La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 5752 del 2019, ha reso il seguente principio di diritto: “Il licenziamento scatta automaticamente in caso di comporto secco (unica malattia). Se sono necessari calcoli complessi l’azienda li deve fornire su richiesta del lavoratore senza poterli procrastinare al processo” (Dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 28.2.2019).
Vediamo insieme i fatti di causa.
Il Tribunale di Taranto accoglieva la domanda proposta da .. nei confronti della … s.a.s. e, dichiarata l’illegittimità del licenziamento intimato al ricorrente con lettera del 6.7.05, disponeva ai sensi dell’art. 18 L.n. 300/70.
Avverso tale decisione proponeva appello la s.a.s. in liquidazione, lamentando l’erroneità e chiedendone la riforma. Resisteva il …
Con sentenza deposita il 18.5.16, la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, accoglieva il gravame, rigettando la domanda del …, condannandolo alle spese del doppio grado. Riteneva la Corte irrilevante che la società non avesse, dopo apposita richiesta del …, specificato il numero di assenze per malattia, ben potendole dimostrare nel corso del giudizio; che, contestate reciprocamente dalle parti il suddetto numero, il primo giudice non aveva provveduto ad alcun accertamento circa l’effettivo superamento del comporto per sommatoria (365 giorni nell’arco di 18 mesi) previsto dal ccnl ed in particolare nel periodo dal 24.11.03 (data della prima malattia) al 5.7.05 (ultimo giorno di assenza).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore licenziato che veniva accolto dalla Corte Suprema.
Per quel che qui interessa, ad avviso del ricorrente, la sentenza impugnata aveva ritenuto erroneamente che l’omessa risposta, al lavoratore che ne abbia fatto richiesta, circa l’effettivo numero di assenze per malattia in base al quale l’azienda ha intimato il licenziamento per superamento del periodo di comporto, non determinasse per ciò solo l’illegittimità del licenziamento.
La Corte Suprema ha ritenuto fondata tale eccezione ed ha ribadito che in base alle regole dettate dall’art. 2 della L.n. 604/1966, sulla forma dell’atto e la comunicazione dei motivi di recesso, qualora l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore – il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria – ha l’esigenza di poter opporre propri specifici rilievi – ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, con conseguenza che nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, il licenziamento deve considerarsi illegittimo. In particolare, ha proseguito la Cassazione, nel licenziamento per superamento del periodo di comporto, a fronte della richiesta del lavoratore di conoscere i periodi di malattia, il datore di lavoro deve provvedere ad indicare i motivi del recesso ex art. 2, comma 2, della L.n. 604/66, in quanto le regole ivi previste sulla forma dell’atto e la comunicazione dei motivi del recesso si applicano anche al suddetto licenziamento, non essendo dettata nessuna norma speciale al riguardo dall’art. 2110 c.c. Che il principio risulta tanto più corretto laddove si versi, come nella specie, in ipotesi di comporto per sommatoria, con conseguenti difficoltà di individuare sia il numero di assenze che l’arco temporale di riferimento. Può al riguardo precisarsi che la Corte Suprema ha pure affermato che il licenziamento per superamento del periodo di comporto non è assimilabile al licenziamento disciplinare, per cui solo impropriamente, riguardo ad esso, si può parlare di contestazione delle assenze, non essendo necessaria la completa e minuta descrizione delle circostanze di fatto relative alla causale, con la conseguenza che il datore di lavoro non deve indicare nella comunicazione i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive, idonee ad evidenziare un superamento del periodo di comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile, come l’indicazione del numero totale delle assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo poi restando l’onere, nell’eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato. ,