Socio lavoratore, impugnativa licenziamento e della delibera di esclusione dalla cooperativa:
La Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 27436 del 2017, ha stabilito che il socio lavoratore di una cooperativa ha l’onere di impugnare la delibera di esclusione dal rapporto associativo e di conseguenza anche del licenziamento per tale fatto, se vuole essere reintegrato in servizio, poiché il rapporto di lavoro non può essere ricostituito se è avvenuta l’estinzione definitiva di quello associativo.
A chiarire il principio sancito dalle Sezioni Unite è anche l’articolo pubblicato oggi (22.11.2017) dal Sole 24 Ore (firma: Giampiero Falasca; Titolo: “Cooperative, i soci licenziati devono contestare l’esclusione”) che di seguito riportiamo.
Il socio lavoratore di una cooperativa che viene escluso dal rapporto associativo e licenziato per i medesimi fatti ha l’onere di impugnare la delibera di esclusione, se intende ottenere la reintegrazione sul posto di lavoro; ciò in quanto il rapporto di lavoro non può essere ricostituito se si è estinto in maniera definitiva quello associativo.
La mancata impugnazione della delibera di esclusione, tuttavia, non impedisce al lavoratore di chiedere un risarcimento del danno, in caso di illegittimità del recesso, il cui importo può variare tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione.
La Cassazione a Sezioni Unite (27436/17, depositata ieri) risolve, con questo principio di diritto, il contrasto interpretativo esistente sul tema dei rapporti tra la delibera di esclusione del socio lavoratore di cooperativa e il licenziamento dello stesso.
Il contrasto interpretativo riguarda, in particolare, la necessità di impugnare la delibera di esclusione per poter impugnare anche il licenziamento.
Secondo un orientamento di legittimità, il socio che viene prima escluso dal rapporto associativo e poi licenziato deve necessariamente opporsi alla delibera di esclusione se vuole ricostituire anche il rapporto di lavoro; in mancanza di tale opposizione, è inammissibile per difetto di interesse l’azione proposta per impugnare il licenziamento (in questi termini si è espressa la sentenza della Cassazione del 26 febbraio 2016, n. 3836).
Secondo un orientamento differente, anche senza impugnazione della delibera sarebbe possibile ottenere una tutela contro l’ingiustificato licenziamento.
Le Sezioni Unite risolvono questo contrasto interpretativo partendo da una ricostruzione generale del rapporto che lega il socio lavoratore alla cooperativa. Tale fattispecie, secondo i giudici, è caratterizzato dalla convivenza di due rapporti – quello associativo e quello di lavoro – i quali si pongono in posizione di collegamento necessario che, nella fase estintiva, ha carattere “unidirezionale”: il socio, si legge nella sentenza, «può non essere lavoratore», mentre «qualora perda la qualità di socio non può più essere lavoratore».
Questo vuol dire che la cessazione del rapporto di lavoro, quale che ne sia il motivo, non fa venire meno automaticamente il rapporto associativo; al contrario, la cessazione del rapporto associativo fa perdere automaticamente anche la qualità di lavoratore.
In coerenza con questa lettura, la Corte osserva che, in mancanza di impugnazione della delibera di esclusione dalla cooperativa, l’ex lavoratore non può chiedere la ricostituzione del rapporto sociale e dell’ulteriore rapporto di lavoro.
L’effetto estintivo che consegue alla mancata impugnazione riguarda, tuttavia, solo il diritto alla ricostituzione del rapporto, mentre non preclude la possibilità di chiedere una tutela risarcitoria, qualora l’atto di licenziamento (o la delibera che lo precede) pur essendo efficaci, risultino illegittimi. Il danno, secondo la Corte, può sussistere proprio perché la delibera di esclusione potrebbe essere definitivamente efficace ma viziata, e può essere quantificato applicando i criteri dell’articolo 8 della legge n. 604/66 (importo variabile tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto).