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Protezioni collettive in aggiunta a quelle individuali nei lavori in quota secondo la Cassazione

Protezioni collettive in aggiunta a quelle individuali, non obbligatori secondo la Cassazione

La IV Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza 5477 del 2018, ha stabilito che nei lavori in quota le protezioni collettive, in aggiunta a quelle individuali, hanno carattere prioritario ma non obbligatorio.

Vediamo insieme i fatti esaminati dalla Corte Suprema, con l’articolo pubblicato oggi (7.2.2018) dal Sole 24 Ore (Firma: L. Caiazza; Titolo: “Protezioni collettive non obbligatorie”) che di seguito riportiamo.

Nei lavori in quota le misure di protezione collettive presentano carattere prioritario ma non imprescindibile. Esse devono essere necessariamente previste e adottate laddove quelle individuali risultino inadeguate.
Tale è il principio espresso dalla Corte di cassazione (quarta sezione penale) con la sentenza 5477/2018 depositata ieri, che ha accolto il ricorso avverso la sentenza di condanna del giudice di merito con la quale quest’ultimo aveva ritenuto la responsabilità degli imputati su un asserito obbligo generale e incondizionato di predisporre, in caso di lavori in quota, dispositivi di sicurezza collettivi in aggiunta a quelli individuali.
La Corte ha sottolineato che l’articolo 111 del Dlgs 81/2008 (testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) non impone, per i lavori temporanei in quota, l’adozione di protezioni collettive, sancendo invece solo il carattere prioritario e preferenziale delle stesse rispetto a quelle individuali.
Inoltre, l’articolo 115 del testo unico stabilisce che nei lavori in quota, qualora non siano state attuate le misure di protezione collettiva, è necessario che i lavoratori utilizzino sistemi di protezione idonei per l’uso specifico composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, ma conformi alle norme tecniche. Ciò, secondo la Corte, conferma la possibile sufficienza dei soli dispositivi di sicurezza individuali.
Resta il fatto, però, che un lavoratore, dovendo scendere dalla copertura su cui si trovava, si è sganciato dal dispositivo retrattile a cui era agganciato per raggiungere la scala di accesso, ha appoggiato il piede sul lucernario che si è sfondato facendolo precipitare da una altezza di circa 3,5 metri, con lesioni guaribili in 200 giorni.

RESPONSABILITÀ 

  1. RUOLI

I giudici hanno anche stabilito che vanno tenuti distinti obblighi e responsabilità del committente e quelli del coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori

  1. CONTROLLO

Il committente deve controllare l’esecuzione materiale dei compiti del coordinatore, ma non si deve sostituire ad esso

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