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L’INL – Ispettorato Nazionale del Lavoro, con Circolare n. 6 del 2018 e Circolare n. 7 del 2018, ha fornito istruzioni agli ispettori circa le esternalizzazioni irregolari negli appalti e la conseguente responsabilità solidale sulle paghe e contributi.
Vediamo nel dettaglio la questione con lo speciale pubblicato oggi (28.5.2018) dal Sole 24 Ore (firma: A. Rota Porta; Titolo: “Solidarietà estesa, appalti vigilati”; “È utile blindare con garanzie la subfornitura”) che di seguito riportiamo.

Esternalizzare alcuni servizi dell’azienda in modo non regolare può comportare rischi anche sotto il profilo della responsabilità solidale. Si pensi all’assegnazione di incarichi a operatori che violano gli standard contrattuali. Il committente è infatti responsabile in solido con l’appaltatore per tutte le omissioni contributive e retributive accertate a carico dell’appaltatore stesso.
Lo stabilisce l’articolo 29 del Dlgs 276/2003, esteso recentemente dalla Corte costituzionale anche al contratto di subfornitura.
Nelle circolari 6 e 7 del 29 marzo 2018, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha richiamato l’attenzione degli ispettori sul tema delle esternalizzazioni irregolari, dell’appalto e della responsabilità solidale.
Ripercorriamo, dunque, quali sono le verifiche da fare per realizzare processi di appalto in modo genuino e conoscere le conseguenze che possono derivare da queste dinamiche.
Qualifica di imprenditore. Tra gli indici che possono fare emergere la non genuinità dell’appalto, c’è in primo luogo la mancanza in capo all’appaltatore della qualifica di imprenditore, desumibile dalla documentazione fiscale o di lavoro (tra gli altri i bilanci e i libri contabili, le fatture commerciali, il certificato della camera di commercio, la relazione sulla gestione o il rendiconto finanziario) ma anche dalla carenza di specializzazione o esperienza in quel determinato settore produttivo.
Potere direttivo. Un altro rilevante elemento di valutazione è l’assenza dell’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore nei confronti dei propri dipendenti, che non si deve arrestare alla sola gestione amministrativa del personale. In pratica, l’appaltatore deve essere in grado di organizzare e dirigere i lavoratori per realizzare quanto pattuito con il contratto di appalto.
Mezzi e attrezzature. Se poi l’appaltatore non fornisce i mezzi o le attrezzature per realizzare il risultato indicato dall’appalto, si potrebbe ipotizzare un appalto non genuino, soprattutto negli appalti “leggeri” (si pensi ai servizi di pulizia), sempre se è assente un potere di organizzare le proprie maestranze: in sostanza, l’appaltatore deve contribuire in maniera significativa al raggiungimento del risultato dedotto nel contratto che il committente non può altrimenti realizzare con la propria attività imprenditoriale.
Rischio d’impresa. L’articolo 29, comma 1, del decreto legislativo 276/2003 introduce anche il concetto di rischio di impresa, inteso come eventualità di non coprire tutti i costi dei materiali, delle attrezzature e della manodopera impiegati per la realizzazione dell’opera o del servizio. Tuttavia, il rischio imprenditoriale deve essere esteso anche alla possibilità di non ricevere il corrispettivo pattuito per l’attività svolta e di dover comunque corrispondere le retribuzioni ai propri dipendenti, unitamente al pagamento della contribuzione previdenziale e assistenziale. In definitiva, si avrà un appalto illecito se l’appaltatore, in accordo con il committente, determinano il corrispettivo sulla base della retribuzione oraria dei lavoratori e dei contributi da versare.
Se i profili descritti non sono rispettati, il lavoratore coinvolto nell’appalto può chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la prestazione (committente imprenditore): questa conseguenza si verifica anche in sede ispettiva.
Sul piano sanzionatorio, lo pseudo-appalto è punito dall’articolo 18, comma 5-bis, del Dlgs 276/2003, con una sanzione pecuniaria pari a 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di lavoro, che in ogni caso non può essere inferiore a 5mila euro né superiore a 50mila euro.
Anche in caso di appalto genuino, può scattare una responsabilità oggettiva, attraverso il regime della solidarietà prevista dall’articolo 29 del Dlgs 276/2003: il committente imprenditore o datore di lavoro, infatti, è obbligato in solido con l’appaltatore, e con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.
Il coinvolgimento è invece escluso per quanto riguarda l’eventuale applicazione delle sanzioni civili, di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
I CASI
TUTELA PER TUTTI I LAVORATORI
Sulla responsabilità solidale, i profili legati all’obbligazione in materia di retribuzioni, contributi e premi riguardano solo i lavoratori inquadrati con contratto di lavoro subordinato o si estendono anche alle altre forme contrattuali impiegate nell’ambito dell’appalto-subappalto?
Il regime di solidarietà tutela tutti i lavoratori, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, quindi non solo i lavoratori subordinati, ma anche quelli inquadrati con altre forme contrattuali (ad esempio i collaboratori coordinati e continuativi) e anche quelli “in nero”, purché impiegati direttamente nell’opera o nel servizio oggetto dell’appalto
PRESCRIZIONE IN DUE ANNI
I committenti imprenditori o datori di lavoro nei confronti degli appaltatori e/o subappaltatori rispondono per: trattamenti retributivi (comprese le quote di Tfr), contributi, premi assicurativi.
È invece esclusa la solidarietà sulle eventuali sanzioni. Ma quali sono i termini temporali della responsabilità solidale?
La responsabilità solidale si prescrive in due anni dalla cessazione dell’appalto/subappalto: questo termine si riferisce all’azione dell’Inps e dell’Inail nei confronti del responsabile solidale. Resta ferma, invece, l’ordinaria prescrizione per il recupero contributivo nei confronti del datore di lavoro inadempiente
LA SANZIONE È ECONOMICA
Se un appalto o un subappalto non sono genuini, lo pseudo-committente e lo pseudo-appaltatore che hanno realizzato l’appalto illecito sono puniti con una sanzione di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di occupazione (in ogni caso, non sotto 5mila euro né sopra 50mila euro). Ci sono anche sanzioni penali?
No. Dal 6 febbraio 2016, il Dlgs 8/2016 ha disposto la depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria. Nella circolare 6/2016, il ministero del Lavoro ha chiarito il regime transitorio e quello ordinario e con l’interpello 27/2014 aveva escluso la sanzione per lavoro nero
COMMITTENTE PRIVATO COINVOLTO PER LE RETRIBUZIONI
Un committente privato può essere coinvolto nel regime di responsabilità solidale e quindi essere chiamato nel pagamento di eventuali debiti contributivi o assicurativi dell’appaltatore? In questa ipotesi, quali sono le condizioni che fanno scattare questo tipo di tutela?
Il committente non imprenditore non risponde per la solidarietà contributiva ma può essere coinvolto sul piano retributivo: i lavoratori impiegati nell’appalto con un regolare rapporto di lavoro possono proporre azione contro il committente per conseguire quanto dovuto in base al contratto di appalto, nei limiti del debito residuo del committente verso l’appaltato

