riferisce sia ai rinnovi di contratti a termine preesistenti sia alle proroghe di contratti già in essere alla data del 5 maggio 2023. Di conseguenza, a partire dal 5 maggio 2023, i datori di lavoro potranno liberamente rinnovare un contratto a termine per un ulteriore periodo massimo di 12 mesi senza la necessità di specificare le causali che lo giustificano.

A titolo esemplificativo, la circolare presenta un caso chiarificatore: se un contratto a termine stipulato prima del 5 maggio 2023 giunge a scadenza dopo tale data, lo stesso contratto potrà essere rinnovato o prorogato “liberamente” per un periodo aggiuntivo di dodici mesi (nel rispetto del limite massimo di 24 mesi di durata). Diversamente, se tra il 5 maggio 2023 e il 4 luglio 2023 le parti prolungano un contratto a termine per sei mesi, sarà possibile un ulteriore periodo senza causale, con una durata non superiore a sei mesi.

La circolare fornisce chiarezza anche sul fatto che per applicare questa normativa è necessario verificare se la stipula del contratto, il suo rinnovo o la sua proroga sono avvenuti prima o dopo il 5 maggio.

Gli interventi sulla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (staff leasing)

La legge di conversione interviene anche per apportare modifiche alla disciplina relativa alla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, allo scopo di superare alcune restrizioni applicabili a specifiche categorie di lavoratori. In particolare, si prevede che, al fine di rispettare il limite del 20% relativo ai lavoratori impiegati con contratto di somministrazione a tempo indeterminato presso la medesima azienda, non saranno considerati i lavoratori somministrati assunti dall’agenzia di somministrazione mediante contratto di apprendistato.

Inoltre, si stabilisce espressamente che non si applicheranno i limiti quantitativi alla somministrazione a tempo indeterminato per alcune categorie di lavoratori, che sono definiti in modo specifico e in modo tassativo. Queste categorie includono i soggetti disoccupati che abbiano beneficiato per almeno sei mesi di prestazioni di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, nonché i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, conformemente alla definizione fornita nel decreto ministeriale del 17 ottobre 2017.

Advertisement