Licenziamento orale e riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro:
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza 24563 del 2017, ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale il datore di lavoro non può procedere al licenziamento orale di un lavoratore.
E proprio in tema di licenziamento orale riportiamo di seguito l’articolo pubblicato oggi (19.10.2017) dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore (Firma: Giampaolo Pignarelli; Titolo: “Il lavoratore con mansioni specifiche non può essere licenziato oralmente”).
Ecco l’articolo.
Il lavoratore subordinato non può essere licenziato oralmente. Ricade, poi, sul datore dimostrare la natura del rapporto e di aver seguito la strada giuridicamente corretta per poter troncare il rapporto di lavoro. Questo in estrema sintesi il contenuto della sentenza 24563/2017 della Cassazione.
I fatti – La Corte si è trovata alle prese con un prestatore a cui il Tribunale di Tivoli prima, la Corte d’appello di Roma successivamente avevano riconosciuto la natura subordinata del rapporto lavorativo. Quest’ultimo, infatti, era svolto secondo precisi orari e con mansioni di cameriere con inquadramento di quinto livello del Ccnl di settore. I giudici di seconde cure, in particolare, hanno limitato la decorrenza del diritto al conseguente risarcimento del danno alla data di offerta della prestazione lavorativa individuata in quella di notifica del ricorso. Contro la sentenza il datore ha proposto una raffica di motivi di ricorso, tutti dichiarati inammissibili dalla Corte. Con riferimento all’undicesimo motivo il ricorrente ha imputato alla Corte territoriale l’omessa motivazione in ordine al riconoscimento dell’inquadramento nel quinto livello del Ccnl di settore e su questa base contestava l’esorbitanza delle differenze retributive di cui i giudici di merito avevano per l’appunto sancito la spettanza in favore del prestatore, ricomprendendo le voci retributive indirette e differite in relazione alla ritenuta natura subordinata del rapporto. Ma la Corte ha spiegato come il datore non avesse prodotto alcuna documentazione nella fase di merito per cui giungere a differenti conclusioni. Sono stati ritenuti inammissibili anche i motivi intesi a confutare la configurabilità delle modalità di cessazione del rapporto in termini di licenziamento orale e le relative conseguenze giuridiche.
Le norme sui licenziamenti – La Cassazione – a tal proposito – ha chiarito che è insegnamento di legittimità quello secondo cui la violazione dell’articolo 2 della legge 604/1966 (“Norme sui licenziamenti individuali”) deve essere ravvisata a fronte del mancato assolvimento da parte del datore di lavoro dell’onere della prova di modalità alternative al licenziamento orale, dalle dimissioni all’intimazione per iscritto. Alla violazione normativa da parte dell’azienda che, di fatto esonera il lavoratore dall’impugnazione del recesso, consegue l’applicazione della tutela reale implicante il ripristino del rapporto e, a decorrere dalla data della messa in mora del datore, il risarcimento del danno da commisurarsi, in difetto, come nella specie, di allegazione dell’aliunde perceptum, alla retribuzione globale di fatto percepita nell’ultimo mese antecedente l’interruzione del rapporto.