È utile blindare con garanzie la subfornitura
Fa il punto sulla subfornitura, nell’ambito della responsabilità solidale, la Circolare n. 6 del 2018 dell’Ispettorato nazionale del lavoro: l’intervento mira a recepire nella prassi ispettiva il principio contenuto nella sentenza della Corte costituzionale n. 254 del 2017, con la quale è stato allargato in misura rilevante il perimetro di responsabilità delle imprese che esternalizzano in tutto o in parte un processo produttivo, ricorrendo alla subfornitura.
La legge 192/1998 definisce come contratto di subfornitura il rapporto nel quale un’impresa committente si avvale di un’impresa fornitrice per la produzione di prodotti finiti o più spesso di semilavorati. Nel dettaglio, la norma individua due possibili forme di subfornitura:
la prima forma, nota come subfornitura “di lavorazione”, è quella nella quale un imprenditore (subfornitore) si impegna per conto dell’impresa committente a effettuare lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime fornite dal committente stesso;
la seconda forma, nota come subfornitura “di prodotto”, è quella nella quale il subfornitore si impegna a fornire prodotti o servizi destinati a essere incorporati o usati nell’attività economica del committente, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli e prototipi, forniti dall’impresa committente.
Il contratto di subfornitura presenta diversi profili di apparente vicinanza con l’appalto; le due fattispecie sono tuttavia diverse dal punto di vista degli obblighi e delle aspettative delle parti. Infatti, nel caso di subfornitura di lavorazione, sarà il committente a mettere a disposizione i semilavorati e le materie prime, diversamente dalla disciplina dell’appalto ex articolo 1655 del Codice civile, secondo cui le materie necessarie sono fornite dall’appaltatore, salvo disposizioni difformi.
Un’altra differenza tra le due fattispecie è nell’autonomia del fornitore: nell’appalto deve sussistere un alto grado di autonomia del soggetto che eroga il servizio o produce il bene. Nella subfornitura è fisiologico e inevitabile che manchi uno spazio per il produttore di agire in maniera autonoma rispetto alle direttive del committente.
Di norma, appunto, il contratto è eseguito da parte del fornitore in base alle direttive del committente, che interviene diffusamente sulla progettazione del prodotto, fornendo le attrezzature e tutte le specifiche tecniche necessarie per la realizzarlo.
Prima della sentenza della Consulta, queste differenze si riflettevano anche sul regime di responsabilità solidale: la regola applicabile in capo al committente degli appalti di servizi (responsabilità solidale per tutte le obbligazioni connesse al personale) non si applicava, infatti, al committente della subfornitura, che rispondeva solo per le obbligazioni assunte direttamente, senza responsabilità oggettive.
Ora i committenti possono essere chiamati in solido per tutti i crediti dei subfornitori: è opportuno introdurre, quindi, alla stipula del contratto, un pacchetto di “cautele” per individuare un fornitore affidabile, con la consapevolezza che non sarebbero comunque utili ad annullare l’eventuale coinvolgimento in solido.

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