Il Tribunale di Belluno, con ordinanza del 19 marzo 2021, ha ritenuto legittima la scelta del datore di lavoro di mettere in ferie forzate due operatori sanitari operanti presso una RSA che avevano rifiutato la vaccinazione anti-covid.
I due lavoratori avevano impugnato la decisione dell’azienda con un ricorso d’urgenza innanzi al magistrato del lavoro, che è stata però rigettata sul presupposto che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre tutte le misure per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori secondo quanto stabilito dall’art. 2087 del codice civile.
Di seguito il testo dell’ordinanza del Tribunale di Belluno.
Il Giudice sciogliendo la riserva assunta con verbale di trattazione scritta in data 16.3.21;
ritenuto che risulta difettare il fumus boni iuris, disponendo l’art. 2087 c.c. che “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”;
ritenuto che è ormai notoria l’efficacia del vaccino per cui è causa nell’impedire l’evoluzione negativa della patologia causata dal virus SARS -CoV-2, essendo notorio il drastico calo di decessi causati da detto virus, fra le categorie che hanno potuto usufruire del suddetto vaccino, quali il personale sanitario e gli ospiti di RSA, nonché, più in generale, nei Paesi, quali Israele e gli Stati Uniti, in cui il vaccino proposto ai ricorrenti è stato somministrato a milioni di individui;
rilevato che è incontestato che i ricorrenti sono impiegati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro;
ritenuto che è, pertanto, evidente il rischio per i ricorrenti di essere contagiati, essendo fra l’altro notorio che non è scientificamente provato che il vaccino per cui è causa prevenga, oltre alla malattia, anche l’infezione;
ritenuto che la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. il quale impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti;
che è ormai notorio che il vaccino per cui è causa – notoriamente offerto, allo stato, soltanto al personale sanitario e non anche al personale di altre imprese, stante la attuale notoria scarsità per tutta la popolazione – costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato, prevenendo l’evoluzione della malattia;
ritenuto, quanto al periculum in mora, che l’art. 2109 c.c. dispone che il prestatore di lavoro “Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro”;
che nel caso di specie prevale sull’eventuale interesse del prestatore di lavoro ad usufruire di un diverso periodo di ferie, l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto di cui all’art. 2087 c.c.;
ritenuta l’insussistenza del periculum in mora quanto alla sospensione dal lavoro senza retribuzione ed al licenziamento, paventati da parte ricorrente, non essendo stato allegato da parte ricorrente alcun elemento da cui poter desumere l’intenzione del datore di lavoro di procedere alla sospensione dal lavoro senza retribuzione e al licenziamento;
ritenuto che, attesa l’assenza di specifici precedenti giurisprudenziali, sussistono le condizioni di cui all’art. 92 co. II c.p.c. per compensare le spese processuali.
P.Q.M.
visto l’art. 700 c.p.c.;
- rigetta il ricorso;
- compensa le spese processuali.