La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 9224 del 2018, ha reso il seguente principio di diritto: “Legittimo il licenziamento del lavoratore edile che, in seguito a un ordine di reintegra, viene mandato in un cantiere in Algeria e non prende servizio. Per la cassazione passa in secondo piano la censura del ricorrente sull’ ingiusto trasferimento a fronte del rifiuto di riprendere l’attività in tempo utile nella nuova destinazione” (Dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 16.4.2018).
Vediamo insieme i fatti di causa di cui alla sentenza 9224/2018.
Con la sentenza n. 263/2015 la Corte di appello di Caltanissetta, in riforma della pronuncia emessa il 10.10.2010 dal Tribunale di Gela, ha respinto le domande proposte da .. e …, volte ad ottenere la declaratoria di nullità/inefficacia o illegittimità del provvedimento con cui erano stati assegnati presso un cantiere in Algeria e del conseguente licenziamento adottato il 14.1.2011 e 13.1.2011: detto provvedimento di assegnazione, da parte della … srl, in una sede diversa da quella in precedenza attribuita, era stato adottato a seguito della decisione n. 502/2010, emessa dallo stesso Tribunale di Gela, con la quale era stata dichiarata la illegittimità di un pregresso licenziamento collettivo, con conseguente ordine di reintegra nel posto di lavoro, adottato nei confronti dei predetti dipendenti dalla medesima società.
A fondamento della decisione i giudici di seconde cure hanno rilevato che: 1) dalle note datoriali del 14.1.2011 e del 19.1.2011 si evinceva con chiarezza che i provvedimenti di recesso erano stati intimati ai sensi dell’art. 18, comma quinto, della legge n. 300/1970 perché i lavoratori non avevano ripreso servizio nei termini di legge; 2) il ripristino della posizione di lavoro del dipendente reintegrato doveva sì avvenire mediante il reinserimento nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, ma era salva la possibilità per il datore di lavoro di esercitare lo ius variandi mediante il trasferimento del lavoratore presso un’altra unità produttiva, sussistendo sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive che giustifichino il trasferimento medesimo; 3) nel caso in esame la società aveva motivato la scelta datoriale di assegnare i lavoratori al cantiere in .. stante la soppressione del reparto di carpenteria metallica ove erano addetti; 4) non era pertinente il riferimento all’art. 16 del CCNL di settore, circa la mancanza di preavviso, della preventiva comunicazione alle organizzazioni sindacali e delle considerazioni delle ragioni dei lavoratori, perché detta disposizione riguardava la legittimità dei trasferimenti mentre la fattispecie in esame concerneva la mancata ripresa del servizio del lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato; 5) neanche il mancato espletamento delle pratiche di rilascio del passaporto avrebbe potuto incidere sulla legittimità del licenziamento sia perché tale vizio non era stato dedotto nella lettera con cui era stato impugnato il provvedimento sia perché i lavoratori comunque si sarebbero dovuti presentare nella sede datoriale, anche nella indisponibilità di detti documenti, al fine di offrire la loro prestazione di lavoro; 6) era stato rispettato il termine libero di trenta giorni per adottare i licenziamenti rispetto alla lettera datoriale di invito alla ripresa del servizio.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i lavoratori che veniva rigettato dalla Corte Suprema con condanna altresì al pagamento delle spese di lite.