In tema di licenziamento esistono diversi fattori da tenere in considerazione. Per questo si parla di ‘giusta causa’, ‘giustificato motivo oggettivo’ e ‘giustificato motivo soggettivo’. Analizziamo le differenze.
Parlare di licenziamento presuppone, spesso, addentrarsi in una questione annosa. Si tratta dell’interruzione del rapporto di lavoro per decisione del datore. In questa area si distinguono diversi tipi di licenziamento, poiché sono altrettanto diversi i motivi che possono portare a questa decisione. A tal proposito è importante che tutti siano a conoscenza delle procedure a partire dai manager, dalle risorse umane e dai dirigenti. A questo punto analizziamo la differenza tra: giusta causa, giustificato motivo oggettivo e giustificato motivo soggettivo.
I tipi di licenziamento
Per licenziamento per giusta causa si intende un’interruzione del lavoro che scaturisce dalla condotta del dipendente. L’interruzione avviene, in questo caso, con effetto immediato poiché l’evento che l’ha causata è ritenuto particolarmente grave. Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo si verifica, invece, come conseguenza di un’inadempienza o una condotta negativa del dipendente, ma non talmente grave da causare un licenziamento in tronco. Per fare qualche esempio in questo secondo caso, si parla di assenza ingiustificata, mancato rispetto delle direttive aziendali, diffusione di dati aziendali sensibili. Il terzo caso citato, poi, fa riferimento al licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Questo ultimo si verifica quando subentrano eventi che influenzano l’attività produttiva o l’organizzazione del lavoro.
Nel caso del giustificato motivo oggettivo, la legge prevede che l’interruzione del lavoro avvenga solo in presenza di circostanze, appunto, oggettive e verificabili. In questo caso, ancora per fare qualche esempio, si fa riferimento ad una crisi nel settore di riferimento o ad una crisi economica-finanziaria. Chiariti i diversi tipi di licenziamento, è opportuno capire quali rientrano nella categoria di tipo disciplinare. Ovvero quelli che hanno a che fare con la condotta del dipendente.
Quindi si parla di licenziamenti disciplinari nel caso di giusta causa e di giustificato motivo soggettivo. Entrambi, infatti, dipendono dal comportamento del lavoratore. Come spiega l’Art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, tuttavia, per eseguire questi tipi di licenziamento il datore di lavoro deve seguire una procedura precisa. Nella sostanza tale procedura prevede l’affissione preventiva, in luogo visibile, del codice di condotta disciplinare. In secondo luogo la contestazione del comportamento al dipendente seguita dalla concessione di almeno 5 giorni di tempo al dipendente per addurre giustificazioni. La procedura prevede, inoltre, la partecipazione ad azione legale difensiva o al collegio di conciliazione ed arbitrato e per finire l’eventuale accettazione delle giustificazioni o il licenziamento.
Differenze tra giusta causa e giustificato motivo
La principale differenza tra giusta causa e giustificato motivo soggettivo sta nella gravità dell’inadempienza da parte del lavoratore. Se nel primo caso, come detto, il licenziamento avviene in tronco, nel secondo caso è concesso al dipendente un preavviso per permettere al lavoratore di cercare un altro lavoro. Nel caso del giustificato motivo oggettivo la condotta non è la causa scatenante del provvedimento, ma si tratta piuttosto di ragioni economiche o organizzative.
Un’altra importante precisazione che vale la pena di fare è quella relativa ai tipi di provvedimento che si attuano in maniera collettiva e non solo individuale. Il licenziamento collettivo fa parte dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, e si verifica quando l’interruzione del rapporto di lavoro riguarda almeno 5 dipendenti nell’arco di 120 giorni. Regolato prima dallo Statuto dei Lavoratori e poi da successive leggi e decreti legislativi, il licenziamento collettivo può essere adottato solo nelle aziende con più di 15 dipendenti e per motivi precisi.
Questi motivi sono: il ridimensionamento dell’azienda per il contenimento di costi aziendali, la trasformazione dell’attività d’impresa o la cessazione dell’attività. Ovviamente questo provvedimento dovrà sempre essere valutato in maniera oggettiva e verificabile. La semplice riduzione del personale, ad esempio, non basterà per giustificare una decisione che interessa un gruppo di lavoratori.