Il Cnel avrebbe bocciato la proposta sul salario minimo. Per il Governo italiano, attualmente, sembrerebbero esserci altre priorità.
L’esito dell’istruttoria avviata dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) sul tema riguardante la proposta sul salario minimo sarebbe negativo. Questo quanto riportato anche da un articolo in merito de La Repubblica. Nel dettaglio, il documento di analisi approvato in Commissione Informazione, che ha ricevuto il voto contrario da parte della Cgil e l’astensione da parte della Uil, avrebbe già in sé tutte le obiezioni che erano già state mosse dalla coalizione di Governo rispetto alla soglia minima legale di 9 euro all’ora per la retribuzione dei lavoratori poveri.
Le motivazioni “contro” il salario minimo
Secondo quanto si apprende, sarebbero essenzialmente tre i motivi che avrebbero condotto il Cnel a respingere la proposta sul salario minimo. In prima analisi, l’Istituto ritiene che la “povertà lavorativa” non debba essere collegata ai “salari insufficienti“. Come riporta anche Wired, il Cnel avrebbe piuttosto definito la povertà lavorativa come “il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro (ovvero quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si è occupati nel corso di un anno)“. A questo si aggiunge anche la composizione familiare e quante persone percepiscono un reddito all’interno della famiglia, oltre anche all’azione redistributiva dello Stato. A fronte di questo l’Istituto ha ritenuto che sia inutile agire sull’effetto finale.
Prioritario, invece, un piano di azione nazionale “nei termini fatti propri della direttiva europea in materia di salari adeguati, a sostegno di un ordinato e armonico sviluppo del sistema della contrattazione collettiva“. Proprio questo ultimo aspetto rappresenta il secondo dei motivi che hanno comprovato la bocciatura del Cnel rispetto al salario minimo. Infatti, la contrattazione collettiva coprirebbe quasi il 100%, una quota più alta del minimo dell’80% fissato dall’Ue. Con paghe medie che si aggirano a circa 7,10 euro rispetto ai dati Istat del 2019. Infine, l’ultima motivazione giustificata dall’Istituto sarebbe anche la scarsa incidenza dei contratti pirata, che rappresenterebbero solo lo 0,4% dei dipendenti del settore privato.
Cosa dice l’opposizione
A questo punto immancabili le reazioni da parte di tutti i partiti. La Ministra del Lavoro Maria Elvira Calderone si sarebbe detta soddisfatta sottolineando l’importanza di “assicurare condizioni di lavoro dignitose alle persone“. Mentre, il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha affermato quanto sia necessaria “un’operazione verità“. L’opinione del Segretario della Cgil Maurizio Landini è invece scettica sul fatto di aver scaricato la questione sul Cnel. Come riporta ancora La Repubblica, tutti i partiti di opposizione, tranne Italia Viva, si dicono pronti alle rimostranze. Il primo passo, in tal senso, sarebbe una raccolta firme. Carlo Calenda leader di Azione, a tal proposito, spiega: “Se la destra la boccerà, dovrà assumersene la responsabilità e spiegarlo al Paese“.
La Segretaria del Pd Elly Schlein sostiene che portare avanti questa proposta significhi soprattutto non dimenticare i tre milioni e mezzo di lavoratori poveri. Infine, Giuseppe Conte, del Movimento 5 Stelle, scrive sui social: “Rilanciamo il firma day e io sarò con voi, prima a Foggia, poi a Napoli, quindi a Roma“.