La Corte Suprema di Cassazione, con la Sentenza 10 marzo 2021, n. 6722, ha stabilito che in caso di inadempimento contributivo, il lavoratore non può fare causa direttamente all’INPS ed ha pronunciato sul punto il seguente principio: “in caso di omesso versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, il nostro ordinamento non prevede un’azione dell’assicurato volta a condannare l’ente previdenziale alla “regolarizzazione” della sua posizione contributiva, nemmeno nell’ipotesi in cui l’ente previdenziale, che sia stato messo a conoscenza dell’inadempimento contributivo prima della decorrenza del termine di prescrizione, non si sia tempestivamente attivato per l’adempimento nei confronti del datore di lavoro obbligato, residuando unicamente in suo favore il rimedio risarcitorio di cui all’articolo 2116 c.c. e la facoltà di chiedere all’INPS la costituzione della rendita vitalizia L. n. 1338 del 1962, ex articolo 13, (così espressamente Cass. n. 6569 del 2010; più recentemente, nello stesso senso, Cass. nn. 3491 del 2014 e 2164 del 2021)”.
Ecco i fatti di causa.
Con sentenza depositata il 4.6.2018, la Corte d’appello di Genova ha confermato, con diversa motivazione, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda con cui un lavoratore aveva chiesto all’INPS di provvedere alla regolarizzazione della sua posizione contributiva a seguito del passaggio in giudicato di altra sentenza con la quale egli era stato reintegrato nel proprio posto di lavoro, in conseguenza dell’illegittimità del licenziamento intimatogli, e il datore di lavoro era stato condannato a pagare ex articolo 18 St. lav. la contribuzione previdenziale dalla data del licenziamento a quella della reintegrazione.
La Corte, in particolare, ha ritenuto che il lavoratore non avesse azione nei confronti dell’INPS per ottenere la regolarizzazione della propria posizione contributiva e che, anche a seguito di una sentenza recante l’obbligo datoriale di provvedere al pagamento della contribuzione dovuta dalla data del licenziamento a quella della reintegra, l’unico rimedio disponibile per l’assicurato, in casi di inadempimento del datore di lavoro, fosse di tipo risarcitorio, L. n. 1338 del 1962, ex articolo 13, dal momento che in nessun caso una sentenza resa in favore dell’INPS, rimasto terzo estraneo al processo conclusosi con la sentenza di reintegra, avrebbe potuto mettere capo ad un obbligo dell’INPS di provvedere all’integrazione di una provvista contributiva rimasta scoperta a causa dell’inadempimento dell’obbligato.
Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore, deducendo due motivi di censura.
L’INPS ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria, con cui ha rimarcato sia la propria estraneità alla vicenda processuale passata in giudicato, sia la sopravvenuta prescrizione dei contributi.
La Corte Suprema ha quindi rigettato il ricorso proposto dal lavoratore, con il principio di diritto sopra enunciato.