Compensi professionali meno tutelati dei salari in caso di società confiscate:
I compensi professionali risultano meno tutelati dei crediti di lavoro di talché al professionista non è consentito di insinuarsi nel passivo della società confiscata per il recupero del suo credito.
Ma vediamo nel dettaglio la questione, con l’articolo pubblicato oggi (8.1.2018) dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore (Firma: P. Maciocchi; Titolo: “Nelle società confiscate compensi professionali meno tutelati dei salari”) che di seguito riportiamo.
Non c’è una disparità di trattamento di rilievo costituzionale nel negare al professionista, per i suoi crediti da lavoro , le stesse prerogative riconosciute al lavoratore subordinato, per insinuarsi nel passivo della società confiscata. Con la sentenza n.107 del 29 dicembre scorso, la Corte di cassazione respinge il ricorso di un architetto, contro il decreto con il quale il tribunale aveva giudicato inammissibile la sua domanda di “insinuarsi” nel passivo per le somme vantate nei confronti di una società a responsabilità limitata prima sequestrata e, sei anni dopo, definitivamente confiscata nell’ambito di un procedimento di prevenzione riguardante il titolare.
L’architetto aveva fatto presente al tribunale di aver fornito le sue prestazioni professionali sia prima del sequestro di prevenzione sia dopo, su disposizione dell’amministratore giudiziario e con il via libera del tribunale. Un a serie di lavori edili per i quali reclamava il pagamento.
La questione di costituzionalità
Il ricorrente solleva una questione di costituzionalità relativa all’articolo 1, comma 198 e seguenti della legge di stabilità del 2013 (228/2012) per la parte in cui prevede una corsia preferenziale per i creditori muniti di ipoteca prima della trascrizione del sequestro preventivo. L’architetto sottolinea di trovarsi, come libero professionista, nella stessa condizione del lavoratore subordinato, oggetto della sentenza della Corte costituzionale 94/2015, con la quale la Consulta ha esteso ai crediti da lavoro dipendente le tutele per i casi di confisca di prevenzione sui beni del debitore.L’esclusione dai soggetti tutelati comporterebbe, ad avviso del ricorrente, l’espropriazione del credito da lavoro «assistito da privilegio generale ai sensi degli articoli 2751 bis e 2776 del Codice civile».
L’architetto sottolinea anche che, essendo il rapporto professionale ancora in corso , non aveva alcun titolo per ottenere un decreto ingiuntivo, iscrivere un’ipoteca o azionare una procedura esecutiva, in modo da potere rientrare in una delle categorie tutelate dalla legge.
Il professionista lamentava dunque di trovarsi del tutto privo di strumenti per ottenere il suo sacrosanto compenso a fronte di un grande impegno .
Da qui il trattamento discriminatorio rispetto agli altri creditori, in violazione degli articoli 35 e 36 della Carta.
La decisione della Suprema corte
Per la Cassazione però il ricorso non è fondato. Il collegio precisa che, nei procedimenti di prevenzione in cui, come nel caso esaminato, non si applicano le norme del decreto antimafia (Dlgs 159/2011) non è ammissibile l’istanza al passivo, disciplinata dalla legge 228/2012, chiesta dai creditori chirografari che, come nel caso del ricorrente, non hanno proposto un’azione esecutiva prima della confisca «fatta salva la possibilità di chiedere il fallimento e di essere inseriti al passivo quando la debitrice è un’impresa di cui sia stato confiscato l’intero patrimonio aziendale».Non passa neppure la questione di legittimità costituzionale della legge finita nel mirino del professionista e considerata in contrasto anche con la Cedu. Il sacrificio imposto dalla norma al creditore, privo di prelazione e rimasto inerte fino alla confisca, non è infatti, irrazionale nell’attribuire all’intervento ablativo «un’efficacia radicalmente modificativa delle posizioni collegate con il bene sottratto». La diversità di trattamento con il lavoratore subordinato sta nel fatto che questo “mantiene” sé stesso e la sua famiglia solo grazie al credito vantato verso l’impresa confiscata, mentre per il libero professionista, che lavora per più clienti, il credito non rappresenta l’ unica entrata.