Il Ministero del Lavoro, con interpello n. 2 del 2018, ha risposto ad un quesito avanzato dall’ANISA – Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio sulla corretta interpretazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004 concernente la validazione della diffida accertativa per crediti patrimoniali nei casi di accordi di ristrutturazione del debito conseguenti a procedure da sovrindebitamento.
Al riguardo si legge quanto segue nell’Interpello n. 2/2018.
Come è noto l’articolo 12, comma 3, del d.lgs. n. 124/2004 riconosce al provvedimento direttoriale degli uffici territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, il potere di imprimere alla diffida accertativa, ai fini della corresponsione di crediti patrimoniali, il “valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo”.
Atteso che il carattere di titolo esecutivo presuppone la sussistenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito, come richiesti dall’articolo 474 del codice di procedura civile, si ritiene che, in pendenza di una procedura da sovrindebitamento, nell’ipotesi in cui sia stato presentato un accordo di ristrutturazione del debito, non si possa procedere a validazione di diffida accertativa nei confronti del debitore, per mancanza del requisito della esigibilità del credito.
In riferimento alla sussistenza di tale requisito l’ex Direzione Generale dell’attività ispettiva di questo Ministero, con nota del 20 marzo 2015, n. 4684, aveva già escluso la possibilità di validare le diffide accertative per crediti patrimoniali, emesse nei confronti di una società fallita nell’ambito di procedure fallimentari. Si afferma, infatti, nella suddetta nota che il credito patrimoniale “certamente non recherebbe il requisito dell’esigibilità, atteso che l’articolo 51 della legge fallimentare precluderebbe al lavoratore di poter intraprendere un’azione esecutiva in forza di quel titolo.”.
Sulla base di tali considerazioni la disciplina relativa alla procedura di sovrindebitamento, introdotta con la legge 27 gennaio 2012, n. 3, per i soggetti “non dichiarabili fallibili”, si ritiene assimilabile a quella relativa alle procedure fallimentari.
In particolare si osserva che l’articolo 10, comma 2, lett. c), della predetta legge n. 3 del 2012, prevede che “[…] sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.”. La predetta disposizione sancisce dunque il divieto di proporre azioni esecutive individuali nei confronti di un soggetto che acceda alla procedura da sovraindebitamento. Pertanto tale circostanza è di per sé idonea a qualificare come inesigibile il credito patrimoniale, da far valere nei confronti del debitore sovrindebitato. A ciò si aggiunga peraltro che ai sensi dell’articolo 13, comma 4, della già citata legge 27 gennaio 2012, n. 3, “I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell’accordo o del piano del consumatore sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui agli articoli 10, comma 2, e 12-bis, comma 3”.
Ne consegue che, quanto al quesito specifico formulato da codesta Associazione, durante il periodo di inesigibilità dei crediti aventi titolo o causa anteriore alla data di pubblicazione del decreto di omologa del piano di ristrutturazione del debito, non potranno essere adottati, da parte dei competenti uffici territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, provvedimenti di diffida accertativa, ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del d.lgs. n. 124/2004 nei confronti del soggetto sottoposto alla procedura di sovrindebitamento. Tale inesigibilità, per espressa previsione normativa, è decorrente dalla pubblicazione stessa del decreto fino alla data indicata nell’accordo omologato.
Tale impedimento non sussiste nelle ipotesi in cui si verifichino le condizioni di cui all’articolo 10, comma 3, ed all’articolo 12, comma 4, della già citata legge n. 3 del 2012, che prevedono il venir meno degli effetti obbligatori del decreto di omologa in esame, rispettivamente in caso di revoca del decreto stesso ed in caso di risoluzione dell’accordo o di mancato pagamento dei crediti impignorabili.