La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con Ordinanza n. 2606 del 27 gennaio 2023, ha reso il seguente principio di diritto in tema di licenziamento discriminatorio: “Se le indagini investigative sono state dirette solo nei confronti di un componente della Rsu e non hanno coinvolto i colleghi di lavoro addetti alle stesse mansioni, il licenziamento per giusta causa è discriminatorio e comporta la reintegrazione in servizio del dipendente. In un contesto aziendale caratterizzato da accesa conflittualità sindacale, assume rilievo determinante la circostanza che le indagini investigative, pur avendo a oggetto la verifica di elementi contrattuali pertinenti a una pluralità di dipendenti, siano state promosse solo nei confronti del lavoratore che aveva responsabilità sindacali”.
La Cassazione, in base ad un consolidato orientamento in tema di licenziamento discriminatorio e/o ritorsivo, ha precisato inoltre che “laddove vengano in considerazione profili discriminatori o ritorsivi nel comportamento datoriale, il giudice, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata e non in contrasto con la normativa comunitaria, deve tenerne conto, sia in base alla Cost., articolo 3 , sia in considerazione della specifica tipizzazione come discriminatorie (in modo diretto o indiretto), di specifiche condotte lesive dei diritti fondamentali (a partire, ma non solo, dall’entrata in vigore dei Decreto Legislativo n. 215 e n. 216 del 2003 – cfr. Cass. n. 10834/2015)”.
Sempre la Cassazione ha precisato che notoriamente “l’attività sindacale nei luoghi di lavoro è considerata un fattore di rischio che, in mancanza di una prova convincente sulle ragioni che avevano indotto il datore di lavoro ad avviare indagini investigative nei confronti di un esponente della Rsu, avvalora il sospetto che la successiva iniziativa disciplinare datoriale, poi sfociata nel licenziamento, sia stata determinata proprio da un intento persecutorio «legato all’attività sindacale sgradita svolta dal lavoratore»”.
La Corte Suprema, quindi, con l’ordinanza n. 2606/2023, ha concluso per la natura discriminatoria del licenziamento e ha confermato che “l’iniziativa datoriale, proprio perché adottata isolatamente nei confronti del solo delegato in un ambiente «particolarmente conflittuale», vada inscritta tra le azioni ritorsive promosse per colpire il dipendente a causa della sua affiliazione e attività sindacale”.